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Autore: Redferne    15/04/2021    4 recensioni
Tra Nick e Judy sta accadendo qualcosa di totalmente nuovo ed inaspettato.
E mentre Nick cerca di comprendere i suoi veri sentimenti nei confronti della sua collega ed amica, fa una promessa a lei e a sé stesso: proteggerla, a qualunque costo.
Ma fare il poliziotto a Zootropolis sta diventando sempre piu' pericoloso...
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 81

 

 

...E VENNE UN UOMO (?) DI NOME CYRUS

 

 

(QUARTA PARTE)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“N – non mi hai sentito?” Lo incalzò Zed, da terra. “Uccidimi, ho detto.”

“A – allora?!” Gli fece, spavaldo ed incurante nonostante il tono incerto causato dalle ferite e dalle botte subite, oltre che dalla fatica.

Era malmesso, ma non aveva ancora smesso. Non ci aveva ancora rinunciato.

In primo luogo alla parlantina, che aveva di recente scoperto di possedere.

Un fatto ben strano quanto insolito, per uno come lui che era abituato a far muovere ben più le mani e gli artigli che ci stavano attaccati in punta, che la lingua. E di conseguenza pure il cervello, anche se non sempre. Perché non andrebbe mai dimenticato di collegarlo ed assicurarlo ben bene all'organo in precedenza descritto, prima di cominciare ad utilizzarlo.

Da molto prima.

Bisognerebbe tenerlo ben presente. Ma forse é un fatto talmente dato sia per ovvio che per scontato che in molti, in parecchi, finiscono sovente per dimenticarsene.

Non si era ancora deciso a lasciarle perdere. Non le aveva ancora definitivamente messe da parte, una volta per tutte.

Sia la parlantina, che l'arroganza insieme al suo bel bastimento carico carico di supponenza e di presunzione. Tutto il contrario di colui dal quale aveva ereditato il prezioso quanto unico ed insostituibile bagaglio genetico.

Unico nella forza. Nella saggezza. Nella strategia e nella lungimiranza.

Ma non furono quelle, ad indispettire il proprietario nonché donatore di tale bagaglio.

Ormai ci era abituato. Ed era fin troppo chiaro e lampante.

Come il sole. Alla pari e più di esso.

Quell'idiota non aveva preso proprio niente, da lui. E nemmeno aveva imparato, nonostante gli era rimasto ed aveva vissuto con lui ed accanto a lui da una vita. Una vita intera.

Sin da ragazzo. E poi da piccolo, e da cucciolo. E sin dalla nascita.

Sin da quando era in fasce. E sin da quando era venuto al mondo.

Una vita intera. Una vita buttata via.

Al macero.

Sì. Si é inteso benissimo. Buttata via. Perché non può essere altrimenti.

Perché non può essere che buttata via, se si decide di non assorbire e di non assimilare mai nulla di ciò che viene e che ci viene detto, proposto e consigliato.

E' giusto che ognuno trovi la sua strada, a costo da andare a sbattere più e più volte contro ad un muro.

Ma anche quando si decide di seguire sempre, solo e soltanto la propria volontà ed il proprio volere e di fare sempre solo e comunque di testa propria bisognerebbe comunque ascoltare i consigli ed i pareri di tutti. Specie se provengono da chi a te ci tiene o dimostra di tenerci in qualche modo, e che ti vuole bene. E specie se arrivano da chi ti dimostra che per lui tu conti qualcosa.

L'autorevolezza andrebbe sempre rispettata, e non va mai sottovalutata o presa sottogamba. Men che meno sminuita, disprezzata o presa apertamente per i fondelli e sbertucciata.

E soprattutto non va mai confusa con autoritarismo.

Non é affatto l'essere rigidi, fermi ed inflessibili sulle proprie posizioni a prescindere e ad ogni costo, a dispetto del mondo che va inesorabilmente avanti, anche se chi la esprime é convinto che invece vada all'indietro. E tanto peggio per il mondo che ha deciso di fare a meno di uno. Di noi, e di lasciarci in disparte.

Non é volersi mettere contro ed in competizione con il mondo intero.

Niente di tutto questo. E' piuttosto la capacità innata di farsi avanti e di saper prendere le decisioni per conto di qualcuno. Quando si capisce e si comprende chiaramente che quel qualcuno dimostra di non essere assolutamente in grado di prenderle, le decisioni in questione. Ma solo dopo avergli opportunamente spiegato che almeno quella volta, per una sacrosanta e dannatissima volta, forse sarebbe saggio ma molto più saggio rimanersene rintanati nel proprio guscio e limitarsi ad incassare.

A prendersi un calcio nello stomaco o in qualche parte situata a qualche dito di distanza più sotto e più in basso, senza fiatare. E aspettare che qualcun altro metta la testa fuori dal guscio per te. E che ti risolva il problema, oltre che a sistemarti definitivamente la situazione. Una situazione che, se si fosse rimasti ad aspettare ed attendere che si muovesse chi l'aveva creata, se fosse stato solo per lui...ormai sarebbe stat da considerarsi completamente, totalmente compromessa. Perduta.

Bisognerebbe essere in grado di rendersi conto quando arriva il momento di tacere. Di stare zitti.

Come la famosa parabola del pulcin...anzi, no. Del coniglietto.

Una volta si usavano i pulcini, quando i volatili ancora esistevano e non avevano ancora stabilito di estinguersi.

Non ne avevano nemmeno l'intenzione. Neanche gli passava attraverso per le loro piccole, minuscole e slanciate teste quella bella pensata.

Poi però...accadde. E tornò molto più comodo utilizzare ed impiegare un bel coniglietto.

Così piccolo, carino, tenero e batuffoloso...rendeva altrettanto bene l'idea, se non di più.

Il coniglietto in questione se ne stava tutto solo in mezzo alla tundra ghiacciata e gelata, in pieno inverno. Anche se da quelle parti é quasi sempre inverno.

Il poverino si stava letteralmente assiderando, con i suoi enormi dentoni anteriori che ballavano e battevano.

Per chiamare aiuto ma anche per farsi coraggio, si mise a zigare.

Sì. ZIGARE. Si é capito benissimo. Quella sorta di via di mezzo tra uno stridio acuto e un urletto lacerante che soltanto lui e tutti quelli appartenenti alla sua specie sono in grado di emettere.

Poco dopo passò un bufalo. E impietosito, il grande animalone buono gli passò a fianco, alzò la lunga coda e lo ricoprì con una bella colata fumante del residuo dei suoi allenati intestini dopo un intero pomeriggio passato a masticare e ruminare ciuffetti d'erba stopposa, che di quel periodo non é che se ne trovasse molta.

Il coniglietto vi si rannicchiò dentro, tutto bello soddisfatto. Ma dopo un po' quella roba che lo avvolgeva era sì bella calda, ma anche puzzolente in una maniera incredibile.

A dir poco nauseabonda. E tutti quei fumi e quegli effluvi stavano per asfissiarlo e soffocarlo.

Si rimise a zigare. Se gli era andata bene una volta...

E difatti gli andò bene pure in quell'occasione. O così sembrava, almeno all'inizio.

Passò una volpe. Che lo afferrò con una zampa e sempre con quella lo tirò fuori dal letame, con l'altra lo ripulì ben bene e poi...

E poi se lo mangiò. Tutto d'un fiato, ed in un sol boccone.

Alla fine, ruota tutto intorno al mucchio e alla gran massa di polifosfati organici prodotti dal bovide.

Non sempre chi te la tira addosso lo fa per farti del male. Così come non é sempre detto che chi te ne tira fuori lo faccia per farti del bene.

Ma soprattutto, e prima di ogni altra cosa...

Ci si ricordi bene che quando ci si ritrova in quella roba immersi fino al collo, é meglio ma mille volte meglio TENERE CHIUSO IL BECCO.

Chissà perché, comunque, quando qualcosa andava storto da quelle parti si ricorreva sempre a volpi e conigli. Con un bufalo che magari ogni tanto transitava di lì per puro caso.

Era un vero vizio.

In ogni caso, fu proprio quello.

Fu quello a far letteralmente perdere i lumi e mandare letteralmente fuori dai gangheri e dalle grazie di Dio la vecchia pantera nonché padre di quella più giovane riversa e sdaraiata a terra, e apparentemente ormai priva di forze e di qualunque e qualsivoglia vigore.

Non fu la mancanza di rispetto. A quello Cyrus vi era da tempo abituato, anche se non é che la cosa lo facesse infuriare di meno.

Era il fatto che Zed continuasse a non capire. Che si ostinasse a non voler capire.

Quel suo rifiutare continuamente la realtà, e lo stato delle cose.

Il non voler assolutamente riconoscere il valore del suo avversario, ed in genere chi aveva davanti. E men che meno la sua superiorità, anche se ben poche volte si doveva essere ritrovato in una simile situazione.

Anzi...forse, a conti fatti, per lui si doveva trattare della prima volta in vita sua. La prima in tutta quanta la sua vita.

Il non voler assolutamente riconoscere queste cose. E lo stesso valeva per la sconfitta.

Il non volerle accettare. Mai. In nessun caso.

Per lui doveva equivalere al pestare incessante di zampe inferiori di un bambino che al contempo trattiene il fiato fino a diventare paonazzo.

Il frignare ed i capricci di un bambino, di un cucciolo che si rifiuta di crescere.

I piagnistei di un frustrato. Di un pazzo.

"Che cosa hai detto?" Gli richiese, questa volta voltandosi a guardarlo.

Non più di tanto, però. Giusto quel che gli serviva per riuscire a scorgerlo con la coda dell'occhio destro.

Una movenza fatta con lo stesso motivo e con la stessa modalità della domanda che gli aveva rivolto circa due secondi prima , anche se in fondo si trattava di due gesti ben differenti. Sia nella loro intima natura, sia per gli organi di senso impiegati per eseguirle.

Sembrava volesse esser sicuro di quel che stava vedendo, e di quel che aveva appena udito. Anche se, per quanto riguardava il primo caso, forse lo aveva fatto per il semplice motivo che gli dava fastidio scorgerlo più di quanto fosse e gli dovesse essere necessario.

Evidentemente non voleva concedergli nulla delle sue cornee, delle sue iridi e del suo bianco dei bulbi oculari. Nulla di quanto fosse strettamente necessario ed indispensabile.

Non voleva impiegarli ed utilizzarli oltre il dovuto. Ed in quanto al secondo caso...non é che ve ne fosse poi questo gran bisogno.

Quel che aveva sentito gli era bastato e pure avanzato, per farsi la giusta e corretta opinione.

Aveva comunque deciso di domandarglielo di nuovo, anche se conosceva benissimo la risposta che sarebbe arrivata. E che non tardò ad arrivare. Neanche stavolta.

Anzi, se mai era possibile...Zed ci mise pure meno, a ribadire il concetto precedentemente espresso.

A quanto pare la cosa non doveva dargli alcun problema. Forse perché il concetto di base partiva dal fatto di provocare e far perdere la pazienza al suo genitore. A colui che odiava e detestava così tanto. Con tutte quante le sue forze.

"Uccidimi." disse ancora.

Questa volta Cyrus montò letteralmente in bestia. ma non lo diede a capire andando in escandescenze come avrebbe fatto chiunque altro al suo posto.

Proprio come avrebbe fatto qualunque altro ammasso di muscoli senza il benché minimo briciolo di cervello. Tipo quello che gli stava davanti supino e che sembrava divertirsi così tanto a stuzzicarlo dimenticandosi ormai qualunque ritegno e decenza.

L'unico segno rivelatore ed insieme traditore lo costituì un bagliore scarlatto che gli balenò nella pupilla usata per tenerlo sotto osservazione.

Un luccichio rosso del sangue, unito ad una grossa vena che iniziò a pulsargli appena un paio di dita più sopra all'altezza della tempia corrispondente.

Ma furono reazioni fisiche talmente veloci ed istintive che nessuno, lì dentro, se ne accorse. Fatta debita eccezione per un piccoletto dal manto color della sabbia e dalle orecchie spropositate. Che oltre a garantirgli un ricezione sopraffina ma solo dove voleva lui, visto che su tutto quanto concerneva il resto lo si doveva considerare praticamente sordo, o giù di lì.

Non gli erano affatto sfuggite, quelle due cose. Ormai lo conosceva sin troppo bene. Aveva memorizzato tutto, di lui.

Com'era e cosa faceva. Tutto quel che faceva. ogni cosa.

Cyrus non aveva segreti. Il suo comandante, capo nonché migliore amico non aveva più segreti.

A tutti gli altri bastò la parola che scaturì dalle sue labbra. E quel che fece subito dopo averla pronunciata.

O meglio...urlata.

"MALEDETTO!!"

Coprì in un singolo istante la distanza che li separava. Che aveva messo lui stesso, a separarli. Con un terzetto di passi talmente rapidi che agli astanti parvero uno soltanto, non riuscendo neanche a distinguerli l'uno dall'altro.

Quello era il segnale. Il segnale definitivo. Il segnale incontestabile.

Cyrus lo aveva sempre detto, a tutti i suoi diretti sottoposti. A tutti quelli che aveva nominato suoi Ras. A tutti quelli a cui aveva concesso quell'onore.

Un vero combattente non ha bisogno di manifestazioni inutili di forza, e di un atteggiamento aggressivo per imporsi.

E' tutta roba superflua. Perché non é quello, a generare la paura nell'avversario. Dato che nella maggior parte dei casi si tratta di uno che nelle intenzioni parte tronfio, sicuro di sé e nelle proprie possibilità e spavaldo almeno tanto quanto lo é chi é chiamato ad affrontarlo e fronteggiarlo.

No. Non é quello. A dar vita al terrore é la CERTEZZA.

L'avversario non finirà intimorito dai suoi modi minacciosi. Ma semplicemente fuggirà davanti al suo sguardo limpido, sereno e fermo.

Non riuscirà nemmeno ad occupare il suo stesso campo di battaglia. E nemmeno a trovare il coraggio di scendervi in mezzo per condividerlo.

Perché il vero guerriero, l'autentico Re e sovrano...non spartisce niente e nulla con nessuno. Mai. E se lo si costringe alla battaglia...non dà neanche il modo di dispiacersene a chi é stato tanto improvvido ed incauto.

Che si sappia. Non bisogna temere chi grida, sbraita o insulta. ma chi STA ZITTO.

E' quello, il più pericoloso.

Quello che su di un ring, prima di cominciare cerca quasi con ripetuta e reiterata insistenza la mano per scambiarsi il cenno di saluto.

Quello che ha un atteggiamento tranquillo, quasi rilassato e distaccato. Al punto che nulla sembra intaccare la sua dignitosa calma e sicumera, con il mormorio ed il cicaleccio della folla che a malapena paiono sfiorarlo.

Quello che si scusa per ogni cosa. E che prima del suono del gong, della sirena o della campana ti chiede perdono per ciò che sta per accadere. e di ciò che che sta per fare. E per come potrebbe andare a finire.

Tutte cose che in teoria dovrebbero contribuire a rassicurare, ma che in realtà ottengono l'effetto contrario ed opposto. E che fanno soltanto desiderare a chi li nota di trovarsi lontano da lì a miglia, a chilometri, ad interi territori e nazioni di distanza.

Dall'altra parte del pianeta, addirittura. Della Terra stessa.

Lanciato a trecento all'ora, alla velocità del suono, direzione chissà dove. Ma lontano da quel luogo. In qualunque posto che non sia lì.

Glielo aveva sempre detto, a tutti quanti. Che era necessario avere un segnale, e che ognuno di loro doveva trovarsi il suo.

Quello che doveva far capire a chiunque credeva di avere il fegato di provarci con loro...a chiunque fosse stato così temerario e così tanto stupido da volerlo fare per davvero di capire quando non era il momento di rompere le scatole ed i cosiddetti.

E quando era meglio cambiare aria, e di darsela a zampe levate.

Ecco, quello era il segnale di Cyrus.

Quello era il segnale del loro capo.

Quando Cyrus si arrabbiava, ma si arrabbiava sul serio...faceva cose che superavano e trascendevano il tempo e lo spazio.

Assolutamente inconfondibile.

Il vecchio comandante, in un batter d'occhio ed in men che non si dicesse, si ritrovò sopra al corpo immobile e quasi esanime di suo figlio. Anche se la sua lingua gli doveva funzionare ancora a meraviglia, se pur non aveva fatto altro che azionarla a sproposito.

Alzò una delle sue zampe inferiori e gli poggiò il piede sul petto, tenendolo giù.

"Razza di idiota che non sei altro" commentò, mentre gli girava e rigirava la pianta del proprio arto inferiore sul centro esatto dello sterno, in coincidenza del plesso solare, alla stregua di un piccolo principio di incendio da estinguere, prima che potesse divampare. O di una cicca o di un mozzicone di una sigaretta da spegnere seduta stante e al più presto possibile. E fumata sin quasi al filtro, tanto per voler usare un termine di paragone ancora più riduttivo.

Tanto, in realtà, lì nulla poteva andare a fuoco. Il falò che animava le menti, i cuori e le anime di tutti i presenti era ben circoscritto e controllato.

Ma ad un vero capo che si rispetti non sfugge mai nulla. E non tralascia mai nulla. Perché dentro di lui sa bene che anche la minima scintilla o fiammella o lapillo può generare e scatenare autentici disastri, se lasciata libera di agire.

E quel gran pezzo di cenere che non era altro, per non essere ulteriormente dispregiativi di quanto lo si sia già, lo aveva lasciato fin troppo libero di lavorare. Almeno per i suoi gusti.

Gli aveva concesso sin troppo margine e spazio d'azione. Sin troppo ossigeno. E gli zolfanelli come quello erano da sempre i più pericolosi e costituivano la minaccia maggiore. Perché si nascondevano e si annidavano sotto i resti e rimasugli di incendi precedenti e già domati. Ma sotto sotto ancora ben vispi, arzilli ed attivi.

Incendi che aspettavano giusto giusto un filo ed un refolo d'aria per riprendersi e tornare a fare quel che sapevano fare meglio.

Bruciare.

Il BACKDRAFT, come direbbe in gergo tecnico un pompiere o vigile del fuoco esperto e navigato. O chiunque ne mastichi anche soltanto. Senza sputarlo.

Il fuoco o la fiammata di ritorno. Il genere peggiore. La dimostrazione scientifica che l'incendio é una creatura vivente. Perché nasce, muore, va in letargo, respira e si nutre ed alimenta. Ma soprattutto e prima di ogni e qualunque altra cosa PENSA.

Perché pare, sembra che pensi quando circonda ed ammanta le sue vittime, le vittime che ha scelto. E quando sa stabilire la strada giusta ed il percorso migliore per sorprenderle, ghermirle ed attaccarle. In genere alle spalle e al momento più opportuno e redditizio.

Le fiamme pensano. E ATTENDONO.

Le fiamme...sono un PREDATORE.

"Sei soltanto uno stupido" disse l''anziana pantera, torcendo ancor più la propria zampa. "Nient'altro che un grosso stupido. Non capisci, te l'ho già detto. Non vuoi capire e ti ostini a non volerlo fare. E mai lo farai, né comprenderai. Ti avevo avvertito che i duelli non vanno presi alla leggera. Il nostro non era ancora un combattimento all'ultimo sangue, e ti avevo raccomandato di non fare in modo di farlo diventare tale. Ma tu no, vero? Tu ci tenevi a sguazzare e a finire col muso dentro al fango, e non saresti mai stato contento finché non vi fossi finito e precipitato per intero. Beh...adesso ti dò una bella notizia, razza di idiota. Non lo era affatto. Il nostro non lo era, un duello mortale. Ma adesso, visto che ci tenevi così tanto...ho deciso di accontentarti, figlio. Lo é diventato."

"Sii felice della tua ignoranza e supponenza" proseguì. "Ce l'hai fatta, dunque. Non era uno scontro all'ultimo sangue, ma adesso lo hai fatto diventare. E quando ci si impegna e ci si ritrova dentro ad un combattimento simile...non ha senso implorare pietà o chiedere all'avversario di risparmiarci la vita. Così come non ha alcun senso...così come ha ancor meno senso invitarlo a darci il colpo di grazia o di porre fine alla nostra stessa esistenza con le sue zampe. Perché quando si viene sconfitti...la nostra anima non ci appartiene più. Finisce in mano a colui che ci ha battuto, e sta a lui decidere come disporne, capito? Sta a lui, decidere cosa farne di noi! Sta alla sua volontà e alla sua coscienza, o anche ad un suo solo capriccio del momento! Ma la questione non ci riguarda assolutamente, perché non siamo più noi ad avere voce in capitolo e in merito! Ha ragione chi vince, ecco la verità!!"

"E' questo che bisogna tenere bene a mente, quando si affronta un duello mortale" Gli spiegò. "Ma prima di ogni altra cosa...bisogna avere il coraggio di andare avanti fino in fondo! E si deve combattere fino all'ultimo grammo di energia! Devi andare avanti sino a che l'ultimo brandello di carne rimarrà ancora attaccato alle ossa, e l'ultima goccia di sangue continua a scorrerti dentro alle vene! Fino a che hai la fortuna di disporre di un ultimo respiro ancora, quello che permette al tuo cuore di fare ancora un battito! Ancora un battito in più!!"

"Avanti!!" Lo esortò poi, schiacciando ulteriormente col piede. "Rendimi fiero ed orgoglioso di te, una volta tanto! Almeno per una volta! Non chiedo altro. Invece di domandare clemenza come un verme schiacciato a terra, invece di lamentarti e guaire come un canide sconfitto e preso a calci, prova a strapparmi la vittoria dalle zampe! Se sei così tanto forte come pensi e dici di essere, toglimi il risultato e agguantalo, fosse anche a suon di morsi!!"

Una strana sensazione lo assalì. Non gli piacevano affatto i due termini che aveva appena utilizzato.

In primo luogo perché quando parlava di Alexander, ad usare ll termine VERME gli sembrava di offendere i vermi stessi. E poco gli importava che non fossero senzienti, alla pari dei pesci e degli insetti. Al punto che anch'essi venivano utilizzati come cibo. E come impasto per creare un ottimo quanto valido rimpiazzo e sostituto della vecchia e tanto amata carne. E pure saporito, a patto di usare gli additivi e coadiuvanti alimentari giusti e corretti.

Non avrebbe dovuto prendersela così direttamente a cuore e sul personale. Così come non avrebbe dovuto badarci più di tanto.

Nessun altro lo avrebbe fatto, visto che in fin dei conti non erano altro che vermi. Luridi vermi.

Ma lui rispettava ogni creatura, nobile o infima che fosse. Perché tutte avevano un compito e un ruolo. E un destino.

Tutto era legato ed interconnesso. Nessuno nasceva e moriva per niente, a detta sua. E alle volte, anche gli umili e gli ultimi potevano fare la differenza, al momento giusto.

Alle volte senza nemmeno accorgersene. Perché pensano di non valere poi questo gran che.

Ma non é vero. Ognuno é MOLTO DI PIU'. Molto di più di quello che appare. O che crede di essere.

Inoltre, aveva avuto come l'impressione di provare un certo senso di...come dire, fastidio.

Si sentiva a disagio ad aver utilizzato il termine CANIDE a quella maniera. Gli sembrava di aver insultato l'intera categoria.

E non era giusto. Perché di esponenti, della suddetta categoria, ce ne aveva parecchi dentro alle bande che componevano la sua armata, il suo esercito.

A bizzeffe. Persino dentro la sua stessa gang. E tutti fieri, validissimi e coraggiosi. E non meritavano un simile e così dispregiativo epiteto. E nemmeno tutto quel disprezzo.

Era ingiusto. Profondamente ingiusto.

Lo era persino quello che considerava il suo braccio destro. Il suo miglior amico. Quasi un fratello. E forse il figlio che avrebbe voluto tanto avere. Nonché il guerriero più forte ed abile tra tutti, fatta debita eccezione per lui.

Il più forte di tutti. Dopo di lui e...

No, l'altro non aveva la minima intenzione di nominarlo. Quello si, che lo schifava con tutte le sue forze.

Purtroppo non aveva potuto farne a meno, di uscirsene con quell'affermazione sui canidi. Perché i felidi come lui, sotto sotto, intimamente li considerano inferiori.

Una sorta di felidi di basso rango. E privi di qualsiasi merito o motivo di considerazione.

Li disgustano per quel loro essere così socievoli, assertivi e accondiscendenti. Soprattutto nei confronti del branco con tutto il suo carico di regole e leggi. Quasi che vogliano compensare con il numero e la quantità la disparità di forza e potenza che li separa e li distingue in negativo dal resto di tutti gli altri predatori più grandi e grossi.

I felidi stanno in cima, alla catena alimentare. Più dei plantigradi, persino. Nonostante questi ultimi dispongano di una stazza ben più imponente e voluminosa.

I felidi sono i migliori. Il risultato ed il prodotto finale di oltre due millenni di evoluzione continua.

Vi sono voluti oltre duemila anni, per arrivare a loro. ma vedendo come sono e quel che sono, vien da dire senza dubbio, fallo o timori di sorta che ne é valsa di sicuro la pena.

Sono nati per la battaglia, per il combattimento e per la guerra. E sono naturali macchine per uccidere. Col creato che li ha dotati di tutte le armi che occorrono loro per poterlo fare al meglio, in modo da poter evitare qualunque margine o possibilità di errore.

Artigli. Zanne. Vista acuta. Naso sopraffino. E muscoli guizzanti, armonici e scattanti. Capaci di passare dalla più completa immobilità all'azione esplosiva nel giro di pochi decimi di secondo. Di un battito cardiaco o di ciglia. o di respiro.

Tigri. Leoni. Leopardi. Ghepardi. Linci. Puma. E PANTERE.

NERE.

L'unica eccezione, forse, la costituivano un certo gruppetto. Di cui anche il suo primo luogotenente faceva parte.

Anche se nel loro particolare caso andava detto e specificato che le volpi e tutte quante le loro affini, nonché i volpidi in generale, erano quanto di più simile ai felini ed ai felidi si potesse trovare, tra i canidi. E proprio per questo venivano ancora più temute e guardate con sospetto e nient'affatto di buon occhio. Perché sembrava quasi che volessero, che tentassero di voler somigliare il più possibile a loro carpendone e rubandone l'essenza.

Per imitarli. E magari anche per sostituirli prendendo il loro posto, un giorno in futuro.

Si mimetizzavano. E poi grattavano, rapinavano e fregavano, com'era secondo la loro natura. Come i ladri e gli approfittatori che erano.

Con l'astuzia ci erano già riusciti. E poi, in seguito, anche con la solitudine e l'indipendenza.

Proprio come loro anche quei predoni inguaribili ed incalliti non avevano bisogno del branco, a differenza dei lupi o dei coyote. Non tenevano da conto nessuno, a parte forse la loro famiglia di origine e quella che magari avevano formato nel corso della loro esistenza.

E in alcune occasioni...nemmeno quella.

Non era affatto bello, pensarla così. E non gli faceva certo onore.

Non faceva onore né a lui, né al grado e al rango che ricopriva. E che si era di fatto auto – assegnato ed auto – imposto. Ma non poteva farci nulla neanche se l'avesse voluto.

Certe volte nemmeno lui poteva farci nulla, a fronte di certi difetti. Che erano da considerarsi grossomodo congeniti.

Non c'era proprio niente da fare. Certe abitudini, figlie di vecchie paranoie e di vetusti retaggi provenienti dritte dritte dai tempi antichi, erano ben dure a morire.

Ma avrebbe imparato, un giorno. Aveva tutto il tempo. Forse.

Un giorno, senz'altro. Ma non ora. Adesso aveva da fare.

Aveva da fare una cosa importantissima. Più di ogni altra. Più di tutte quante le altre messe assieme.

"Sei una delusione continua" disse, rivolgendosi proprio a colui che un attimo prima non aveva voluto assolutamente nominare. "E questa sarà l'ultima volta, che mi deludi. Sappi che non ti perdonerò. Non questa volta."

A quelle parole l'espressione di Zed mutò. O meglio, tornò ad essere quella di prima.

Lo sguardo spento e perso nel vuoto cedette il posto al volto che era solito usare. Quello trasudante una ferocia inesprimibile ed immutabile, un odio acceso quanto implacabile.

Non si capiva nemmeno a cosa pensasse, in quei momenti. A che cosa stesse pensando o potendo pensare.

O meglio...non lo si voleva capire.

Si sapeva benissimo quali erano i suoi pensieri ed intenzioni, quando assumeva quella faccia.

Gli stessi così ben chiaramente espressi dalle due scritte che risaltavano sempre ed in ogni situazione su di entrambe le braccia ad altezza dei bicipiti. E sulle nocche della dita. E a coppie, in entrambi i casi.

Ma...era meglio non approfondire né indagare. E ci si poteva credere sulla fiducia.

Ridacchiò.

"Uh, uh, uh...é così non vuoi perdonarmi, vecchio? Non mi vuoi perdonare, eh? E chi se ne importa. Cosa vuoi che possa mia importare a me, eh? Cosa diavolo vuoi che me ne importi, vecchio? Non me ne frega nulla, hai sentito? Non vuoi perdonarmi? E tu non farlo. Non perdonarmi, allora. Sai cosa potrà mai interessarmi. Io non voglio il tuo perdono. E neanche la tua pietà. Io...io VOGLIO LA TUA VITA!!"

Cyrus rimase in silenzio. e all'ascolto.

"Non vuoi perdonarmi?" rincarò il bestione. "Non fa niente. Portati pure il tuo rancore con te. Portatelo all'altro mondo. Portatelo pure fin nel profondo dell'inferno, per quel che mi riguarda. Il mio obiettivo...quel che volevo veramente era di farti arrivare a tiro. Di farti avvicinare in modo da averti alla mia portata. e adesso...adesso SEI MIO!!"

Con una mossa rapida quanto fulminea gli afferrò la zampa poggiata contro al suo sterno, mentre era ancora intenta a fare pressione.

Non intendeva certo trascinarlo giù al suolo con sé. Non avrebbe mai fatto a tempo, né ce l'avrebbe mai fatta. Cyrus lo avrebbe colpito ancor prima che potesse riuscirci. Ancora prima che il solo pensiero relativo a quell'azione avesse potuto mettersi a far capolino nel suo cervello divorato dall'ossessione. Ma tuttavia ancora abbastanza lucido da poter comprendere che era senz'altro più saggio quanto lecito optare per la cosa totalmente opposta.

E così fece. Anziché mettersi inutilmente a strattonare senza frutto e senza alcun costrutto per mettere in atto un tentativo disperato quanto velleitario ed effimero diede piuttosto una furiosa spinta, cacciando indietro la zampa inferiore che lo teneva imprigionato e che lo obbligava a quella umiliante posizione col ventre all'aria.

Ma avrebbe avuto modo di fargliela pagare per quell'umiliazione che gli stava infliggendo il vecchio. Ne era più che sicuro e certo.

Per quella e per molte altre, anche. Per tutte quante. Per tutte quelle che era stato costretto a dover sopportare e subire, insieme alla malcelata supponenza di chi le eseguiva.

Lo riteneva così tanto inferiore, dunque? Bene. Anzi...benissimo.

Gliel'avrebbe fatta vedere. Gli avrebbe senz'altro fatto vedere chi era il vero inferiore, tra loro due.

Gliel'avrebbe fatta vedere a tutti quanti. Senz'altro.

Cyrus non si sbilanciò più di tanto, nonostante la violenta strappata. Occorreva ben altro, per uno come lui. Ma dovette comunque arretrare un poco per mantenere il perfetto equilibrio, quello che non concedeva né apriva falle nella sua guardia e difesa.

Non importava. E non gli importava. A suo figlio bastava ed avanzava, per quel poco che era e che aveva ottenuto con il suo gesto inaspettato e repentino. Poiché era ciò che cercava, sin da quando lo aveva invitato con quell'esortazione a farsi sotto ed avvicinarsi.

Era solo per quello, che lo aveva provocato.

Voleva avere la possibilità di averlo a portata di zampa, e del suo raggio d'azione. E adesso che ce l'aveva...non gli restava altro che mettere giusto un poco di distanza, tra loro due.

Non gli erano occorsi che pochi, pochissimi secondi, per riuscire ad ottenere pure quello. Ora doveva solo sfruttarli.

Diede un colpo di reni ed il suo mastodontico quanto ipertrofico corpo, che stava ancora messo in orizzontale rispetto al suolo, si sollevò per intero. E giusto un attimo dopo...eccolo che era di nuovo in piedi, come se nulla fosse successo.

I suoi polpastrelli sotto alle piante, con cuscinetti tattili annessi, toccavano di nuovo il nudo e polveroso pavimento del cunicolo.

Un mormorio di stupore e sconcerto serpeggiò.

Si erano persi un passaggio. Si erano persi il naturale passaggio intermedio. Tutti quanti.

Nessuno, tra i guerrieri, lo aveva visto riguadagnare la postura eretta. Nemmeno Finn.

Anche a lui ed alla sua vista acuta era sfuggito.

Pareva si fosse smaterializzato per poi ricomparire subito dopo ben piantato sui propri arti inferiori.

Ma ora non poteva permettersi di perdere altro tempo. E nemmeno l'occasione che aveva ricavato con tanta fatica, ribaltando una situazione ormai quasi per intero compromessa.

“MUORI!!”

Partì all'assalto. L'ennesimo. Probabilmente l'ultimo. Forse quello decisivo. Ad artigli fino in fondo sguainati e fauci completamente aperte e spalancate.

Le sue due armi naturali stavano facendo a gara per vedere chi tra le due avrebbe raggiunto il bersaglio designato. E fatto strage. O magari chissà...doveva essersi messo in testa di fare tutte e due le cose in contemporanea.

Sbranarlo e squartarlo insieme. Divorarlo e farlo a pezzi in simultanea. Farne bocconi e brandelli, all'unisono.

Per distruggerlo. Per cancellarlo. Per annullare qualunque cosa potesse rimanere di lui. Fosse anche solo la più piccola, insignificante e miserrima.

Per spazzarlo via dalla faccia della Terra e farlo sparire da questo mondo.

Cyrus, in tutto questo, rimase e se ne restò immobile ad attenderlo. Non si mosse minimamente.

Era fermo. Completamente fermo. Al pari di una roccia o di una statua. O di un doccione di una vetusta e consunta cattedrale, forse abbandonata. Che nelle sue orride e spesso contorte pose e figure sintetizza il puro ed il genuino con l'artefatto ed il manufatto, sublima l'opera della natura con quella realizzata a mano o in maniera artificiale. Più spesso artificiosa, mediante appositi strumenti.

Zed incombeva su di lui. Gli era sempre più vicino. Eppure...lui continuava a non reagire. E nemmeno quasi a fiatare.

Era come pietrificato. Come se non fosse più un essere vivente.

Fermo. E calmo. E immoto.

Le unghie e le zanne erano ad un centimetro. E poi ad un millimetro.

Si concesse persino il tempo ed il lusso di abbassare lo sguardo, smettendo così di fissarlo direttamente. E di emettere un sospiro.

Uno sfiato che sapeva di rammaricato, di addolorato. Di sconfitta, nonostante la vittoria imminente ed ormai in tasca.

Di disfatta, nonostante il dominio totale e completo.

Non stava combattendo per vincere. Non aveva combattuto per vincere. Non con quell'intento.

La vittoria la voleva cercare altrove.

Nel far redimere, forse. E nel far ravvedere.

Non ci era riuscito. Non dove voleva lui. E la cosa era alquanto difficile per uno abituato ad ottener praticamente ogni cosa, con la sua potenza e la sua saggezza.

Ma la riflessione durò ben poco, e il dispiacere cedette campo e posto alla lucida e spietata freddezza, pronte a tornare e a reclamare il controllo della situazione. Come conviene ad un capo.

Ad un VERO capo.

Non poteva avere ciò che voleva, che tanto desiderava. Pazienza. Ciò voleva dire che si sarebbe accontentato ed avrebbe preso il resto.

Come sempre. Come ogni volta.

Avrebbe agguantato quel che di solito si riceve usando la forza del pugno. Quella che fa scorrere il sangue, e sprigiona lo spirito combattivo e selvaggio della lotta.

Fu quando sentì il tagliente dei bordi aguzzi dei denti e delle punte delle estremità delle grinfie, composti da ammassi di residui di epidermide morta eppure così micidiali, che decise di entrare in azione. E si mosse.

Non appena lo ebbe a tiro sfoderò i suoi, di artigli. Per la prima volta, da quando era sceso nel circolo dell'arena accettando la disputa coi cromosomi dei suoi cromosomi.

Almeno una parte. La peggiore. La più buia ed oscura.

Spalancò ad apri la propria mano sinistra. Come a voler effettuare un saluto caldo, cordiale ed amichevole nei confronti di qualcuno che non lo si vede da tempo lungo ed immemore. E poi menò e vibrò un fendente.

Secco. Deciso. Con un movimento semplice.

“YYYEEHHHHAARRRRGGGHHH!!”

Si udì un nuovo urlo. Questa volta più profondo e lacerante e degnamente accompagnato da un fiotto, uno schizzo denso e rosso che attraversò e riempì l'aria come l'arco di una piccola cascata. Quella presente nel tratto e pezzo finale di una fedele riproduzione in maniatura di un giardino botanico con tanto di laghetto.

Un getto copioso che brillò alla luce delle torce, intense e tremule. Ed impassibili, a differenza di tutti gli altri testimoni che invece esultarono emettendo grida e ed esibendosi in ripetute e scoordinate sbracciate di trionfo. Nonostante molti di loro, se non la totalità, non avessero capito nemmeno cosa fosse successo. A parte uno. E a quel punto era pressoché inutile dire di chi si trattasse.

Ad eccezione di lui, gli altri videro soltanto il risultato di quell'attacco. Ma già quello da solo era talmente chiaro e lampante da costituire di per sé un base più che valida per poter intuire il più recente accaduto. E per poterlo comprendere appieno, anche. Nella sua interezza.

Aveva vinto. Il loro comandante aveva vinto.

Per loro era solo questo che contava. Ciò in cui speravano ed auspicavano. E quel che più desideravano.

Solo questo contava. Solo questo. Ed ora glielo stavano dimostrando festeggiando ed incintando, incuranti del fatto che il vincitore stesso avesse sempre intimato loro di preservare e mantenere un atteggiamento decoroso, durante le riunioni. Ed ancor più nei duelli.

Non erano teppisti. e nemmeno si dovevano considerare a quel modo, nonostante la maggior parte della gente li vedesse proprio così. E quindi, a maggior ragione dovevano asolutamente evitare atteggiamenti che li facessero apparire come tali.

Era una questione di etichetta, e di rispettabilità,.

Anche loro avevano una rispettabilità. E' il primo passo per venire trattati come persone alla pari.

Li avrebbe attesi una bella lavata di capo, alla fine di tutto. Ma a loro non importava.

Aveva vinto. Cyrus aveva vinto. E solo quello contava, e nient'altro.

Solo quello.

Videro Zed a terra, sdraiato su di un fianco che si contorceva dal dolore.

Poco dopo, tutto quel dimenarsi senza sosta alcuna si diradò sino a cessare, e poterono scorgere coi loro occhi il motivo di tanto patema ed agitazione.

Quattro orrende ferite gli solcavano trasversalmente il muso dalla tempia destra fino alla guancia opposta, tirandoci e prendendoci in mezzo anche l'orbita dell'occhio più vicina ad essa.

Quattro fenditure, che sanguinavano. Che sanguinavano copiosamente. Ma di brutto proprio, sino a formare una pozza rubizza sotto alla sua testa.

Lo spettacolo non durò che per pochi, pochissimi attimi visto che la pantera provvedette a coprirle opportunamente, pur con gran fatica e sforzo.

Stringeva forte, fortissimo. Come a voler tenere insieme la pelle. Come se dovesse temere che da quei solchi bui potesse fuggire e scappare fuori la sua stessa vita.

"Nnnngghhh...maledetto..." si mise a mormorare, con voce roca. "M - maledetto...maledetto...che tu sia maledetto...mille volte maledetto..."

Cyrus lo raggiunse ancora e si accovacciò vicino a lui.

Fissò il suo corpo rannicchiato e tremante. Le sue membra accartocciate su sé stesse, messe quasi in posizione fetale.

"A - avanti, vecchio" lo esortò suo figlio. "F - fallo. U - uccidimi."

Una strana smorfia comparve sul volto di suo padre. O forse era meglio e più appropriato dire che era ricomparsa.

Di nuovo quell'espressione. Ancora.

Sembrava...sembrava davvero disgusto.

Era disgusto. Sul serio.

Per l'atteggiamento così gretto ed insieme ottuso da parte di chi aveva di fronte. Talmente ottuso ed ostinato da non voler perdere la propria arroganza nemmeno di fronte all'evidenza. E da non volerla nemmeno accettare, l'evidenza in questione. Ed il tutto nonostante il suo intero corpo fosse scosso dai brividi e dai fremiti per la sua sorte ormai imminente e prossima. E segnata.

Era come se in quel dato e preciso momento fosse scisso in due.

Il suo corpo aveva riconosciuto e stabilito la superiorità da parte del suo implacabile quanto irriducibile avversario, e d'istinto e secondo natura aveva reagito.

Quello sì. Ma la sua mente no.

Quella, dal canto suo, continuava a rifiutare e rigettare la realtà delle cose, e dei fatti.

Si poteva...si poteva mai essere così?

Si poteva mai essere CIECHI fino a questo punto, dannazione?

"F - fallo! Coraggio!!"

Cyrus alzò di nuovo la mano, questa volta la destra. Per sferrare l'ultimo colpo. Quello letale.

"FALLO!!"

Tutto era pronto per l'esecuzione, dunque.

Chiuse la mano a pugno. E a quel punto avrebbe dovuto solamente lasciarla cadere verso il basso, assecondando la forza di gravità e l'attrazione terrestre, ed aggiungerci giusto quel pizzico di suo. Quel tanto di forza che era sufficiente, e che gli sarebbe bastata per sapppolargli e ridurgli definitivamente in poltiglia quel suo cranio marcio con quel suo cervello altrettanto marcio dal contenuto ancora più marcio. E dal peso specifico ancora più leggero e ridotto dalla gabbia d'osso che lo imprigionava ed inscatolava. E disperdere così quei suoi luridi e putridi pensieri ai quattro venti come la sabbia e la polvere spostate dalla brezza calda e secca del deserto, finalmente.

"Se questa é la tua volontà..."gli annunciò, "sappi che sono ben lieto di esaudirla! Vorrà dire che sarò ben lieto di assecondare il tuo desiderio!!"

Doveva farlo. Non aveva scelta. Non aveva altra scelta.

Non aveva nessuna scelta che non fosse esplicitamente quella.

La legge lo imponeva. La legge delle bande e delle gang. Della fratellanza.

La SUA legge. Quella che lui stesso aveva ideato ed imposto.

E poi l'universo intero. Il SUO universo. E l'universo stesso in cui alloggiava e risiedeva l'universo che aveva creato e a ci aveva dato e donato vita, con le sue regole. Quello che aveva creato a sua volontà, immagine e somiglianza.

QUELL' universo.

Tutto lo stava spingendo in quella direzione, com'era giusto. E com'era da tradizione...

Com'era da SUA tradizione decise di procedere nella direzione opposta.

Decise di non assecondare né l'uno, né l'altro.

Decise di non accontentare nessuno dei due. Decise di non accontentare nessuno.

Non lo fece.

Esitò per un istante, poi abbassò il pugno fino a quel momento rimasto ancora alzato per poi riportarlo al fianco.

Il tutto con estrema lentezza, però. Come se durante l'operazione si sentisse libero di cambiare idea ad ogni minuto.

Dopotutto...vi é sempre una scelta. Anche nelle situazioni più compromesse.

C'é sempre, una scelta.

Sempre.

Zed lo osservò, come incredulo. Poi le sue labbra si mossero a formre e comporre un ghigno.

Un ghigno soddisfatto per un pericolo giusto giusto appena scampato, giusto per il rotto della cuffia.

Un ghigno dapprima incerto, poi via via sempre più compiaciuto ed irriverente non appena comprese come si stavano mettendo le cose per lui. Poi prese a ridacchiare senza ritegno.

"Uh, uh, uh..."

Un risolino di scherno, di presa in giro. Che si trasformò ben presto, fino sfociare in una risata sguaiata ed isterica.

"Eh eh eh...AH AH AH AH AH!!"

Sghignazzava, probabilmente ripensando a quel che aveva rischiato.

Cyrus, com'era ovvio, non gli badò neanche in quest'occasione. E quell'ingrato ebbe la bella quanto soprattutto indovinata ed azzeccata pensata di rincarare a puntino la dose.

"Eh eh eh...lo sapevo, vecchio" disse. "Lo sapevo. Sapevo che non ne avevi il coraggio. Sapevo che non avresti avuto il coraggio di farlo!!"

Evidentemente, la voglia di giocare con il fuoco non gli doveva essere ancora passata.

Aveva passato decisamente il limite, ed era andato davvero troppo oltre. Persino per la pazienza e per la capacità di sopportazione di un capo. Di un VERO ed AUTENTICO capo.

Cyrus lo fissò all'improvviso nell'unica pupilla ancora buona e lo fulminò con un'occhiata. Un'occhiata sprezzante ed assassina.

"STA' ZITTO" Gli intimò. "E TIENI CHIUSA QUELLA BOCCA. CHIUDI QUELLA DANNATA BOCCA, ALMENO PER UNA VOLTA NELLA TUA INUTILE E MISERABILE VITA."

Zed trasalì, a quell'improvviso quanto severo ammonimento. Con le fauci tenute ancora in parte semi – spalancate nell'ultima risata che aveva bruscamente piantato lì a metà. Irrisolta.

Aveva persino smesso di respirare.

Sul volto del vecchio felino c'era soltanto disprezzo, ora. Puro e semplice disprezzo.

Disprezzo per il suo smisurato orgoglio che gli impediva di accettare la sconfitta. E questo nonostante essa fosse da considerarsi praticamente certa ed inevitabile, visto come stavano messe le cose. E per come si stavano mettendo. Soprattutto per il diretto interessanto.

Un orgoglio che era frutto di un ego ipertrofico almeno quanto lo era il suo fisico, i suoi muscoli, la sua forza. E anche la sua rabbia, il suo odio e la sua ossessione.

Un ego unito ad una presunzione e ad una stupidità tali da non renderlo nemmeno degno di venire ucciso da lui.

No. Non gli poteva assolutamente concedere questo onore. L'onore di essere eliminato per sua mano e zampa.

Cyrus si rialzò di scatto e si allontanò con fare deciso, dandogli un'altra volta le spalle. E questa volta per sempre.

Era come se avesse davanti una pila di rifiuti maleodoranti da cui mettere la maggior distanza nel più breve tempo che gli fosse possibile.

"Alexander" disse, fermandosi dopo essere arretrato di qualche metro.

Per lui il nome di battaglia che si era auto - imposto non aveva alcuna validità, alle sue orecchie. Tanto meno importanza.

Non glielo aveva scelto. E quindi non lo aveva mai nominato in tal maniera.

"Hai approfittato del mio nome e del mio lignaggio, e di tutto ciò che ne può derivare da essi. E nel peggior modo possibile. Come peggio non si poteva fare. Hai scelto di abusare senza limiti dell'autorità e del potere che ti ho conferito. O meglio...che tu credevi che ti fossero da me conferiti. Perché il fatto di essere mio figlio di ha fatto credere di essere automaticamente nel giusto, e di fare tutto ciò che preferivi. E che più aggradava la tua indole. Ti sei sentito autorizzato a prendere per tuo conto la libertà di usarli per compiere ogni genere di atto violento. Senza esitare mai. Senza dare mai il benché minimo segno di rimorso. Oppure un qualsivoglia gesto di pietà nei confronti delle tue vittime. E nemmeno terrore di fronte alle tue folli e scellerate imprese, o al pensiero di dover un giorno rendere conto delle tue responsabilità, o delle tue malefatte. Hai compiuto atti innominabili per uno del tuo ruolo. E finendo per coinvolgere persino degli innocenti, nelle tue turpi gesta. Addirittura femmine e cuccioli. Atti di cui non posso e non voglio assolutamente farne parte, né esserne complice coprendoli col mio silenzio. E lo hai fatto perché tu te ne nutri, di tutto ciò. Perché la violenza fine a sé stessa ti piace e ti esalta. E ami veder scorrere il sangue degli altri. Ma ora BASTA!!"

Zed continuava a fissarlo, con un'espressione zeppa e colma di rancore. E senza mai staccargli gli occhi o, meglio, l'occhio rimasto di dosso.

"Con una simile e riprovevole condotta, non puoi più esserci utile. Non puoi più essere utile in alcun modo alla causa. Alla NOSTRA causa. E non puoi più rimanere qui. Con la tua sola presenza questo posto, anzi l'intera città, rischierebbe di tramutarsi in un'autentica bolgia. Una bolgia di caotici scontri. Quindi, da questo momento...tu e tutti i membri della tua gang, gli Hell's Fangs, siete BANDITI da tutta Zootropolis. Ora e per sempre. Non c'é più posto all'interno delle terre del branco, per voi. e non ve ne sarà mai più. Né qui, né altrove. Non vi é casa né dimora nel mio regno per le bestie feroci, ma solo per animali nobili. Sarete raminghi, e dovrete nascondervi nei territori desolati ove il sole non batte e non riscalda, come le orride creature d'inferno quali siete. Dovrete sparire dalla mia vista, e non provate a ricomparirmi davanti! Che non vi venga in mente di farlo, o sarà peggio per voi!!"

"M - maledetto...maledetto vecchio.." farfugliò ancora la giovane pantera. "C - come...come osi? T - tu...tu non p - puoi..."

"Che i guerrieri che ho appena nominato insozzandomi mio malgrado la bocca si facciano avanti" ordinò suo padre, senza nemmeno degnarlo della minima attenzione, insieme alle sue imprecazioni ed ingiurie. "Che vengano dinnanzi a me. Al mio cospetto."

"SUBITO" precisò poi, con voce tonante. "ALL' ISTANTE."

L'enorme e sconfinata folla si fece da parte e in disparte, permettendo ai componenti della banda appena menzionata di raggiungere il loro comandante e di farsi intorno a lui.

Due di loro lo aiutarono a rialzarsi, sorreggendolo e tenendolo a braccia. Il sangue gli colava ancora dalla ferita.

Lo si poteva vedere chiaramente ed in modo lampante, poiché era l'unico a tenere la testa ancora alta in eloquente fare di sfida, nonostante i quattro tagli spessi e profondi che gliela martoriavano.

Tutti gli altri la tenevano invece giù, col mento poggiato sulla base del collo, e con fare mesto. Tutti già rassegnati al loro ineluttabile destino.

Tutti, tranne uno. E anche in quest'occasione era perfettamente inutile stare a evidenziare chi fosse.

"Avete tempo fino all'alba per lasciare questo posto, e la città" spiegò imperioso Cyrus, riprendendo a parlare. "Un manipolo di volontari scelti tra le migliori bande vi scorterà sino ai confini estremi, dove finisce il perimetro esterno. E avrà cura che voi vi allontaniate a debita distanza. Andatevene. Vi voglio fuori da qui entro e non oltre domattina. E una volta fuori, restate e rimanete fuori dove siete. Avete capito. Statevene fuori. O verrete fatti fuori. Avete perso definitivamente il vostro rango e i vostri privilegi, se mai ne avete avuti."

E questo é quanto" concluse. "Ed é tutto. Avete ascoltato il mio verbo, ed io non ne ho che uno ed uno soltanto. Ho parlato, ed ho concluso. Ed ora obbedite, e venga fatta ed eseguita la mia volontà. Seduta stante."

Il gruppetto non se lo fece ripetere due volte, ed i sottoposti di Zed eseguirono quanto era stato ordinato loro senza contestare ne aggiungere ulteriori vocaboli. Che tanto sarebbero stati fuori luogo quanto inutili, visto che non avrebbero cambiato la loro condizione e posizione di una sola, misera virgola.

Come da copione e secondo le disposizioni, una quarantina di elementi fuoriusciti dal resto delle altre compagini con una sincronia tale da parer un solo ed unico individuo suddiviso in tanti e molteplici li seguirono a ruota, per verificare ed assicurarsi che mantenessero e rispettassero quanto appena detto e stabilito dal loro capo.

Zed, insospettabilmente ancora in forze, si divincolava trattenuto di viva forza e sbavava vuote minacce all'aria.

"AAAAARRRGGHHH!! HAI FALLITO! MI SENTI, VECCHIO? HAI PERSO LA TUA UNICA OCCASIONE CHE AVEVI PER UCCIDERMI! NON TE NE DARO' UN' ALTRA, MAI PIU'! DOVEVI FARLO ORA! AVRESTI DOVUTO FARLO ADESSO CHE POTEVI, VECCHIO! DOVEVI AMMAZZARMI! NON HAI VOLUTO, E SARA' PEGGIO PER TE! UN GIORNO O L'ALTRO RIUSCIRO' SENZ' ALTRO AD UCCIDERTI, HAI SENTITO? UCCIDIMI! VOGLIO MORIRE! UCCIDIMI ADESSO, O ME LA PAGHERAI! TE LA FARO' PAGARE CARA, CAPITO? A TE E AGLI ALTRI! A TUTTI QUESTI LURIDI BURATTINI E LECCAPIEDI CHE TI TRASCINI DIETRO ED APPRESSO COME TANTI PARASSITI! ME LA PAGHERETE TUTTI QUANTI, UN GIORNO! DAL PRIMO ALL' ULTIMO, LO GIURO!!”

“BASTA.”

Di nuovo lavoce calma ed autorevole di Cyrus a spegnere e domare quelle fiamme impetuose e senza alcun controllo.

Di nuovo il fragore del tuono e della cascata unito allo scorrere cheto e cristallino dell'acqua sorgiva, insieme in un unico timbro.

Gli occhi del giovane delinquente e dell'anziano capo si incrociarono di nuovo. Per un'altra volta.

L'ultima, con tutta quanta la probabilità.

Il loro era l'atto finale. L'ultimo litigio e diverbio tra un figlio ed un padre che si lasciano e si abbandonano per sempre, dopo che questi lo ha cacciato e scacciato dalla sua umile dimora. Per sempre.

A calci, rimproveri e bastonate.

“Falla finita” lo rimproverò. “Tu ormai sei già morto, Alexander.”

“Tu sei morto, per me” gli ribadì. “Così come io lo sono per te.”

Quelle furono le ultime parole che gli rivolse, mentre lo vedeva portare via gridando che la cosa non era finita lì, e che non sarebbe mai finita lì.

Le ultime, indipendentemente da come andò a finire. Perché, proprio come aveva profetizzato il suo indegno figlio...non era ancora finita, purtroppo.

E non sarebbe finita mai, in tutti i sensi. In ogni senso che fosse interpretabile, ma allora non si poteva ancora saperlo.

Soprattutto lui, Zed...non lo sapeva. Non poteva saperlo.

Non lo poteva certo sapere, come sarebbe finita. E neanche Finn, con tutta quanta la probabilità.

L'allontanamento coatto e forzato durò poco, pochissimo. Il malanimo che animava colui che doveva subirlo di persona era troppo grande, troppo inarrestabile perchè potesse essere placato e tenuto sotto controllo con semplici parole ed ammonimenti. O da un altrettanto semplice stretta, per quanto forzuta.

Zed mosse entrambe le sue muscolose braccia e si liberò dalla presa dei suoi due compagni che lo tenevano immobilizzato.

Ad onor del del vero, essi non opposero poi questa gran resistenza. Chissà, forse sotto sotto ci speravano.

Ci speravano ancora e davvero, in un'altra sortita da parte del loro capo. E in un ultimo assalto che magari si potesse concludere questa volta con un inaspettato quanto clamoroso rovesciamento dell'esito. Ed un conseguente e benvenuto ribaltamento delle sorti. Benvenuto da parte di loro, almeno.

Per tutta risposta e premura nei confronti dei loro riguardi e della loro gentilezza, la pantera accentuò ancor più il movimento dei suoi arti superiori estendendoli sino al massimo, e scaraventadoli via come due fuscelli. Come se fossero fatti entrambi di cartapesta, facendoli volare e finire contro il muro, dove batterono la testa per poi crollare a terra seduti. E svenuti.

Se non peggio.

Con un simile contraccolpo si poteva arrivare a rompere e spezzare l'osso del collo come un niente.

Non furono di egual avviso e di medesima gentilezza gli altri membri delle gang, quelli che insieme ai suoi lo stavano scortando. O che almeno ci stavano provando a farlo, sino a meno di un minuto prima.

Gli si scagliarono contro e addosso in mucchio, per stenderlo e renderlo finalmente inoffensivo, visto che a quanto pareva da cosciente era praticamente impossibile da condurre. Sia all'esterno che alla ragionevolezza.

Cyrus, intanto, procedeva con passo lento e fermo verso il suo trono. Con la chiara intenzione di sedervisi sopra, finalmente. E pareva non essersi accorto ancora di nulla.

Oppure stava solo facendo finta, di non essersene accorto. Perché ciò era ben strano, dato che tutti quelli che gli stavano e stazionavano davanti e di fianco se n'erano accorti benissimo. E lo stavano prontamente avvisando di stare attento, di girarsi a guardare, di farsi da parte, di allontanarsi e di mettersi in salvo.

Quell'attimo di inspiegabile esitazione permise a Zed di fare piazza pulita dei suoi aggressori in un solo istante. Prese a menar pugni, artigliate e colpi di gomito facendosi largo tra loro in men che non si dicesse tra urla e gemiti di dolore e di ferite.

Quella gentaglia da poco...quel branco di inutili idioti lo stava ostacolando. Non erano che ostacoli che si frapponevano tra lui ed il suo obiettivo, che giunti a questo punto era perfettamente inutile quanto superfluo stare a specificare chi fosse, e di chi si trattasse con precisione.

Voleva lui. Era suo. Soltanto suo, e di nessun altro. E se sulla strada trovava qualche ostacolo di sorta...lo rimuoveva e lo abbatteva senza stare a pensarci due volte. Senza sprecare un solo istante di più.

Li levò di mezzo ed aprì un varco. Bastava.

Prese la rincorsa, sfoderando le unghie ancora laccate e chiazzate di sangue rappreso ed ormai reso brunastro dalla coagulazione,

“Anf...anf...hai fallito, vecchio!!” disse, ansimando. “E vuoi sapere perché? Lo vuoi sapere, eh? Perché non hai voluto uccidermi, ecco perché! Non ne hai il coraggio, ecco la verità! Mentre io ce l'ho, il coraggio! Ecco perché perderai, contro di me! Ecco perché hai perso! Perché non sei degno di essere il gran capo! Tu non puoi fare il comandante supremo delle gang di Zootropolis, mentre io si! Perché io ce l'ho, il coraggio! Io ho il coraggio di uccidere mio padre, mentre tu no! Tu non hai quello per uccidere il tuo stesso figlio! E ora te lo dimostro! Visto che ci tieni così tanto, aiutami a completare una volta per tutte il mio addestramento e fatti uccidere!!”

Gli era sopraggiunto ormai a ridosso, e non gli stava che a due passi di distanza. Forse tre.

Portò il braccio destro all'indietro, per colpire a morte.

“E ora crepa!!” Urlò, mentre caricava. “Crepa, maledetto VIGLIACC...”

Fu quella parola. E fu un attimo.

Ma prima di ogni altra cosa fu la parola. QUELLA parola.

La parola che non avrebbe mai dovuto dire, in sua presenza. La parola che non avrebbe mai dovuto dirgli. Ed usare.

Cyrus si fermò con la gamba sinistra in avanti. E girò la propria testa di lato, verso destra. E nel fondo dell'occhio corrispondente, nel profondo del cristallino, gli comparve un piccolo bagliore rubizzo.

Ancora quel bagliore. Quel luccichio rosso.

Di nuovo. Per la seconda volta.

Il rosso rubino di una gemma preziosa intinta nel sangue, che fa brillare di luce quasi spontanea persino il contenuto delle vene più luride e putride.

Tutti trasalirono, a quella visione. Ed arretrarono.

E l'attimo ancora dopo...Accadde l'incredibile.

Fu pazzesco. A dir poco pazzesco.

Era come se il tempo stesso avesse saltato un passaggio. O come se la lancetta dei secondi avesse deciso improvvisamente di soprassedere o tralasciare senza alcun motivo che fosse plausibile su di un paio o magari tre o quattro tacche sul quadrante dell'orologio. O addirittura come se un vignettista o un fumettista smemorato e distratto si fosse dimenticato di aggiungere alcune vignette e le avesse piantate in giro.

Abbandonate e smarrite chissà dove. E paradossalmente proprio quelle che servivano a capire lo svolgimento dei fatti, evitando così dei clamorosi sbalzi e buchi. Nello svolgimento sia della scena che della sequenza, andando così a compromettere irrimediabilmente sia la trama che la sceneggiatura.

Fatto stava che adesso, dove una volta c'era Zed...adesso si trovava Cyrus.

Ed in quanto alla sua versione più grossa, forte e giovane, al sangue del suo sangue...egli stava volando a mezz'aria con tutti quanti e quattro gli arti ben distesi in una maniera platealmente scoordinata e scomposta, e la testa reclinata all'indietro per intero.

La pantera atterrò qualche metro più avanti, vicino ai suoi compagni. E a chi aveva tentato sino all'ultimo di fermarlo per distoglierlo dai suoi insani quanto delittuosi propositi.

Ad onor del vero, riguardo ai primi del gruppetto andava anche aggiunto che nella parte discendente della parabola compiuta dal suo volo ne aveva travolti pure un paio, trascinandoli a terra con sé. Nella fattispecie quelli che gli avevano corso dietro, sperando forse in un'ultima grazia, un gesto tardivo di clemenza o un repentino cambio di idea e di volontà da parte del loro capo supremo nel caso fosse loro riuscito di acciuffarlo prima che potesse compiere l'inenarrabile. E l'irreparabile.

Ma Cyrus sapeva difendersi e cavarsela benissimo da solo e per conto proprio. Soprattutto quando c'era da regolare le faccende in sospeso e sistemare i disonesti ed i malfattori. E a far piazza sgombra di loro. Di tutti loro.

Egli sollevò la mano con cui presumibilmente doveva averlo colpito e scagliato in alto. Con cui presumibilmente doveva aver fatto qualcosa.

La zampa superiore destra.

La aprì, estendendo ben bene le mani e se la guardò a lungo, col palmo rivolto versò di sé ed il dorso mostrato a tutti gli altri. Come se avesse attaccato al suo braccio qualcosa di sporco.

Come se alla sua estremità vi si trovasse della sozzura. Come se fosse composto unicamente da lerciume.

Lo osservò come se avesse tanto voluto TAGLIARSELO. Troncarselo di netto, con un'unica sciabolata.

Anche quelli che nel frattempo se n'erano rimasti in piedi e vicino al corpo immobile appena giunto al suolo guardarono quella mano. E poi volsero le loro facce a chi stava sotto di loro, e che giaceva ai loro piedi.

Di nuovo per meglio comprendere. E per meglio capire. E per meglio interpretare.

Zed era esanime. Gli occhi riversati all'indietro, fino a mostrare il bianco e basta. In modo che nemmeno quello coinvolto nella prima e precedente fenditura potesse essere visto, giusto per rendersi conto cosa ne fosse rimasto. Sempre ammesso e non concesso che ve ne fosse rimasto qualcosa tra iride, pupilla e cristallino.

E parlando di fenditure...la seconda appariva ancora più grave di quella con cui suo padre lo aveva martoriato in precedenza. E senza particolare bisogno o necessità di esaminarla in maniera ulteriore.

Ne faceva benissimo da testimone muto e terribile la grossa pozza di sangue che si andava estendendo sotto al torso tra il pelo, la pelle ed il cemento. Ancora più vistosa, densa, spessa e copiosa di quella che la quadruplice artigliata gli aveva fatto riversare all'esterno qualche attimo prima.

Altri quattro squarci. Ancora più lunghi e profondi. Che questa volta andavano dalla spalla sinistra fino al fianco destro, arrivando fin quasi a prender dentro pure l'inizio della coscia. Disposti in modo esattamente opposto, contrario e speculare a quelli gemelli e colleghi situati sulla testa nonostante, messi a debito quanto adeguato confronto, li superassero in modo abbondante ed evidente data la più grande e maggior misura.

Sembrava morto. Anzi...lo era, con ogni e tutta quanta la probabilità. Fuor e senza alcun timor di dubbio.

“E' compiuto” sentenziò l'anziano felino, riferendosi a suo figlio e a chiunque potesse trovarsi in ascolto. “Tutto é compiuto, ora.”

“Portatelo via” ordinò poi a chi gli stava e stazionava accanto. “E gettatelo nella prima discarica che troverete. Questo é il destino di chi é senza onore come lui. E fatelo sparire dalla mia vista, subito. Non voglio rifiuti in giro. Né qui dentro la mia sala del trono, né in giro per il mio regno. La città...questa bella città deve rimanere PULITA, capito? Zootropolis deve continuare a rimanere pulita e a risplendere, mondata da ogni spazzatura!!”

I guerrieri vicino a Zed annuirono, zitti. Sia quelli che lui era abituato a comandare, quando era cosciente. Sempre ammesso che ora disponesse ancora di un barlume e di una stilla di vita e di padronanza di sé.

Sia loro, che quelli che non eseguivano i suoi ordini in quanto non facenti parte della sua gang.

In gruppo, senza più badare ad alcun tipo di gerarchia o di distinzione, lo sollevarono di peso e lo portarono fuori da lì, alla svelta e alla chetichella. E non certo senza gran sforzo, dato che mentre non era in sé e forse tale sarebbe rimasto da adesso in poi, in quelle condizioni era l'equivalente di una via di mezzo tra un marcantonio incrociato con un macigno.

Procedettero sbuffando a passo spedito ed imboccarono il vicolo oltre le loro spalle, fino a diventare ombre indistinte per poi svanire e sparire del tutto annullandosi in quel buio color del vino e della pece. Così come colui che stavano trasportando.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“HURRAAAHHH!!”

“CYRUS E' IL PIU' FORTE!!”

“EVVIVAAAA!!”

“IL NOSTRO CAPO E' INVINCIBILE!!”

Le urla di giubilo e di contentezza si mescolarono inevitabilmente alla stregua di quelli che le stavano pronunciando, saltando ed alzando una o entrambe le braccia in segno di esultanza. Ed immaginando di poter raggiungere il cielo che si trovava oltre le pareti del soffitto, oltre a quei muri.

L'unico a non partecipare, a non venire minimamente intaccato o coinvolto da quella festa e da tutta quanta quell'euforia era proprio il designato di tutta quella gigantesca quanto spropositata e forse persino ingiustificata carnevalata.

Cyrus. Era proprio il suo atteggiamento a far apparire ingiustificato ed esagerato quanto stava avvenendo tutto attorno a lui.

Inutile. Fuori luogo. Forse persino stupido ed idiota, a parer suo.

Forse perché privo di qualsivoglia motivo, in fondo. O almeno doveva essere così, da come la vedeva lui. Secondo il suo privilegiato ma rimasto pur sempre modesto ed umile punto di osservazione.

No, non vi era proprio niente per cui dover festeggiare. Proprio nessuna ragione.

Così come non vi era niente di cui dover essere contenti. Men che meno orgogliosi.

Si stava muovendo verso il piccolo rialzo, la base su cui era poggiato il suo scranno intarsiato e ricavato nel mucchio di pneumatici dalla eterogenea composizione e mescola.

Stava avanzando o meglio, stava arrancando con passo estremamente dolente. E con un espressione addolorata, stanca ed oltremodo afflitta.

Soffriva per la nuova e più grave ferita infertagli da un discendente indegno. Il suo solo ed unico discendente, fino ad ora. E probabilmente l'ultimo.

Per quella e per quelle vecchie che gli aveva già inflitto in passato. E che quest'ultima, in quanto la più grave e dolorosa, aveva di fatto provveduto a riaprire tutte quante insieme.

E contemporaneamente, per giunta.

Raggiunse l'altra persona lì presente che non stava festeggiando, oltre a lui. La sola che aveva deciso di non auto – invitarsi al party e al veglione.

Anche Finnick non stava affatto esultando. Aveva stabilito, sin dal principio e sin dal termine del duello appena svoltosi, di seguire l'esempio del suo nobile signore mantenendo un atteggiamento neutrale ed imparziale. Ed un'attitudine estremamente pacata, composta, compassata e distaccata.

In realtà il suo cuore, alla pari di tutti gli altri, alla pari di quelli di qualunque altro lì dentro...il suo piccolo ma frenetico cuoricino batteva più all'impazzata del solito.

Era in autentico tumulto, anche se cercava di non darlo affatto a vedere.

Riuscendoci malamente e a malapena, veniva lecito quanto sospetto credere.

Si sentiva in tumulto, pregno e bello gonfio d'orgoglio per la mirabolante impresa che aveva appena compiuto il suo comandante. E per la sua superba prova di forza.

Cyrus aveva vinto. E lui sapeva che avrebbe vinto.

Sapeva che sarebbe andata senz'altro così.

Lo aveva sempre saputo, sin dall'inizio e dal principio.

Quando il suo capo lo raggiunse, si limitò a rivolgergli un sorriso caloroso e sincero.

Il sorriso spontaneo di un amico, oltre che del più ardimentoso e fidato tra i suoi sottoposti.

Purtroppo non poteva dargli anche una bella pacca sulla spalla, per ovvie quanto imprescindibili differenze di altezza. Anche se avrebbe tanto voluto e desiderato farlo.

Magari sarebbe risultato alquanto disdicevole, nei confronti di un superiore, ma...al diavolo sia i convenevoli che l'etichetta, in certe situazioni o in certi momenti. Che tanto lì si era tutti uguali.

Lì si era tutti tra compagni. Tra amici. Tra fratelli.

“You are Great!!” Disse, entusiasta. “Sei stato grande, Cyrus. Grande!! Glie hai rotto el vagòn de remorchio avéc tanto de porta – coda, a quel lurido hijo de...”

“Hm” lo interruppe bruscamente Cyrus, seppur con voce bonaria. “Facciamo due passi, ISPANICO.”

Ispanico era il suo secondo nome. Era praticamente il secondo nome all'anagrafe di Finn, per lui. Quello di battaglia. Quello che Cyrus in persona sceglieva e pronunciava direttamente dalle sue labbra. E che solo lui poteva permettersi e concedersi il lusso di nominare e chiamare.

Era un onore riservato ai suoi guerrieri più fidi e stimati. Quelli che per sarebbero stati e disposti a farsi ammazzare e uccidere. A dare la loro vita, senza la benché minima esitazione e rimorso.

I suoi RAS, come li chiamava. E dei quali anche Finnick faceva parte.

E anche Zed, fino a poco tempo prima. Anche se soltanto nella testa, dato che suo padre non lo aveva mai autorizzato ad entrare e far parte del gruppo, essendo fin troppo bene a conoscenza della sua indole e del suo carattere impetuoso e sanguinario.

“Como...como te dise?!” Gli fece la piccola volpe, con fare incredulo e facendo tanto d'occhi. “Que...que hai detto, escusame?!”

“Hai capito benissimo” gli confermò l'unica pantera rimasta lì sul posto. “Vieni con me, Ispanico. Ho proprio voglia di fare due passi. Seguimi, per favore. Chiacchieriamo un po'.”

“Yo...”

“Non ti va?”

“O – ok, Cyrus” gli fece Finn, inchinandosi e mettendosi su di un ginocchio. “Commént tu veul. Como desideri. Come vuoi tu.”

I due abbandonarono la baraonda e si incamminarono lentamente verso la parte di condotto che conduceva ad un'altra zona di buio e ad un'altro cono d'ombra. Quella situata dalla parte esattamente contraria a quella dove, poco fa, avevano condotto via Zed. O la sua salma, con tutta quanta la probabilità.

Quella che doveva condurre verso il centro della città, a differenza dell'altra che invece portava verso la periferia esterna.

Verso il cuore di Zootropolis, o almeno così si sperava. Almeno quanto si sperava che quel pazzoide di suo figlio fosse bello che morto e stecchito. Ridotto a freddo e rigido cadavere.

Tanto, nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di controllare o di volerlo scoprire. E a nessuno importava più ormai, visto che quel tratto come tutti gli altri vicini, adiacenti e limitrofi erano in disuso ed in disarmo da tempo.

Volersi addentrare in quei meandri significava ed equivaleva a correre il rischio di perdersi e di smarrirsi per sempre, e di non fare mai più ritorno. Mai più.

La leggenda della famiglia Klug, l'oscura leggenda di quella famiglia di allegri mattoidi con quello squinternato del padre Helmut e di quei pazzi dei suoi nove figli, che iniziò come un'autentica barzelletta e che finì come la più classica tra le tragedie era ben rinomata e conosciuta anche presso di loro. Ed era pressoché impossibile non avercela presente.

La si doveva per forza di cose conoscere, se si decideva per qualche strana ragione di addentrarsi e di aver a che fare con quei territori e quelle lande ormai desolate.

A coloro che li occupavano, frequentavano ed abitavano bastava unicamente percorrerli quel poco che serviva loro per poterci stare senza nefaste conseguenze.

Avevano scelto quello spiazzo di snodo come sala per le riunioni per il semplice fatto che, alla bisogna, qualcuno vi aveva sistemato una scaletta a muro che poteva essere impiegata ed utilizzata come rapida via di fuga ed uscire rapidamente all'esterno mediante un grosso tombino sovrastante.

Non importava a nessuno, di loro e tra loro, scoprire se le infami e terribili dicerie su quel luogo avessero o meno una parvenza di verità o di verosimiglianza con quanto si narrava e raccontava in giro, e che fossero reali oppure no.

Tanto meno a quei due, il cui unico volere che li stava spingendo a muoversi in direzione di tutto quel nero era quello di mettere qualche centinaio di metri di distanza dal resto della folla esultante.

Nessuno ebbe da obiettare. Del resto, lo sapevano benissimo quale profondo rapporto d'amicizia li legasse.

Finnick tirò una botta al muro alla sua sinistra, facendo cadere una della torce opportunamente appese ad uno dei candelabri.

“Et voilà!!” Annunciò, mentre la afferrava al volo. “Terminé. Echo. Done. Erledigt. Ecco fatto. Ahora podemos proseguir. Possiamo andare avanti. Te faccio strada. Seguime. Y stame de drio, stamme dietro. Ma nun te ne approfittare por...”

“Non c'é pericolo, Ispanico” rispose ironico Cyrus.

I due percorsero almeno una cinquantina di passi in linea perfettamente retta, con il fennec impegnato a far luce davanti a sé. Poi si fermarono, ma solo perché il piccoletto aveva sentito il suo capo farlo per primo.

“Aaaallora, Cyrus...” gli fece, “...se puede saver que cossa me dovevi dir te tanto emportant...”

Un fruscio improvviso lo interruppe.

Un fruscio improvviso seguito da alcuni e accesi colpi di tosse. E da un altro rumore.

Il suono di qualcosa che stava gocciolando.

Finn si voltò, rischiarò con la torcia e vide Cyrus messo su ambedue le ginocchia, carponi.

Gli era letteralmente crollato a fianco, privo di forze.

Tentava disperatamente di sorreggersi con la mano sinistra, mentre con l'altra si stava coprendo la bocca nel tentativo di soffocare e frenare i conati che lo stavano squassando senza alcuna pietà e misericordia.

Dalle fessure infinitesimali tra una falange e l'altra, chiuse quasi ermeticamente, stava colando del liquido.

SANGUE.

Stava scendendo a piccoli rivoli lungo il dorso della zampa superiore impegnata nell'inutile incombenza di volerlo trattenere, e cadeva a ritmo regolare e a piccole gocce picchiettando insistentemente e ossessivamente sulla pavimentazione.

“CYRUS!!” Urlò il fennec, andandogli incontro.

Gli si piazzò sotto, poggiandogli una della manine tra collo ed una spalla. Quella che non era tutta presa ad illuminare, sporcando così anch'essa di rosso cremisi.

Ed in quel mentre arrivò e sopraggiunse un nuovo e violento spasmo, che ghermì il felino e lo fece riprendere a tossire convulsamente, a cui seguì a ruota una nuova serie di conati e di spasmi all'altezza dello sterno.

Il sangue, da poche ed isolate gocce di pioggia che era, ben presto si tramutò in una sola quanto vasta pozza. E la cascata che la formava prese dentro col suo getto anche parte del corpicino del minuscolo predatore.

“”CYRUS! CYRUS!!” Gridò disperatamente quest'ultimo, spostandogli la zampa dalla spalla al fianco per aiutarlo a sorreggersi meglio. “QUE PASA? QUE PASA?!”

Si lordò ancora di più, effettuando quell'operazione. Ma non gli interessava. Non li interessava per niente.

“QUE PASA?!” Gli ripeté. “QUE HAS PASADO?!”

“Lo sai, che sta succedendo” lo redarguì Cyrus. “E' inutile che tu faccia il finto tonto, Ispanico. E non serve a nulla che tu faccia finta di non capire, o di non sapere. Lo sai benissimo. Sai benissimo, quel che mi sta accadendo. Così come sai benissimo che non lascia scampo. Non lascia alcuno scampo.”

“E'...é buffo” commentò poi ironico, nonostante sia la voce che le parole stessero tradendo un'estrema quanto intensa sofferenza.

Per quanto assurdo potesse essere...sembrava persino divertito, dalla cosa.

“Già. Proprio buffo...” ripeté. “Un...un guerriero dovrebbe morire in ben altro modo, sai. Dovrebbe...d – dovrebbe cadere quanto meno in battaglia, orgogliosamente in piedi e con le sue armi strette bene in pugno, combattendo sino all'ultimo con lo sguardo severo, fiero e fisso sul nemico che avanza. E'...é una vergogna...é una vera vergogna doversene andare per forza di cose in questo modo...”

“Non...non dire così, Cyrus...”

“E' vero, purtroppo” aggiunse il suo capo, rialzandosi lentamente in piedi e cercando di ricomporsi e di riassumere un'apparenza ed una pervenza di dignità. “E lo sai bene anche tu. Te l'ho sempre detto. Il Valhalla lo si raggiunge duellando fino a che non si esala l'ultimo respiro, e non certo agonizzando su di un letto.”

“Ora é passato. Ti ringrazio, Ispanico” dichiarò, scostando la mano del suo luogotenente.

Nonostante le condizioni apparentemente disastrose in cui doveva versare il suo corpo dal punto di vista della salute e fisico, il suo portamento ed il suo aspetto erano tornati quelli maestosi e regali di sempre.

“D – da quanto...da quanto va avanti todo esto, eh?” Gli domandò Finnick, in preda all'ansia. “Da quanto? Répond – moi, please! RESPONDIME!!”

Era totalmente sconvolto.

“L'ultima volta che mi sono fatto visitare mi hanno dato due anni di vita” gli rispose Cyrus.

“E...e quando sarebbe stata l'ultima vuelta, scusa?”

“Hmm, vediamo...ah, si. UN ANNO E MEZZO FA, credo. O giù di lì.”

“C – COSA? No, escuchame...tu te ne devi andare prima de subito en un ospitàl! En un ospedale, claro? Te ce puerto yo, immediately! De volata! Tiengo el mio furgone qua de fuera, qua fuori, e...”

Cyrus lo interruppe nuovamente con un gesto perentorio della mano. E ciò stava a significare che non aveva e che non avrebbe avuto più alcuna intenzione di voler tornare sull'argomento, almeno per quel giorno.

La discussione era quindi da considerarsi definitivamente conclusa. E non avrebbe ammesso alcuna replica, a riguardo.

Finn riconobbe quel cenno, ed il suo significato recondito. E si ammutolì di conseguenza.

“Mi sembra di avertelo appena detto” gli ribadì il suo vecchio comandante. “Io aspiro alla morte gloriosa. Perché il banchetto degli eroi lo si raggiunge proprio grazie alla fine gloriosa, e non quella di paglia. Dove vorresti che andassi? A consultare qualche altro medico, forse? E cosa credi che cambierebbe? Oppure mi proponi forse di girovagare di dottore in dottore finché non trovo quello che darà un esito o un responso che mi aggradi o mi soddisfi?. No, grazie. Non fa per me. La realtà delle cose va sempre accettata, Ispanico. Anche se é amara. E anche se può far male.”

Non appena ebbe terminato notò lo sguardo attonito della piccola volpe del deserto, a fronte del suo discorso. E non poté fare a meno di scoppiare in una gustosa quanto fragorosa risata che gli causò e provocò un nuovo attacco di tosse, anche se sembrò non badarci più di tanto.

“Ah, ah, ah! Coff, coff! Sai...a giudicare dall'espressione che sta facendo la tua faccia, sembrerebbe che sia tu quello che debba morire e non io, mio buon Finnick! Ah, ah, ah!!”

Era a dir poco incredibile, davvero. Ma ce l'aveva fatta.

Cyrus ce l'aveva fatta a fare anche questo.

Persino in un momento così tragico aveva trovato la forza di irridere addirittura la propria sorte. Nonché la propria morte, pure.

Ed imminente, tra l'altro. Stando almeno a ciò che gli aveva appena confidato.

Il tappo era senza parole. Riusciva solamente a balbettare sillabe sparse e confuse.

“M – ma...m – m – ma...”

“Ti assicuro, vecchio mio, che la vera difficoltà é stata quella di riuscire a rimanere in piedi durante il combattimento con Alexander” lo bloccò ancora Cyrus, riprendendo a discorrere e parlare. “E riuscire a nascondergli la mia malattia e le mie condizioni. Se avesse scoperto come sono davvero conciato, avrebbe sicuramente cercato di salire al potere già da tempo. E questo non deve assolutamente accadere.”

“E ora non accadrà più, Cyrus. Grazie a te. Por que es seulément merito tuo.”

“Mph. Fossi in te non ci conterei troppo, Ispanico.”

“M – ma...ma que dici, Cyrus? T – tu...tu lo hai ucc...”

“Lui tornerà, Ispanico. Ne sono certo. Ma dopo che l'ho sconfitto se ne starà ben bene alla larga da qui.”

“Tu...tu es seguro? T – tu...tu dici que davvero Z...”

Si corresse opportunamente.

T – tu...ti quieres decir...tu entiende dir que Alexander ha podido vieramente sobrevivir? Dici che ce l'ha fatta davvero a sopravv...”

“Sì, Ispanico. Ha potuto. Lo é senz'altro. ANCORA VIVO, intendo dire. Tieni a mente che ha pur sempre il mio sangue. Ricorda che é pur sempre il mio sangue, quello che gli scorre dentro alle vene. Anche se ormai lo ha disonorato. Anche se non ha fatto altro che disonorarlo da quando é al mando. Dal primo momento che é venuto al mondo, e ha cominciato a muovere i suoi primi ed immondi passi.”

“M – ma...ma como es posible, Cyrus? Com'é possibile che ce l'abbia fatta?!” Protestò vivamente il minuscolo mammifero. “Yo te assicuro que...L' AGG' VIST POQUITO FA AVEC MY OJOS, POR LA MALONZA! L' HO VISTO COI MIEI OCCHI, PER LA MISERIA! TE LO JURO! EL ERA...ERA MUERTO, DANNAZIONE! MORTO STECCHITO! NUN J'ERA RESPIRO, MALDICION! NON RESPIRAVA PLUS!!”

“Adesso come adesso é ancora fresco di umiliazione” replicò Cyrus. Senza ovviamente dargli retta e nemmeno starlo a sentire. Tanto per cambiare. “Ha appena ricevuto una batosta di quelle che non si dimenticano tanto facilmente. Ha ancora troppa paura di me, per tentare davvero qualcosa. E dopo questo...dopo tutto quel che gli ho appena inflitto, ne avrà ancora di più. E per lungo tempo. Per tanto tempo ancora. Peccato che...”

“Q...que?”

“Peccato solo che non me la sia sentita di eliminarlo con le mie stesse mani, Ispanico.”

“Cosa?!”

“Proprio così. Hai udito. Non sono andato abbastanza a fondo con gli artigli, col mio ultimo colpo. Non quanto avrei dovuto fare per ucciderlo, almeno. E tutto perché...perché nonostante sia uno stupido...nonostante rimanga un inguaribile quanto insopportabile idiota a cui va assolutamente impedito di agire, Alexander resta pur sempre mio figlio. E prima di essere un capo, sono e resterò pur sempre un padre. E nessun padre vorrebbe venire a trovarsi in una posizione come la mia. Come quella in cui mi sono venuto a trovare io. Arrivare ad essere costretti ad uccidere il proprio, unico figlio. Chi mai potrebbe farlo? Non lo auguro mai nessuno, davvero. A nessuno.”

“M – ma...mu tu lo hai fatto, Cyrus. Ce l'hai fatta, a farlo. Lo hai tolto de miezzo. Por que ERA GIUSTO. Correctly. DOVEVI farlo. E ci sei riuscito.”

Cyrus scosse la testa.

“No!” gli disse. “Non ce l'ho fatta, invece. Perché io...io non volevo essere un Re. Non ho mai voluto esserlo. Ma lo sono diventato lo stesso, Ispanico. Perché ho compreso che la situazione era grave. E che per riuscire a tenerla sotto controllo c'era bisogno che qualcuno si desse da fare. Doveva arrivare qualcuno, e quel qualcuno avrebbe dovuto erigersi al di sopra di tutti gli altri, per poter mantenere l'ordine e l'equilibrio. E...e quel qualcuno ero io. Dovevo essere io. Per il fatto che, semplicemente...qui intorno non c'era nessuno più forte di me. Tutto qui.”

“Cyrus...”

“Il monarca e gli eroi vengono designati dal cielo. E' il cielo, a sceglierli e ad eleggerli. E a noi, a tutti noi, non resta altro che adeguarsi. A – allora vi era bisogno di me. Occorrevano la mia saggezza e la mia forza. Ma io...io non ho mai voluto essere un Re. Volevo solo...volevo solamente essere un guerriero. Questo prima, almeno. E poi un padre. Avrei voluto vivere come come un guerriero e come un padre, e come tali morire, un giorno. E invece...invece per colpa sua mi toccherà dover morire da Re. Se soltanto...se soltanto quel cretino lo avesse capito cosa ho dovuto arrivare a fare, per colpa sua...Tsk. E dire che poco fa osava pure darmi del vigliacco. Non hai mai capito né imparato nulla, da me. Niente!!”

“Io...io non so davvero che dire, Cyrus.”

“E comunque...non ho scelta. Non me ne rimangono altre. Sappi che non alcuna intenzione di morire, Ispanico. Neanche la minima. Nemmeno mezza. Non fino a che non sarò sicuro...non finché non mi potrò ritenere più che sicuro che Alexander non si farà mai più vedere da queste parti. E poi, quando giungerà infine il mio tempo...quando concederò al mio tempo di finire, allora TOCCHERA' A TE.”

“C – como?!”

“Hai sentito.”

“A... a m – me, Cyrus?”

“Sì. L'ho detto. Proprio a te.”

“M – ma...”

“Voglio una promessa da te, Ispanico.”

“U – una promessa, dici?”

“Sì. Voglio che tu mi faccia una promessa.”

“S – sì, m – ma...”

“Promettimelo!!”

“S – sì, o – ok. M – ma...de c -che genere? Che tipo de promessa, scusa?”

“Se mai mio figlio dovesse tornare...se mai dovesse osare a far comparire anche solo un suo pelo o una sua unghia qui nei paraggi, quando io non ci sarò più...dovrai OCCUPARTENE TU, Ispanico. Di persona.”

“C – cosa?!”

“Hai capito. Pensaci tu.”

“I – io?!”

“Sì. Tu. In passato, quando un guerriero decideva di farla finita, affidava quest'incombenza al suo amico più intimo. E per l'amico in questione ciò costituiva un grande onore. E per mio figlio vale lo stesso discorso. Ad eccezione mia non lo farei fare a nessun altro che a te. Vedi...in cuor mio, fino all'ultimo...fino alla fine voglio continuare a sperare che in fondo al suo, di cuore...che anche in fondo a quel cuore marcio che si ritrova sia rimasta una traccia di ciò che sono, e di ciò che per tutta la mia vita che ho trascorso con lui ho tentato disperatamente di insegnargli e di trasmettergli. Una traccia, anche se pur minima. Forse, in fondo...é e resta uno di noi. E come tale anche lui desidera una fine gloriosa. Più di qualunque cosa. Più di qualunque altra cosa al mondo. E desidero anzi, voglio che sia tu a dargliela, quando arriverà il momento. Le tue capacità e la tua abilità ti permettono tranquillamente di farlo. E se così non sarà...in fututo dovrai diventare abbastanza forte da poterlo fare. Perché questo...perché questo é ciò che deve fare un CAPO, Ispanico. Un capo, per essere tale, deve fare ciò che ti ho appena detto. Dagli la fine gloriosa che anche lui, in cuor suo desidera così ardentemente. Quella fine gloriosa che io non ho voluto e che non mi sono sentito di volergli dare, per amor di padre. Tu, però...tu CE LA FARAI. Riuscirai dove io ho fallito. DEVI riuscirci, mio buon amico.”

“M – ma...ma i – io n – non...non ...”

“Questo é un ordine, amico mio. Un ordine diretto del tu comandante supremo, Ras Finnick. Ed é anche l'ultimo compito che ti affido in vita, fratello. Vuoi forse disobbedire, per caso? Se ti ho scelto, e ti ho affidato il mio volere...é perché sono certo che tu sia l'unico a poter eseguire e realizzare le mie ultime volontà. E io non sbaglio mai. E' il cielo, ad aver deciso!!”

“Io...”

“Allora? Lo farai? Rispetterai la mia ultima decisione?”

“Io...”

“Vuoi rinunciare, forse?”

“Io...io...no, maledizione. Ok, Cyrus. Esta bién. Lo farò. Farò ciò che devo. Hai la mia parola. E cuenta pure su de mi. Conta su di me.”

“Accetti quindi l'ultima missione che ti affido, Ispanico?”

Finna abbassò lo sguardo, rassegnato.

“Hai sentito anche tu” gli disse. “Hai la mia parola, ti ho appena detto. E anch'io ho una sola parola, nel caso tu te ne fossi dimenticato. Lo farò, quando il momento verrà.”

“Se mai verrà...” buttò lì in modo sibillino e a mezza bocca, subito dopo.

“Così va bene” disse Cyrus, esibendo un sorriso finalmente soddisfatto. “Ora sono più tranquillo. Ciò significa che quando permetterò alla mia ora di giungere...potrò andarmene in pace, sapendo di aver lasciato tutto quanto in buone zampe. Le TUE.

“Grazie” aggiunse. “Grazie...FIGLIO MIO. Ti ringrazio di cuore.”

Il fennec rialzò il muso di scato e lo guardò perplesso.

“Come...come hai detto?!” Gli fece.

“Hai capito benissimo” gli rispose la vecchia pantera, mettendogli una mano su di una spalla e tirandogli un paio di pacche amichevoli. “E ora torniamo dagli altri.”

Finn si rabbuiò, mentre lo seguiva.

La torcia si era ormai definitivamente consumata e spenta.

L'aveva portata pur sapendo che con delle viste come le loro, erano perfettamente in grado di scorgere qualunque cosa in quelle tenebre senza dover ricorrere ad ulteriore fonti di luce esterne o supplementari.

Ma un combattimento all'ultimo sangue in genere stanca. E parecchio. E dopo di esso ci si sente sempre parecchio spossati, al punto di non riuscire ad utilizzare appieno le capacità tipiche del proprio istinto.

Talvolta accade. Ma sarebbe meglio utilizzare il termine SPESSO. Oppure SOVENTE. Se ci si vuole esprimere in vocaboli più forbiti e ricercati.

Quasi sempre finisce così. Inoltra va aggiunto che Cyrus, di recente, non era messo molto bene.

Anzi...a dirla tutta era conciato peggio del solito. E ciò a cui aveva appena assistito non era stata che l'ennesima quanto crudele e spietata riprova.

A Finn doveva essere costato molto, fare una simile promessa. E poi ci sarebbe stato pure da doverla mantenere.

Rischiava di pagarlo molto caro, quel suo gesto di altruismo più o meno spontaneo. Più o meno perché un po' lo avevano forzato costretto le circostanze e la situazione di emergenza, e un po' ci aveva messo del suo lo spirito ed il senso di lealtà ed amicizia.

Quello aveva fatto il resto. E completato degnamente l'opera.

Gli era costato di sicuro molto. E forse in futuro gli sarebbe costato ancora di più. Ma sotto ad un certo aspetto...non gli era costato nulla.

Certe volte Cyrus non era più lucido come un tempo. E non si accorgeva di come stavano davvero le cose.

Lo riteneva alla pari di suo figlio, in quanto a forza ed abilità. Ma non era vero.

Era come se gli avesse detto che loro due stavano sullo stesso livello.

Paragonarlo a suo figlio equivaleva a paragonarlo allo stesso padre ed artefice di tale, malriuscito campione.

Ridicolo. Semplicemente ridicolo. Un'assurdità bella e buona.

Finn non si sentiva affatto alla pari o allo stesso livello del suo capo. Un abisso li separava. Una fossa oceanica pari a quella della Marianne, se non addirittura di pù. Ancora più vasta e profonda.

E se non poteva, se non avrebbe mai potuto battere Cyrus...come poteva sperare di battere suo figlio? Il sangue del suo sangue?

Ma non c'era da preoccuparsi troppo, dopotutto. Perché tanto Zed era morto.

Cyrus non si era reso conto neanche di quello.

Lo aveva visto a terra, poco fa. E a lui era sembrato DECISAMENTE MORTO.

Stecchito.

Era morto, punto. Non poteva essere sopravvissuto a simili ferite.

Forse vivo lo era ancora mentre lo portavano fuori, per poi abbandonarlo nel primo deposito di rifiuti che fosse disponibile e a portata di zampa. E ci avrebbe messo senz'altro un po' a schiattare, vista la leggendaria tempra che constraddistingueva il suo sangue e la sua schiatta e stirpe di provenienza e di origine.

Ma a quest'ora doveva aver già sicuramente tirato la cuoia e reso l'anima. A Dio o al demonio, o a chi per essi. Sempre ammesso che gli fosse rimato ancora qualcosa da offrire e da rendere.

Era morto, senza alcun dubbio di sorta. Senz'altro.

Non c'era che da sperare, che fosse così.

Fin non poteva che sperarlo.

E doveva essere senz'altro così.

Zed era morto, gente. Zed era morto.

Forse non lo era ancora. Non del tutto. E ci avrebbe messo ancora un po'.

Con un po' di fortuna non avrebbe fatto nemmeno a a tempo a riprendere conoscenza.

Meglio, così non si sarebbe nemmeno accorto di niente.

La maniera pressoché perfetta di crepare e di andarsene all'altro mondo. Paradiso o inferno che fosse.

E a lui non costava nulla promettere di ammazzare e di far fuori uno che era già morto.

Perché Zed era morto, gente. Era già morto.

Con tutta probabilità non aveva nemmeno gridato. Non aveva nemmeno iniziato a farlo.

E se casomai aveva cominciato...a quest'ora doveva aver già smesso.

Zed era morto. Avete sentito, gente?

Era già morto.

Cioé...certo, forse non lo era ancora. Ma era come se già lo fosse.

Zed era morto. Era già morto. Già bello che morto.

Morto, capito?!

MORTO!!

Morto.

Anche se, stando a dover giudicare il modo alquanto compulsivo ed ossessivo con cui se lo stava continuando a dire e a ripetere mentalmente, sembrava che avesse tutta l'aria di farlo più che altro con l'intenzione di voler provare a convincere sé stesso.

Più di chiunque altro.

Zed era morto.

Non poteva che sperarlo, e che sperarci.

Non poteva fare che quello.

Non poteva fare altro. Con tutte quante le sue forze e la sue capacità di persuasione. E di illusione.

Zed era morto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!!

Come va, ragazzi? Spero bene.

Chiedo scusa per il ritardo, ma in questo ultimo periodo a causa della pandemia le scuole avevano ricominciato con la famigerata DAD, la didattica a distanza.

Per forza di cose la mia piccola ha dovuto monopolizzare il pc.

Purtroppo esistono delle priorità inderogabili. Così come esistono senz'altro cose sicuramente più importanti di una passione, per quanto la si possa tener da conto e vivere con impegno.

Ma non ho mollato, eh.

Intanto ho riesumato un vecchissimo e vetusto portatile della mia dolce metà dallo sgabuzzino.

Talmente vecchio che quando l'ho acceso mi sembrava di udire una flebile vocina simile a quella del povero colono di “Aliens – Scontro Finale” che stava per dare alla luce un bel maschietto di xenomorfo (sempre ammesso che fosse maschio...).

UCCIDIMI...

Eh, si. E' davvero un rottame. Ma non insultiamolo, và. Che in fondo il suo dovere lo ha fatto.

Talmente indietro che non si può più neanche collegare in rete. E nemmeno supporta i consueti programmi di scrittura come Openoffice, Libreoffice e Word.

Usa giusto Wordpad.

Basta. Per lo meno, a me é bastato per andare avanti col mio lavoro.

SI TORNA ALLE ORIGINI, come direbbe il grande Apollo Creed.

Oppure...JARVIS, SI TORNA ALL' ANALOGICO!

E questo lo direbbe Tony “Iron Man” Stark.

La necessità aguzza l'ingegno. E vi dirò...erano MESI, che non ci davo sotto così tanto.

Più mi ritrovo con le spalle al muro e in difficoltà, più mi impegno.

Proprio vero. Certe volte ho bisogno di complicarmi la vita. Le cose semplici non mi stimolano.

E parlando di mesi...

Pur con parecchi giorni di ritardo, quest' Aprile cade proprio il QUINTO ANNO DI PUBBLICAZIONE DELLA MIA LONG!!

Propio così: THE PROMISE YOU MADE COMPIE CINQUE ANNI!!

Certo che è davvero incredibile, se uno ci pensa.

Ero partito che volevo concluderla dopo il settimo capitolo, e guarda fin dove sono arrivato...

Non ki stancherò mai di ripeterlo: é un bell'impegno, soprattutto di questi tempi.

Però...sto continuando a divertirmi come non mai. E continua a regalarmi enormi soddisfazioni.

E vi assicuro che ce n'é ancora parecchia, di strada da fare.

Ora che lo finirò...ho idea che farà a tempo ad uscire ZOOTROPOLIS 2!!

E in tal proposito...per ora, almeno sul versante sequel, da parte della Disney tutto tace.

L'unica cosa che so é che é in lavorazione una serie animata (prevedibile. Anche se dovrebbero essere dei corti, più che dei veri e propri episodi. E saranno incentrati per lo più su personaggi secondari come Flash, Mr. Big, Fru Fru ed altri. Quindi, se tanto mi dà tanto, ho idea che di Judy e Nick non se ne vedrà neanche l'ombra) che arriverà sulla piattaforma streaming dedicata (di cui evito di dire il nome, per non fare pubblicità gratuita e fuori luogo).

Ma di film...nada de nada, almeno per ora.

Spero solo che non rovinino tutto con un sequel scialbo e non all'altezza.

Ogni tanto ci penso, sapete?

A cosa, direte voi.

Al fatto che dalla mia long, con un'opportuna sceneggiatura, potrebbe venire fuori una serie coi fiocchi.

Mah, cominciamo a finirla, prima di tutto. Poi, chissà...magari farò un salto da loro e gi busserò alla porta!!

Ma bando alle fantasticherie e veniamo al capitolo. Che si chiude con un momento choc, e con una rivelazione altrettanto choc. Se non addirittura di più.

Del resto, molti lo avevano già immaginato.

E' pur vero che é Nick il protagonista, e che pertanto toccherà a lui sbrogliare la matassa e salvare la situazione, nonché l'intera cittadina di cui é ormai onorato sceriffo a tutti gli effetti, dall grinfie di Carrington. Per poi...boh?

Tornare da Judy? Oppure rimanere lì e vivere insieme a Maggie?

Daaai, lo so bene che alla seconda ipotesi non ci crede nessuno!

Semplicemente non pare fattibile, la cosa. Anche se io, che sono l'autore, ci terrei tanto.

Perché per me Maggie é come una sorta di figlia. L'ho creata io, praticamente da zero.

Ma dicevamo...Nick é l'eroe, ma qui scopriamo una cosa molto interessante.

Dato che questa é la storia della promesse mancate, fatte e poi mai mantenute...qui ne arriva un'altra. E che razza di promessa, ragazzi.

Dunque...sarebbe il nostro tappo lo sfidante prescelto di Zed!

Eh, già. Tocca a Finnick sconfiggerlo, non a Nick.

Lo ha promesso al suo comandante, Cyrus. Che tra l'altro é pure padre del suo più acerrimo nemico.

Eh. Certo che si é beccato una bella rogna.

Ci credo che era sconvolto. Se poi aggiungiamo che lo credeva schiattato già da un bel pezzo...

In ogni caso, con questo episodio si conclude il flashback su Cyrus, Zed e Finnick.

A partire dal prossimo, come già preannunciato nelle note della puntata precedente, si torna in pieno presente.

C'é una battaglia imminente da combattere, e tocca organizzarsi.

Riguardo al trio che ho appena menzionato...secondo voi, a cosa mi sono ispirato?

Ok, ve lo dico.

In parte a IL RE LEONE.

Ovviamente, qualsiasi riferimento a Mufasa, Simba e Scar sono da considerarsi PURAMENTE VOLUTI E NIENT' AFFATTO CASUALI.

Cyrus é il saggio e possente Re (Mufasa), mentre sugli altri due...diciamo che ho un po' rimescolato le carte in tavole. E ribaltato i ruoli.

Zed dovrebbe essere il principe ereditario, ma di fatto é il pretendente al trono ambizioso ed invidioso (Scar), mentre il buon vecchio Finn...

Beh, ci credereste? E' lui l'erede designato, anche se non ne vuole proprio sapere.

Ma dite un po'...voi ce lo vedete, nei panni e nella pelliccia di SIMBA?

A ben pensarci, vedendo questi tre mi vengono in mentre anche l' Imperatore Marco Aurelio, suo figlio Commodo e il generale più valoroso tra le armate romane, ovvero...

MASSIMO DECIMO MERIDIO.

Sì. Il triangolo da cui ha origine il celeberimmo film di Ridley Scott, ovvero IL GLADIATORE.

Il vecchio sovrano dovrebbe abdicare e cedere il comando a suo figlio, che però é un incapace. E quindi vorrebbe adottare il generale Massimo come suo figlio, in modo da affidare l'impero in buone mani.

Ovviamente e come da copione finisce in un disastro. Tra duelli, scontri, delitti e vendette.

Sinceramente non apprezzo molto Ridley Scott. E' partito con due capolavori (ALIEN e BLADE RUNNER), ma da lì in poi ha vissuto prevalentemente di rendita. E spesso non imbroccandone più manco mezza.

Apprezzo (anzi, stravedo) molto di più suo fratello Tony (che riposi in pace, e che Dio l'abbia in gloria). Anche se spesso viene considerato il fratello scemo.

In realtà il fratello scemo é Ridley, a parer mio.

Una veloce carrellata ai titoli di Tony Scott, e vediamo subito chi é il migliore.

Pronti?

MIRIAM SI SVEGLIA A MEZZANOTTE, TOP GUN, BEVERLY HILLS COP 2, GIORNI DI TUONO, REVENGE, L' ULTIMO BOY – SCOUT (marò...un capolavoro), UNA VITA AL MASSIMO, ALLARME ROSSO, THE FAN – IL MITO, NEMICO PUBBLICO, SPY GAME, MAN ON FIRE (altra pietra miliare. Di fatto non esisterebbe questa storia, senza questo film), DEJA – VU: CORSA CONTRO IL TEMPO, PELHAM 123 – OSTAGGI IN METROPOLITANA e UNSTOPPABLE – FUORI CONTROLLO.

Scherzo, eh. Si fa per ridere.

E comunque, riconosco quando un film di Ridley mi é piaciuto.

IL GLADIATORE é uno di quelli. E pure BLACK RAIN – PIOGGIA SPORCA (altro film a cui devo ben più di un caffé, dal punto di vista della fonte di ispirazione).

Prima di chiudere, vi faccio un'ultima domanda.

Cosa ne pensate di Cyrus?

Ok. Ho già letto molti commenti, in proposito. Ma adesso avete un quadro più che completo, e potete farvi un'opinione come si deve.

Io lo trovo un personaggio a dir poco STREPITOSO. Uno dei migliori che abbia mai creato.

Giusto per citare un'altra recente opera a base di animali antropomorfi che sta attualmente spopolando, anche qui da noi...in quel mondo Cyrus sarebbe senza ombra di dubbio un BEASTAR.

Ma di categoria VALIANT, pure. Che é il massimo grado raggiungibile.

Ma anche Judy potrebbe esserlo, da come la vedo io.

Presumo che quell'onorificenza venga assegnata a chi riesce a distinguersi per imprese che superano le capacità che solitamente vengono attiribuite alla specie o alla razza di origine.

E la nostra Judy, pur essendo una coniglietta...ha già dimostrato di possedere doti non comuni. Ed in ben più di un'occasione.

Dentro...ha la forza ed il coraggio di una tigre.

E adesso passiamo al consueto angolo dei ringraziamenti.

Un grazie di cuore a Devilangel476, hera85, Sir Joseph Conrard e RyodaUshitoraIT per le recensioni all'ultimo capitolo.

Bene, credo di aver messo tutti.

E come sempre...un grazie di cuore anche a chiunque leggerà la mia storia e vorrà lasciare un parere.

Grazie ancora a tutti, e...il viaggio prosegue.

Continuamolo insieme!!

 

 

See ya!!

 

 

 

 

 

Roberto

 

 

 

   
 
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