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Autore: Julie Sarret de Angrogne    10/04/2021    0 recensioni
E se Erik e Jack the Ripper fossero amici di vecchia data legati da una misteriosa maledizione? Feroci delitti, simili a quelli avvenuti a Londra undici anni prima, turbano la Parigi di fine secolo. L'ispettore Michaud indaga, ma una intraprendente e pasticciona giornalista si mette di mezzo scombinando i piani di tutti quanti. Pastiche benevolmente ironico delle tematiche e i personaggi creati da Leroux, Kay, ALW, Rider Haggard e Pierre Benoit, con debiti verso scene di film famosi. Fantastico, ironia, un pizzico di grand guignol, malizia, sesso soft, qualche parolaccia, molte sorprese.
Genere: Azione, Satirico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erik/Il fantasma, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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14

DENTRO LA FIAMMA

(Dove nel cimitero si lotta contro le zanzare e non soltanto, Erik e Jack si tolgono la maschera e scoppia una tempesta)

 

Un cimitero non è mai il luogo ideale dove disporsi a una lunga attesa notturna; e d'estate men che meno. Le zanzare, capaci di proliferare in ogni minima goccia d'acqua, avevano fatto tesoro dei vasi per i fiori e di qualunque concavità o anfratto potesse contenere il prezioso liquido; e all'arrivo dei tre visitatori inaspettati si scatenarono.

Attendere acquattati tra lapidi e cespugli richiese loro una certa forza d'animo. Ben presto si ritrovarono a grattarsi poco signorilmente, per quanto furtivamente, tutte le parti lasciate scoperte dagli abiti; e non soltanto, perché i voraci insetti erano capaci di penetrare le stoffe meno pesanti con i loro stiletti.

La notte era cupa e assolutamente buia se non per i lampi che illuminavano a tratti il cielo. Sembrava trattarsi di uno di quei tipici temporali estivi che non si schiodano dalla linea dell'orizzonte, e l'aria restava calda. Gli occhi riuscivano a distinguere appena il biancheggiare dei marmi più recenti contro la massa scura della chiesa che incombeva sul piccolo cimitero.

Dedicato a San Giacomo come buon auspicio per i pellegrini che attraversavano la Bretagna diretti a Compostela, l'edificio contava quasi otto secoli di vita e i restauri più recenti non ne avevano mutato la forma che perdurava indecisa tra gotico e romanico come al suo nascere. Una specie di balaustra circondava il tamburo spigoloso che terminava in un pinnacolo sul quale la croce sembrava capitata per caso, e il tetto al di sopra dell'ingresso spioveva minacciosamente ripido. Di giorno, i blocchi di granito locale con cui era costruita assumevano tenere sfumature gialle e rosate; ma nella notte senza luna la chiesa era una presenza fredda e nera.

Rasselie si domandava come poteva essersi sentito Raoul quella notte di tanti anni prima, quando aveva seguito Christine all'appuntamento con il suo Angelo. Sicuramente meglio di adesso. Allora non era in gioco la vita di nessuno, e c'era la luna, così le aveva raccontato, con la neve che ne amplificava il chiarore. Adesso invece il buio era denso. E pieno di zanzare che con il loro insistente ronzio e i morsi spietati disturbavano la concentrazione.

Poteva quel rumore senza tregua nascondere passi furtivi? Un respiro? E l'oscurità avrebbe lasciato scorgere a tempo un movimento pericoloso, una figura che si aggirava tra le tombe?

Ma infine, pochi minuti prima della mezzanotte, il copione di anni addietro si ripeté. Una figuretta avvolta in un ampio mantello chiaro, che dalla corporatura poteva essere soltanto Christine, attraversò il cancello a passo tranquillo. I biondi capelli sparsi sulle spalle e lungo la schiena, rilucenti contro la stoffa opaca del mantello, si diresse là dove era la modesta tomba del vecchio Daaé. E quando la ebbe raggiunta, un'impeccabile regia diede inizio alla musica.

Il suono di un violino, limpido anche se lievemente metallico, sembrò scaturire da un punto imprecisato nell'oscurità e Christine lo accolse senza sorpresa, restando accanto alla tomba e voltando solo leggermente la testa da una parte e dall'altra, come se cercasse di scorgere qualcuno, distinguere un'ombra nell'ombra.

- È vestita come allora - sussurrò Raoul.

Poi udirono la sua voce, dolcissima e sognante: - Mio Angelo, dove sei?

E già il conte si era alzato e stava per correre verso di lei, la pistola in pugno, quando un'altra voce si fece udire, maschile e imperiosa: - No, Christine, non ascoltare! Non sono io!

Una sagoma nera, simile a un grande pipistrello, era scaturita dall'oscurità e in un attimo si precipitò incontro alla donna, trattenendola proprio mentre cominciava a incamminarsi verso la chiesa. Raoul puntò la pistola.

- No! - Rasselie gli afferrò il braccio. - Quello è Erik!

Le due figure accanto alla tomba si immobilizzarono per un attimo, poi Erik si staccò da Christine e corse verso la chiesa, in un turbinio di raso nero, mentre Christine mosse qualche passo per seguirlo, poi ci ripensò, si fermò, andò verso Raoul, si fermò di nuovo... La sua confusione era palese.

Rasselie e il Persiano, invece, seguirono Erik; e mentre gli correvano dietro lo sentivano imprecare.

I loro occhi, durante la lunga attesa, si erano un poco abituati all'oscurità, così poterono vederlo scomparire dalla parte della sacrestia, dove i teschi dell'ossario sogghignavano incistati nei muri.

Dopo un attimo udirono un rumore secco, e il suono del violino si interruppe bruscamente su uno straziante stridio; quindi, dopo un attimo, un oggetto rotolò sul prato ed Erik uscì da dietro la sacrestia per assestargli un altro calcio. Nello scintillio metallico del diffusore a tromba, Rasselie riconobbe un grammofono.

Poi Erik alzò gli occhi su di loro.

- Vi avevo ordinato di non seguirmi! - E di nuovo corse via.

Nel frattempo, il temporale che prima sembrava inchiodato sull'orizzonte si era lentamente avvicinato strisciando lungo la curva del cielo, fino a portarsi sul cimitero, e i tuoni brontolavano cupamente tra le nuvole.

Rasselie e il Persiano si erano di nuovo lanciati all'inseguimento di Erik, quando si udì un'esplosione, uno schiocco assordante; e per un attimo tutto il cimitero sbiancò in una luce abbagliante. La croce in cima al pinnacolo ardeva di un fuoco biancoazzurro che si riversava il rivoli guizzanti sui fianchi della cupola. E in quella deflagrazione luminosa, una figura nera si staccò dalla balaustra che circondava il tamburo e si avventò verso il suolo come un uccello predatore. Nel buio totale che seguì immediatamente dopo si udì un grido di donna; ed era la voce di Christine.

Quando Rasselie ritrovò la vista fu come se un sipario di velluto nero si aprisse lentamente su una danza di lucciole azzurre che ronzavano come pochi minuti prima avevano fatto le zanzare, ma in tono assai più alto e vibrante.

E in mezzo a quella tempesta di scintille stava Jack, ritto e immobile, con un braccio stretto attorno al collo di Christine che non osava il minimo movimento. Un lama rilucente le sfiorava una guancia pallida; più pallida ancora della maschera di cera che copriva il volto dell'uomo.

- Non muovetevi, my friends, o la sgozzo.

La voce era affilata come le sue lame. Solo l'odio, un odio puro e senza debolezze umane poteva renderla così. Raoul ed Erik lo tenevano sotto il tiro delle loro pistole, ma ovviamente non si sarebbero azzardati a usarle. Rasselie si rammentò della propria, ancora nella borsa. Un peso inutile. Sapeva che non sarebbe mai stata capace di sparare a qualcuno.

- Lasciala andare. - Anche nella voce di Erik era palese l'odio; ma di un altro tipo, vibrante e appassionato, in contrasto con i gesti che restavano calmi e controllati. - Questa è una faccenda che possiamo risolvere soltanto tra noi due.

- Spetta a me decidere come. Come puoi ben vedere, sono io che ho il coltello dalla parte del manico. Perciò abbassate le pistole e lasciateci andare via tranquillamente. La signora contessa e io dobbiamo fare un lungo discorso.

- Infame, lascia stare mia moglie! - esclamò Raoul con cavalleresca fierezza.

La maschera di cera si voltò leggermente verso di lui. Incredibile e terrificante, sembrava sorridere. Gli occhi erano malevola oscurità.

- Dille addio finché puoi, de Chagny.

La pioggia di scintille si era estinta, ma il cimitero continuava a restare avvolto in un chiarore che, pensò Rasselie, poteva con ogni ragione essere definito "spettrale". O forse dipendeva soltanto dai lampi che si susseguivano nel cielo sopra di loro senza quasi soluzione di continuità.

- Va bene. - Erik tese un braccio verso Jack, la mano aperta, e abbassò lentamente quella che teneva la pistola, invitando con uno sguardo Raoul a fare altrettanto. - Intanto immagino che le pallottole ti farebbero soltanto il solletico. So di non poter invocare la nostra trascorsa amicizia, Pierre; abbiamo commesso troppe... chiamiamole mancanze, l'uno nei confronti dell'altro. Ma proprio per questo dovremmo cercare di sistemare le cose tra noi, senza coinvolgere altri.

Rasselie avvertì una goccia calda caderle su una mano e questo la strappò dall'incantamento di cui era stata ostaggio fino ad allora, così si accorse che il Persiano non era più al suo fianco. In qualche modo, prima dell'esplosione luminosa, o poco dopo, era riuscito ad allontanarsi. Lo cercò con lo sguardo, non osando muovere la testa di un millimetro; e infine notò l'ombra che strisciava lungo il muro della chiesa alle spalle di Jack. Certamente anche i due uomini che lo fronteggiavano se ne erano accorti, perché continuarono a restare immobili.

- Cosa vuoi, Pierre? Che venga con te da Ayesha? E va bene, lo farò.

- Un po' tardi per cambiare idea, non ti pare? Pierre Morhange non esiste più, e se devo essere onesto non ho pianto la sua scomparsa. E di te che mi dici? Cos'è diventato Benoît de Saint-Avit? Il Signore delle Botole, l'Angelo della Morte, si è trasformato in un fantasma che si nasconde in un teatro dell'opera, l'Angelo della Musica che irretisce giovani e ingenue soprano.

- Sbagli... Jack, o comunque tu voglia essere chiamato adesso. Christine Daaé non ha nulla a che vedere con ciò che sono diventato.

- Davvero? E allora perché non ti togli la maschera qui, davanti a tutti. Andiamo, Fantasma dell'Opera, mostraci la tua vera faccia!

La voce di Jack grondava scherno. Erik restò immobile.

- Ho impiegato parecchio... anni per capire, my dear Phantom, ma alla fine ho avuto un'illuminazione. Ora so cosa voleva dirci la veggente di Samarcanda. Solo che è tutt'altro che semplice, oh davvero, non lo è per niente. Molto, molto più difficile che sgozzare una donna e strapparle le viscere! Impossibile, per due come noi. Eppure... giurerei che tu ci sei riuscito, vero? Grazie a questa volonterosa signora! - Jack strinse ancora più forte il braccio attorno al collo di Christine che emise un gemito soffocato. Poi, con un sogghigno intuibile attraverso la maschera di cera, disse rivolto a Raoul: - E tu, povero il mio conte, quanto mi fai pena! Non ti sei mai accorto di aver comprato merce di seconda mano?

Erik scosse lentamente la testa; un gesto stanco e sfiduciato. - Come posso farti capire che ti sbagli?

- Togliti la maschera.

In quel momento Naser, che aveva continuato ad avvicinarsi silenziosamente alle sue spalle, lo raggiunse e lo colpì alla testa con qualcosa, forse un sasso... Rasselie non avrebbe saputo dirlo con certezza... ma ciò che seguì fu una conflagrazione di urla rabbiose e corpi in lotta. Anche Erik si era subito gettato su Jack, cercando di strappargli il coltello, mentre Christine si divincolava e fuggiva a rifugiarsi tra le braccia del marito. La lama scintillò come un piccolo fulmine; Naser gridò, fece qualche passo indietro, inciampò e cadde su un tumulo; il mantello di Erik vorticò nell'aria, ricadde sulla testa di Jack ma fu subito spazzato via da un movimento brusco del braccio...

Lo schiocco di un fulmine... Le mani di Erik artigliarono la maschera di Jack... Il cielo spalancò le sue cateratte. Christine gridò. Rasselie pure.

Erik aveva fatto un salto indietro, la maschera di cera stretta in una mano... e il manico del coltello che gli spuntava da un fianco.

In seguito, Rasselie non sarebbe riuscita a ricordare cosa, sul momento, l'avesse terrorizzata di più: se quel coltello che sporgeva dal corpo di Erik o la faccia di Jack che la luce dei lampi rivelava impietosamente. Perché era davvero come l'aveva descritta: un ammasso di carne piagata e annerita, quasi del tutto priva di sembianze umane, con un buco nero al posto del naso.

Jack emise una specie di ringhio e si raggomitolò su se stesso, come una fiera che si prepara al balzo; ma invece si voltò e fuggì di corsa lungo il viale, verso l'uscita del cimitero. Erik si lanciò all'inseguimento e Raoul stava per fare altrettanto quando la voce sofferente del Persiano lo trattenne: - No! Porti in salvo sua moglie!

Con la faccia contorta dal dolore se ne stava seduto tra il fango del tumulo, stringendosi un braccio.

Perlomeno era vivo; e la sua esclamazione riscosse Rasselie che si affrettò dietro i due uomini, maledicendo la gonna che andava rapidamente inzuppandosi e le rendeva difficile correre.

"Merde, perché non mi sono portata un paio di pantaloni!". Un giorno tutte le donne li avrebbero indossati per comodità, ne era sicura; ma adesso lei era lì che inciampava nei propri piedi cercando di tener dietro a due uomini che correvano ben più veloci di lei, anche se uno di loro aveva... quanti... quanti centimetri erano?... di acciaio piantati in un fianco. Ma non si fermò a valutare la lunghezza della lama quando vide il coltello a terra, poco fuori dal cimitero. Erik se lo era strappato via come fosse stato una spina. Poteva morire dissanguato.

- Stanno andando verso la scogliera! - gridò Raoul, che evidentemente non aveva raccolto l'invito del Persiano, quando la sorpassò di corsa.

Per lui quella zona non aveva segreti, avendo trascorso lì tante estati da bambino, ma per Rasselie era complicato evitare di smarrirsi tra le rocce granitiche che il vento aveva modellato nelle forme più bizzarre. Il lampi strappavano dall'oscurità titaniche sagome di animali, figure antropomorfe contorte in atteggiamenti minacciosi, torri, miniature di palazzi fatati...

Vicinissimo, il mare ruggiva come solitamente fa quando è in tempesta, i tuoni rotolavano tra le nuvole con fragore di valanga, i fulmini schioccavano come fruste di fuoco biancoazzurro, e la pioggia martellava la terra, mista a grandine, lapidava gli esseri umani sui quali si rovesciava.

Se quello fosse stato un romanzo gotico, pensò Rasselie, non sarebbe mancato proprio nulla. Tranne che a quel punto, mentre stava affrontando una salita, lei scivolasse e finisse lunga distesa nel fango; come in effetti accadde.

Quando riuscì a rialzarsi e giunse in cima alla salita, si fermò senza fiato. Le sembrava che la pioggia le entrasse nei polmoni a ogni respiro faticoso che riusciva a trarre, e sarebbe annegata. I capelli si erano sciolti e le si appiccicavano al viso e al collo in lunghe ciocche.

Raoul, arrivato poco prima di lei, era immobile sotto il diluvio e fissava la scena che si svolgeva parecchi metri innanzi, proprio al limite della scogliera.

I due uomini, fermi a pochi passi l'uno dall'altro, stagliati contro il cielo in fiamme: due figure così simili, quasi gemelle. Era un duello, ma non c'erano armi all'infuori dei loro corpi e delle loro volontà. E mentre li guardava, Rasselie comprese che ciò che avevano vissuto insieme e li legava, li escludeva anche dal resto dell'umanità. Quello era un duello e riguardava loro due soltanto. Anche Raoul lo aveva capito e attendeva senza muoversi, la pistola inutile nella mano.

Uno dei due avrebbe vinto. O si sarebbero annientati a vicenda.

Poi Rasselie divenne consapevole del suono che andava crescendo attorno a lei, e dapprima aveva scambiato per l'urlio del vento in lotta con la scogliera e le onde, ma quel suono non proveniva dal mare; sembrava salire dalle rocce bagnate, filtrando attraverso di esse dalla profondità delle terra, trovando la propria strada nelle invisibili vene del granito, distendendosi nell'aria con una limpidezza che la furia della tempesta non poteva intaccare.

E il chiarore che circondava i due uomini non era più soltanto quello dei lampi; prendeva forma intorno a loro come se una forza invisibile respingesse le tenebre dalle loro figure immobili, si allargava nello spazio che li divideva, assumeva corpo e forma.

Erik alzò un braccio in un movimento lento e determinato, e si tolse la maschera.

Rasselie inspirò bruscamente e con tanta violenza che la pioggia che le ruscellava lungo il viso le entrò davvero in bocca e in gola, facendola tossire.

Impossibile. Ma il volto di Erik non recava alcuna traccia delle devastazioni che avevano divorato le sembianze di Jack e, secondo i suoi racconti, condividevano. Il naso era al suo posto dove solitamente stanno i nasi, in armonia con gli altri lineamenti, a disegnare una fisionomia giovanile e piuttosto piacente nonostante l'odio che esprimeva.

Jack sghignazzò, e quel suono così sgangherato e folle sembrò per un attimo sovrastare la vibrazione che saliva dalla terra. Ma non la fermò.

Era musica pura, ed era canto, da strumenti e voci aliene; e cresceva, si arrampicava verso il cielo lungo il velario di pioggia, facendo risuonare ogni goccia, ogni chicco di grandine in un'armonia perfetta e così complessa che mai strumento o voce umana avrebbe potuto riprodurre. Era "una melodia sublime e terribile, così terribile da consumare chiunque osasse ascoltare", che replicava sé stessa in un canone eternamente ascendente, senza concedere tregua, all'infinito.

Rasselie la riconobbe, l'aveva già udita: quella notte che aveva trascorso tra le braccia di Erik. Ma adesso risuonava infinitamente più intensa, penetrava non soltanto i timpani ma ogni millimetro di pelle, filtrava attraverso i pori, metteva in risonanza ogni molecola del corpo, accordava il cuore su frequenze nuove, spingeva il sangue nelle vene a un ritmo forsennato, lo incendiava dalle arterie al più sottile dei capillari. Quella musica la possedeva come un demone, le violentava l'anima.

Raoul era caduto in ginocchio tappandosi disperatamente le orecchie.

Ma lei no; lei desiderava ascoltare, anche se ogni nota la trafiggeva come un uncino di diamante e le strappava via qualcosa di sé.

E la musica cominciò a prendere forma tra i due uomini immobili. La musica era luce, e zampillava dalla roccia. Una colonna di luce che non ondeggiava e non si torceva come fanno le fiamme, ma sembrava una cascata che scorresse lentamente verso l'alto, animata da striature azzurre e violette. Densa come latte, ma cristallina, lasciava intravedere in trasparenza le stelle. Stelle, in quella notte affollata di nuvole compatte? Eppure, ciò che Rasselie scorgeva nel cuore della fiamma era un intero firmamento, e pensò che entrare nella luce avrebbe significato oltrepassare la realtà di questo mondo per ritrovarsi all'altro capo dell'universo.

Soffocò un grido quando vide Erik e Jack avventarsi l'uno contro l'altro, tuffarsi nella fiamma e avvinghiarsi in una lotta a mani nude.

Sarebbe potuta sembrare una danza al rallentatore, ma era una lotta mortale, irreale perché avveniva in una dimensione nella quale non contavano la forza fisica, la rapidità e l'astuzia nell'assestare o schivare colpi. Era il combattimento tra due volontà, due menti affratellate nello stesso incantesimo, due schiavi della stessa terribile padrona. A lei spettava decidere chi meglio aveva saputo servirla e proclamarlo suo campione; o, insoddisfatta, annientare entrambi. Tutto il suo essere di fuoco liquido pulsava adesso al ritmo della musica, si torceva, si espandeva e tornava a restringersi attorno alle forme dei duellanti, come se la loro intrusione avesse risvegliato un'energia dormiente, scatenandola in tutta la sua potenza.

Raoul era raggomitolato nel fango, il viso contro le ginocchia, le braccia alzate a proteggersi la testa, sopraffatto dalla luce e dalla musica.

Ma Rasselie non riusciva a staccare lo sguardo dalla Fiamma nella quale i due corpi ormai indistinguibili continuavano a lottare... danzare... distorti nella sempre più frenetica pulsazione luminosa. E la musica continuava ad arrampicarsi su se stessa, inseguendo un culmine che sembrava incapace di raggiungere, aldilà del cuore dell'universo, dove nulla poteva esistere e tutto si annientava.

Poi, all'improvviso, il silenzio esplose. La fiamma si estinse. Un grande coperchio nero era calato dal cielo a soffocare in un istante suono e luce.

Ma non era davvero silenzio, non era davvero buio. Si poteva di nuovo percepire il rumore del mare, e i lampi illuminavano il paesaggio.

In quel chiarore, il bordo della scogliera appariva immobile e vuoto.

Rasselie mosse qualche passo incerto, poi si mise a correre. Solo la gonna inzuppata d'acqua frenò il suo slancio quel tanto che bastava per impedirle di precipitare di sotto.

Aggrappandosi a una roccia a forma di pinnacolo guardò in basso. Le onde esplodevano contro gli scogli in fontane di spuma, si inarcavano come cercassero di arrampicarsi lungo la parete di granito, ricadevano nella loro liquida furia, si ritraevano per sferrare un nuovo attacco.

Infine, tra un lampo e l'altro, riuscì a scorgere una forma scura che si arrampicava come un granchio lungo gli scogli e poté riconoscere lo scintillio argenteo dei capelli. Il sollievo fu tanto che le impedì persino di gridare e il nome le uscì fuori come un gemito: - Erik...>>

Avrebbe voluto aiutarlo ma non sapeva come. Poté soltanto seguirlo con lo sguardo nella sua faticosa risalita, tendere una mano e aspettare che lui fosse abbastanza vicino da poterla afferrare.

- Sei vivo!

Poi restò in ginocchio accanto a lui che giaceva a faccia in giù, esausto, tremando irrefrenabilmente, con gli abiti... il suo elegante completo da serata all'opera!... ridotti a brandelli.

Scalpiccio di passi nel fango. Rasselie alzò la testa. Raoul era accanto a lei e si guardava attorno con l'espressione di un sonnambulo appena risvegliato.

- Cosa è successo?

Erik rialzò lentamente la testa. - Solo un po'... di movimento - commentò sarcastico.

Rasselie tese una mano. Voleva toccarlo, ma non ci riuscì. Chi era quello sconosciuto? La pioggia scorreva su un viso che le era estraneo, assurdamente giovane per l'età che il presunto Fantasma dell'Opera avrebbe dovuto avere. Persino gli occhi non sembravano più gli stessi; alla luce dei lampi erano argento reso opaco dallo sfinimento.

Anche la voce sembrava diversa quando chiese a Raoul: - Come sta Naser?

- È con mia moglie. Non credo sia grave.

Erik annuì stancamente, mettendosi a sedere.

- E tu... - chiese Rasselie, ansiosamente - stai bene?

Il sorriso di scherno che ebbe in risposta, almeno quello, le era abbastanza familiare.

- Non dormo e non mangio da due giorni, sono stato accoltellato, sono precipitato in mezzo agli scogli, ho ammazzato quello che un tempo era il mio migliore amico e non ultimo ho evocato la Fiamma. A parte questo, sono in ottima forma. -Tornò ad alzare lo sguardo su Raoul. - Signor conte... noblesse oblige. Credo che sarai costretto a ricambiare il favore che ti feci anni fa e aiutarmi a raggiungere la locanda.

*

Anne Boularde era indubbiamente una donna pratica e imperturbabile, nonostante la giovane età. Non diede mostra di eccessiva meraviglia, preoccupazione o sconcerto, vedendo arrivare alla locanda quel quintetto sbrindellato, fradicio, infangato, stravolto, del quale due membri soffrivano palesemente per una ferita di arma da taglio. Si limitò a inarcare le sopracciglia, poi buttò giù dal letto il giovane e intontito Eli, e provvide a fornire vino caldo e laudano, acqua per le vasche da bagno, fuoco nei camini e cibo. E dopo un cortese: - Se vi serve altro non avete che da chiamare - si congedò lasciandoli a sbrigarsela da soli.

La ferita di Erik era certamente più seria di quella subita da Naser, la lama era penetrata profondamente e poteva aver lesionato qualche organo interno. Rasselie era del parere di mandare a cercare un medico, ma lui la rassicurò.

- Non preoccuparti, Sélie. Fra qualche giorno non si vedrà neppure il segno. La Fiamma ha fatto il suo dovere.

E lei non ebbe la forza di contestargli neppure di averla chiamata "Sélie".

 

   
 
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