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Autore: Dalybook04    05/04/2021    0 recensioni
Ispirato a "Shatter Me" di Tahereh Mafi
Lovino era un mostro. Come altro poteva definirsi? Cos'altro poteva essere un ragazzo che distruggeva tutto quello che toccava e uccideva chiunque provasse a sfiorarlo? Un mostro, appunto.
Ormai erano passati anni dall'ultima volta che aveva toccato qualcuno; dall'ultimo abbraccio, l'ultima stretta di mano. Neanche si ricordava più come fosse sfiorare qualcuno. Essere tranquillo in mezzo agli altri, senza il terrore di toccare qualcuno per sbaglio e ucciderlo. Ma è anche vero che non vedeva nessuno da anni, per cui non soffriva la distanza. Non appena aveva mostrato i suoi poteri per la prima volta, la Restaurazione lo aveva preso e sbattuto in manicomio. Non ricordava molto, ma, se da allora aveva visto qualcuno, quel qualcuno erano scienziati e psichiatri, di cui aveva anche rimosso il ricordo. All'alba dei suoi sedici anni lo avevano sbattuto in cella, avevano smesso di drogarlo e lo avevano lasciato lì a marcire.
Poi, circa un anno dopo, quella porta si aprì.
ATTENZIONE: verranno trattati argomenti delicati, ci saranno scene anche pesanti, soprattutto nell'ultima parte della storia.
Inoltre saranno presenti coppie boy×boy
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Antica Roma, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Hello! Buona Pasquetta!
This
Is
The penultimo capitolo
AAAA
Non sono pronta raga
Devo scrivere i ringraziamenti aiut
5700 parole
Vi lovvo

Lovino si svegliò affianco ad Antonio, che lo scrutava con un sorriso. Antonio che lo scrutava con un sorriso senza maglietta. Sgranò gli occhi.
-cosa... cosa abbiamo fatto?- mormorò, abbassando lo sguardo su di sé -per... perché ho un vestito?
-non abbiamo fatto niente- lo tranquillizzò quello, accarezzandogli i capelli -hai bevuto troppo, ti sei addormentato e ti ho riportato a letto- lo baciò sulla fronte -sul vestito... non ne ho idea, quando sono arrivato lo avevi già.
Lovino mugugnò, massaggiandosi le tempie e cercando di ricordare -ho mal di testa.
Antonio ridacchiò -non mi stupisce, amore- lo abbracciò, sospirando -mi sei mancato.
Lovino nascose il viso contro la sua spalla -anche tu- mormorò, con la testa che martellava.
Antonio gli accarezzò la schiena -però con questo vestito stai benissimo- lo baciò sulla guancia, sul collo e poi sulla spalla -sei bellissimo.
-lo so- gli accarezzò il petto con due dita, mordendosi il labbro -anche tu non sei male- lo baciò sulla clavicola.
Antonio lo strinse, cominciando a riempirlo di baci un po' ovunque dove il vestito non copriva, facendolo sorridere.
-non vedo l'ora che sia domani- mormorò contro la sua spalla.
Lovino prese ad accarezzargli i capelli, tenendoselo stretto.
-anch'io.
-ti amo- lo baciò sulla guancia.
-anch'io- e, cazzo, quanta voglia aveva di baciarlo sulle labbra, di farsi sbattere contro un muro e di fare l'amore con lui fino al giorno dopo, o direttamente per sempre.
Sospirò -se domani non ti salto addosso sull'altare sarà un miracolo.
Antonio ridacchiò -ricordati che c'è Mia. Non mi va di spiegarle la storia della cicogna.
-cazzo no. Non sono pronto e non penso lo sarò mai- rabbrividiva a pensarci. Si mise seduto, stropicciandosi gli occhi -che ore sono?
-circa le undici- lo abbracciò da dietro e lo baciò sul collo. Lovino sentì le mani prudere dalla voglia di saltargli addosso, ma si contenne -tu mi devi spiegare come fai a essere stupendo appena sveglio e con il trucco a puttane.
-trucco?- si sfiorò il viso e sbuffò -merda. Sembro un panda, vero?- se lo tolse di dosso con una scrollata di spalle non troppo gentile e si alzò -ho bisogno di una doccia.
-mhmh...- Antonio si sporse a osservarlo mentre cercava dei vestiti più comodi nell'armadio. Giusto quando fu praticamente al bagno si degnò di fargli notare che -querido, hai tutto il vestito sollevato.
Lovino alzò gli occhi al cielo e se lo sistemò -e ovviamente ti ci è voluta una vita a notarlo.
-ero impegnato a guardare il soffitto.
-il soffitto. Certo- se lo sfilò del tutto e glielo lanciò in faccia. Gli fece l'occhiolino prima di chiudersi in bagno. A chiave, tanto per rimarcare il concetto.
-non fare schifezze sul mio letto, pervertito!- e aprì l'acqua.
Antonio rise e si tolse il vestito dalla testa. Lo studiò per qualche secondo, poi si alzò e lo mise nell'armadio di Lovino, piegandolo con cura.
Non si sa mai.

Eliza aveva la testa che le stava scoppiando. Era almeno un quarto d'ora che non sollevava la fronte dal tavolo.
-devi mangiare, küken- ignorò il rimprovero di Gilbert, che aveva preso ad accarezzarle la schiena lentamente. Si rilassò un poco, e dopo un po' sospirò.
-se mangio vomito- gemette per una fitta di mal di testa -ho bisogno di un'aspirina. O un colpo in testa. Fai tu.
-appena arriva Tonio gli chiediamo, mh?
-mh.
-e comunque sono offeso con te.
La ragazza sbuffò, senza rispondere.
Gilbert rise, sottovoce -hai mandato mio fratello a controllare me, e ora sei tu quella con la sbornia.
-avevo detto a Kiku di venirci a controllare- ringhiò, nervosa -perché sapevo come sarebbe andata a finire. Quindi non rompere.
-ne riparliamo quando stai meglio, va bene?
Eliza sbuffò -come ti pare.
In quel momento arrivò Feliciano, fresco come una rosa.
-io ti odio- sbuffò la ragazza, mettendosi seduta e appoggiando la testa alla spalla del suo ragazzo -ma non stai neanche un po' male?
Feliciano le sorrise -sono cresciuto a pane e vino. La mia vita è un doposbronza costante.
-e ieri hai vomitato l'anima- aggiunse Ludwig, sedendoglisi accanto. Feliciano alzò le spalle.
-cos'è la vita senza un po' di vomito?- fece per baciare il suo ragazzo, ma quello si scostò, facendogli aggrottare la fronte -Luddi?
-ti avevo detto di non ubriacarti.
-scusa. Ora mi dai un bacio?
-no.
Feliciano fece per ribattere, ma venne interrotto dalla voce di suo fratello.
-prima o poi dobbiamo rifarlo- esordì Lovino. Feliciano ghignò, battendogli il cinque.
-ovvio.
-no- ribatté Ludwig.
Lovino lo studiò per qualche secondo, poi -la prossima volta però facciamo ubriacare anche lui. Lo dico per te, Feli.
-no.
-usate la birra- intervenne Gilbert.
-da che pulpito.
-che avete fatto voi?- intervenne Feliciano.
L'albino scrollò le spalle, continuando ad accarezzare la schiena della sua ragazza -niente di che. Due birre...
-quattro.
-...due chiacchere tra uomini... poi è arrivato Kiku.
Lovino guardò il fidanzato -se vuoi rifarlo per divertirti senza dovermi raccattare...
-no- lo baciò sulla guancia, sorridendo -vederti ballare con quel vestito è il miglior addio al celibato che potessi desiderare.
Lovino arrossì violentemente e bofonchiò un -in teoria non ci saremmo dovuti vedere.
Antonio alzò le spalle -e da quando in qua seguiamo le regole delle coppie normali?
Feliciano sgranò gli occhi -e che avete fatto voi due?
Antonio sollevò le mani -assolutamente niente. Si è addormentato, l'ho riportato in camera e ho dormito con lui in caso si fosse sentito male o cose simili. Tutto qui.
Feliciano non sembrava convinto. Né lui né il suo sopracciglio inarcato.
-pensi davvero che potrei farci qualcosa mentre è ubriaco?
-stamattina non è ubriaco.
Lovino lo guardò male -non abbiamo fatto nulla, cretino- si alzò -ho bisogno di un caffé- e andò a prenderselo, senza troppi complimenti.
Antonio sospirò con aria sognante, osservandolo mentre andava in cucina -lo amo...
-certo che lo ami. Altrimenti col cazzo che te lo lasciavo sposare- sbuffò Feliciano. Gilbert si ricordò qualcosa e indicò i due piccioncini davanti a lui.
-voi due piuttosto! Che avete fatto?
Ludwig lo guardò male -ha vomitato tutta la notte. Secondo te?
Feliciano tossicchiò -non tutta.
-per il resto hai dormito.
-sicuro?
-certo che sono sicuro. Non ero io quello ubriaco.
Feliciano aggrottò la fronte, poi scrollò le spalle -allora me lo sono sognato.
Ludwig sbuffò -colpa dell'alcool.
Feliciano si morse il labbro per non sorridere -sì sì... dell'alcool.
-non cambiare discorso e rispondi a tuo fratello!- intervenne Gilbert.
-non abbiamo fatto niente!
-non parlavo di ieri. In generale.
Ludwig arrossì -ti ho detto dopo!
Feliciano coprì il suo sorriso con la mano libera. Che carino Ludwig imbarazzato!
Dopo qualche minuto arrivò Romolo, con Mia sulle spalle.
-ave pater!- esclamò la bambina, soddisfatta di poter osservare tutti dall'alto.
-hola niña- quando Romolo la mise giù, lo spagnolo se la mise sulle gambe, abbracciandola -mi sei mancata tantissimo!- le disse, in spagnolo. Mia sorrise e gli stampò un bacio sulla guancia.
-¿donde esta papa Lovino?
-a farsi un caffé.
-ooh. Capito.
-sta imparando in fretta- notò Feliciano. Romolo tossicchiò.
-sì... ieri sera sono arrivati i risultati degli esami...
Mia scosse la maglia al padre -papa! Soy magica!
-davvero, tesoro?- le sorrise, stringendole le mani -e cosa sai fare?
-imparo tutto!
-ha una capacità di apprendimento più alta della media- spiegò Romolo -per questo sta imparando così in fretta lo spagnolo e l'italiano.
-sì! Sono magica!
Antonio rise, baciandola sulla fronte -sì amore.
Lovino arrivò con la sua tazzina di caffé -chi è magica?
-io! Lo ha detto nonno Roma.
Lovino alzò gli occhi al cielo, sistemando i capelli della figlia -ancora con quel nomignolo, nonno?
-non devo chiamarlo così, papà?
-chiamalo come vuoi, tesoro- si sedette al suo posto e sbuffò, finendo la tazzina in un sorso solo -però non fartelo imporre, mh?
-certo papà.
-brava.
Romolo ridacchiò -tutta sua padre.

Isabella osservava la facciata della chiesa sconsacrata, con l'invito stretto così tanto in mano che ormai era tutto stropicciato. Si guardò intorno, aveva bisogno di sedersi.
Sbuffo, ma che credeva di fare lì? Antonio non avrebbe di certo voluta vederla dopo così tanti anni, di sicuro non in un giorno così importante. Sospirò.
-signora? Tutto a posto?- si sentì tirare l'orlo del vestito e abbassò lo sguardo. Una bambina, tutta vestita di bianco, la scrutava con la testolina inclinata da un lato -signora? È qui per il matrimonio?
-io... uhm...
-Mia! Ti ho detto di non scappare!- un ragazzo uscì dalla chiesa di corsa, attraversò la strada e raggiunse la bimba, inginocchiandosi davanti a lei. Controllò che stesse bene, poi lo stato dell'abito bianco ricoperto di pizzo e infine dello chignon decorato con un cerchietto -stai bene?
-scusa zio Feli, ma questa signora sembrava in difficoltà, e papà dice che devo aiutare le persone in difficoltà.
Il ragazzo sospirò, stringendo la mano della bimba -sì, ma non devi scappare così- guardò Isabella, con un piccolo sorriso colpevole -mi scusi. Mia l'ha disturbata?
-no, no- a giudicare da... be', la situazione, non ci voleva un genio a capire che quel ragazzo venisse dal matrimonio. La donna strinse maggiormente l'invito -nessun disturbo. È una bambina adorabile.
-oh, be', non è merito mio, sono solo lo zio- spolverò il vestito della bambina, brontolando -se ti succede qualcosa, tuo padre mi ammazza...
-quale dei due?- chiese la piccola, inclinando il capo. Il ragazzo ci penso su, poi scrollò le spalle.
-entrambi- si rimise in piedi e tornò a rivolgersi a Isabella -ha bisogno di una mano per qualcosa o...
-no, io... uhm...- non lo sapeva neanche lei. Che bello.
-mamma!- João le corse incontro -alla fine sei venuta. Potevi dirmelo, ti avrei accompagnato.
Scosse la testa. In realtà non è che ci avesse pensato molto: aveva avuto bisogno di riflettere, così aveva preso un taxi -non importa.
-aspetta, è tua madre?- intervenne il ragazzo -quindi è la... oh. Ooooh.
Mia tirò la manica di zio João -è la mia abuela?
Quello annuì, con un piccolo sorriso -sì. Abuela Isabella.
-nonna!- lasciò la mano dell'altro zio per correre ad abbracciarla, anche se le braccia corte non riuscivano a circondare completamente la sua gonna. Isabella sgranò gli occhi e guardò il figlio, incerta. Poi ricambiò l'abbraccio, attenta a non rovinare il vestito.
Mia le sorrise -abuela, andiamo da papa? Ti va?
Annuì e abbozzò un sorriso -certo.

Mano a mano che si avvicinavano alla stanza dove si stava preparando lo sposo, Isabella si sentiva sempre più nervosa.
Avvicinandosi, sentì degli strilli non proprio mascolini e dignitosi provenire dalla stanza.
-ANTOINE SE TI TOCCHI ANCORA I CAPELLI GIURO CHE VAI ALL'ALTARE PELATO.
-FRAN NON MI STAI AIUTANDO.
-SONO COSÌ COMMOSSO. IL MIO MIGLIORE AMICO SI STA PER SPOSARE.
-GIL NON TI CI METTERE TI PREGO.
-NON INCORAGGIARLO, CHE SE SI METTE PURE A PIANGERE MI ROVINA ORE DI LAVORO.
Mia non sembrò per niente intimidita, né sorpresa. Lasciò la mano della neononna e corse dentro la stanza, trotterellando dal padre per fargli vedere quanto fosse bello il suo vestito.
-SCUSATE SE... oh, hola niña- la porta attutì le sue parole. Isabella trattenne il fiato.
Il ragazzo di prima, Feliciano, le rivolse un piccolo sorriso -entro anch'io, voi fate pure con comodo- ed entrò, chiudendosi la porta alle spalle.
João strinse la mano alla madre -entriamo?
-non sono sicura sia stata una buona idea- mormorò -probabilmente mi odia.
João sembrava divertito -odiarti? Non penso sia fisicamente in grado di odiare qualcuno, tanto meno sua madre. E poi è stata colpa di papà, non tua.
-io non mi sono opposta. Avrei dovuto.
Quello scrollò le spalle -ora non importa. Sei qui, no?
Isabella annuì -sì- cercò di mantenere la calma -entriamo.
Nonostante lo avesse detto lei, fu il figlio ad aprire la porta. Isabella non riusciva a muoversi, figuriamoci a fare un atto tanto complesso come aprire una porta.
-chi è che... oh, ciao- Antonio sorrise al fratello -ti ci è voluta una vita a...
A metà frase quello si spostò, e ad Antonio si mozzo il fiato in gola. Le sue successive parole furono un sussurro -m-mamá?
Isabella annuì, tormentandosi l'orlo del vestito. Lo sapevo, è stata una pessima idea.
Poi si sentì investire da un abbraccio così forte da mozzarle il fiato, ancora, ma in modo completamente diverso. Le parole in spagnolo di suo figlio erano un fiume in piena dritto contro il suo orecchio, dette così veloce che non capì quasi niente, ma non importava.
Lo strinse, il suo bambino...
-scusami. Mi dispiace.
Antonio la guardò, scioccato, con gli occhi lucidi -di cosa?
Come di cosa? -di... di tutto.
-non è stata colpa tua, mamá- tornò ad abbracciarla, ancora più stretta -e ora sei qui. È questo che importa.
-papa!- Mia abbracciò le gambe del padre -quindi lei è la mia nonna?
Antonio rise e si separò dalla madre per prendere in braccio la figlia. Guardò la madre, esitando -chiedilo a lei, niña.
-posso?- chiese, con due occhioni così. Isabella sorrise, accarezzandole la guancia.
-certo.
-sì!
Visto che avevano parlato in spagnolo tutto il tempo, Gilbert diede una gomitata a Francis e sussurrò un -mi sembra di guardare una telenovelas.
-shh, non rovinare il momento- studiò lo sposo e roteò gli occhi -merde, il trucco è andato. Vabbé, in questo caso gliela perdono.
Ludwig diede una gomitata ai due, intimando loro di stare zitti. Antonio rise, asciugandosi le guance.
-scusa Fran.
Mia aggrottò la fronte -perché piangono tutti oggi?
-è l'emozione, picco...- si interruppe -aspetta, chi è che piange?
-papà- sembrava scocciata -è tutto il giorno che piange.
-cosa?!- fece per correre alla porta, ma Feliciano gli sbarrò la strada.
-fermo lì!
-Lovi sta male!
Feliciano alzò gli occhi al cielo -Lovino sta benissimo. È solo più emotivo del solito.
-devo andare da lui!
-no. C'è già il nonno- sembrò ancora più scocciato -quello stronzo gli ha fatto tutto un discorso... bah. Ore di lavoro buttate.
-ma...
-vado io- si rivolse al francese -hai mica del fard da prestarmi? L'ho finito.
Quello indicò il tavolo -trovi tutto lì, Felì.
-grazie- alzò gli occhi al cielo e sbuffò quello che non era esattamente un Ave Maria -se quel cretino si rimette a piangere lo stronco.
Antonio approfittò della sua distrazione per cercare di scappare (senza, per altro, sapere di preciso dove fosse il suo querido, ma in qualche modo se la sarebbe cavata), ma Mia gli tirò una ciocca di capelli per tenerlo fermo.
-no papa- disse, rimettendo a posto accuratamente la ciocca -non devi vedere papà.
-ma niña...
-no.
E, a quei due occhioni così severi, non riuscì a dire di no. Si sciolse in una risata, chiudendo la porta -scusa.
Mia sembrò soddisfatta -bravo papa.
-mi merito un bacino dalla mia pequeña?
Mia ci pensò su, poi gli diede un bacio sulla guancia -ecco.
-gracias.
Feliciano sembrò trovare quel che gli serviva -ah ah! Dovreste mettere un po' a posto qui.
Francis roteò gli occhi -dillo a lui- indicò Antonio -mai visto così nervoso.
-ehi! Mettiti nei miei panni.
Francis si girò verso il suo ragazzo, che per qualche inspiegabile ragione lo sposo aveva voluto lì (la ragione ufficiale era per tenere calmo Francis, quella completa era che lo spagnolo aveva supposto che Arthur non fosse proprio entusiasta all'idea di stare lontano da Francis troppo a lungo e capiva la sensazione), e gli fece l'occhiolino -ah, questo non dipende da me.
Arthur sollevò lo sguardo dal libro che stava leggendo, qualcosa su un dipinto -eh?
-ma mi ascolti quando parlo?
-certo, darling- e tornò a leggere, trattenendo un sorrisetto. Francis alzò gli occhi al cielo.
Feliciano batté le mani -bene, io vado- si mise in punta di piedi per baciare il suo ragazzo, e Isabella distolse istintivamente lo sguardo, stampò un bacio sulla guancia a Mia e puntò il pennello contro Antonio -renderò il tuo sposo così bello che ti cadrà la mascella, Carriedo, sappilo.
Antonio rise -ma lo è già. Non si può migliorare la perfezione.
-oh, che carino che sei. A dopo allora.
Il francese fece per tornare dallo sposo con i trucchi in mano, ma quello lo evitò e si avvicinò alla madre, che nel frattempo si era seduta sulla prima sedia disponibile. Posò Mia a terra e si inginocchiò davanti a Isabella, prendendole le mani.
-mamá... mi accompagneresti all'altare?- chiese, sottovoce. Isabella esitò, poi gli strinse le mani, forte.
-se lo vuoi... certo. Però rialzati, ti stai rovinando i pantaloni.
Antonio rise e la abbracciò, poi si rimise in piedi spettinandosi i capelli -madre de Dios, sono così nervoso...
Isabella gli prese di nuovo la mano -perché lo sei?
Antonio scrollò le spalle -lo... lo sono e basta credo.
-tu ami questo ragazzo?- quello annuì all'istante -e lui ama te?- annuì di nuovo. Isabella sorrise, lasciandogli la mano -e allora non devi preoccuparti, andrà bene. Il nervosisimo guasta il momento, meglio godersela e basta.
-è solo che...- sospirò, tormentandosi le mani -Lovi ne ha passate tante. E vorrei che almeno oggi sia tutto perfetto.
-lo sarà. Se vi amate davvero, lo sarà per forza.
Antonio ricambiò il sorriso, lasciò stare le sue stesse mani e sospirò profondamente -bene. Sono calmo.
-bravo. Vai a prepararti, su.
-va bene, mamá.

La chiesa era maestosa. Una cattedrale riccamente decorata, che la Restaurazione aveva dichiarato decaduta e fatto sconsacrare, quel giorno perfettamente illuminata e decorata di gigli e garofani rossi. A sposarli sarebbe stato un amico di vecchia data di Romolo, un prete simpatico che aveva accettato volentieri.
Per essere stato organizzato in poco tempo, era tutto perfetto.
Soprattutto, pensò Antonio, perché ad accompagnarlo all'altare era sua madre. Arrivati alla fine della navata la osservò per qualche secondo e le sorrise prima di vederla allontanarsi. Poi qualcun altro entrò, e il suo campo visivo si restrinse.
Lovino era bellissimo. No, è riduttivo. Era perfetto. Ancora riduttivo. Sembrava splendere di luce propria per quanto era meraviglioso. Non era solo il vestito grigio chiaro o i leggeri ritocchi fatti da Feliciano, era... era la luce che aveva negli occhi, la sicurezza del suo passo, le guance leggermente arrossate per l'imbarazzo dell'essere al centro dell'attenzione. Antonio registrò vagamente Romolo al braccio del suo fidanzato, quasi marito, praticamente si accorse di lui solo quando Lovino fu davanti a lui, e soltanto perché quello se ne uscì con -prenditi cura di mio nipote- prima di mollare il braccio di Lovino e lasciare che i due innamorati si potessero prendere la mano. Entrambe, tanto per essere sicuri di non venire separati. Antonio gli mimò con le labbra un "ti amo", prima che la cerimonia iniziasse.
-siamo qui oggi riuniti per...- smise di ascoltare. Non per cattiveria o noia, era semplicemente troppo concentrato su Lovino per accorgersi di qualsiasi altra cosa. Feliciano era stato bravissimo nel truccarlo, non c'era che dire. Ogni traccia di occhiaia, borsa o imperfezione, per quanto Lovino potesse averne, era completamente svanita, ma senza esagerare con il trucco. Notò un leggero strato di lucidalabbra sulla sua bocca, e non riuscì più a distogliere l'attenzione da lì. Le sue guance erano adorabilmente rosse mentre gli mimava con le labbra un "smettila di fissarmi", che però, anche senza il tono della voce, sembrava già molto poco convincente.
"Scusa" rispose, ma non smise di osservarlo. Se anche avesse voluto, e non voleva, non ci sarebbe riuscito comunque.
Puntò lo sguardo su qualcun altro solo quando Mia, con Cesare al fianco, portò loro un cuscinetto con sopra le due fedi. Lovino sorrise e si chinò all'altezza della bimba, stampandole un bacio sulla fronte.
-grazie, tesoro- le sussurrò, a tono così basso che solo Antonio riuscì a sentirlo. La bimba annuì, sorridente, porgendo gli anelli ai due papà, per poi tornare al suo posto felice di aver svolto bene il suo incarico.
Antonio prese il cerchietto d'oro un po' più piccolo, stringendo la mano di Lovino in attesa di metterglielo.
-vuoi tu...
-sì- rispose, di getto, senza pensarci, troppo felice, troppo impaziente per controllarsi. Il parroco si lasciò sfuggire una piccola risata.
-figliolo, capisco l'entusiasmo, ma lasciami almeno finire la frase.
Una risata collettiva scosse la chiesa. Antonio si sentì arrossire lievemente, ma il sorriso divertito di Lovino non aveva prezzo.
-scusi.
-figurati. Dicevo- si schiarì la voce -vuoi tu, Antonio Fernandez Carriedo, prendere il qui presente Lovino Romano Vargas come tuo legitimo sposo e amarlo e onorarlo tutti i giorni della tua vita, finché morte non vi separi?
-lo voglio- rispose, facendogli scorrere l'anello lungo la pelle, fino a lasciarlo lì, sull'anulare sinistro, lungo la vena che portava dritta al cuore -con tutto me stesso.
Lovino osservava l'anello, con le guance sempre più rosse. È mio marito realizzò Antonio, sorridendo sempre di più.
Il prete continuò -e vuoi tu, Lovino Romano Vargas, prendere il qui presente Antonio Fernandez Carriedo come tuo legitimo sposo e amarlo e onorarlo tutti i giorni della tua vita, finché morte non vi separi?
Lovino si sentiva sul punto di svenire. L'unico motivo per cui non cadde a terra fu perché si aggrappò agli occhi di Antonio, troppo innamorati e fiduciosi per dargli una possibilità di fallire, e all'anello che ora svettava sul suo dito. Espirò -lo voglio. Per sempre.
E anche il secondo anello fu collegato al cuore. Antonio aumentò il suo sorriso e tornò a stringere entrambe le mani di Lovino. Sono suo marito.
-vi dichiaro sposati. Potete baciarvi.
Neanche gli diedero il tempo di finire la frase che erano già alla ricerca l'uno dell'altro. Quelle due bocche non si erano parlate per troppo tempo, avevano tante cose da raccontarsi, non trovate? E ora era ufficiale: si sarebbero incontrate per sempre, nel bene e nel male. E, tra gli anelli e le labbra, entrambi sentirono il legame tra loro rinforzarsi, crescere, e qualcosa, un filo che divenne una catena, unirli nel modo più bello del mondo.
Isabella questa volta non distolse lo sguardo; non le fu proprio possibile farlo. Quei due erano così felici, così innamorati e così fieri del loro amore, che nessuno lì sarebbe riuscito a guardare qualcosa di diverso, perché lì dentro non c'era nulla di più luminoso di loro.
E, in fondo, che vergogna poteva esserci in tutto quello?

Lovino entrò in macchina ridendo, con la mano stretta a quella di suo marito e Mia affianco. Mio marito. Mio marito. Mio marito. Dio...
-non ci credo- si lasciò abbracciare e dovette aspettare di avere la bocca libera per poter continuare -l'abbiamo fatto davvero- rise ancora. Tutto il nervosismo, l'emozione... tutto sciolto in una risata. Antonio lo baciò di nuovo prima di rispondere.
-sì. L'abbiamo fatto davvero.
Lovino se lo tirò contro per baciarlo -ti amo.
Antonio sorrise contro le sue labbra e lo baciò di nuovo -anche io.
Mia prese il suo libro dalla borsa che avevano lasciato lì e si mise a leggere accarezzando il gatto, ignorando i due papà che amoreggiavano in un angolo.
Antonio nascose il viso nell'incavo del collo del suo sposo, abbracciandolo. Sospirò contro la sua pelle -mi piace questo profumo.
Lovino si mise ad accarezzargli i capelli distrattamente, mentre Gilbert alla guida faceva partire la macchina con un sorrisino.
-l'ha scelto Feli.
-mhmh- lo baciò sulla mandibola -mi piace, ti si addice.
Lovino lo ammonì con lo sguardo, della serie "tieni a posto le mani". Lo spagnolo gli sorrise innocentemente e lo baciò di nuovo, stringendogli la mano con l'anello e meravigliandosi di quanto quel piccolo cerchietto stesse bene a suo marito.
Se è questa la felicità, non voglio che finisca mai.

Peccato che finì. Il viaggio, intendo. Però erano arrivati al posto dove si mangiava, quindi Lovino si sarebbe accontentato. Ovviamente lui si era occupato del menù, aiutato in parte da suo fratello.
A proposito... non appena mise piede giù dalla macchina venne investito dal suddetto fratello, in lacrime.
-Lovi! È stata una cosa bellissima!
Lovino rise e gli diede qualche pacca sulla spalla -su, su. Ho fame.
-fratellone!
-poi sono io il piagnone- però ricambiò l'abbraccio. Si sentì tirare per la manica.
-papà, perché zio Feli piange?
-chiedilo a lui.
-zio Feli, perché piangi?
Feliciano si allontanò dal fratello e si asciugò gli occhi, chinandosi a guardare la bimba con una risatina -è che Lovi ormai è grande. Fa strano.
Mia inclinò la testolina, poi scrollò le spalle -bah, i grandi sono strani- afferrò la mano del padre -andiamo, papà? Ho fame.
-certo tesoro. Antonio dov'è...- stava per dire "finito", ma notò che il nonno l'aveva preso da parte e gli stava parlando sottovoce. Sospirò, scuotendo la testa divertito -andiamo prima noi.
-e papa?
-ci raggiunge dopo, piccola. Ora ha da fare.
Mia scrollò le spalle e seguì il padre all'interno dell'edificio, fino alla sala da pranzo.
Lovino incrociò lo sguardo di Isabella e rabbrividì. Porca merda devo incontrare la suocera. Aveva visto che aveva accompagnato Antonio, quindi doveva averli accettati, o non sarebbe venuta. Minchia che ansia. Io e le mie idee di merda.
Però Antonio era così contento di averla lì...
A proposito del bastardo, si sentì afferrare la mano, e delle dita conosciute intrecciarsi alle sue.
-eccomi- lo baciò sulla guancia. Stronzo, basta farmi arrossire -andiamo?
Gli strinse la mano e gli rivolse un piccolo sorriso -andiamo.

Lovino si era stancato di essere al centro dell'attenzione. Ma quello era il loro matrimonio, la loro giornata, quindi era naturale che avessero gli occhi di tutti puntati addosso.
La musica per il lento l'aveva scelta Antonio. Una vecchia canzone spagnola, Bésame mucho. Lovino non sapeva lo spagnolo, ma non ci voleva un genio a capirne il significato. C'era anche una versione inglese da quel che aveva capito, ma Antonio aveva preferito scegliere l'originale.
Si lasciò condurre al centro della sala, con le guance fin troppo bollenti. Antonio gli strinse la mano, baciandolo sulle labbra prima di iniziare le danze.
Non si erano preparati una coreografia. Avevano fatto alcune prove nella loro vecchia casa, ma sempre improvvisando. Si fidavano troppo l'uno dell'altro per credere che quello avrebbe fatto un passo falso, quindi non avevano sentito il bisogno di organizzarsi.
Antonio lo spinse leggermente indietro, e insieme scivolarono sulla pista, girando e rigirando l'uno tra le braccia dell'altro.

 

Bésame,
Bésame mucho
Como si fuera esta noche la última vez
Bésame, bésame mucho
Que tengo miedo perderte, perderte después
Quiero tenerte muy cerca,
Mirarme en tus ojos,
Verte junto a mí
Piensa que tal vez mañana
Yo estaré muy lejos,
Muy lejos de ti

 

Lovino sentì una lacrima scivolargli sulla guancia e sorrise, posando la fronte contro la spalla di suo marito per non farsi vedere mentre piangeva. Antonio sembrò capire e gli stampò un bacio sulla guancia, dolcemente, asciugando la lacrima nel modo più dolce possibile.
-te amo- gli sussurrò. Lovino si lasciò scappare una risata. Troppe, troppe emozioni tutte insieme. Gli gettò le braccia al collo, fregandosene del ballo e della posizione che avrebbe dovuto tenere, e lo strinse forte al centro della pista. Erano circondati da altre persone tutte intente a fissarli, ma a Lovino non poteva fottere di meno, non quando Antonio lo stringeva forte tra le braccia e gli sussurrava le parole della canzone dritte contro l'orecchio.
-bésame, bésame mucho. Como si fuera esta noche la última vez. Bésame, bésame mucho, que tengo miedo perderte, perderte outra vez...
Lovino girò la testa per guardarlo in faccia e se lo ritrovò a un respiro di distanza, facendogli scappare un sorriso. Antonio smise di cantare solo per baciarlo, mentre continuavano a dondolarsi a tempo della musica.
-ti amo- gli disse Lovino, lasciandosi baciare. Lo spagnolo gli accarezzò una guancia, due lacrime scapparono dai suoi occhi verdi e una risata gli uscì dalle labbra.
-sono così felice, querido- si lasciò asciugare le guance, stringendo il suo sposo ancora più forte tra le braccia -sono così... così tanto felice- lo baciò -ti amo- altro bacio -ti amo- bacio -ti amo.
Il ragazzo posò la fronte contro la sua -anch'io- lo baciò. Sorrise -per sempre...


Antonio osservava la sala da pranzo, con suo fratello affianco.
-di che mi volevi parlare?- João si appoggiò al muro, osservandolo.
Antonio si morse il labbro -secondo te mamá... sì insomma, come l'ha presa?
João scrollò le spalle -bene? Sta parlando con il tuo ragazz... tuo marito da almeno un quarto d'ora e non si sono saltati alla gola. L'ho vista persino ridere, insomma... penso si stiano simpatici.
-e... nel senso... pensi che non le pesi che Lovino sia... be', un maschio?
João abbozzò un sorriso -non mi sembra che la stia prendendo male.
Antonio sospirò, passandosi una mano tra i capelli nervosamente -solo... sono così felice cazzo. Non sembra vero.
-e invece lo è, guarda un po'.
Antonio rimase in silenzio per un po'. Abbozzò un sorriso -te l'ha chiesto Lovi, vero? Solo a lui avevo detto che avrei voluto che venisse mamá.
João annuì -già. Ci avevo pensato, ma non sapevo se tu lo volessi. Poi me l'ha chiesto direttamente Lovino, quindi...
Antonio sospirò, sognante e un po' stupito -è proprio perfetto.
João alzò gli occhi al cielo, divertito -sei proprio perso.
-non sai quanto- si staccò dalla parete, con lo sguardo puntato su suo marito, suo marito, che stava dicendo qualcosa con Mia in braccio -scusa un secondo- e andò verso di loro, ignorando la risata del suo gemello.
Lovino non si accorse di lui finché non sentì due braccia circondargli le spalle e una testa riccioluta posarsi sulla sua giacca -hola.
-ciao- istintivamente allungò una mano per accarezzargli i capelli, mentre Mia stampava un bacio sulla guancia del padre ridendo.
-papa!
-tesoro, ciao- si rivolse alla madre -posso rubarvelo un secondo?- indicò Lovino con un cenno della testa, facendogli alzare gli occhi al cielo. Isabella scrollò le spalle, con un sorriso rilassato sul viso invecchiato.
-è tuo marito ora. Non devi chiedere di certo il permesso a me.
È mio marito. Se è un sogno non svegliatemi.
-papa!- si lamentò Mia -puoi, però dopo balliamo insieme io e te.
-certo, niña- le strinse la manina per suggellare la promessa e la sollevò dal grembo di Lovino, posandola sulla sedia affianco a nonna Isabella. Prese la mano di Lovino e lo guidò fuori, sulla terrazza che dava sul mare.
L'italiano si appoggiò al parapetto, scrutando l'orizzonte. Era così bello, illuminato leggermente dalla luce della luna e con la brezza che gli spettinava i capelli, che ad Antonio ci volle qualche secondo per distogliere lo sguardo.
-quindi?- riattirò così la sua attenzione, l'italiano, con una semplice domanda -che volevi dirmi?
Antonio si riscosse dal suo sogno ad occhi aperti per abbracciarlo da dietro, le mani sui suoi fianchi e la testa sulla sua spalla. Lo baciò sul collo -niente. È solo che in teoria questa giornata è per noi due, e non siamo ancora riusciti a stare un po' da soli.
Lovino gli prese una mano, quella con l'anello, e la strinse tra le sue, studiandola con fare pensieroso. Antonio lo baciò sulla guancia, era adorabile con quell'espressione. Sospirò.
-non hai tutti i torti- si girò tra le sue braccia, posando la fronte contro la sua. Sorrise, rise, lo spettacolo più bello e unico del mondo, e poi lo baciò, posando una mano sulla sua guancia più per abitudine che per paura di vederlo andare via. Lo baciò a stampo -ti amo- altro bacio. E un altro e un altro e un altro ancora. E un altro e un altro e un altro e...
Antonio questa volta lo trattenne, baciandolo più a lungo contro il parapetto. Lovino rise contro le sue labbra, lasciandosi andare al suo tocco e premendosi contro di lui. Mi sei mancato anche tu.
-aspetta la notte, bastardo- gli sussurrò, con aria maliziosa e due occhi luminosi come due piccoli soli. Lo baciò sulla guancia -il nonno ha detto che stasera ci tiene Mia.
Antonio brontolò qualcosa e nascose il viso nell'incavo della sua spalla, facendogli il solletico con il suo fiato. Lovino riprese ad accarezzargli i capelli, lentamente, ridacchiando a mezza voce.
-appena arriviamo a casa, posso saltarti addosso?- chiese, perché in fondo era un gran signore. Lovino ridacchiò, lasciando che le mani di suo marito si spostassero dai suoi fianchi a un punto un po' più indietro.
-non vedo l'ora- rispose, socchiudendo gli occhi quando quello scese a baciarlo sul collo. Espirò -non lasciare...
-lo so- lo sentì ridere -per quanto mi piaccia vederti ricoperto di segni, miei segni, lo so.
-ho la fede adesso- notò Lovino, sollevando la mano e osservando l'anello scintillare alla luce della luna. Abbozzò un sorriso -non serve marchiarmi a vita.
-lo so. È pura soddisfazione personale.
-sadico.
-ti amo anch'io.
-baciami, idiota.
E lì, stretto tra le braccia dell'amore della sua vita, con due anelli nuovi al dito e la loro bimba ad attenderli, Lovino si disse che quello forse era l'inizio di qualcosa di nuovo. Una nuova vita, lontano da tutte le cose brutte del passato, passata stringendo forte quelle vecchie e coccolando quelle nuove, e avrebbe decisamente mentito se avesse detto di non essere impaziente di vedere dove sarebbero andati a finire.
Tanto, se c'era Antonio, di sicuro sarebbe andato tutto bene.

Forse vi aspettate qualche epilogo strappalacrime. Per voi non ho nulla del genere.
Perciò mi riferisco ai destinatari veri di questo libro. Non me ne vogliate, ma neanche vi conosco, cosa volete che vi dedichi?
Andiamo in ordine di età.
Nonno, grazie, per tutto. Non te lo dico spesso, ma lo sai che ti voglio bene (ma se tiri di nuovo fuori quelle foto le brucio).
Antonio... non penso di doverlo specificare ancora, mi sono rotto i coglioni da solo a ripeterlo di continuo, ma ti amo.
(E sì, so benissimo che hai nascosto quel vestito nel mio armadio. Se mi gira un giorno di questi lo riesumo, preparati)
Cosa? Andiamo, non posso restare dolce e romantico troppo a lungo, mi cascano i coglioni sennò. E poi quel vestito mi stava oggettivamente troppo bene
Feli... mamma è fiera di te, lo sai, vero? Se te ne dimenticherai, chiamami e te lo ricorderò io.
(E ti ricorderò anche che se quel crucco ti tocca in maniera inopportuna è un uomo morto)
Mia, tesoro mio... non so se sarò un bravo padre. Mi sa di no, non so neanche badare a me stesso. Però siamo in due, no? E ora che siamo in tre è tutto più bello. Fai la brava, mangia tante verdure eccetera eccetera (cos'è che dicono i genitori di solito?)
Quindi... sì. Questa è la fine del mio sfogo, ma non della mia vita.
No, non dirò "è solo l'inizio". È cringe, mi rifiuto.
Però è un... punto di partenza. Sì. Punto di partenza, suona meno frase fatta (credo).
E... be', come punto di partenza è proprio bello, non trovate?
Passo e chiudo.
Fate i bravi e non mettete l'ananas sulla pizza.
Lovino Romano Vargas.

   
 
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