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Autore: Kimando714    07/04/2021    1 recensioni
Giulia ha solo quindici anni quando impara che, nella vita, non si può mai sapere in anticipo che direzione prenderà l’indomani. Questa certezza la trova durante una comune mattina di novembre, quando il suo tragitto incrocia (quasi) del tutto casualmente quello di Filippo, finendo tra le sue braccia.
E cadendo subito dopo a causa dell’urto.
Un momento all’apparenza insignificante come tanti altri, ma che, come Giulia scoprirà andando avanti nel suo cammino, potrebbe assumere una luce piuttosto differente.
“Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi” - (Italo Calvino)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
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CAPITOLO 71 - DON'T GO AWAY


 
 
“Io considero il mondo per quello che è: un palcoscenico nel quale ognuno deve recitare una parte, e la mia è una parte triste” - W. Shakespeare
 
A cold and frosty morning
There’s not a lot to say
About the things caught in my mind
 
Si stava rigirando nel letto almeno da un’ora, incapace di riprendere sonno o anche solo di trovare una posizione gradevole per rimanere lì, sotto al caldo delle coperte ormai in completo disordine.
Pietro si coricò supino, lasciando che un sospiro sconsolato rompesse il silenzio statico della sua camera.
Il sonno sembrava essere sparito del tutto, ormai, nonostante non avesse la benché minima voglia di alzarsi dal suo giaciglio.
Aprì pigramente gli occhi a fatica, abituandosi presto ai raggi del sole che entravano dalla finestra; si era nuovamente dimenticato di abbassare le persiane la sera prima, ed ora si ritrovava la stanza illuminata a giorno, non lasciandogli alcuno scampo per cercare di riaddormentarsi.
Sbuffò nuovamente, maledicendosi per quella sua fatale dimenticanza – la sera prima non aveva neppure alzato il gomito, e quindi non poteva nemmeno incolpare l’alcool per quella sua negligenza-, e sforzandosi di alzarsi il minimo sufficiente per dare un’occhiata al cellulare sul comodino, per capire che ore fossero.
Non si sorprese affatto nello scoprire che erano solamente le otto – un totale sacrilegio svegliarsi così presto di domenica-; si sentiva solamente stanco, ancora insonnolito, e agitato.
Quando lesse la data, in bella vista sul display appena sotto l’ora, realizzò subito che diavolo di giorno fosse, e si ritrovò a sorridere amaramente tra sé e sé: il giorno del ventunesimo compleanno di Alessio.
Pietro si passò le mani sul viso, arrivando a scompigliare anche i capelli, in un gesto impaziente e tutt’altro che entusiasta.
Rimase seduto sul letto per un po’, facendo il riepilogo mentale di quella che sarebbe stata quella giornata: di certo si sarebbe alzato di lì a pochi minuti, avrebbe preparato la colazione per entrambi, avrebbe dato ad Alessio il regalo che aveva comprato per lui. E poi avrebbero pranzato insieme, come accadeva nei weekend passati a Venezia, in quell’appartamento.
E di certo avrebbe preso in giro Alessio per la sua presunta anzianità, gli avrebbe fatto di nuovo gli auguri sfoggiando il sorriso più fintamente allegro che potesse permettersi.
E poi si sarebbe apprestato a passare la serata da solo, cercando di non fare caso all’assenza di Alessio.
Di certo non avrebbe mostrato nemmeno un minimo di malessere davanti a lui, non il giorno del suo compleanno.
Non sapeva dove Alessio avrebbe passato la serata con Alice. Non glielo aveva chiesto e non aveva provato ad indagare, e Pietro preferiva così: magari sarebbero andati in un qualche locale a festeggiare, o direttamente all’appartamento di Alice. Poco importava il posto, e poi, in fin dei conti, quelli non erano affari suoi: Alessio aveva tutto il diritto di passare il suo compleanno con la sua ragazza, dove e come preferiva.
Non erano decisamente affari suoi.
Non lo erano, anche se Pietro faticava ancora a spiegarsi, e tantomeno ad accettare, il perché quel pensiero lo infastidisse così nel profondo.
Si passò nuovamente le mani sul viso, alzandosi il secondo dopo dal letto con uno scatto nervoso, come se fosse rimasto scottato dal materasso; si avvicinò alla finestra, aprendola abbastanza per far entrare un po’ d’aria pulita. Si sentì gelare, rimanendo qualche attimo lì davanti: per quanto potesse essere una bella giornata, quella domenica di inizio aprile, il sole sembrava non riscaldare affatto, lasciando una spessa coltre di gelo nell’aria.
Si sentiva un po’ così anche lui, quel giorno: mite all’esterno, e raggelato fino all’anima.
 


Arrivò in cucina dopo una doccia ristoratrice, ricordandosi appena in tempo di recuperare il regalo per Alessio. Lo appoggiò in bella vista sul tavolo, ed osservandolo mentre aspettava che il caffè si preparasse, non poté fare a meno di sentirsi soddisfatto per come l’aveva incartato: non era mai stato particolarmente eccelso nell’impacchettare i regali, ma con quello per Alessio si era impegnato, ed i risultati erano evidenti. Gli era venuto davvero bene.
Stava versando il caffè nella sua tazzina, quando, voltandosi verso l’entrata della stanza, scorse la figura spettinata e assonnata di Alessio trascinarsi dentro la stanza. Si era svegliato prima di quel che Pietro si era immaginato – decisamente quando ancora non si sentiva pronto ad iniziare ad affrontare quella giornata.
Alessio doveva essere ancora così addormentato da decidere di girarsene per casa solamente in canottiera e boxer, fregandosene se ancora faceva troppo freddo per rimanere svestito anche dentro casa.
-Lo sai, vero, che andandosene in giro mezzi nudi si rischia di beccarsi un malanno più facilmente?-  esordì Pietro, cercando di dissimulare quanto prima il malumore con il quale si era svegliato – Alla tua età, poi, è un rischio davvero da non sottovalutare-.
-Sei sempre dolcissimo, vedo- Alessio gli si era avvicinato, reprimendo a stento uno sbadiglio – Buongiorno anche a te, comunque-.
In pochi secondi si versò il caffè rimanente in un’altra tazzina, rimanendo in piedi accanto a Pietro, appoggiato a sua volta contro il tavolo della cucina. Non sembrava essersi accorto minimamente del regalo in bella vista, né sembrava ricordarsi che giorno effettivamente fosse.
Pietro quasi rise al pensiero di quanto ancora fosse intontito.
-Ti ricordi che giorno è? O sei ancora nel mondo dei sogni e fatichi ancora a ritornare alla realtà?-.
Alessio guardò Pietro con sguardo spaesato, aggrottando la fronte come se non riuscisse davvero a capire dove l’altro volesse arrivare.
Pietro scosse la testa, posando la tazzina e allungandosi indietro, verso il centro del tavolo. Fu quando ebbe afferrato il pacchettino colorato e glielo ebbe piantato davanti agli occhi, che il viso di Alessio si illuminò in realizzazione.
-Oddio- esclamò, spostando gli occhi da Pietro al pacchetto – Se quello è un regalo per me, vuol dire che oggi … -.
-È il tuo compleanno, esatto-.
I lineamenti di Alessio si fecero più distesi, un sorriso che cominciava a disegnarglisi sulle labbra. Pietro scostò lo sguardo, il cuore che mancava un battito.
Gli porse invece il pacchetto, tenendovi gli occhi fissi:
-È solo un piccolo pensiero, nulla di che- mormorò, a mezza voce – Solo non mi sembrava tanto carino presentarmi a mani vuote-.
Pietro trasse un profondo respiro prima di continuare, sperando solo di non arrossire nemmeno minimamente, consapevole che Alessio ora stava fissando solo lui:
-Non saprei che altro dire, a parte che … Sì, beh, auguri. Spero solo possa essere una bella giornata per te, ecco tutto- si azzardò ad alzare gli occhi, e stavolta si rese conto che stava davvero arrossendo nel momento stesso in cui notò l’occhiata divertita che Alessio gli stava rivolgendo – Anche se stai diventando sempre più vecchio-.
-Ti imbarazzi sempre quando dici qualcosa di gentile, o ti succede solo con me?- Alessio rise sommessamente, avvicinandoglisi ulteriormente per poggiargli una mano sulla spalla – E comunque io non invecchio, semmai divento vintage-.
-In tal caso il regalo dovrebbe piacerti, è un po’ vintage anche quello- si schiarì la voce Pietro, cercando di recuperare quantomeno un minimo di contegno.
Sentì il cuore palpitare un attimo, mentre osservava Alessio riportare l’attenzione al pacchetto, prendendolo finalmente tra le mani e cominciando a scartarlo.
Non temeva davvero che non gli potesse piacere – era quasi del tutto sicuro che rientrasse nei suoi gusti, anche se in quel momento gli parve un regalo troppo semplice e troppo scontato-, ma non poté fare a meno di sentirsi ugualmente insicuro mentre osservava i suoi polpastrelli rompere la carta colorata, lasciando intravedere quello che vi era all’interno.
Alessio rimase zitto per un attimo, il sorriso che ormai aveva preso il sopravvento, mentre si rigirava tra le mani Be here now. Pietro tirò un sospiro di sollievo nel notare quel sorriso sincero: una settimana prima aveva trovato quel vecchio album degli Oasis in un negozi di dischi, trovato totalmente a caso una sera in cui aveva deciso di fare una passeggiata lungo le calli. Non ricordava nemmeno con esattezza dove fosse quel posto, né cosa lo avesse attirato inizialmente tanto da spingerlo ad entrare: ricordava solo che, curiosando tra gli scaffali, si era soffermato proprio su quell’album. Ripensando a quelle melodie Alessio gli era venuto in mente subito. Non ci aveva pensato oltre, e dopo pochi minuti era tornato fuori dal negozio, con in mano l’album in una busta di plastica.
-Vedo che ormai conosci bene i miei gusti in fatto di musica-.
Alessio aveva finalmente parlato, gli occhi azzurri pieni di un’allegria che fece sentire Pietro in un modo che non seppe nemmeno descrivere.
-Penso che lo ascolterò fino a quando non si rovinerà irrimediabilmente- Alessio lo mormorò rigirandosi l’album tra le mani, e fu in quel momento che Pietro avvertì l’ennesima fitta all’altezza del cuore.
Non poté fare a meno di domandarsi se, ascoltandolo, anche a distanza di anni, ad Alessio sarebbe sempre venuto in mente lui.
Forse ci sperava.
 
As the day was dawning
My plane flew away
With all the things caught in my mind
 
*
 
Steso di nuovo sul suo letto, da solo nella sua camera, era difficile cercare di relegare quella malinconia che lo attanagliava ancora in fondo all’anima, in un remoto angolo della sua mente.
Dopo il pranzo, passato in un’apparente gioviale tranquillità, Pietro aveva preferito rifugiarsi lì, piuttosto che rimanere ancora con Alessio: aveva il sospetto che, se avesse deciso di passare l’intero pomeriggio in sua compagnia, ne avrebbe sentito ancor di più la mancanza la sera, nel momento in cui sarebbe uscito con Alice. Alessio l’aveva lasciato fare, pur guardandolo nel disorientamento più totale mentre si ritirava in camera, ma andava bene così: l’importante era che non gli avesse posto domande alle quali Pietro non sarebbe stato in grado di rispondere in maniera abbastanza convincente.
Si chiese cosa potesse star facendo Alessio in quel momento: poteva essere rinchiuso a sua volta nella sua stanza, come essere lungo disteso sul divano del piccolo salotto a non fare nulla. O magari era così pazzo da decidere di portarsi avanti con lo studio nel giorno del suo compleanno.
Pietro sorrise impercettibilmente fra sé e sé, preferendo immaginarsi Alessio completamente spaparanzato sul divano: pigro com’era, di certo sarebbe stato capace di alzarsi dopo un sacco di ore, solo quando si sarebbe dovuto preparare per uscire.
Sistematosi meglio sul letto, Pietro aprì finalmente il libro che aveva intenzione di iniziare a leggere da un po’ di giorni. Non aveva davvero voglia di una lettura, ma gli sembrava il modo migliore per passare un po’ di tempo, magari cercando di concentrarsi sulle righe delle pagine, piuttosto che sui suoi pensieri – la maggior parte di essi riguardanti Alessio.
Quella vecchia copia dalle pagine ingiallite de Il mercante di Venezia l’aveva trovata al mercatino di Cannaregio, in una di quelle bancarelle dove si vendevano vecchi libri usati a prezzi stracciati. L’aveva comprata già diversi mesi prima, in uno di quei pomeriggi invernali in cui lui, Alessio, Nicola e Filippo avevano preferito avventurarsi tra le calli veneziane, piuttosto che restare chiusi in casa nell’ennesima giornata altrimenti troppo noiosa. Non aveva mai fatto in tempo a leggerlo, visto l’enorme quantità di tempo che lo studio gli aveva sottratto fino a quel momento, e aveva preferito rimandare la lettura a data da destinarsi, piuttosto che leggere un’opera di Shakespeare troppo superficialmente per capirla fino in fondo.
Aprì il libro alla pagina del primo atto, trattenendo a stento il respiro e perdendo un battito, nel leggere le prime righe di quella prima scena.
La ragione per cui son così triste, in verità, non so nemmeno dirla; mi sento come oppresso internamente, ed anche voi mi dite che lo siete; ma da dove mi venga quest'umore, dov'io l'abbia trovato, come ci sia caduto, di che è fatto, da che nasce, lo devo ancora apprendere; m'intorpidisce a tal punto lo spirito che stento a riconoscere me stesso”.
Gli sembrava quasi di essere finito lui stesso in una commedia shakespeariana: quella prima battuta di Antonio rispecchiava esattamente ciò che si sentiva dentro in quel momento.
Pietro richiuse per un attimo il libro, accusando il colpo che quelle righe gli avevano procurato.
“È tutto così insensato”.
Sbuffò tra sé e sé, perché in realtà l’unico ad essere insensato era lui. Lui e quel vuoto che si sentiva all’altezza del petto ogni volta che si ritrovava di fronte Alessio.
Si era davvero sforzato di essere felice per lui, ora che finalmente riusciva a vederlo in pace con se stesso e con il mondo che lo circondava, da quando aveva conosciuto Alice. Ci aveva davvero provato.
Lo aveva fatto per Alessio, che da un mese a quella parte era più sorridente, più aperto verso gli altri – probabilmente  grazie a lei. Forse si era semplicemente innamorato, e Pietro avrebbe davvero voluto non fare altro che andare da lui, anche in quello stesso momento, e dirgli che si meritava tutta la felicità possibile accanto alla persona che amava.
Ma non poteva.
Semplicemente non ci riusciva.
Era più forte di lui, e si sentiva un pessimo amico nel pensare che Alice non potesse davvero farlo felice come meritava.
E si sentiva ancor peggio nel non riuscire a capire fino in fondo a cosa fossero dovuti quei suoi sentimenti avversi a quella relazione; non gli piaceva pensare di essere geloso, anche se si rendeva conto che quello era ciò che più si avvicinava a quello che provava.
Pietro sospirò pesantemente, la rabbia verso se stesso che cresceva come ogni volta che si soffermava a pensare a quella situazione grottesca. Era assurdo come non riuscisse ad arrivare ad una soluzione, continuando ad annaspare in tutti quei pensieri contrastanti – c’era qualcosa che continuava a sfuggirgli, qualcosa di inconscio che però non riusciva a formulare in un pensiero razionale, qualcosa che lo faceva sentire come mai prima di quei mesi.
Era da un po’ che cercava di convincersi che su Alice si stesse sbagliando solo per il fatto che non la conosceva affatto. Se piaceva ad Alessio di sicuro dei pregi doveva averli – ma Alessio poteva anche sbagliarsi, preso dalla foga dei primi mesi di relazione: Alice poteva rivelarsi come una persona non adatta a lui, poteva deluderlo e lasciarlo ferito per l’ennesima volta.
A quel pensiero Pietro sentì una stretta al petto, chiudendo gli occhi per un lungo attimo, cercando di ignorare quel peso che lo opprimeva.
Il solo pensiero di rivedere Alessio distrutto dalla delusione lo spaventava, ancor di più del fatto di non riuscire a decifrare le proprie emozioni. Di certo vederlo soffrire nuovamente era l’ultima cosa che voleva: non ne aveva alcuna certezza matematica, ma era sicuro che vedendo Alessio di nuovo afflitto si sarebbe sentito tormentato a sua volta, ancor di più di quanto non si sentisse in quel momento.
In un caso o nell’altro sarebbe finita sempre alla stessa maniera: che Alessio fosse felice o no, per lui non ci sarebbe stato sollievo.
Si alzò definitivamente da quel letto, impossibilitato a rimanere steso ancora per molto, e con la voglia di leggere ormai sparita del tutto, spaventato da quei suoi pensieri, da tutto quel turbinio indecifrabile che gli ronzava in testa.
La verità era che si sentiva perso.
Perso, confuso e disorientato da se stesso, e da tutto ciò che Alessio gli provocava. Non riusciva ad incolparlo in ogni caso, per farlo stare così bene e così maledettamente male: qualche problema doveva avercelo lui, non certo Alessio.
Doveva smetterla di sentirsi così infastidito da Alice, e da quel progressivo e naturale allontanamento di Alessio.
Doveva piantarla di rimuginare troppo, di farsi troppi pensieri su qualcosa che in ogni caso non poteva controllare.
Sperava soltanto che il tempo potesse curare quel suo sentirsi inadatto, indicandogli la via giusta da seguire.
 
And I wanna be there when you’re
Coming down
And I wanna be there when you hit the ground
So don’t go away
Say what you say
But say that you’ll stay
Forever and a day
In the time of my life
‘Cause I need more time
Yes I need more time
Just to make things right
 
*
 
Damn my situation and the games I have to play
With all the things caught in my mind
 
Pietro buttò fuori l’ultima boccata di fumo, prima di appoggiare nel posacenere quel che rimaneva della sua sigaretta.
Era già passata mezz’ora da quando quella sensazione di agitazione e inquietudine si era presentata, lasciandolo incapace di stare fermo per più di un minuto. Aveva attraversato ormai decine di volte il salotto, per poi cercare di calmarsi sedendosi sul divano e fumando una sigaretta dietro l’altra. Aveva già fatto fuori mezzo pacchetto – e contava di finirlo entro la notte-, quando Alessio finalmente ricomparve nella stanza.
Era pronto per la serata, e Pietro non poté fare a meno di rimanere ad osservarlo in silenzio per alcuni secondi: era davvero elegante, con quella camicia blu che ne risaltava il colore degli occhi, e i jeans scuri che gli fasciavano morbidamente le gambe.
Alessio si sistemò una ciocca di capelli ricadutagli sugli occhi, mentre avanzava verso il centro del salotto e verso Pietro. Non lo dava troppo a vedere, ma sembrava anche lui in preda all’ansia, forse troppo entusiasta della serata che gli si prospettava davanti per attendere ancora l’ora di andare.
-Quanto diavolo hai fumato? Sembra di stare in una ciminiera- domandò appena infastidito, oltrepassando Pietro e affrettandosi ad aprire di uno spiraglio la finestra.
-Non molto, in realtà- mentì Pietro, distogliendo lo sguardo dall’altro e mordendosi nervosamente un labbro.
-Ne sei sicuro?- lo punzecchiò di nuovo Alessio; dopo alcuni secondi di esitazione si sedette comunque accanto a lui sul divano, pur consapevole che gli si sarebbe attaccato l’odore di fumo ai vestiti – Come ti sembro? Intendo, sembro troppo elegante o va bene così?-.
-Da quando in qua ti fai problemi su come vestirti per uscire?- Pietro si ritrovò a domandargli, forse un po’ troppo bruscamente, rifiutandosi ancora una volta di non rimanere troppo con gli occhi sulla figura dell’altro – E poi non credo che Alice sia troppo fiscale su una cosa del genere-.
In verità non aveva idea se Alice fosse quel tipo di persona, ossessionata da come si vestivano gli altri, ma non importava.
-Ma un tuo parere mi sarebbe utile in ogni caso-.
Pietro si voltò verso Alessio, che lo stava fissando con un mezzo sorriso stampato in viso. Aveva le gote un po’ arrossate, e Pietro immaginò che, rimanendo a guardare quel sorriso, sarebbe arrossito pure lui.
-Stai bene- borbottò infine, cercando di dissimulare l’imbarazzo, e trattenendosi a stento dall’aggiungere un “come al solito”.
Si sentiva quasi crudele nell’aver risposto così sbrigativamente ad Alessio, come se non gliene fregasse nulla; sentiva lo sguardo interrogativo dell’altro su di sé, e sperò solamente che Alessio non decidesse di domandargli se c’era qualcosa che non andasse.
“La verità è che non c’è niente che vada. Non vado bene io, non vanne bene i miei pensieri, e non vai bene nemmeno tu, che sei troppo bello e troppo tutto per perdere tempo con uno come me”.
 
Damn my education I can’t find the words to say
About the things caught in my mind
 
Osservò Alessio annuire distrattamente, mordendosi le labbra come se si stesse trattenendo dal dire qualcosa. Pietro non si sentì del tutto sicuro di voler sapere cosa gli stesse passando per la testa in quel momento, non quando sentiva la tensione tra loro farsi sempre più strada, insieme alla consapevolezza che si sarebbero separati in pochi minuti.
Non scostò lo sguardo, però, quando qualche secondo dopo Alessio era tornato a voltarsi verso di lui, con aria seria e a tratti agitata:
-E tu, starai bene qui a casa da solo?-.
Pietro si sentì preso alla sprovvista, sentendosi già arrossire in viso – sulla punta della lingua parole che non poteva permettersi di dirgli.
-Non sono un bambino- farfugliò cercando di apparire ironico, riuscendoci malamente – E poi farei solo il terzo incomodo nel venire con voi-.
Lanciò ad Alessio l’ennesima occhiata, capendo subito che non l’aveva affatto convinto.
-Magari prima o poi potresti invitarla quando usciamo tutti insieme- azzardò, lottando contro la tentazione di dire subito dopo che, in realtà, non c’era affatto bisogno che né lui né gli altri conoscessero Alice.
-Prima o poi- ripeté Alessio, lo sguardo cupo e rivolto verso il basso, e Pietro si chiese quale fosse invece la sua ragione per la quale stava ritardando così tanto le presentazioni ufficiali. Fece per dire qualcosa, ma Alessio lo precedette, tornando a guardalo:
-Probabilmente le piaceresti-.
Pietro si lasciò andare ad uno sbuffo sincero.
“Non guarderebbe mai me quando ha già uno come te”.
-Basta che non le piaccia più io di te- mormorò, senza aggiungere altro. Alessio accennò ad una risata, forse breve, ma che sembrava almeno non forzata. Prese a picchiettargli l’indice sulla gamba, e Pietro non fece niente per fermarlo, neanche quando avrebbe voluto alzarsi da quel divano, mettere diversi metri di distanza tra di loro, e rinchiudersi nel dolore che lo pervadeva in quel momento. Non si era mai sentito tanto lunatico prima d’ora.
-Sicuro di star bene?- Alessio interruppe il suo flusso di pensieri all’improvviso, forse captando un movimento o il cambio d’espressione di Pietro – Sei stato strano per tutto il giorno. C’è qualcosa che non va?-.
Era incredibile quanto potesse leggergli dentro, ed allo stesso tempo non capire davvero cosa lo stesse facendo sentire così. Forse, si ritrovò a pensare Pietro, era perché nemmeno lui stesso stava capendo.
Non bastò ad evitare che scattasse:
-E cosa ci dovrebbe essere mai che non va?-.
Pietro aveva risposto stizzito, colto sul vivo, e impreparato ad una simile domanda. Si pentì l’attimo dopo di aver risposto più sgarbatamente di quanto non si sarebbe immaginato: si era girato a fatica verso Alessio, mordendosi forte un labbro per non scoppiare a piangere per il nervoso.
 
Me and you what’s going on?
All we seem to know is how to show
The feelings that are wrong
 
Quando alzò lo sguardo e si accorse dell’espressione ferita di Alessio, non poté fare altro che darsi dello stupido mentalmente.
-Lascia stare- borbottò, stringendosi nelle spalle – Sto bene. Solo un po’ di stress per lo studio-.
Era una bugia, l’ennesima, ma anche se poteva non averlo convinto, Alessio non batté ciglio. Non insistette, pur continuando a guardarlo con sottile sbigottimento. 
-È meglio che tu vada, o rischierai di fare tardi- lo incalzò Pietro, dopo diversi secondi di silenzio. Aveva scostato lo sguardo, stavolta, incapace di sostenere oltre quello di Alessio
E si sentì prendere dalla morsa del pentimento, e da quella dell’indecisione, perché se desiderava solamente restare solo, in quel momento, allo stesso tempo gli si stava spezzando il cuore al pensiero che avrebbe visto Alessio andarsene entro poco.
-Forse dovrei rimandare-.
Alessio lo aveva farfugliato come se avesse appena parlato più a se stesso che a Pietro. Per un attimo ebbe la tentazione di dirgli di rimanere, che forse avrebbe davvero fatto meglio a rimandare, ma si trattenne dal farlo. Non poteva cedere a quella che appariva come una totale pazzia.
-No, certo che no. Non avresti alcun motivo per doverlo fare- Pietro si alzò dal divano e, pur sentendosi morire dentro, non riuscì a fermarsi dal prendere le mani di Alessio e invitarlo ad alzarsi a sua volta – È il tuo compleanno, hai tutto il diritto di uscire e passare una bella serata. Non badare a me, me la caverò-.
Alessio annuì, anche se non sembrava ancora del tutto convinto. Avrebbe dato qualsiasi cosa, Pietro, per capire cosa gli stesse passando per la testa in quel momento: da cosa derivava tutta quella sua insicurezza? Sembrava aver cambiato idea sul voler uscire con Alice, anche se non sembrava nemmeno convinto del voler rimanere. Gli sembrava quasi di rivedere se stesso davanti a sé, con tutte le sue insicurezze e contraddizioni che non riusciva a comprendere.
-Ci manca solo che tu mi metta direttamente alla porta- Alessio cercò di ironizzare, strappando un altro timido sorriso a Pietro, che però fu troppo breve e troppo finto.
-Se proprio insisti ti prendo in braccio e ti butto fuori sul serio-.
“Sto diventando bravo a fingere”.
Guardare Alessio mentre si infilava le scarpe e la giacca, ormai pronto per uscire, gli strinse ancora una volta il cuore, lasciandolo interdetto: era ancora in tempo per fermarlo, per dirgli qualsiasi cosa per farlo rimanere. E allo stesso tempo non poteva fare altro che sperare quegli ultimi minuti passassero il più in fretta possibile, impedendo a se stesso di fermare Alessio e sentirsi ancor più in colpa.
Pietro rimase in piedi accanto alla porta, ancora indeciso se rimanere lì per salutarlo un’ultima volta, o andarsene prima di vederlo uscire definitivamente da quell’appartamento.
Non fece in tempo a prendere alcuna decisione in merito: Alessio gli si avvicinò in pochi attimi, lasciandogli ben poche opportunità di fuga.
-Credo che ormai sia arrivata davvero l’ora di andare- borbottò, lisciandosi la giacca con un gesto nervoso che stonava con l’eleganza che quell’abbigliamento gli donava – Sei del tutto sicuro di voler rimanere da solo?-.
-Sono sicuro- annuì Pietro, aprendogli la porta come per spingerlo ad andarsene; si maledisse per quel suo voler dimostrare ad ogni costo il contrario di quel che avrebbe davvero voluto. Dopo un ultimo sguardo Alessio aveva fatto un passo avanti, sotto agli occhi cupi di Pietro: gli sarebbe bastato un solo passo ancora per ritrovarsi fuori dall’appartamento e per poter richiudere la porta d’ingresso alle sue spalle.
-Senti … -.
Alessio si era bloccato non appena Pietro aveva aperto bocca, guardandolo in attesa. Dal canto suo nemmeno Pietro aveva la più pallida idea di cosa dire: gli era venuto d’istinto, bloccarlo un attimo prima che se ne andasse, ed ora si ritrovava nella scomoda posizione di doversi inventare qualcosa sul momento.
Non poteva fare altro che incolparsi per aver reso tutto più difficile.
-Divertiti stasera. Vedrai che andrà tutto bene-.
Pietro si morse il labbro, e fece appena in tempo a scorgere il sorriso di Alessio increspargli ancora una volta le labbra, prima di ritrovarsi avvolto dalle sue braccia, in un veloce e fugace abbraccio.
-Sì, andrà tutto bene-.
Alessio lo mormorò con il viso ancora tra la spalla e il collo di Pietro, prima di sciogliere l’abbraccio, sorridere un’ultima volta come per salutarlo, ed avviarsi finalmente lungo le scalinate.
Pietro rimase lì, fino a quando non lo vide più. Rimase accanto alla porta ancora aperta, a fissare il punto in cui Alessio era sparito dalla sua vista.
Aveva ancora il suo profumo fresco nelle narici e il suo sorriso stampato sulle retine, quando si rese conto di essere finalmente solo.
Solo con tutte le sue paure e incertezze, e con un vuoto dentro di sé che cresceva al ritmo del rimbombo dei passi di Alessio, giù per le scalinate del palazzo.
 
So don’t go away
Say what you say
But say that you’ll stay
Forever and a day
In the time of my life
‘Cause I need more time
Yes I need more time
Just to make things right*
 
*
 
Si rilassò meglio nella poltroncina foderata, l’oscurità che attorniava lui ed Alice – e come loro tutte le altre persone presenti in sala- interrotta unicamente dalle immagini proiettate sul grande schermo sulla parete di fondo.
Grand Budapest Hotel era quasi arrivato ai minuti finali, con i suoi toni rosa pastello e l’atmosfera leggera che Alessio ricordava fossero tratti distintivi dei lavori di Anderson. Aveva riso di gusto nel seguire le vicende di Monsieur Gustave e Zero, le prime risate sincere che gli erano riuscite durante la giornata del suo compleanno.
Cercò di concentrarsi sul film, ormai ai minuti finali, allontanando la tentazione di controllare il suo cellulare che giaceva inerme in una tasca della giacca leggera, tolta appena lui ed Alice erano entrati in sala per il troppo caldo che già c’era. Forse era un bene aver deciso di lasciare il cellulare seppellito nella tasca: poteva illudersi che nel frattempo Pietro avesse finalmente risposto al messaggio che gli aveva mandato prima di arrivare al cinema, quando con Alice si era fermato a cenare in un piccolo ristorante in zona. Aveva sperato di vedere arrivare un messaggio in risposta prima che il film iniziasse, ma era stata una speranza vana.
L’unica cosa che aveva ricevuto era stato silenzio.
Gli stava venendo sempre più difficile cercare di ignorare quanto la cosa lo stesse destabilizzando.
 


-It was funny, right?-.
Si vedeva lontano un miglio che Alice si fosse divertita sinceramente: sorrideva con spontaneità, anche mentre uscivano dal cinema per avviarsi lungo la calle.
Alessio un po’ la invidiava, perché per quanto avesse apprezzato anche lui il film che Alice aveva scelto, c’era qualcos’altro che gli rendeva abbastanza difficile il sentirsi pienamente soddisfatto.
-Sì, è stato carino- mormorò, lasciando che lei gli prendesse una mano nella sua, facendo intrecciare le loro dita insieme mentre continuavano a camminare a passo lento.
Non aveva neanche dovuto mentire, perché poteva affermare a tutti gli effetti che Alice sapeva scegliere bene i film da guardare insieme – come molte altre cose che facevano quando si incontravano. Non era la prima volta che uno dei loro appuntamenti consisteva nell’andare al cinema: ricordava ancora con vivido divertimento quando, in una delle ultime proiezioni di The Wolf of Wall Street si erano chiesti se quella sarebbe stata la volta buona per DiCaprio di vincere l’Oscar – era andata male a lui quanto a loro in quella scommessa.
Alice aveva azzeccato il film anche quella sera, senza alcuna sorpresa.
“Chissà come sarebbe stato se avessimo scelto qualcos’altro”.
Era stato quasi tentato di proporre ad Alice di vedere The Winter Soldier. Non che lui per primo ne sapesse molto di Captain America, né della Marvel, ma era forse stato l’entusiasmo con cui Pietro gliene aveva parlato giorni prima ad incuriosirlo e a tratti tentarlo per cercare di comprenderne il fascino.
In qualsiasi caso non l’aveva fatto quella sera, non con Alice, che a quanto pareva non sopportava nessun cinecomic e nessun supereroe, che fosse della Marvel o della DC o di qualsiasi altro marchio.
Avrebbe sempre potuto chiedere a Pietro di riguardarlo insieme, ma arrivati a quel punto non era nemmeno sicuro che avrebbe accettato. Sbuffò mentalmente a quell’ultimo pensiero, ricordandosi ancora una volta che Pietro, attualmente, stava ignorando persino il suo ultimo messaggio inviato più di un paio d’ore prima.
-Possiamo fermarci ad un bar?- la voce di Alice lo distrasse, facendolo voltare verso di lei – Mi sta tornando fame-.
Lui, invece, aveva lo stomaco completamente serrato.
-Non c’è problema- disse, cercando di sorriderle, seppur forzatamente. Si lasciò trascinare senza opporre resistenza da Alice, mentre si infilava in uno dei tanti bar che a quell’ora, le dieci appena passate, erano ancora piuttosto affollati. In quello dove entrarono non c’era così tanta ressa come Alessio aveva temuto, ma ce n’era a sufficienza per far sì che il posto non fosse silenzioso.
Alice lo stava tenendo ancora per mano nel momento in cui si voltò verso di lui, sorridendogli:
-Non prendi niente, amore?-.
“Non mi ci abituerò mai”.
Cercò di ignorare quella sottile sensazione di disagio nel sentirsi chiamare così. Era solo questione di abitudine, anche se non era del tutto sicuro che sarebbe mai riuscito a condividere a sua volta quel modo così naturale che aveva lei di esprimere a voce, in semplici nomignoli affettuosi, ciò che provava per lui.
Forse prima o poi ci sarebbe riuscito – in fin dei conti Alice era la sua ragazza, ma lo era ufficialmente da poco ancora-, ma di certo non quella sera.
-Sono a posto- le rispose semplicemente, individuando a pochi metri uno dei pochi tavolini rimasti ancora liberi. Vi fece un cenno, per farle capire dove sarebbe rimasto nel tempo necessario per lei per ordinare qualcosa.
-Ti aspetto qui-.
-I’ll be back soon-.
Non appena Alice glielo disse, lasciò andare la sua presa e si diresse al tavolo prescelto, nello stesso momento in cui Alice si metteva in fila per la cassa per poter fare le sue ordinazioni.
Quando si sedette sospirò pesantemente, quasi come avesse trattenuto il respiro fino a quel momento.
E fu in quell’attimo stesso che non riuscì più ad ignorare il suo cellulare. Lo prese dalla tasca della giacca, già aspettandosi del tutto ciò che immaginava già.
Quando sbloccò il display vi trovò diverse notifiche, ma non lesse di nessun nuovo messaggio. Andò nella chat di Pietro, e come già poteva aspettarsi, l’ultimo messaggio era ancora il suo.
«Come te la stai passando? Sicuro di non esserti pentito di avermi cacciato fuori di casa?».
Nessuna risposta ancora.
Rimase ad osservare lo smile che aveva aggiunto alla fine del messaggio, per rendere il tutto più divertente. Non si sentiva né divertito né sorridente, in quel momento, non mentre continuava ad arrovellarsi la mente in cerca di una qualche risposta che, forse, avrebbe fatto molto prima a non cercare affatto.
Pietro non era facile da leggere, non era mai semplice capire cosa potesse passargli per la testa, a maggior ragione negli ultimi mesi – o forse da sempre.
Non era come Alice, che era come un libro aperto a cui bastava dare un’occhiata veloce per riuscire a comprendere le righe stampate, leggerne ogni parola scorrevolmente, senza dover tornare indietro mille volte per ripetere lo stesso punto.
Alice era totalmente diversa da Pietro.
Lo era per così tanti motivi, e in così tanti modi che Alessio aveva rinunciato persino a tenerne conto, almeno consciamente.
Alice era trasparente: non solo perché era estremamente vocale in ciò che sentiva e per ciò che desiderava, ma anche perché accompagnava le sue parole da gesti che lasciavano trasparire ogni volta quali erano i suoi pensieri, o i motivi per cui agiva in una determinata maniera. Forse era per quel motivo che Alessio sapeva che era sincera quando diceva che si era innamorata di lui. Glielo leggeva in faccia, nelle parole, nei gesti – non lo nascondeva, non lo lasciava a consumarsi dal dubbio, né dall’incertezza di svegliarsi un giorno e rendersi conto che era stata tutta una sua invenzione.
E forse si rendeva altrettanto conto che i suoi, di sentimenti, erano un po’ diversi da quelli che provava Alice, ma andava bene così. Alice rappresentava comunque un rifugio – la persona con cui poteva non essere il ragazzo abbandonato dal suo stesso padre, quello che per poco non aveva perso anche i suoi più cari amici, o quello che aveva passato fin troppo tempo a chiedersi se Pietro provasse qualcosa per lui, solo per vedersi smentito ogni volta.
Con Alice poteva essere qualcun altro, la persona serena che aveva sempre desiderato essere. E forse era quello che gli ci voleva, ciò di cui aveva bisogno. Non aveva alcuna necessità di riempirsi la testa di altri pensieri, di dover sovraccaricarsi di preoccupazioni ed agitazioni anche da quel lato. Alice era la soluzione migliore, e non doveva neanche star lì a pensarci per rendersene conto.
Era la scelta che gli avrebbe permesso di vivere tranquillamente, di potersi concentrare sugli studi senza dover pensare troppo ad altro. E poi, chissà, magari sarebbe rimasta anche dopo l’università – quando avrebbe finalmente potuto iniziare la carriera che sognava da sempre, quella per cui stava sudando ogni giorno per avere risultati e poter avvicinarsi sempre di più ad averla-, quando il gioco si sarebbe davvero fatto duro.
Si ritrovò a pensare, con una punta di dolore e rabbia, che avere una donna al proprio fianco gli avrebbe perlomeno anche risparmiato diverse possibili occasioni mancate. S’irritò a pensare alla discriminazione che ancora c’era in giro, ma non poteva farci nulla se non adattarsi al gioco lui stesso.
Alice era la scelta giusta.
Quando Alessio riportò gli occhi più in basso, sulla schermata del telefono ancora ferma alla chat di messaggi con Pietro, sbuffò tra sé e sé.
Bloccò il cellulare e lo rimise in tasca, deciso ad ignorarlo completamente per il resto della serata.
C’era qualcosa di diverso in Pietro, qualcosa che c’era ormai da un paio di mesi e che non riusciva a capire, e sapeva che non glielo avrebbe mai detto anche se glielo avesse chiesto. Era del tutto pronto a rispettare quella sua scelta e non domandargli nulla di rimando.
C’era ormai altro a cui doveva pensare.








*il copyright della canzone (Oasis - "Don't go away") appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori.
NOTE DELLE AUTRICI
Ben ritrovati! Avete passato una buona Pasqua? Vi siete tuffati nelle uova di cioccolato?:)
Ma soprattutto … Vi erano mancati questi due casinisti? A noi autrici non particolarmente, visto che parallelamente alla revisione di questo capitolo abbiamo appena finito la lunga gestazione di un capitolo di 40 pagine incentrato proprio su Pietro e Alessio, che però arriverà solo con la terza parte di Walk of Life 😂 (piccolo spoiler non troppo spoileroso).
Ma tornando a noi: nella giornata del compleanno del buon Raggio di sole (come lo chiamerebbe prontamente Giulia), l'umore di Pietro è piuttosto incerto.  Sembra proprio che qualcosa stia prendendo forma nella sua mente, qualche mezza consapevolezza ancora non matura. Il suo sarà un percorso lento, molto lento, che lo coinvolgerà non solo nei prossimi capitoli, ma anche e soprattutto nei capitoli della seconda parte di "Walk of Life". Voi lettori, però, non tiratevi indietro dal fare supposizioni fin da ora!
Il capitolo si chiude poi con questa nota un po' pessimista, donata dai pensieri di Alessio, che sembra aver capito qualcosa ma, un po’ come sempre, tende a non andare troppo in profondità nei suoi sospetti.
Come abbiamo visto, alla fine Pietro ha resistito al suo voler tenere Alessio a casa con qualche scusa, letteralmente accompagnandolo alla porta per non fargli perdere la serata. Però sembra essersi comunque rinchiuso in se stesso, come dimostra il fatto che sta ignorando (sarà davvero così, poi?) il messaggio ricevuto dall'altro.
Ed è proprio con il pov di Alessio che arriviamo a fine capitolo, scoprendo che lui ed Alice sono diventati ufficialmente una coppia. Le ragioni per voler stare con Alice non mancano, anche se è un po' lampante il fatto che pur trovandosi in sua compagnia, Alessio continui a pensare a qualcun altro ... #chissàperchè 🤐
Magari prima o poi sia lui che Pietro avranno una qualche sorta di illuminazione divina 😂✨
Che succederà nel prossimo capitolo, ora che cominciamo ad avviarci al finale di questa storia, a cui mancano davvero pochi appuntamenti?
Ma soprattutto ... Quali tra i tre film nominati, tutti usciti nei primi mesi del 2014, sareste andati a vedere voi al cinema?🦾🏨💰
Nel frattempo, vi diamo appuntamento a mercoledì 21 con un nuovissimo capitolo! Anche se il prossimo mercoledì ci sarà una piccola sorpresa 🤐
Kiara & Greyjoy




 
   
 
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