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Autore: Lodd Fantasy Factory    20/04/2021    0 recensioni
Non ho tempo per le introduzioni. Devo raccontare questa storia, e voglio farlo il prima possibile. Prima che qualcosa mi possa fermare... prima che loro... sono dietro ogni angolo. Sono nella mia casa... cancelleranno tutto. Persino me...
Genere: Dark, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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20 Aprile 2021,

 

 

Devo ammetterlo, l’ultima volta vi ho lasciati volutamente col fiato sospeso, nonostante mi fossi premurato di affermare che non fosse una mia scelta. Non gioco con voi, amici miei. È stata una decisione ponderata, valutata su una strategia precisa. Avrete modo di comprendere lungo la narrazione di questo aggiornamento. Confesso che scrivere per così tanto tempo - ormai ci avviciniamo ai due mesi che sopportate le mie disavventure – ha contribuito a farmi rivalutare la scrittura e il mio modo di approcciarmi ad essa. Ho voluto divertirmi, in un certo qual modo.

Con il mio fare ho allarmato alcuni di voi, questo è vero. Tutto era però era necessario, e lo sarà ancora per un po’.

Capirete, non ho dubbi.

Niente più messaggi nascosti, anche perché sappiamo che altri potrebbero averne accesso. Mi baso sulla reciproca fiducia che vi è tra di noi. Credo possiate intuire di me molto più di quanto stia scrivendo. Giusto?

Di certo, sapere che scrivo, toglie un po’ di atmosfera a quel che sarà degli eventi che risalgono ormai a due giorni fa, non trovate? Ma le cose possono cambiare rapidamente, senza tregua… e se non fossi più io a scrivere questi aggiornamenti?

Forse vi sto confondendo…

 

Quella notte, anche chi non aveva mai avuto la sfortuna di navigare in acque torbide avrebbe potuto comprendere come ci si sente all’interno di una tempesta. L’acqua infuriava contro i vetri a ritmo incessante, con lampi, fulmini e tuoni da far accapponare la pelle. I pioppi all’esterno della villetta si era trasformati per una notte in creature informi, lamentose, pronte ad allungare le proprie nodose braccia vegetali verso gli uomini. Fortuna volle che nessuno, eccetto quella singolare coppia unita dal fato, fosse nelle loro vicinanze. Dentro la casa, tutto era al sicuro. O perlomeno, questo è ciò che i due avevano continuato a ripetersi segretamente tra loro, da quando il maltempo aveva colpito la zona.

(Lascio stare la narrativa, non ci sono particolarmente portato. Veniamo ai fatti.)

 

Anna aveva allungato le sue mani sul mio corpo.

L’alcol e le circostanze avrebbero di certo favorito una mia apertura nei suoi confronti, ma qualcosa mi aveva sin da subito convito a stare in guardia. Chiamatelo presentimento, sesto senso, o chiamatela fortuna. La presenza di Avorio, poi, confermò sin da subito i miei sospetti: stava per accadere qualcosa.

Il lampo che rese visibile il gatto, proprio dietro Anna, rivelò anche un dettaglio della donna che mi era sfuggito sin dal nostro primo incontro: una cicatrice alla base del collo, di quelle profonde, ben camuffata da un velo di trucco. La luce, però, rivela tutto, o quasi.

Provai dapprima l’istinto di allontanarmene, eppure mi convinsi a mantenere la calma. I miei occhi si sgranarono, senza dubbio, sia per il terrore di quel suono che proveniva da dietro la porta, sia per una situazione che rischiava di travolgermi.

“Ho fatto tutto il necessario”, risposi, concentrandomi sul suo sguardo. “L’Uomo Ombra. O L’ombra, chiunque o qualunque cosa essa sia. Quegli esseri avevano invaso il mio palazzo, reso pazzo il vicino. Avevano rapito dei bambini, e... avevano fatto scempio dei loro corpi. Sono l’unico ad averli visti. Le fiamme, bruciare tutto, mi è parsa l’unica soluzione plausibile. Se solo avessi parlato… sarei sembrato un folle.”

Lei mi guardò con straordinaria curiosità, senza allontanare quella mano. Avvertii di nuovo quel guaito, e grattare sulla porta. Mi chiesi come potesse non sentirlo anche lei, nonostante la musica. Mi chiesi anche del perché Avorio fosse proprio alle sue spalle.

“A cosa gli servivano i bambini? Come ti ha fatto sentire ciò?”

Era una domanda strana.

Mi fece pensare ad una sola persona che avrebbe fatto uso di termini simili, tuttavia cercai di scacciare via quella riflessione dalla mia mente. La risposta a quella domanda era ben oltre le mie conoscenze, malgrado ciò mi sentii incentivato a definire la mia opinione. Quale fosse il mio reale intento, credo sia ancora in dubbio. Impressionarla? Farle paura? Metterla alla prova?

“Mi sento colpevole. Un mostro… c’erano tante persone innocenti in quel palazzo. Ma ho dovuto. Stavo letteralmente impazzendo… potevo sentirli chiamare il mio nome, grattare le unghie sulle pareti. Ho visto con questi stessi occhi quelle creature fameliche! Non c’era niente di umano.” Mi accorsi di aver aggiunto un dettaglio che non aveva abbandonato le mie orecchie per tutto il tempo, e ancora quel grattare alla porta insisteva. “I bambini rapiti… Le anime, forse. Le anime dei più piccoli hanno un potere maggiore.”

(Avrei compreso questa mia affermazione solo più avanti, una volta letto il Diario di Philipp Lloyd. Avrete modo di conoscere anche voi questa parte della storia, a tempo debito)

“Mi hai fatto una domanda, questa mattina. Riguardava proprio le anime…”, contestualizzò Anna, facendo scivolare la sua mano sino al mio ginocchio. Si portò il calice alle labbra e prese un lungo sorso. Quell’intermezzo, reso orfano anche della musica, venne riempito dal frenetico graffiare sulla porta, da un guaito disperato, insieme ad uno strozzato; ci fu spazio anche per un respiro pesante, come di chi ha fatica nell’accogliere ossigeno nei propri polmoni. Mi ritornò alla mente l’immagine infuocata dell’essere che viveva nella casa dei vicini.

Lei, però, si atteggiò come se niente di strano stesse accadendo.

“Quasi tutte le religioni hanno a che fare con l’anima. Alcuni ritengono che essa venga tramandata di essere in essere; e che, una vita dopo l’altra, prosegua nel perpetuo esperire di realtà o emozioni. Altri, invece, sostengono che essa possa conferirci il dono dell’eterna luce o dell’infinita dannazione, come nel credo cattolico/cristiano” illustrò il suo ragionamento indicando alcune sculture relative a simili argomenti. “Io ho praticato molte arti, in passato. Ho parlato con gli spiriti per mezzo di sedute spiritiche; in Australia, ho danzato insieme agli indigeni per richiamare le antiche divinità; in Messico, ho bevuto la bevanda sacra e venerato il ritorno di Kukulkàn, il Serpente Piumato. In ognuna di queste realtà, c’è qualcosa che hai descritto…”

“La follia?” soggiunsi, infastidito. L’idea che lei stesse volutamente ignorando quel suono, ora costante, aveva cominciato a rendermi irrequieto. Avorio, invece, parve non battere ciglio. Era come ipnotizzato. Non so se questo racconto stia riuscendo a trasmettervi le mie medesime sensazioni, ma in quella circostanza avvertii come la presentimento che lei, Anna, stesse facendo tutto quel discorso con la consapevolezza di avermi in pugno. Dove sarei mai potuto scappare con quel tempo da lupi? Ero suo prigioniero!

Non è mai esistito un grande ingegno senza un po’ di follia, sosteneva Aristotele” disse con una flemma che mi fece gelare il sangue nelle vene. Come faceva la gente a ricordare citazioni simili, quando io a stento riesco a ricordarmi quel che mangio a colazione?

“La frase mi pare quantomeno inadeguata alla conversazione…” mi sentii in dovere di affermare. L’ennesimo tuono fece tremare le pareti, minacciando di far esplodere i vetri delle finestre.

“I bambini. Le anime giovani. Ruota tutto attorno al loro sacrificio.”

Fu in quel momento che mi tornò in mente l’espressione del Prof. Poegrim, riportata nei resoconti di Philipp Lloyd. Ci tenni a farlo presente: “Un sacrificio tende a liberare l’anima dal corpo materiale…”

“Il concetto di sacrificio è stato alterato nel corso dei secoli. Spesso, per sacrificio, s’intende un essere che si avvicina gradualmente ad una morte lenta, affinché tra il corpo fisico e quello spirituale – o anima – possa crearsi il giusto distacco per ghermire quest’ultimo. È così che i popoli primordiali, o le streghe, ritenevano di offrire un sacrificio: una morte lenta, atta al transito dell’anima.”

La sua spiegazione mi sorprese non poco. Era una questione che non conoscevo, e la quale mi disturbò nel profondo. Forse, dopotutto, la mia era stata davvero una grande azione. Tuttavia, il tono di Anna mi era parso strano.

“Come sai tutte queste cose?”

“Ho viaggiato. Ho studiato. Ho provato” disse con un certo trasporto, e la sua mano ricercò di nuovo il mio ginocchio. “Dell’altro vino?”

Lo rifiutai senza distogliere i miei occhi dai suoi.

“Perché hai provato cose simili?”

“Il destino.”

Rimasi impietrito dal suo tono che, all’improvviso, si era trasformato in un lamento. Gli occhi si velarono di una tristezza sconcertante, tanto che mi ritrovai a prenderle la mano tra le mie; era gelida. Lasciandomi sopraffare da un’empatia che non ritenevo di possedere, avrebbe potuto fare qualsiasi cosa di me, a quel punto.

L’ennesimo lampo mise di nuovo in mostra la cicatrice alla base del collo; il tuono che seguì arrivò a far vibrare il bicchiere che Anna teneva in mano. Quel lamento oltre la porta si fece più intenso. Avrei voluto porle una domanda riguardo quella sua ultima affermazione, ma la pioggia che cadeva più intesa che mai mi riportò alla mente il motivo per cui ero stato invitato a rimanere.

“Che ne è dei miei vestiti?” chiesi, approfittandone per slacciarmi da quel contatto che io stesso avevo incentivato.

Lei si concesse un altro sorso prima di rispondere:

“Ai primi nuvoloni, ho spostato tutto in cantina. È dove ho nascosto il quadro”, e nel dirlo guardò proprio in direzione di quella porta, quasi volesse sfidarmi a raggiungerla. In tutto quel tempo aveva ignorato la presenza di Avorio.

“Ho una domanda, Anna: davvero non senti questo rumore?”

Lei scrollò le spalle e fece un vago commento sulla pioggia, augurandosi che il fiume non straripasse troppo; l’ultima volta era stata una catastrofe, ci tenne a precisare. Quel grattare e quel guaire cessarono.

“Distinguere la realtà dall’illusione non è semplice. Certe cose esistono solo nella nostra testa” affermò con un certo trasporto, quasi avesse sperimentato in prima persona quella sensazione. “Hai il mio permesso di guardare il quadro.”

Alle mie orecchie suonò come un’ordine.

Mi alzai e, senza darle mai le spalle, cominciai ad avvicinarmi alla porta chiusa. I lampi proiettavano sinistre ombre in tutta la sala, trasformando quelle sculture in sinistre creature della notte. Per un breve istante fu come ritrovarsi nella casa del vicino, e temetti che presto i bambini avrebbero iniziato a cantare il mio nome.

Lo sguardo di Avorio si spostò per una frazione di secondo nella mia direzione, quasi ad ammonirmi, ma tornò subito sulla donna.

“Se fosse nella mia testa… non ne porterei i segni” mormorai a denti stretti, allungando la mano sulla maniglia. Era gelata, ma meno delle mani di Anna.

Impiegai meno di un secondo ad esercitare la pressione sufficiente ad aprirla, ma tutto si svolse con una lentezza irreale, forse imputabile al consumo esagerato di vino; quando lo scrocco della serratura rientrò nel suo asse, avvertì una notevole forza esercitarsi sulla porta.

Si spalancò verso di me dalla tetra oscurità della cantina…

 

 

Non ho più tempo…

Devo andare.

 

 

Aggiornerò,

 

 

Philipp Lloyd

   
 
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