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Autore: jarmione    12/04/2021    2 recensioni
Fairfarren
Aveva già sentito quella parola, o meglio, l'aveva letta nei suoi libri.
La si dice a qualcuno che deve affrontare un viaggio arduo.
Era un modo per dire “Che la sorte sia con te” oppure “Che la fortuna sia con te nel tuo cammino”
una parola dolce, con un significato molto profondo.
Perché Gliel'aveva detta?
Che mai poteva accadere, per dirle una cosa del genere?
Genere: Fantasy, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jareth, Nuovo personaggio, Sarah
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quanto tempo era passato? Ormai Sarah aveva smesso di contare.

Trascorreva le sue giornate a studiare quanto più possibile riguardo a quel mondo, che ormai era diventata la sua dimora, dividendosi tra compiti reali e qualche passeggiata nei giardini del palazzo assieme a Kal ed i suoi amici.

Jareth non l'aveva minimamente degnata di uno sguardo per tutto il tempo e, se casualmente gli capitava di incrociarla, erano solo parole di scherno che uscivano dalla sua bocca.

Il lato positivo, di tutta quella situazione, era che Jareth non l'aveva sfiorata nemmeno con un dito, il che fu un sollievo per Sarah.

Dopo quel bacio...quel bacio rubato il cui solo pensiero le faceva ancora male...neanche osava pensare a come sarebbe stato fare altro con Jareth.

Quel pomeriggio dopo aver pranzato, da sola come sempre, si era recata all'ingresso del castello, soffermandosi sulla soglia, ad osservare il tratto di strada che la divideva dalla città dei goblin.

Voleva dedicarsi a qualcosa di diverso, voleva dedicarsi al popolo.

Kal le aveva spiegato che per esaudire le richieste dei cittadini, doveva attendere che qualcuno andasse al castello e chiedesse udienza.

Purtroppo, le era stato anche detto che se capitava significava che era una situazione disperata.

Se davvero Jareth fosse un re benevolo, come si ostinava a dire Kal, allora sarebbe uscito e avrebbe guardato il suo popolo con i suoi occhi.

Sarah lo considerava troppo spocchioso e superficiale per fare un lavoro simile e, a detta sua, era tempo di fare cambiamenti.

Si avviò lungo il sentiero sterrato e, ignorando ogni principio che le era stato insegnato, raggiunse la città di Goblin.

Non era diversa da come se la ricordava ma, stavolta, invece che incontrare Goblin che le facevano guerra, vedeva creature di ogni genere che lavoravano, facevano mercato e persino dei cuccioli di goblin che giocavano ai lati della strada.

Spalancò la bocca meravigliata e non si accorse di essere stata notata.

“La regina!” sentì quest'esclamazione e, poco dopo, l'intera piazza si era inchinata davanti a lei.

Sarah si sentì in imbarazzo “V-vi prego, non fate così” li rassicurò, avvicinandosi al goblin più vicino a lei, che era un bambino “Sono la stessa ragazzina che avete cercato di fermare anni fa, non dovete inchinarvi a me”

“Non siete la regina?” domandò il piccolo goblin con occhi speranzosi.

Sarah sorrise e annuì

“Mamma, mamma! La regina mi ha sorriso, evviva la regina!” gridò il piccolo, correndo verso la madre, mentre il coro di “evviva la nostra regina” si levò per tutta la piazza.

I goblin, che meravigliose creature.

Sarah le aveva giudicate male.

Non erano tra gli esseri viventi più intelligenti e svegli che conoscesse, ma avevano molta sensibilità.

“Sarah!” la voce gracchiante di Hoggle richiamò la sua attenzione “Che cosa ci fai qui?” domandò, mentre avanzava verso di lei.

“Sono venuta a vedere come vanno le cose in città” rispose semplicemente “I goblin sono così diversi da come li ricordavo”

“Beh, hai fatto male” l'ammonì Hoggle “I sovrani non possono venire in città, pensavo lo sapessi”

“Sì, ma...”

“E poi i goblin non sono così carini come pensi” aggiunse il nano, alzando le braccia al cielo esasperato “Vieni con me, prima che se ne accorgano i fae di Jareth” disse, riferendosi alle persone che aveva visto al matrimonio.

Le fece cenno di seguirlo e lei obbedì.

Dalle finestre delle case si udivano rumori di stupore al suo passaggio, nonché voci femminili che chiamavano i rispettivi coniugi per mostrare anche a loro l'arrivo della regina.

Poveri goblin, così ingenui e ignari del fatto che quel matrimonio fosse tutta una finta.

Mentre camminavano, ai lati delle strade vi erano bambini che giocavano oppure donne che chiacchieravano.

Tutti si arrestavano al suo passaggio per potersi inchinare rispettosamente.

Sarah sorrideva a tutti e salutava con garbo, specialmente i bambini.

La sua attenzione, però, fu richiamata da un piccolo goblin.

Era un bambino che, giocando con il suo amichetto, era inciampato finendo per terra.

Ovviamente, scoppiò in lacrime, dovute più allo spavento che alla botta.

Sarah accorse in suo aiuto, sotto il richiamo di Hoggle che voleva impedirglielo “Tranquillo, piccolo, adesso ci penso io”

Sarah lo prese in braccio e lo esaminò, riscontrando una sbucciatura sul ginocchio.

“Non vorrai mica curarlo, vero?” domandò Hoggle, spazientito

“Perché non dovrei?” chiese Sarah di rimando “è un bambino”

“Perché i goblin non sono mai riconoscenti, ecco perché!” ribatté il nano.

In quel momento a Sarah salì “l'adolescente” che era in lei e non poté fare a meno di controbattere “Sono la regina e decido io se ho voglia di curare o meno qualcuno” specificò “Ed io voglio farlo, perciò, ti chiedo per favore di portarmi dei cerotti e dell'acqua”

Hoggle sgranò gli occhi e la fissò come se avesse appena udito una bestemmia o un'eresia “ Ma scusa, visto che sei la regina perché non sfrutti i tuoi poteri?”

“I-i miei poteri?” Sarah non capì, ma alla fine realizzò.

Quando si era sottomessa al labirinto aveva acquisiti alcuni poteri.

Erano minimi rispetto a quelli che aveva Jareth e che avrebbe ottenuto se lo sposava sul serio.

Era talmente immersa in questo ragionamento da non accorgersi di avere gli occhi di Hoggle che la scrutavano interrogativi e quelli dei goblin che la guardavano, speranzosi nel miracolo.

Sarah fece un profondo respiro e sorrise al piccolo “Come ti chiami?”

“Knegob” rispose il piccolo, tirando sul col naso e asciugandosi le lacrime

“Adesso guarirò la tua ferita” lo rassicurò e poi chiuse gli occhi, posando una mano sulla sbucciatura.

Si concentrò, cercò di fare come aveva sempre letto nei libri e visto fare nei film.

Cercò di visualizzare, nella mente, l'immagine della ferita che guariva e a gamba del bambino tornare come era prima.

Un formicolio si espanse nelle dita della sua mano ed il medaglione sul petto iniziò a vibrare.

La sua testa era diventata pesante e, anche se non stava facendo nulla di movimentato, il suo corpo reclamava riposo.

Si sentiva stanca e non aveva ancora cominciato.

Cercò di resistere finché non udì le esclamazioni meravigliate dei goblin li vicino.

Aprì nuovamente gli occhi e vide che la gamba di Knegob era guarita.

Si sforzò di sorridere “Adesso va meglio” disse, mettendolo a terra.

Dopo qualche saltello di prova, Knegob le strinse le gambe “Grazie, mia regina” e poi tornò a giocare con gli amici, vantandosi di essere stato guarito dalla sovrana ed essere stato fra le sue braccia.

Tutti applaudirono ed esultarono tranne Hoggle, che si avvicinò “Come facevi a non sapere dell'utilizzo dei poteri?”

“Non lo so...non lo sapevo...io...” Sarah emise un gemito e si portò la mano al petto, dove il medaglione si era inspiegabilmente attaccato.

Avvertì un dolore atroce, lo stesso genere di dolore avvertito prima di concedersi al labirinto.

Gridò ed infine il buio.

 

*****

 

Vi prego, mio signore”

Ho detto di no!”

E' l'unico modo” ribatté “Se la voce si sparge saranno guai seri”

Decido io quello che è meglio per il mio regno!”

 

Sarah udiva queste parole in modo confuso.

La sua testa doleva ed il suo corpo era stanco, indolenzito e si trovava adagiato su un morbido materasso.

Il profumo che aleggiava nell'aria, le fece intuire che non si trovava in camera sua...lei non usava il pino silvestre.

“Sarah!” Era la voce di Kal, che le fu vicino in un batter d'occhio “Meno male che sei sveglia” l'aiutò a mettersi seduta “Ti senti bene?”

“Razza di una troll maledetta!” esclamò Jareth, obbligando Kal a spostarsi e avvicinandosi a Sarah, prendendola per le spalle “Che cosa ti è saltato in mente, ragazzina!?”

La scosse leggermente, facendole sentire e vedere le stelle a causa del mal di testa.

“Mio signore...”

“Mio signore un emerito goblin, Kal!” sbottò infuriato, tornando a guardare Sarah.

I suoi occhi erano infiammati, ma la scrutavano da cima a fondo alla ricerca di ferite o altri traumi dovuti all'accaduto “Tu-sei-la più stupida umana che io abbia mai visto” sibilò

Sarah lo guardò impietrita.

Non sapeva se avere paura e temerlo oppure ringraziarlo per la sua preoccupazione.

Optò per restare zitta, anche perché non aveva idea di cosa realmente lo stesse preoccupando, se lei o il fatto che si era fatta una passeggiata in mezzo ai goblin.

“Perché lo hai fatto?” le domandò Kal con tono più tranquillo e venendo in soccorso a Jareth, che era sul punto di sbraitare “Perché hai deciso di curare quel piccolo goblin?”

Era quello che spaventava il re? Il fatto che lei avesse curato un goblin?

Allora erano veri i suoi pensieri, Jareth era un tiranno.

“Perché...” deglutì “...perché è questo il dovere di un sovrano” rispose, cercando di assumere uno sguardo duro “E tu non degni di uno sguardo il tuo popolo”

Sarah sapeva di aver toccato un tasto dolente, ma non le importava.

Se Jareth si mostrava insensibile nei confronti del suo popolo non era certamente colpa sua.

Al fae bastò sentire quella frase per andare in collera.

La presa sulle spalle di Sarah si fece più salda, tanto da farle male e farla lamentare.

“Sentirai molto più dolore se apri ancora quella bocca” sibilò e Sarah dovette ringraziare che la mani di Jareth erano coperte dai guanti, altrimenti le unghie di lui si sarebbero conficcate nella pelle e l'avrebbero ferita.

“Tu non uscirai da questa stanza fino a nuovo ordine!” aggiunse, alzandosi e costringendo Kal a seguirlo e chiudere a chiave la porta.

Era disposto a rinunciare alla sua stanza, l'importante era che Sarah non uscisse da lì.

“C-cosa?” fu tutto ciò che riuscì a domandare prima di ritrovarsi a colpire la porta e maledire Jareth “Aprimi immediatamente!” ordinò “Jareth, maledetto fae, aprimi!”

Jareth la ignorò, aveva ben altro per la testa in quel momento

“Perché non le hai detto dei poteri?” domandò Jareth a Kal, il quale sentiva una ramanzina in arrivo anche per lui.

“L'ho fatto, mio signore” rispose “Solo...”

“Solo cosa?”

“Non ho specificato cosa poteva fare e cosa no” disse, aggiungendo subito un “Non credevo che sarebbe andata al di fuori delle mura, era stata avvisata di non farlo”

Jareth dovette respirare profondamente almeno tre volte prima di ricominciare a parlare in modo decente e senza inveire contro il povero Kal, di cui si fidava ciecamente.

Sarebbe stato meglio se le avesse specificato ogni dettaglio.

Nel momento stesso che Sarah si è concessa al labirinto, ha acquisito parte della magia di quel labirinto.

Il problema era che si trattava di giochetti di prestigio, più che magia vera.

Se si fosse limitata a far apparire un fiore dal nulla, o farlo scomparire, avrebbe avuto meno problemi.

Per diventare una fae in piena regola e, quindi, usare la magia di guarigione, non bastava solo cedere la propria fedeltà al labirinto.

Avrebbero dovuto unirsi realmente, diventare un tutt'uno e solo all'ora lei avrebbe ricevuto il resto dei poteri.

Ma no! Lei era orgogliosa e si rifiutava di unirsi in matrimonio con lui che, comunque, su questo punto era d'accordo con la ragazza.

Piuttosto che unirsi a lei, si sarebbe trasferito nella gora dell'eterno fetore...oppure ci mandava direttamente lei, che era la soluzione migliore.

Doveva solo sperare che nessuno si accorgesse di niente o per lui sarebbe stata la fine.

 

 

NEL FRATTEMPO...

 

“Mio signore” la voce di una guardia risuonò per tutta la grigia sala del trono “Un popolano chiede udienza”

Re Mihal sospirò e fece un cenno concedendo di far accedere il richiedente, chiunque fosse.

Cambiò espressione quando vide entrare qualcuno che non si sarebbe mai aspettato di vedere: un mendicante, la cui lunga barba giungeva fino a terra anche a causa della schiena ricurva sotto al peso dell'età.

Un bastone, pieno di schegge, era il suo unico supporto e strascicava i piedi come se avesse camminato per molte miglia.

Avanzava lentamente e per questo motivo re Mihal, nonostante l'etichetta non lo prevedesse assolutamente, si alzò e gli andò incontro.

“Dannato vecchio, che cosa ci fai qui?” sibilò con tono preoccupato “Ti avevo ordinato di non venire mai a palazzo!”

Il vecchio sembrò ignorare quelle parole.

“Ho quello che mi avete chiesto” biascicò l'anziano, tirando fuori da sotto la tunica trasandata una piccola sfera di cristallo.

Re Mihal la prese subito ed osservò al suo interno.

Nel giro di poco, il suo sguardo si indurì e la collera iniziò a montare dentro di lui.

Fu ridestato dal vecchio, che allungava la mano e sfregava il pollice sull'indice e sul medio.

“Hai ragione, quello che è giusto è giusto” si voltò verso la guardia, che era giunta per avvisarlo dell'arrivo del vecchio, facendogli un cenno col capo.

Dopo qualche secondo, il soldato fu di nuovo vicino e porse al suo sovrano un sacchetto di cuoio.

“Venti monete d'oro, come da accordi” e lo diede al vecchio il quale, dopo essersi inchinato rispettosamente, si voltò e lentamente uscì.

“Seguilo” ordinò alla sua guardia “E una volta fuori, sai cosa fare”

La guardia si mise sull'attenti e poi eseguì l'ordine.

Re Mihal osservò di nuovo dentro la sfera e, senza mai voltarsi, si rivolse alle due guardie accanto al trono “Mandate un messaggero dalla regina” disse “Ditele che desidero conferire con lei al più presto” spiegò “E mandatene uno anche al re di Goblin e la sua nuova regina”

Le guardie scattarono e andarono a chiamare i messaggeri, lasciando il re solo nel bel mezzo della stanza con la piccola sfera di cristallo in mano.

  
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