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Autore: PerseoeAndromeda    10/04/2021    2 recensioni
[Fanfic scritta per la Battleship Weekend Challenge del gruppo Facebook Hurt/Comfort Italia – Fanart and Fanfiction]
Un ricordo con il quale aveva creduto di aver fatto pace…
Ma quando mai, lui, aveva fatto davvero pace con un frammento del suo passato?
E infatti, da quel passato, anche Isaac era tornato, a ricordargli un altro dolore, un’altra indelebile colpa.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Andromeda Shun, Cygnus Hyoga
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Fanfic scritta per la Battleship Weekend Challenge del gruppo Facebook Hurt/Comfort Italia – Fanart and Fanfiction
 
Autrice: PerseoeAndromeda, Heather-chan
Fandom: Saint Seiya
Prompt: Cecità
Titolo: La mia salvezza nei tuoi occhi
Personaggi e ship: HyogaxShun
Genere: angst, hurt/comfort, introspettivo
Rating: giallo
Note: missing moment ambientato dopo la saga di Poseidon
 
LA MIA SALVEZZA NEI TUOI OCCHI
 
La fitta lo colse all’improvviso.
Gli capitava spesso, da quando erano tornati dal regno degli abissi.
Avevano riportato tutti ferite più o meno gravi, come al solito e, come al solito, con pazienza, attendevano che il dolore passasse e che i loro corpi, pian piano, cominciassero a riassorbire ogni cosa, che le cicatrici si accumulassero su quelle già esistenti e i nuovi traumi si trasformassero in abitudini con cui convivere giorno dopo giorno.
Come sempre.
Niente di nuovo.
Ma di nuovo c’era quell’ultimo incubo, quell’ultimo ricordo.
Un ricordo con il quale aveva creduto di aver fatto pace…
Ma quando mai, lui, aveva fatto davvero pace con un frammento del suo passato?
E infatti, da quel passato, anche Isaac era tornato, a ricordargli un altro dolore, un’altra indelebile colpa.
La cicatrice sull’occhio era lì, ad assicurarsi che non passasse mai quel rinnovato dolore e andava bene così, era il minimo.
«L’ho ucciso due volte» mormorò, fissando la propria immagine nello specchio del bagno.
La vista non se n’era andata del tutto, ma a tratti quell’occhio smetteva di funzionare, il suo azzurro non era più così intenso, tendeva al bianco, ad una patina sbiadita che non aveva più nulla della precedente vitalità.
Accadde in quell’istante, in cui lo specchio rifletteva la sua immagine, fu un lampo che gli attraversò le tempie, una coltellata da una parte all’altra del cranio e lui non poté trattenere un urlo, serrò le palpebre, si portò le mani sul capo e barcollò.
Quando riaprì gli occhi tutto rimase scuro, davanti a sé solo una patina di forme senza senso che tremolavano nella nebbia.
Le mani sule tempie affondarono nei capelli fin quasi a strapparseli e i denti cozzarono in un ringhio di sofferenza.
Barcollò ancora, probabilmente sarebbe caduto se due braccia non lo avessero avvolto, se una voce, dal nulla che lo circondava, non fosse emersa con la sua dolcezza che valeva tanto quanto quell’abbraccio.
«Hyoga… coraggio… sono qui, ora finisce, finirà tutto».
Poi, tra quelle braccia che lo accompagnarono in una leggera discesa, si ritrovò a terra, accovacciato contro il corpo caldo del fratello, le braccia che lo avvolgevano e le mani che lo accarezzavano, le labbra che gli baciavano l’occhio ferito.
«Shun…» mormorò.
Era difficile pronunciare qualunque altra parola in quel momento, ma le pensava, pensava tante cose di quell’abbraccio, di quel ragazzo che era lì, sempre, qualunque cosa accadesse, con discrezione e con tutto l’amore con cui si rapportava col mondo.
“Shun… ci sei sempre per me…” avrebbe voluto dire. “Se mi stai così vicino, come potrò difenderti, proteggerti dal male che sono destinato a fare a tutti quelli che amo?”.
Poté solo esprimere quei pensieri con lacrime amare, mentre le sue mani scivolarono via dai capelli e cercarono il petto del fratello, si aggrapparono con tutta la loro disperazione alla maglietta, strattonandola come se non avesse altro appiglio al mondo che quel cuore troppo grande, che batteva per lui: in quale modo avrebbe mai potuto meritarlo?
«Shun» ripeté, questa volta trasformando la parola in un singhiozzo che non riuscì a trattenere. Allora l’abbraccio si fece più intenso, una forza incredibile in quelle braccia dall’apparenza esile, la voce commossa e tremula del santo di Andromeda giunse alle sue orecchie come una rassicurante carezza, nonostante l’incrinatura data dal pianto:
«Sono qui Hyoga… sarò sempre qui».
«Non ci vedo, sai?» riuscì a mormorare, mentre qualcosa in lui si spezzava ancora di più. «Spesso non ci vedo… e forse è giusto così… forse…».
«Fermati» lo interruppe il fratello, un altro bacio sull’occhio, poi le labbra scesero sulla bocca tremante. «Prima di dire stupidaggini con le quale ti farai solo del male… fermati e lasciami stare con te. Quando non ci vedrai, quando anche il tuo cuore sarà troppo cieco per vedere, ci sarò io, vedrò tutto per te, dovrai solo credermi. Dovrai solo fidarti di me».
Hyoga ebbe un brivido, la nebbia si dissolse, si mutò in un verde intenso e lui si smarrì negli occhi di Shun. Senza smettere di tremare sollevò una mano, gli sfiorò una guancia, provò a dire qualcosa, ma la sua voce fu di nuovo sconfitta dall’esplosione emotiva.
Poté solo tenere lo sguardo fisso in quegli occhi e credere: in quegli occhi c’era la sua salvezza.
 
 
 
   
 
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