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Autore: Annabeth16    08/04/2021    0 recensioni
Percy trova una ragazza misteriosa dal forte profumo dell'oceano e gli occhi color del mare, perfino più belli dei suoi.
La sua è una storia complicata e piena di misteri, ma la verità potrebbe fare la differenza in un mondo in cui i mostri, anche quelli più antichi, si stanno risvegliando uno ad uno.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gli Dèi, Percy/Annabeth, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NOTA DELL’AUTRICE: Ciao! Questa è la mia prima fanfiction su Percy Jackson ed è ambientata dopo: “Lo scontro finale”, più precisamente tra esso e la saga “Eroi dell’Olimpo”.  Il primo capitolo sono degli sketch della vita della nostra Alice (che sarà un personaggio molto importante) e sono un ANTEFATTO alla storia.  Buona lettura!
 
1.ANTEFATTO - ALICE
Mi dimenai urlando. Ancora quel brutto sogno. L’incubo che non mi lasciava pace. Il sogno era potente, però riuscii ad aggrapparmi all’ultimo pezzo di coscienza che era rimasto in me e spalancai gli occhi. Il respiro era tutto un affanno e riuscivo a percepire il calore irradiato dalla mia pelle bollente. Ero zuppa dalla testa ai piedi, così come il cuscino e le lenzuola. Per prima cosa controllai di avere ancora al polso il mio braccialetto portafortuna. Era molto semplice: una catenella color argento dalla quale pendeva un cuoricino di acquamarina. La sua storia era semplice quanto misteriosa…
 
Non sopportavo l’idea che mia madre mi avesse mentito. Io un padre ce l’avevo, ce l’avevo eccome. Solo che mamma non mi voleva rivelare niente sul suo conto, non che lei sapesse molto più di me. Tutto ciò era frustrante. Avevo sempre desiderato poter ricevere un affetto paterno, avere qualcuno da cui andare quando avevo gli incubi che giocasse con me e me li togliesse con un bacio…  Desideravo ardentemente che mio padre si facesse vivo, principalmente per tirargli due schiaffi e due urli. Mi aveva abbandonato, dopotutto. Avevo solo 12 anni quando feci quell’apocalittica discussione con mia madre. Ed è proprio da quel fatidico 9 luglio che cominciai a sentire le voci e ad avere gli incubi. A volte la voce era rassicurante, amorevole, quasi come quella di un padre, altre era maligna, sprezzante, a tratti suadente, come se volesse convincermi ad ubbidire ai suoi ordini. Ovviamente la seconda voce era quella che mi tormentava di più. Mi sembrava di scoppiare, di non essere…normale, ecco. Mia madre mi rimproverava sempre perché non riuscivo a stare ferma per più di un due minuti, e in più a scuola ero una frana. Avevo forti sospetti di essere dislessica anche se le visite fino a quel momento lo avevano negato.
Stavo ancora camminando rancorosa sulla spiaggia e stavo giusto pensando al fatto che mio padre non mi aveva voluto quando sentii la voce buona per la prima volta dopo millenni.
“Non è vero, io sono sempre stato qui”.
Ero scossa. Molto scossa. Sono sempre stato qui? E dove? Chi era quella voce? Che la smettesse di tormentarmi!
I miei pensieri malinconici e feroci si bloccarono quando vidi un’onda gentile ma anomala infrangersi sulla spiaggia. Quando le acque si ritrassero vidi che sulla sabbia luccicava qualcosa. Era il mio braccialetto. Lo adoravo perché proveniva dal mare, quella che consideravo la mia essenza. Solo mooolto più tardi avrei capito quanto quella frase fosse vera….
 
Attesi che il respiro si calmasse e poi mi sfilai la maglietta oversize che usavo per dormire. Desideravo con tutto il cuore di farmi un bel bagno fresco. Aprii la porta della casa piano per non svegliare mamma e corsi leggera sulla spiaggia. Di solito non c’era niente che funzionasse contro quell’incubo che mi assaliva quasi tutte le notti a parte un bel bagno nell’oceano. Lanciai uno sguardo al mio braccialetto che, al chiaro di luna e in presenza dell’oceano brillava illuminandosi di verde acqua.
Adoravo quell’acquamarina…
Mi tuffai in acqua, ed essa aveva una temperatura magnifica.
Nonostante fosse appena marzo, l’acqua peer me era perfetta. E la cosa strana è che, a differenza di tutte le altre madri, la mia non si preoccupava affatto che io potessi prendermi una polmonite. Mi lasciava fare il bagno pure di inverno. E in un certo senso lo apprezzavo, perché io adoravo l’acqua.
 
Fu terribile. Vidi mia madre venire letteralmente aspirata dalla terra sotto ai suoi piedi. Io urlavo, lei piangeva. Io temetti di impazzire: entrambe le voci mi assillavano il cervello.
Non preoccuparti, cara! Ci sono io!”, diceva quella buona.
“Guarda! Guarda tua madre e soffri, piccola insolente! Se non ti unirai a me questo sarà il destino delle persone che ami”, diceva quella cattiva.
«MAMMA! TI PREGO NON MI LASCIARE!», supplicai urlando e piangendo.
«Piccola mia, ormai Lei mi ha preso. Non avere paura, ascolta la voce del mare ed essa ti guiderà. Prendi la busta che è sotto al mio letto e scappa! Corri! Vattene da qui!»
Io non volevo lasciarla ma i suoi occhi mi supplicavano. Ormai la terra l’aveva quasi inghiottita: le labbra erano già sotto al terreno. Io non volevo assistere ed ebbi paura. Afferrai la busta e scappai, lontano, più forte e lontano che potei.
 
Ormai ero allo stremo delle forze. Mi serviva dell’acqua, ma per quanto mi riguardava avrei potuto anche essere al Polo Sud. Solo che ero in una foresta cupa e rigogliosa. Mi gettai a terra, stremata, stringendo in mano la busta di mia madre e portando al petto la mano con il braccialetto. Caddi ai piedi di un albero e persi i sensi.
   
 
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