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Autore: margheritanikolaevna    17/04/2021    7 recensioni
Ann Leary ha i capelli viola, un segreto e una missione da compiere. La sua missione include portare via con sè il Bambino e lei non si fermerà davanti a nulla pur di completarla.
Un nuovo amore, un nuovo nemico, un nuovo finale.
Questo racconto è dedicato alla mia amica meiousetsuna, fantastica autrice qui su efp, le cui bellissime storie mi hanno fatto tornare la voglia di scrivere qualcosa che mi facesse battere il cuore
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO SESTO
 
Gamgiar il Collezionista
 

Avanzava pesantemente con lunghi passi, lenti e cadenzati, nel corridoio del suo palazzo delle meraviglie.
La veste riccamente decorata con disegni raffinatissimi ondeggiava intorno al suo corpo massiccio, ma elegante, mentre camminava senza degnare di uno sguardo la moltitudine di straordinari tesori che aveva accumulato nel corso della sua lunghissima vita, esposti lungo le pareti del corridoio monumentale. 
Stava diventando irrequieto, di nuovo.
Lo sentiva chiaramente, quel fremito di insoddisfazione che lo induceva a vagare senza una meta su e giù per il suo vasto palazzo e che non trovava consolazione nemmeno nella contemplazione dei suoi tesori, oggetti meravigliosi che aveva raccolto viaggiando in lungo e in largo per la Galassia.
Oggetti e creature che un tempo lo avevano emozionato per la loro bellezza e che, invece, ora non suscitavano in lui più alcuna sensazione viva.
Si stava annoiando e la noia era il nemico più terribile per creature come lui, infinitamente vecchie e potenti.

ooOoo
 
Ann Leary saltò giù dalla fiancata sinistra della Razor Crest; in piedi sull’erba della radura, si passò una mano sulla fronte madida di sudore.
“Qui ho finito” disse, mentre il Mandaloriano si affacciava dal portellone principale.
“Allora?” domandò lui, sbrigativo.
“Diciamo che ho fatto il possibile” replicò lei “dovrebbe riuscire a volare senza grossi problemi fino a che non troverai un’officina”.
Poi indicò con un cenno del capo l’interno della nave.
“Invece com’è la situazione lì dentro?” gli chiese, le mani sui fianchi.
Se avesse potuto vedere la sua faccia, avrebbe capito la risposta dalla sua espressione di disappunto.
“Considerato quello che è successo, i danni non sono troppo gravi” rispose il cacciatore di taglie “Ma purtroppo l’iper-guida è andata: dovremo volare a velocità sub-luce finché non troverò qualcuno che la ripari”.
L’agente imperiale fece una smorfia.
“Questa non è una buona notizia” sbottò.
Accidenti, è una pessima notizia!
“Aiutami a sistemare l’altro motore” disse il cacciatore di taglie, col suo solito tono privo di emozioni “dopo di che dovremmo potercene andare da qui”.
Si diresse verso la fiancata destra dell’astronave, che giaceva inclinata su di un lato sull’erba verde dai delicati riflessi celesti.
Ann lo seguì guardandosi intorno: se la situazione fosse stata diversa e a parte la temperatura da sauna, avrebbe trovato quel pianeta davvero affascinante!
Poco distante dalla radura dove erano malamente atterrati si snodava un fiume dalle acque lente, quasi immobili, che si riversava in un’ampia laguna incredibilmente limpida, interrotta qua e là da banchi di sabbia su cui erano cresciuti alberi rigogliosi col tronco grosso quanto il corpo d'un uomo, che immergevano nelle acque le loro radici contorte.
Le rive apparivano coperte da boscaglie che dovevano essere foltissime, a giudicare dall’enorme quantità di tronchi che si slanciavano a grandi altezze, stendendo in tutte le direzioni foglie mostruosamente grandi, di un verde freddo che sfumava nel blu scuro.
Intorno non si vedeva nessuna traccia di presenza umana; volava invece di quando in quando un grosso uccello dal piumaggio vivace, che la ragazza non era in grado di riconoscere, e talora si avvertiva il guizzare di qualche animale – forse un pesce, forse qualche specie sconosciuta - particolarmente grosso tra le rocce del basso fondale.
Nell’aria calda, satura di profumi sconosciuti, ronzavano nugoli di insetti minuscoli che non esitavano a posarsi sui suoi capelli umidi e sul viso lucido di sudore.
Si riscosse con un sospiro.  
Il suo compagno di viaggio si era infilato quasi completamente sotto la nave, lo sentiva armeggiare con gli attrezzi emettendo a tratti qualche respiro affaticato.
Ann si sedette accanto a lui sull’erba, le gambe incrociate.
Aveva già lavorato ben oltre i suoi gusti e non avrebbe mosso ancora un dito per quell’uomo.
“Certo che fa un caldo micidiale!” sbuffò, passandosi le dita tra i capelli e sventolandosi la faccia con una mano.
“Ma come fai a resistere lì dentro?” gli domandò a un tratto “Io penso che mi sarei già liquefatta con tutto quel metallo addosso!”.
Inaspettatamente le rispose una specie di risatina.
Lui emerse, metallico e inespressivo, da sotto il ventre altrettanto metallico e inespressivo della sua astronave e la guardò.
“Immagino quindi che tu non sappia” disse in un tono leggermente derisorio “che le armature mandaloriane posseggono un sistema di regolazione della temperatura interna”
“Oh” fece lei “Davvero?”
“E - giusto per sapere - quanti gradi ci sono adesso lì dentro?”
Lui esitò un istante.
“Circa…tra i 20 e i 22 gradi” rispose. Ann era sicura che si stesse divertendo un mondo.
 “Woah!” la ragazza si lasciò cadere a terra, la schiena sull’erba. Poi si girò su di un fianco e lo guardò, puntellandosi sul gomito.
“Se rinasco giuro che prenderò seriamente in considerazione l’idea di diventare mandaloriana” ridacchiò.
Lui la fissò interdetto, ma non riprese il suo lavoro.
“Non offenderti” replicò “ma non penso proprio che saresti adatta a seguire il mio Credo”.
Ann seguitò a fissarlo nel posto dove presumeva si trovassero i suoi occhi.
“Hai ragione” disse di getto, dopo un istante “Non riuscirei mai a vivere come vivi tu…rinunciando a sentire il calore del sole o la freschezza del vento sulla pelle. Rinunciando alle carezze improvvise e spontanee di chi ti vuole bene, senza che chi ti sta di fronte sappia mai davvero cosa ti passa per la mente”.
Poi tacque per un momento, riflettendo.
“La vostra armatura vi protegge dal mondo, lo chiude fuori da voi…ma in fondo chiude anche voi fuori dal mondo”.
Lui la fissò in silenzio.
“Francamente non l’avevo mai vista in questo modo” disse dopo un secondo.
 
ooOoo
 
Grogu zampettò fino all’ingresso della nave e sporse la testolina fuori. Si guardò intorno e alla fine vide i due umani per terra, accanto alla fiancata della nave.
Stavano parlando e non si sarebbero accorti di niente.
Esitò un istante: il Mandaloriano gli aveva ripetuto più volte, con un tono che non ammetteva repliche, che non avrebbe dovuto allontanarsi dall’astronave per nessuna ragione al mondo.
E lui aveva obbedito, ma adesso si stava annoiando così tanto, tutto solo lì dentro! E poi faceva un caldo terribile e, come se non bastasse, iniziava ad avere fame.
Forse fuori avrebbe trovato qualcosa di interessante, qualcosa di gustoso da assaggiare.
A un tratto vide l’erba ondeggiare, un paio di metri davanti a lui, e subito dopo scorse una testolina blu screziata d’azzurro emergere dall’erba e spostare su di lui un unico occhio spalancato.
La creaturina lo fissò per una frazione di secondo e poi saltò via nell’erba con le sue lunghe zampe palmate.
Curioso, il piccolo scese più velocemente che poteva la rampa della Razor Crest, attraversò la radura e s’inoltrò nella foresta seguendo lo strano animale che aveva appena visto.  
 
ooOoo
 
Era il momento di andare di nuovo a caccia, decise il Collezionista.
Quel solo pensiero gli fece battere più veloce il cuore, mentre il colore della sua pelle traslucida virava dal verde-giallastro a un più acceso arancione.
La sola bellezza, la straordinarietà, non gli bastavano più: la conquista doveva essere accompagnata dal pericolo, altrimenti non sarebbe stata abbastanza gustosa da soddisfare la sua brama.  
La sua mente correva davanti a lui verso la stanza centrale, oscura e rotonda, dalla quale scrutava la Galassia in cerca di prede; sulla parete di fronte all’ingresso di quella che una volta doveva essere la sala del trono del re degli Hoka si apriva adesso uno schermo circolare opaco, mentre il lampeggiare insistente di una piccola luce rossa lo avvisava che
un’altra astronave era stata catturata dal suo dispositivo gravitazionale.
Con un imperioso gesto della mano poderosa, spense il meccanismo.
Una specie di immensa trappola per piccole, meravigliose creature sconosciute: chissà se stavolta la sorte gliene avrebbe portata qualcuna degna della sua attenzione, di solito si trattava di esseri talmente banali!
Invece lui desiderava lo straordinario, il rischio, la bellezza…ciò che faceva ancora battere il suo vecchio cuore.
Mentre si avvicinava alla parete, lo schermo cominciò a risplendere.  
Si udirono suoni confusi e apparvero ombre indistinte.
Poi, d’un tratto, Gamgiar il Collezionista spalancò il suo unico, enorme occhio senza sclera.
La sua pelle lucente, mentre si avvicinava allo schermo per vedere meglio, assunse un intenso riflesso rossastro.
Forse aveva trovato qualcosa di interessante.
Il Collezionista seguitò a fissare lo schermo luminoso di fronte a lui.
Il suo unico occhio era spalancato e luminoso e i suoi riflessi diventavano sempre più accesi mentre lo scrutavano.
Le ombre si mossero più in fretta e qualcosa iniziò a prendere una forma più definita. Poi si dissolsero lasciando il posto a un’immagine chiara, che finalmente placò la sua irrequietezza: era una creatura piccola, minuscola, di una specie che non aveva mai visto prima durante tutti i suoi numerosissimi viaggi.
Doveva essere incredibilmente rara.
Aveva grandi orecchie e profondi occhi scuri che spiccavano sulla pelle di un verde intenso.
Era strano. E… grazioso.
Ma, soprattutto, Gamgiar sentì che era potente. Potente in una maniera che non riusciva bene a comprendere.
Percepì che - nonostante potesse sembrare incredibile dato che era così piccolo - avrebbe resistito e lottato per vivere e questo lo eccitò.
Il suo occhio mandava scintille, la sua pelle si tinse di un intenso rosso scarlatto.
Fece un gesto verso i comandi accanto al monitor e sorrise.
 
ooOoo
 
“Quindi, fammi capire” domandò il Mandaloriano, avvicinandosi di più alla ragazza “pensi che noi siamo tutti individui patetici e tristi?”.
Più volte dalla loro partenza da Nevarro si era trovato a considerare che era una vera fortuna che l’elmo impedisse a chiunque di vedere la sua faccia, giacchè farlo in quei momenti sarebbe stato quasi come leggergli nel pensiero.
Di fronte a lei, solo sfiorandola, si era sentito come se improvvisamente ogni sua cellula si fosse risvegliata scoprendo desideri nuovi, inattesi e del tutto inopportuni.
Com’era possibile che stesse succedendo a uno come lui? Che fosse bastato così poco…
Aveva sperato che se l’avesse ignorata, se non le avesse rivolto la parola e neppure guardata sarebbe riuscito a rimanere lucido e concentrato. A mettere la parola fine a quella cosa, qualunque cosa fosse.
La verità era che quando la guardava i suoi occhi lo trascinavano dentro di lei, in mondi sconosciuti dove lui la seguiva come in sogno, come drogato; la sua carne era accesa, bruciava, e ogni movimento scatenava una fiamma.
Ann sorrise a quella strana domanda e si chinò verso di lui.
Poi scosse la testa, ormai vicinissima.
In silenzio, lentamente, fece scivolare le dita lungo il suo braccio fino a sfiorargli la mano.
“So che il tuo popolo ha sofferto terribilmente” rispose, la voce attraversata da un tremito che lui non poteva comprendere “e che adesso siete dispersi nella Galassia, senza una patria, guardati con ostilità e sospetto”.
Gli si avvicinò ancora un po’.
Socchiuse gli occhi, piegando le labbra in un sorrisetto ironico.
“Quindi non direi patetici…” proseguì, mentre avvicinava tra loro pollice e indice “direi un tantino repressi”.
Con un gesto repentino il cacciatore di taglie la rovesciò sull’erba, bloccandole le mani lungo i fianchi.
“Ah, è così?”.
“Assolutamente” ridacchiò lei “ad esempio non so se in questo momento desideri baciarmi o strangolarmi. O entrambe le cose”.
In quell’istante un suono alto e stridente, simile a un lamento acuto, li fece sobbalzare entrambi.
 
 
 
Cari lettori, stavolta nessuna nota in particolare, solo un grazie a chi continua a seguire questo racconto.
Ah, già, dimenticavo: la questione della termoregolazione dell’armatura l’ho letta in una fic scritta da una ragazza espertissima in cultura e civiltà mandaloriana, quindi ho pensato fosse un dettaglio vero o comunque verosimile. Senza dubbio comodo. 😉
Alla prossima!
  
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