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Autore: God_Eden_Imperial    21/04/2021    0 recensioni
Dal testo:
Intanto si malediceva per aver nuovamente permesso al suo cuore di seguire i suoi sentimenti...
“Sono…un tale disastro…”
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gilbert Nightray, Leo Baskerville, Lottie, Vincent Nightray
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“Ehi, guardate un po’ che cosa sono riuscita a trovare”
Esclamò Charlotte entrando nel salone principale della villa dei Baskerville, catturando l’attenzione del nuovo Glen e di Gilbert.
I due si voltarono verso la ragazza che sbatté sul tavolo una piccola scatola impolverata.
“Che roba sarebbe?”
Chiese Leo aprendola e estraendone un pacchetto composto da un mucchio di piccoli fogli tenuti assieme da un elastico malridotto.
“Sono le domande del gioco quattro minuti
Rispose Charlotte, entusiasta.
“Ne ho sentito parlare. Ma era più un esperimento, non lo definirei gioco”
La corresse Gilbert. Notando l’espressione confusa del suo nuovo padrone, aggiunse:
“Qualche anno fa alcuni scienziati hanno condotto un esperimento chiamato quattro minuti. Due persone si fanno cinquanta domande tra di loro e una volta terminate tutte le risposte devono guardarsi negli occhi per quattro minuti”
“Finiti questi minuti le due persone che hanno condotto l’esperimento si possono dire innamorate”
Terminò la ragazza posando le mani sulle spalle di Leo.
“Non le andrebbe di provare, Glen-sama?”
Il ragazzino le rivolse un’occhiata scettica, mettendosi a leggere qualche domanda.
“Suona interessante; purtroppo oggi non ho tempo da perdere dietro questo gioco. Potete divertirvi voi due. Fatemi sapere se funziona davvero o se è solo una delle solite sciocchezze sparate sul mercato per fare soldi”
Rispose infine Leo porgendo i fogli a Gilbert per poi lasciare la stanza.
“Il solito…”
Sospirò Gilbert notando poi l’espressione di Charlotte che lo stava fissando con un sorrisetto stampato in viso.
“Cosa…cosa c’è?”
“Glen-sama ci ha consigliato di condurre questo esperimento. Potresti provare con lui non credi?”
Gilbert sapeva bene a chi la ragazza si stesse riferendo e sospirò ancora.
“Non so se vorrà…e comunque sarebbe troppo assurdo farlo proprio con lui non credi?”
“Non dico di farlo per innamorarvi ovviamente, baka! Ma mi hai detto che non avete mai chiarito la faccenda della tragedia di Sablier perché lui non si sente ancora pronto. Non credi di poterne approfittare per farlo parlare? Ne avete bisogno e lui merita di sapere che ora va tutto bene, o almeno averne una rassicurazione”
Non aveva tutti i torni. Poteva tentare. Costringerlo a parlare sarebbe stato troppo e non se la sentiva. Dopotutto, era un argomento molto delicato e una ferita non del tutto chiusa. Certo, erano cambiate molte cose durante quei mesi, come il loro rapporto. Da quando Gilbert ricordava, avevano potuto riavvicinarsi e condividere momenti in cui nessuno dei due si sentiva a disagio o cose simili. L’argomento era stato comunque messo da parte e adesso si concentravano sul creare nuovi ricordi, più felici e spensierati rispetto agli ultimi quindici anni o quelli ancora più indietro.
Uno dei due finiva sempre per deviare il discorso. Gilbert lo faceva di meno. Ma Charlotte aveva ragione, non potevano continuare a rimandare come avevano fatto; era necessario mettere davvero un punto di fine.

“Scusa Gil, non ho ben capito che cosa vuoi fare”
Disse Vincent seduto sul divano in camera sua con Gilbert che posava i fogli delle cinquanta domande sul tavolino in vetro davanti a loro.
“Bene, è tutto pronto. Iniziamo”
“Iniziamo cosa?”
Chiese il biondo guardando suo fratello accomodarsi sul divano e afferrare il primo foglio.
“Prima domanda: se potessi invitare una persona qualunque nel mondo per una cena intima, chi sarebbe?”
Vincent lo guardava più confuso che mai ma dato che Gilbert non sembrava essere intenzionato a spiegargli la situazione, si arrese.
“Deve essere una persona viva o può essere anche morta?”
“Non lo specifica ma direi di restare sul viva per non farlo sembrare inquietante”
Vincent rise leggermente e, passandosi una mano tra i capelli, rispose quasi subito.
“Direi Leo”
La risposta sorprese Gilbert non poco dato che si aspettava che facesse il suo nome e non quello del loro nuovo padrone. Visto il tempo che trascorrevano insieme, però, avrebbe dovuto aspettarselo. Quei due avevano legato molto dopo la morte di Elliot.
“Come mai proprio lui?”
“Beh…si sente solo dopo la scomparsa del nostro fratellino adottivo. Si rinchiude sempre in biblioteca a leggere o a suonare il piano. Ha proprio bisogno di svagarsi un po’, non sei d’accordo?”
Lo era eccome. A volte il suo nuovo padrone lo preoccupava ma non si intrometteva, quello era il compito di Vincent.
“Tu invece chi inviteresti?”
Gilbert si mise a pensare dato che non poteva dire Oz o Alice.
“Direi te”
Stavolta fu il turno del più piccolo a restare sorpreso.
“Davvero?”
“Sì, insomma…da quando ho ricordato ci siamo avvicinati di più e una cena insieme tra fratelli non suona niente male, non credi? Soprattutto dopo tutto quello che abbiamo passato”
Gilbert sperò che dalla sua risposta il fratellino dicesse qualcosa che potesse condurli all’argomento in cui sperava. Invece Vincent prese il secondo foglio, leggendo la domanda, accantonando così la speranza del maggiore.
“Tocca a me. Vediamo…se potessi raccogliere i fiori di un giardino, quanti ne prenderesti? Qui aggiunge che dietro spiega il significato della scelta”
“Quanti fiori eh? Vediamo…direi che ne raccoglierei abbastanza da formare un grande mazzo. Tu invece? Ti piacciono i fiori, lo so”
“Soprattutto le rose. Io prenderei tutti i fiori del giardino. Nessuno escluso!”
“Davvero? Tutti, tutti?”
“Assolutamente tutti!”
Gilbert rise e prese il foglio quando Vincent gli chiese se volesse essere lui a rivelare il significato dietro tale domanda. La risposta lo spiazzò.
Il numero di fiori scelto rappresenta quanto amore si prova per l’altra persona.
Così diceva e Gilbert si immaginò un enorme carrozza strapiena di fiori che gli venivano buttati addosso, inondandolo dalla testa ai piedi.
Avvampò di colpo al pensiero e Vincent lo guardò curioso.
“Allora? Cosa dice?”
“Nu-nulla di che. Andiamo avanti”
Vincent lo guardò confuso; di nuovo non fece domande. L’amore che provava per lui ormai non era di certo un segreto per Gilbert e questo lo imbarazzava maggiormente.
Le domande erano semplici e anche veloci. Su alcune dovettero pensare bene alla risposta, per altre invece non fu necessario.
Come, per esempio: quale animale vorresti essere?
Oppure: quale persona che hai perduto vorresti far tornare in vita?
Domanda dopo domanda, Gilbert cercava sempre di far parlare Vincent, ma il più piccolo riusciva sempre a non affrontare l’argomento.
Probabilmente ancora non se la sentiva di parlarne. In fondo, come aveva detto Charlotte, era una ferita ancora abbastanza aperta.
Era inutile provarci ulteriormente.
Gilbert sospirò, arrendendosi e raccogliendo l’ultimo foglio con la cinquantesima domanda.
“L’ultima, finalmente”
“Spero sia un gran finale”
Commentò Vincent sorridendo e appoggiandosi meglio con la schiena contro il divano per stare più comodo.
“Se potessi cambiare qualcosa di te stesso, cosa cambieresti?”
Istintivamente Vincent si spazzolò una ciocca di capelli per coprire l’occhio destro, azione che non passò inosservata a Gilbert che si fece serio.
“Vuoi…rispondere prima tu?”
Chiese Vincent con tono nervoso, senza smettere di torturarsi i capelli e scostando il viso, sentendo un peso incombere sul suo cuore.
Se solo quell’occhio rosso non ci fosse mai stato! Molte volte aveva pensato di cavarselo così da non avere più problemi.
“Cosa cambierei…il mio carattere”
Rispose Gilbert e Vincent tornò a guardarlo.
“Perché? Sei così gentile-“
“E’ questo il problema”
Lo interruppe il più grande incrociando le braccia al petto.
“Spesso ho pensato di voler avere il tuo stesso carattere: forte, coraggioso e che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno. Insomma, anche nei momenti in cui ti mostravi gentile, davi comunque l’impressione di essere sempre sicuro di te stesso in tutto ciò che dicevi e nelle tue azioni”
Vincent era sorpreso. Tutti gli anni passati nel dolore lo avevano trasformato in una persona che si faceva scivolare i problemi addosso. Aveva deciso di mettere da parte i sentimenti, così che nessuno avrebbe più potuto ferirlo…beh, nessuno a parte Gilbert.
Il maggiore lo invidiava. Lui che si faceva sempre prendere in giro, che si imbarazzava anche per delle sciocchezze e che non era in grado di rispondere a tono.
“Forse dovrei tirare fuori più spesso il mio lato crudele”
“Non sono d’accordo”
Esclamò Vincent, interrompendolo e catturando la sua attenzione.
“Questo mondo è pieno di persone fredde, egoiste e crudeli. Io sono una di loro, non lo nego. E’ necessario che ci sia qualcuno come te. Non ci vedo nulla di male nell’essere debole e sciocco”
Quelle parole scaldarono il cuore di Gilbert che si fece sfuggire un sorriso, ma durò poco.
“Aspetta un attimo…non sono sciocco!”
“Ceeerto”
Rise Vincent e Gilbert mise il broncio, fingendosi offeso. Riprendendosi, il più piccolo spostò di nuovo il viso altrove. Ora toccava a lui rispondere.
“Vince…”
“Il mio naso”
“…eh?”
“Sì, il mio naso. E’ troppo all’insù”
“Abbiamo lo stesso naso, Vince”
Gilbert sospirò. Era ovvio che la risposta fosse diversa da quella che il fratellino avrebbe voluto dare davvero e dato che il gioco non prevedeva di dire per forza la verità, lasciò correre.
“Bene…domande finite. Adesso dobbiamo guardarci negli occhi per quattro minuti”
“Quattro minuti hai detto?”
Sussurrò Vincent. Gli ricordava qualcosa ma in quel momento non gli veniva in mente. Si limitò ad osservare Gilbert impostare la sveglia e si voltò a guardarlo.
“Gil…posso sapere che succede?”
“Guardami e basta”
Stavolta fu il più piccolo a farsi sfuggire un sospiro. Muovendosi leggermente, si posizionò in modo di trovarsi con il viso davanti quello del maggiore.
Si guardarono negli occhi e, per i primi secondi, entrambi dovevano mordersi le labbra per non scoppiare a ridere. Più volte dovettero reimpostare la sveglia e ricominciare.
“Dai, dobbiamo essere seri”
“Ma se sei tu quello che ride per primo, Gil”
“Dettagli. Riproviamo”
Disse prendendo un profondo respiro e tornando ad essere serio. Vincent sorrise divertito, guardandolo a sua volta.
Improvvisamente, nel bel mezzo del loro silenzio, qualcosa scattò.
“I tuoi occhi…”
“Mh?”
“Vorrei…avere gli occhi come i tuoi”
Sussurrò e Gilbert accennò un sorriso.
“Vince…i tuoi occhi sono bellissimi”
Rispose scostando le ciocche di capelli biondi che coprivano l’occhio destro. Vincent spostò subito il viso ma Gilbert gli prese il mento tra le dita, costringendolo a fissarlo nuovamente.
“Non devi voltarti. Guardami”
Il più piccolo arrossì e cercò di ignorare le farfalle nello stomaco.
“Se potessi…vorrei cambiare davvero i miei occhi”
“Lo so, Vince. Va tutto bene”
Sussurrò asciugandogli una lacrima che gli era sfuggita.
“Dovresti vantartene. Avere gli occhi eterocromatici è rarissimo. In questa città sei l’unico ad averli”
Peccato che non ci sia mai stata l’occasione giusta per vantarsene.
Pensò Vincent senza rispondere. Di nuovo deviò lo sguardo da quello di Gilbert che, ancora una volta, dovette costringerlo a guardarlo.
“Vince…dico davvero…va tutto bene”
Aggiunse con tono dolce e mostrandogli un sorriso gentile che fece accelerare il battito del più piccolo. Improvvisamente Vincent ricordò a cosa si riferissero quei quattro minuti. Si convinse di aver capito male le intenzioni di Gilbert.
Era questo il suo piano fin dall’inizio?
Si chiese nonostante la risposta fosse piuttosto ovvia. Si arrabbiò. Gilbert lo aveva costretto a rivivere il passato contro il suo volere. Quante volte gli aveva ripetuto di non volerne parlare?
Decise di lasciar stare. Non appena la sveglia avrebbe suonato, sarebbe scappato via da Gilbert così da non dover rispondere ad altre domande scomode.
Si mise a contare i secondi nella sua testa, interrompendosi nel ritrovarsi il viso del fratello più vicino al suo. Avvampò, non aspettandoselo.
“Gil…”
Sussurrò, rabbrividendo nel sentire la mano di Gilbert accarezzargli la guancia accaldata.
Qualcosa scattò ancora e le parole gli uscirono senza che potesse fare nulla per impedirlo.
“Io…ti amo”
Si morse il labbro inferiore dopo essersi accorto di quello che aveva appena detto mentre il suo corpo iniziava a fremere per l’agitazione.
Incredibile come il tempo rallenti proprio quando si vorrebbe che passasse il più velocemente possibile.
Suona!
Pensò rivolgendo una veloce occhiata alla sveglia ma Gilbert glielo impedì.
“Devi guardare me, Vince”
Il suo cuore non poteva resistere. Averlo così vicino lo stava facendo impazzire.
Suona!
Ripeté nella sua testa, senza accorgersi che Gilbert gli si era avvicinato maggiormente e che lui aveva fatto lo stesso.
Se ne rese conto solo quando i loro nasi si sfiorarono.
Non osava fiatare, restando immobile, sentendo le dita fredde del maggiore accarezzargli la guancia completamente rossa. Quel rossore gli invadeva il viso, le orecchie e il collo. Come se non bastasse iniziò a sentire il fiato venirgli meno e il calore aumentare
“Vince”
A quel sussurro, le sue mani si mossero da soli, afferrando gli orli della camicia di Gilbert che gli sfiorò le labbra. Anche lui era troppo preso dai suoi stessi pensieri per rendersi conto di cosa realmente stava accadendo.
Proprio nel momento esatto in cui le loro labbra stavano per toccarsi, la sveglia finalmente suonò, spezzando l’incantesimo che si era creato.
Sussultarono, allentandosi velocemente l’uno dall’altro e deviando subito lo sguardo.
Gilbert, dopo un istante di confusione, spense la sveglia.
“Ehm…io-”
“Vai”
Disse Vincent dandogli le spalle. Gilbert lo guardò sorpreso, nonostante non fosse la prima volta che lo cacciava. Anche molto tempo prima, quando lo aveva abbracciato, Vincent lo allontanò malamente, dicendogli, o meglio ordinandogli, di uscire immediatamente dalla sua camera.
“Vince-“
“Vattene!”
Gilbert trasalì. Senza aggiungere altro, si alzò dal divano, provocando il rumore delle molle e si diresse alla porta. Prima di uscire, gli lanciò un’occhiata, sentendosi in colpa.
Intanto il più piccolo si malediceva per aver nuovamente permesso al suo cuore di seguire i suoi sentimenti per il fratello.
“Sono…un tale disastro…”
   
 
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