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Autore: Eevaa    11/04/2021    14 recensioni
L'aura di Kakaroth si era dissolta lentamente nel nulla. Non da un momento all'altro - il che avrebbe potuto farne presagire la morte - ma lentamente. Sempre più flebile, sempre più lontana, fino a che Vegeta non l'aveva più percepita. Mai più.
«Cosa hai capito di tutto quello che ti ho detto?» urlò Vegeta. Poi il prigioniero sbuffò, annoiato.
«Che in cinquant'anni hai stipulato un'alleanza bizzarra con gli abitanti di questo pianeta, che avete sconfitto nemici dai nomi improbabili, che non solo esiste il leggendario Super Saiyan, ma ne esistono con diverse tinte per capelli; che ti sei riprodotto e, per tutte le galassie, se ce l'ha fatta uno come te persino Dodoria avrebbe avuto delle speranze; che siete invecchiati terribilmente mentre io sono un fiore, e che ora dobbiamo salire su quel catorcio di astronave per andare in giro per dodici universi alla ricerca dello squinternato che se l'è data a gambe dieci anni fa e che, con tutta la probabilità, ora è solo un mucchio d'ossa o polvere interstellare ma oh, guai a dirlo, perché mi pare che siate molto amici».
Inaccurato, ma tutto vero.

[Post-Dragon Ball Super] [Slowburn]
Genere: Angst, Avventura, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Across the universe - La serie'
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Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.



 
 
 
AVVERTIMENTI:
Questa storia è ambientata in un periodo futuro - mooolto futuro - agli eventi di Dragon Ball Super, ma non ci saranno riferimenti alla saga di Moro, quindi nessuno spoiler. (Schema temporale a fine capitolo).
Verrà fatto abbondante uso del turpiloquio e, siccome non voglio turbare la sensibilità di nessuno, ci tengo a segnalare che i personaggi saranno OOC da questo punto di vista. 
La storia conterrà anche tematiche delicate tra le quali lutto e sindrome da stress post-traumatico.
Ci tengo inoltre a specificare che prima di vedere scene yaoi passerà tanta acqua sotto i ponti. Sarà una storia slowburn che tratterà di un rapporto in evoluzione ma, soprattutto nei primi capitoli, lo yaoi si vedrà solo col binocolo. Abbiate pazienza, please :D
 

Dedicata a Teo5Astor,
senza il quale uno dei personaggi principali di questa storia non esisterebbe.


- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 1
Il tempo, maledetto infame

 

 
«Non posso, non posso sopportarlo».
La rabbia.

«Lo so, Kakaroth».
«No, tu non lo sai!»
La stessa rabbia che pervade i Saiyan poco prima della trasformazione. Lampi verde acqua negli occhi, scintille calde, l'Aura in fiamme.
Vegeta l'ha visto altre volte così arrabbiato, ma solo con i nemici, con qualche essere tangibile, un capro espiatorio da sconfiggere.
Nessun nemico, ora. Niente avversari, niente pericoli.
Solo il tempo che, inesorabile, scorre e non guarda in faccia nessuno.
«Credi che non lo sappia?! Siamo sulla stessa maledetta barca, lo sai bene» sibila Vegeta.
Lo prende per le spalle e lo scuote. Kakaroth trema, abbassa la testa.

Fuori c'è il sole, dentro di loro piove. Loro, ultimi esponenti della razza di guerrieri Saiyan. Loro, destinati a sopravvivere ai loro cari.
«Sarà lo stesso anche per me. Quanto tempo pensi che resti a Bulma? Dieci, quindici anni?» grida e lo scrolla ancora, più forte.
«Smettila, basta!» Kakaroth gli ringhia contro.
Non lo sopporta. Non sopporta di sentirsi dire che un'altra amica morirà prima che loro possano anche soltanto invecchiare.
Non dopo Crilin e il maestro Muten, non dopo Chichi, che a soli sessantotto anni in quel momento è lì, appena sigillata in un'urna di ceramica decorata con fiori di pesco.
Kakaroth ha uno zaino sulla spalla e gli occhi rivolti verso le stelle. Il suo completo elegante da cerimonia funebre giace sparpagliato sul pavimento.
«Quello che stai cercando è solo un altro pretesto per andartene via, ecco cos'è».
«Non ti permettere, Vegeta! Non ti azzardare!» Kakaroth alza la voce, se ne infischia che al piano inferiore ci sono ospiti tutti vestiti di nero. «Sono sempre rimasto qui, specialmente negli ultimi anni».
Tenta di divincolarsi, ma Vegeta lo afferra più forte, lo arpiona per le spalle e gli conficca le unghie nella pelle.
«E allora perché andartene adesso?!»
Kakaroth abbassa lo sguardo di nuovo, i ciuffi neri di quei ridicoli capelli gli coprono gli occhi.
«Guardami in faccia, Kakaroth, se questo è un addio!»
Lo guarda. Forse è un segno, lui mente.
«No, non lo è. Tornerò tra qualche mese al massimo. Ma ora ho bisogno di stare solo. Per favore» il suo tono diventa una supplica. Vegeta ringhia, si arrabbia di più.
«Non è sparendo che risolverai le cose».
«Non c'è niente che io possa risolvere. Niente». Kakaroth riesce a divincolarsi, fa due passi indietro e stringe la fibbia dello zaino tra le dita. Diventano bianche talmente stringe, mentre il suo volto diventa sempre più carminio.
«E allora rimani!» ora è il tono di Vegeta a diventare una supplica aspra. «Rimani qui per chi ne ha bisogno! I tuoi figli, i tuoi nipoti...» Sua Maestà è troppo orgoglioso per ammettere che lui è una di quelle persone, quindi tace.
Anche Kakaroth tace. Il suo volto è arricciato in un'espressione che non gli appartiene. Ha gli occhi lucidi, si morde il labbro.
Un ultimo sguardo è tutto ciò che rimane, un lascito. Il respiro trattenuto. Poi si porta due dita in fronte e chiude gli occhi.
«Bravo! Bravo, scappa! Codardo. È tutto quello che sai fare!» urla Vegeta, ma Kakaroth non c'è già più. Solo polvere e un completo elegante sul pavimento.

«Codardo! VIGLIACCO!»



Affanno, fame d'aria.
Vegeta si svegliò di soprassalto, sulle labbra il sapore amaro di un insulto rivolto al nulla. Nelle orecchie il ronzio di quella maledetta astronave.
«Buongiorno principessa, ben svegliata».
Quella voce graffiante gli giunse come uno schiaffo in faccia, mentre ancora lottava contro se stesso e il respiro affannoso. Si passò una mano sul volto imperlato di sudore freddo, poi si lasciò cadere di nuovo con la schiena contro il sedile.
«Tsk, vai a farti fottere» disse quindi, rivolto all'irritante compagno di viaggio seduto alla sua sinistra.
«Mi piacerebbe, e invece siamo ancora lontani due salti iperspaziali dal prossimo lurido attracco portuale».
Vegeta alzò gli occhi al cielo con un grugnito, poi voltò la poltrona e si issò in piedi. La cabina di pilotaggio era angusta, troppo piccola per potersi sgranchire le gambe.
«Ancora lo stesso sogno, mh?» gli domandò dunque il pilota, con un sorrisetto impertinente dipinto in volto.
Prima o poi Vegeta gli avrebbe tirato un pugno abbastanza forte da deturpargli quella faccia da idiota.
«Ancora a farti gli affari miei, mh?» ribatté Sua Maestà.
Il compagno di viaggio ridacchiò un poco, poi si portò le mani dietro la testa per rilassarsi e poggiò i piedi sul sedile oramai vuoto.
«E va bene, e va bene. Che carattere!» soffiò, con uno sbadiglio.
Vegeta ghignò. «Mi conosci da una vita».
«Due» puntualizzò il compagno di viaggio, con un altro sorrisetto beffardo.
Sul serio, gliel'avrebbe disintegrata quella faccia da culo.
«Sì, beh... argh» borbottò Vegeta, arrendevole. «Vado ad allenarmi sul ponte superiore».
«Sayōnara!»
Vegeta roteò gli occhi e uscì dalla cabina di pilotaggio borbottando ingiurie.
Decisamente una giornata partita col piede sbagliato. L'ennesima.

 
 

Novemilanovecentonovantaquattro.
Novemilanovecentonovantacinque.
Le flessioni su una sola mano erano pesanti, mai quanto i ricordi.
Novemilanovecentonovantasei.
«Papà... posso farti una domanda che non ho mai osato farti?»
Gli occhi di Bra erano stanchi, rossi dal pianto. Era stata una lunga, lunga nottata.
«Mh».
«Quanto tempo... quanto tempo vivrai? Oltre a noi...»
Vegeta si prese la testa tra le mani e ci sospirò dentro.
«Bra, per favore. Non voglio pensarci».

Novemilanovecentonovantasette.
«Papà, ti prego. Io voglio... voglio essere sicura di non vedere volare via anche te».
Gli faceva male sentirla parlare così. Gli faceva male pensare al tempo che passava e che, inevitabile, si portava via tutto ciò che aveva di più caro.

Il tempo, maledetto infame.
Novemilanovecentonovantotto.
Maledetto bastardo che si era portato via la sua Bulma. Che si stava portando via tutti, piano piano.
Ma no, i suoi figli no. Odiava solo il pensiero che il tempo gliel'avrebbe portati via.
«I Saiyan purosangue vivono in media centosessanta anni, il più vecchio ne aveva centosettantuno su Vegeta-Sei. Voi mezzosangue... beh, prospetterei circa centodieci anni di media» mormorò, stanco.
Il sorriso amaro di Bra gli lacerava il petto.
«Invecchieremo insieme, dunque. Rimarrai con noi» disse lei. Non aveva più lacrime.

Invecchiare. Vegeta aveva settantotto anni e non un segno del tempo gli solcava la pelle. Sarebbe invecchiato tardi, molto tardi. Bulma, invece, era morta alla sua stessa età con troppe rughe e i capelli tinti per nascondere il bianco.
Quanto tempo pensi che le resti? Dieci, quindici anni?” aveva detto a Kakaroth. Era stato ottimista. In cinque anni il tempo se l'era portata via. E lui non era ancora tornato.
Novemilanovecentonovantanove.
Tutto ciò che sperava era non vedere i suoi figli invecchiare prima di lui. Tutto ciò che sperava era che il tempo fosse clemente, almeno con loro.
Troppo dolore nel suo petto. Il dolore di chi ha perso troppo.
Il tempo era il nemico numero uno, per quelli come lui.
Diecimila.

Vegeta si accasciò a terra con un sospiro. Il pavimento freddo del ponte della nave era una piacevole sensazione sulla pelle bruciante.
Bruciava dentro, bruciava di rabbia, di frustrazione.
Erano passati cinque anni dalla morte di Bulma e ancora poteva sentirne il dolore. Dieci dalla partenza di Kakaroth, e la rabbia non era ancora scivolata via.
Ma, se dapprima aveva dato la colpa esclusivamente all'idiota ed era stato quindi facile non sentirne la mancanza, con il passare del tempo un tarlo gli si era insediato nella mente.
E se gli fosse successo qualcosa?
L'Aura di Kakaroth si era dissolta nel nulla. Non da un momento all'altro - il che avrebbe potuto farne presagire la morte - ma lentamente. Sempre più flebile, sempre più lontana, fino a che Vegeta non l'aveva più percepita. Mai più.
Erano trascorsi dieci anni senza notizie, neanche una.
L'idiota era idiota, sì, era medaglia d'oro per l'evanescenza, ma lo era davvero a tal punto da abbandonare figli e nipoti senza neanche un ripensamento?
Improbabile.
Un forte scossone dell'astronave lo fece rotolare sul pavimento. L'ennesimo. Quantomeno era servito per destarlo dai propri catastrofici pensieri.
Si alzò con un ringhio e si diresse a passi concitati verso il piano inferiore. Avrebbe sfogato la frustrazione contro l'unica persona presente in quel cesso di astronave.
Quando la porta automatica della cabina di pilotaggio si aprì, il pilota si voltò verso di lui con il volto disteso e pacifico.
«Devi proprio guidare come un teppista?!» ringhiò Vegeta.
«È la mia natura, che ci vuoi fare!» si giustificò. Una vera fortuna che il pilota automatico fosse impostato per la maggior parte del tempo di rotta. «Fatto un buon allenamento?» aggiunse quindi, rilassato.
«Magnifico, quello che mi ci voleva era proprio la nausea da virate improbabili!»
«La prossima volta allora mi schianto in una pioggia di meteoriti, così torniamo entrambi all'Inferno e tanti cari saluti al tuo adorato Kakaroth».
Sua Maestà dovette prendere un paio di profondi respiri per evitare di uccidere il compagno di viaggio a calci in gola. Prima o poi non gli avrebbe riservato l'accortezza di trattenersi, nossignore.
«L'idea di merda che ho avuto a chiamare te» sospirò dunque, amareggiato.
«Dillo che ti sono mancato, dillo!»
«Come il virus dell'influenza» sibilò tra i denti Vegeta.
«Il virus di che?!» replicò il ritardato al comando della nave. Come dimenticare che egli non avesse vissuto abbastanza sulla Terra da potersi prendere una delle più fastidiose malattie intergalattiche. «Ad ogni modo, siamo qui da due mesi su questo catorcio a rovistare nella peggior immondizia spaziale di pianeti, non vorrai farmi credere che ti saresti divertito così tanto senza di me».
Vegeta alzò gli occhi al cielo e si diresse verso le docce. Poi si sarebbe fatto spiegare da quel deficiente il concetto di “divertimento”.
«Ammettilo che sono il miglior compagno di viaggio del cosmo!» questi gli urlò dietro di nuovo, prima che la cabina di pilotaggio si chiudesse.
Il migliore dei peggiori, pensò Vegeta. Di sicuro.

 
 
 

«Vegeta, non vorrei dirlo ma... non ti sembra un'idea un po'...»
«Il termine che stai cercando, Gohan, è “di merda”».

Gohan lo fissò con il naso arricciato e annuì.
«Sì, proprio quello. Perché? Perché proprio 
lui
Vegeta si lasciò andare in un sospiro, le Sfere del Drago radunate ordinatamente sotto un albero di mele lampeggiarono impazienti.
Già, perché proprio lui? Perché era ubriaco quando gli era venuta in mente quell'idea? Non così improbabile. Perché soffriva di masochismo? Forse.
«Perché mio malgrado lo conosco abbastanza bene e ci ho viaggiato insieme da quando ero alto come mia nipote» Vegeta rispose, invece.
Sua nipote, già. Trunks e Mai si erano sposati e avevano dato alla luce una graziosissima cucciola di Saiyan, Bulma Jr, una scimmietta impertinente di tre anni e tre denti, con un ciuffo ridicolo di capelli neri e gli stessi occhi azzurri della nonna. Vegeta avrebbe davvero voluto che Bulma avesse potuto vederla.

«So come lavora, so come si comporta e, anche se non lo sopporto, è un ottimo stratega» concluse. Non aveva voglia di pensare a Bulma. 
«Come la mettiamo col fatto che sia un assassino?» domandò quindi Piccolo, sempre in combutta con il figlio di Kakaroth.
«Hah, guarda un po' da che pulpito!» gli ricordò Vegeta. E questo valeva per entrambi.
Come dimenticare, lui e Muso Verde erano stati a loro volta gli assassini.

Piccolo alzò le spalle con un sorrisetto amaro. «Giusto».
«Dovrai educarlo a dovere per far sì che funzioni, direi» si intromise Gohan.
«Sì, a suon di schiaffi».




E alla fine Vegeta ce l'aveva fatta. L'aveva educato e ammaestrato come il grosso animale da circo che era.
Gli aveva spiegato tutto, ogni cosa. Assassino era e assassino rimaneva, ma se Vegeta aveva avuto una possibilità non vedeva perché non darla a qualcun altro. 
La possibilità che gli aveva dato l'idiota di Kakaroth gli aveva cambiato la vita in meglio. Kakaroth l'aveva cambiato in meglio, insieme a Bulma, insieme ai loro figli.
Se c'era stata speranza per lui, ci sarebbe stata anche per quel demente che stava guidando quel trabiccolo di astronave. Tuttalpiù che già in passato aveva intravisto scorci di bontà nel cuore di quel demente, che era stato sicuro meno meschino e bastardo di lui. 
«Altezza, si sieda. Siamo in dirittura d'arrivo sul pianeta Dagrabàh. Un buco di due miliardi di anime in una giungla che puzzerà senz'altro di morte» lo avvisò, quando finalmente Vegeta rientrò dopo una doccia durata quaranta minuti.
«Sono abituato al tuo fetore durante gli allenamenti» ghignò il Principe.
Il compagno di viaggio fece appositamente una manovra brusca per farlo barcollare e ridacchiò. Vegeta l'avrebbe ucciso di nuovo, prima o poi. Quando avrebbe smesso di tornargli utile.
«Sarà colpa della decomposizione. Vorrei vedere te a stare sotto terra per cinquant'anni» aggiunse il demente.
«Sì, va beh, pensa ad atterrare» gli rispose brusco Vegeta, allacciandosi la cintura di sicurezza.
«Ehi, stai parlando col miglior pilota dell'universo!»
Ed era anche piuttosto vero, per quanto doleva ammetterlo. Quel cretino era uno dei migliori piloti che avesse conosciuto nel cosmo, oltre che un ottimo contrabbandiere, falsificatore di documenti e stratega. Il peggior figlio di puttana delle quattro galassie, insomma. Esattamente ciò che gli serviva.
Era stato quello il motivo per il quale l'aveva chiamato. Non di certo per rivedere la sua faccia di merda.



Vegeta gli strappò il nastro isolante dalla bocca con un gesto brusco. Non fece neanche in tempo a intimargli di parlare che il demente si mise a urlare.
«Quindi tu mi stai dicendo che hai dovuto metterti un grembiule e fare i porci comodi di un gatto gigante?! Ahahahah!»
«Sul serio, di tutto questo discorso durato un'ora e mezza hai captato solo questa cosa?» ringhiò Vegeta, frustrato, poi si voltò verso il Muso Verde con uno sguardo supplichevole. «Piccolo, fammi un favore, ammazzalo di nuovo».
Questi gli restituì un ghigno beffardo.
«Io l'avrei proprio lasciato dov'era».

Il prigioniero, intrappolato contro un albero con delle corde fatte di Aura, smise finalmente di ridere come un cretino.
«Posso avere un drink nel frattempo che decidete la mia sorte? Sul serio, perché non mi avete resuscitato in un bar? Ce l'avete il Rokk, qui sulla Terra?»

Vegeta non riuscì più a trattenere la rabbia e si avvicinò a lui con passi concitati. Tuttalpiù che il Rokk era uno dei superalcolici più schifosi della Galassia dell'Est e solo ricordarne il sapore gli faceva venire il vomito.
«Guardami bene in faccia» gli urlò contro, prendendolo per i capelli. «Cosa hai capito di tutto quello che ti ho detto?»

L'idiota sbuffò, annoiato.
«Che in cinquant'anni hai stipulato un'alleanza bizzarra con gli abitanti di questo pianeta; che avete sconfitto nemici dai nomi improbabili; che non solo esiste il leggendario Super Saiyan, ma ne esistono con diverse tinte per capelli; che ti sei riprodotto e, per tutte le galassie, se una serpe velenosa come te ce l'ha fatta uno come te persino Dodoria avrebbe avuto delle speranze; che siete invecchiati terribilmente mentre io sono un fiore; infine che ora dobbiamo salire su quel catorcio per andare in giro per i dodici universi alla ricerca dello squinternato che se l'è data a gambe dieci anni fa e che, con tutta la probabilità, ora è solo un mucchio d'ossa o polvere interstellare ma oh, guai a dirlo, perché mi pare che siate molto amici».

Vegeta si alzò e con un pugno sradicò una pianta. Una pianta che avrebbe tanto voluto fosse la testa dell'imbecille. 
«Il riassunto più inaccurato che io abbia mai sentito» urlò, poi. 
«La domanda è: perché proprio io?» domandò dunque il prigioniero, con il consueto ghigno da pazzo psicopatico.
«Fidati, ce lo stiamo chiedendo tutti» replicò Piccolo.

Gohan, Goten, Bra e Trunks annuirono dalla lontananza in conferma.
«Avrai tempo per le domande quando ce ne saremo andati da questo pianeta. Non voglio che tu rimanga qui un secondo di più» gli intimò il Principe. Aveva già avvisato tutti della partenza, non rimaneva altro che salpare alla volta del cosmo con il più improbabile dei compagni di viaggio.

Se questi avesse accettato, naturalmente.
«Quindi, Radish... ci stai o no?»
Il Saiyan imprigionato alzò il mento, provocatorio.
«Se dirò di no mi rimanderete dall'altra parte, giusto?»
«Ricettivo, il ragazzo» disse Piccolo, con un sorrisetto. L'aveva ucciso una volta, avrebbe potuto farlo di nuovo. Tuttalpiù che erano diventati tutti miliardi di volte più forti di lui.

Radish lanciò un'occhiata all'astronave, poi tornò con gli occhi su quelli di Sua Maestà.

«Beh, allora... quando si parte?»


 
Continua...

Giusto un poco di contesto temporale:
La storia è ambientata nell'anno 815, ben 35 anni dopo il Torneo del Potere. 
Date rilevanti per comprendere meglio la storia:
-Anno 780: Torneo del Potere (e eventi del film Broly)
-Tra 780 e 805: grande periodo di pace da nemici. Muoiono Crilin, maestro Muten, Tensing.
-Anno 805: Chichi muore a 68 anni. Goku scappa senza più tornare.
-Anno 810: Bulma muore a 77 anni. 
-Anno 812: nasce Bulma Jr, la figlia di Trunks e Mai
-Anno 815 (presente): Vegeta resuscita Radish e partono insieme alla ricerca di Goku.
Nel presente attuale Vegeta ha 83 anni, Goku 79, Radish all'incirca 33. Per qualsiasi dubbio sentitevi liberi di chiedere delucidazioni :)

Riferimenti:
-In Dragon Ball Super Vegeta ha dichiarato che i Saiyan sono molto longevi. Il fatto che vivano circa 150 anni in realtà è una mia stima totalmente inventata ai fini della storia. 
-Per resuscitare Radish ovviamente sono stati utilizzati due desideri: uno per ripristinare la sua entità, e uno per riportarlo in vita. 
-Il fatto che Radish sia un buon pilota e contrabbandiere (e il peggior figlio di puttana dell'universo) è inventatissimo. Siccome non lo abbiamo conosciuto bene, mi sono permessa di non segnalarlo come OOC. Ma se volete, consideratelo OOC!
-Rokk: non esiste per davvero nell'universo di Dragon Ball. Inventatissimo, ma non ci terrei comunque a provarlo. E voi?
-Per i nomi dei pianeti mi sono ispirata molto alla saga di Star Wars. Il pianeta Dagrabàh, infatti, è ispirato al sistema Dagobah. 
-La scelta di traduzione dei nomi dei personaggi è semplicemente a mio gusto. Alcuni ho preferito tenerli in italiano (Radish e non Raditz, ad esempio) mentre altri ho tenuto la versione giapponese perché mi piaceva di più (Piccolo, Kakaroth). Spero non vi infastidisca. 

 


ANGOLO DI EEVAA:
Ed eccomi qui, gente del fandom :D 
Che dire, che dire... finalmente è giunto il momento di tornare in pista! Dopo 76 capitoli di After All pensavo di aver esaurito per sempre le carte Kakavege e invece, anni dopo, eccomi qui all'inizio di questa nuova avventura. 
Perché sì, proprio di avventura si tratta, e ne vedremo sicuramente delle belle con questi due scemi nello spazio alla ricerca di Nemo. Ehm. Goku. A tal proposito voglio segnalare anche che Goku potrebbe risultare un poco OOC in alcune parti della storia a causa di alcuni eventi avversi (lutti, altri eventi che non voglio anticipare). 

Permettetemi di ringraziare in primis il mio carissimo Teo5Astor, grande fonte di ispirazione per la costruzione del personaggio di Radish. Tutta "colpa" sua se mi sono innamorata di questo personaggio e in particolar modo per la versione da lui proposta nelle sue storie (andate a leggerle, sono fighissime, in particolar modo "Remember Me"). È stato lui a proporre questo Radish molto irriverente, a tratti "scemo" seppur intelligente, leale e simpatico, dal quale ho tratto ispirazione per questa storia. Spero di rendergli giustizia!

Voglio ringraziare ancora una volta quel tesoro di Nemesis01 che mi ha aiutato di nuovo con la traduzione inglese di questa storia. Sarei persa senza di lei e i suoi #TroppoItaliano. Grazie, grazie, grazie.

E grazie ancora a StardustSteel del fandom inglese che con la sua meravigliosa "Agent Oblivion" mi ha dato l'idea di creare una storia ambientata nello spazio. Grazie di cuore!

Direi che per oggi ho finito di tediarvi, che sono praticamente più lunghe le note che il capitolo stesso xD
Allora, siete pronti all'avventura? A domenica prossima!
Eevaa

 
  
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