Il ritorno
di Papillon
*
Capitolo 9
*
Basta un niente perché il tuo cuore si
frantumi in tanti piccoli pezzettini.
Una parola, un gesto.
Ma quello che avevano appena visto gli
occhi di Marinette, era un tradimento in piena
regola.
Inconsapevole, certo, ma pur sempre un
tradimento.
In un secondo, tutte le sue certezze,
tutte le parole e i gesti amorevoli di Adrien, erano
andati a farsi benedire.
Quando Volpina aveva lasciato la loro
stanza da letto, si era inginocchiata a terra, fatto dei bei respiri profondi,
ed aveva intimato alla prole di uscire da quella stanza.
“Ma mamma, perché?” Aveva obiettato il più
piccolo, che era solito indossare le orecchie da gatto, tipiche del suo super
eroe preferito: Chat Noir.
Non se ne separava mai, solo a scuola non
le portava, però teneva sempre agganciato allo zaino, il portachiavi dalle
sembianze di Plagg, che le mani amorevoli di sua
madre, avevano cucito a mano.
Era il suo portafortuna.
Marinette si era alzata e la sua
espressione non prometteva niente di buono.
Si era avvicinata incalzante ai tre
bambini, prese il cerchietto dalla testa di Hugo e lo ruppe, gettandolo poi
dalla finestra.
“Ho detto di uscire da qui!” Lo disse in
tono fermo e deciso, in un grugnito che le corde vocali le vibrarono così
forti, da desiderare di uscire dalla gola e andarsene in giro per la stanza, finchè l’incazzatura e la delusione, non fossero svanite.
Ci sarebbe voluto del tempo.
Hugo rimase di stucco a quel gesto, non
era da sua madre prendere e rompere le cose a caso, a meno che suo padre non
l’avesse combinata grossa, e dal suo comportamento, doveva essere di certo
così.
“Hai rotto il mio cerchietto” Tirò su con
il naso prima di lasciarsi andare ad un pianto nervoso e adirato.
“Davvero? E se non ve ne andate subito,
sarà qualcos’altro che romperò!” Riferendosi alla maschera nera che aveva in
mano.
“Marinette!”
Incalzò Adrien che ne frattempo si era coperto le
parti intime con l’asciugamano con il quale era uscito dalla doccia.
“Marinette un
corno! Tu devi stare solo zitto” Alzò un indice vicino al suo viso, non l’aveva
mai vista così.
Adrien deglutì pensando di
essersi messo proprio in un bel pasticcio.
La corvina sospirò cercando di reprimere
la rabbia, non doveva comportarsi così con i suoi figli, non c’entravano nulla
e si era pentita subito di aver rotto quell’oggetto tanto prezioso per il suo
cucciolo.
Pazienza, gliene avrebbe di certo
costruito subito un altro.
“Andate di sotto, ragazzi. Io e vostro
padre dobbiamo parlare” Cercò di essere più calma possibile e soffocò un
singhiozzo mentre stringeva i pugni lungo i fianchi.
I tre bambini, ubbidirono.
Louis, fu quello che trascinò i fratelli
più piccoli in salotto, non prima che Hugo si rivolgesse alla madre dicendole
che era cattiva e lo sguardo stizzito che le lanciò, spezzò per l’ennesima
volta il cuore della donna.
Era davvero cattiva?
*
Quando la porta si chiuse, Adrien fu pronto a ricevere un sonoro ceffone sulla
guancia, che gli lasciò un bel segno rosso, mentre la mano di sua moglie
sfrigolava.
C’era andata giù pesante, ma se lo
meritava.
“Marinette, non
essere arrabbiata!” Esclamò mortificato Adrien mentre
si rivestiva e si massaggiava la guancia.
“Non sono arrabbiata” Disse guardandolo
mentre tirava un sospiro di sollievo, sperando di essersela cavata con uno
schiaffo “…sono furibonda!” Urlò indurendo ancora di
più lo sguardo, e le pupille dilatate le davano un aspetto quasi demoniaco, Adrien si aspettava che alla moglie spuntassero delle ali
nere dietro la schiena.
Il biondo sussultò.
“Come hai solo potuto pensare che quella
potessi essere io??”
Fortunatamente avevano spedito i ragazzi
di sotto, litigare davanti a loro, soprattutto parlando di certe cose, non
sarebbe stato il massimo, anche se le orecchie dei più grandi, erano rivolte
sulle scale.
Nella loro breve vita, non li avevano mai
visti litigare tra loro, quella era la loro prima volta, ma avevano potuto
assistere alla loro ira con altre persone.
Ma cose da niente, incomprensioni.
Sentivano spesso litigare la mamma per
telefono con i fornitori perché non le avevano consegnato la stoffa per tempo,
oppure papà, con i ragionieri perché il bilancio mensile non era ancora pronto,
ma era solo fine mese, bisognava dare il tempo a loro di registrare le ultime
fatture e pagamenti.
“Sapevo che non eri tu, ma non riuscivo a
fermarmi.” Cercò di giustificarsi ed essere i più convincente possibile.
“Dovevi” Marinette
aveva le lacrime agli occhi, amava Adrien, da sempre.
Sapeva che anche lui l’amava e che non le
avrebbe mai fatto del male, che Volpina aveva usato il suo potere
dell’illusione.
Ma perché proprio Adrien?
Si, il motivo era facilmente intuibile,
nessuno poteva resistere al fascino dell’ex modello, ma Marinette pensò che ci
fosse sotto dell’altro, e lo avrebbe scoperto.
Quello che non si capacitava, era il fatto
che Volpina, alias Lila Rossi, non possedeva miraculos,
e quella era la sua forma akumatizzata.
Ma Gabriel Agreste, non poteva esserne la
causa.
“Io ti amo, Marinette.”
Le aveva preso le mani e la costrinse a guardarlo negli occhi per provare che
non stava mentendo, distogliendola dai suoi pensieri.
“Scusami, ma ho bisogno di tempo”. Aveva
sciolto quella posa restituendogli le mani e scesa nel suo studio, avrebbe
cenato lì, e forse anche dormito.
Se sarebbe riuscita a chiudere occhio.
Stava esagerando?
Forse.
Ma aveva bisogno di tempo per sbollire la
rabbia, e lo avrebbe fatto da sola, non c’era Tikki o
l’esercito di kwami pronti a consolarla e
consigliarla.
*
La cena non fu delle più felici.
I bambini continuavano a rivolgere domande
un tantino scomode al papà, del tipo:
“Ora tu e mamma divorzierete?” Aveva chiesto Hugo.
“Ti vedremo una volta ogni due settimane e
il fine settimana?” Continuò la biondina con l’aria triste.
Ma lui li aveva rassicurati.
“Mamma e papà non divorzieranno. Io vi
vedrò tutti i santi giorni in questa casa.” Addentò un pezzo di manzo che
masticò lentamente “…e poi come sapete tutte queste
cose?”
“Nella mia classe ci sono due compagni che
fanno così” Spiegò Emma ingenuamente.
“Mi spiace per loro. Ma io amo tua madre e
farò di tutto perché resti qui con noi.”
“Ma tu che cosa hai fatto con quella sgualdrina?”
Adrien inarcò un sopracciglio
“Dove hai sentito quella parola?”
Emma deglutì il boccone che teneva in
bocca “Da mamma, lo ha detto quando ha sbattuto la porta del suo studio”.
“Non ho fatto niente con lei. Era solo
entrata in camera perché voleva rubare qualcosa…”
“Quindi era una ladra!” Hugo si portò due
dita sul mento “…peccato che Lady Bug e Chat Noir non
ci fossero stati, ci avrebbero pensato loro con calci, pugni e…”
“Hugo! Lady Bug e Chat Noir non esistono”
Lo interruppe Louis, stufo di sentire quelle idiozie.
“Si che esistono!” Replicò il più piccolo.
“Allora perché non si sono fatti vedere?”
Chiese con aria di superiorità.
Hugo non seppe cosa rispondere, sua madre
gli aveva detto che vegliavano sempre su di loro, allora perché non si sono
presentati ad aiutarli?
“Smettila, Louis” Adrien
battè le posate sulla tavola, facendo scontrare le
porcellane nel tipico tintinnio.
“E’ vero!”
“Va in camera tua!” Gli intimò.
“Io non vado da nessuna parte!”
“Chiedi scusa a tuo fratello e vai in
camera tua.”
Il maggiore si era alzato seccato.
“Tanto non avevo fame.”
Adrien sospirò, odiava quella
situazione.
Odiava litigare con sua moglie, e odiava
comportarsi così con i suo figli.
Amava la sua famiglia più di qualsiasi
altra cosa al mondo, e non avrebbe lasciato che Lila Rossi la rovinasse.
*
Entrò nello studio di Marinette dopo aver
bussato, e senza ottenere nessuna risposta.
La luce fioca sopra la scrivania era
accesa.
Il suo computer era acceso, ma lei non
c’era.
La finestra, era aperta, e le tende
bianche svolazzavano mosse dalla brezza serale.
Il quadro del loro matrimonio era semi
aperto, ma la cassaforte che racchiudeva la Miracle
Box, era chiusa.
Digitò il codice d’accesso, pronto a
prendere l’anello del gatto nero e vestire i panni di Chat Noir, sicuramente
lei aveva invocato il potere di Tikki per cercare
Volpina.
Senza di lui.
Era una questione tra lei e lei.
No.
Era una questione tra loro tre, anche lui
era coinvolto in tutta quell’assurda faccenda.
Aprì la Miracle
Box e notò subito che mancavano all’appello gli orecchini della coccinella.
Non aveva tempo da perdere.
Prese l’anello, ma non riuscì ad infilarlo
perché venne interrotto da sua moglie.
“Non li ho indossati” Era comparsa dietro
di lui e non aveva nessun dubbio che fosse lei, una fragranza di vaniglia e
biscotti gli inebriò le narici.
“Stavo per invocare Plagg,
per venirti a cercare.” Si voltò verso di lei.
“Mi sono girata e rigirata tra le dita gli
orecchini fino a pochi attimi prima che arrivassi tu, se non lo avessi fatto,
probabilmente sarei lì fuori a cercare quella puttana.”
“Andiamo!” Propose “Scopriamo che
intenzioni ha.”
“No, i ragazzi sono in casa, non li lascio
da soli, magari non aspetta altro.”
“Hai paura che possa tornare?”
“Non lo so” Scosse la testa.
Per Adrien però
era giunto il momento di non parlare di Lila, ma di loro due.
Marinette era più tranquilla, e
sembrava più propensa al dialogo.
Doveva sistemare quella situazione, perché
quella notte non avrebbe dormito in un letto freddo.
“Ti amo, Marinette!”
Le aveva preso le mani e guardato intensamente negli occhi.
Non poteva non credergli, era consapevole
della magia di quella strega.
La corvina accennò un mezzo sorriso, poi
scoppiò a piangere e trovò riparo nel suo petto forte e mucoloso.
Le aveva fatto male, e il sol vedere suo
marito con un’altra donna, le aveva spezzato il cuore in tanti piccoli
pezzetti.
“E mi ero accorto subito che qualcosa non
andava. Ma la sua magia era forte, mi sembrava di essere un marinaio attirato
dalla voce di una sirena.”
“Dimmi la verità” Tirò su con il naso e
asciugato con la mano le lacrime che gli stavano bagnando le gote. “Ti piaceva
quella biancheria audace che stava indossato?”
“Mmm…lo sai che
preferisco altro” Catturò con la bocca l’ultima lacrima che le stava rigando il
volto.
“Una certa tuta rossa a pois?” Oh! se
quello lo eccitava.
“Abbiamo deciso di non trasformarci più”
Le baciò delicatamente le labbra.
“Ma lo sai che posso sempre cucire un
abito identico” Marinette ricambiò il bacio,
spostandosi poi sul collo.
“Ti prego, non dirmelo, che poi mi vengono
strane idee.” Adrien iniziò ad accarezzarle la pelle
sotto la camicetta, ed inebriarsi del suo profumo, quello si che era della sua Marinette.
Una dolce e calda essenza rilassante.
“Ti conviene togliertele subito, perché
dobbiamo chiedere scusa ai ragazzi.” Sul volto della corvina, si materializzò
un ghigno soddisfatto, una piccola vendetta l’aveva avuta.
*
continua
*