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Autore: Brume    25/04/2021    4 recensioni
Si sono incontrati per caso, Ryo e Kaori, sei anni dopo la morte di Hideyuki; durante un brevissimo incontro in un bar riemergono ricordi dai Kaori fugge mentre lui vorrebbe capire: capire perchè anni prima è andata via, capire cosa è quella sensazione che prova pensando e stando insieme a lei, l' unica in grado di avergli dato un pò di pace. E' il seguito di "Una -quasi- favola natalizia".
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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RYO 

Stasera, dopo essere rientrati, Kaibara mi ha lasciato stranamente in pace. Nessuna riunione o altri impegni.                                                                   
Semplicemente, è sceso dalla macchina insieme al suo braccio destro, 
l’ uomo con lo sguardo da topo, per rintanarsi nelle proprie stanze e ciò può significare solo una cosa: si sta preparando ad agire e, come pensavo, non aspetterà molto anzi, credo che domani potrebbe già fare qualcosa e questo...sarebbe positivo per me.      

Io ho fatto lo stesso; in silenzio, sono tornato ai miei appartamenti. In silenzio e pensando a ciò che è accaduto oggi, camminando con le mani in tasca, entro. 

Faccio qualche passo, con lo sguardo ad una bottiglia di acqua e la mente verso di te.  

Kaori...  

Forse...                                                                                                                             
Potrei davvero realizzare la mia fuga.                                                                     
Potrei davvero tornare da te, se tutto va bene....sai, Kaori, quando ti ho vista, di sfuggita, per un attimo ho pensato di sognare... 

Sollevo le braccia che porto stese ai fianchi e le allungo, come se tu fossi vicino a me, per prenderti la mano e stringerti forte. Devo sembrare strano, in mezzo ad una stanza, muovermi come se tenessi tra le braccia un fantasma...ma non ce la faccio più a stare qui. .. A stare lontano da te. 

 Chissà come andrà a finire... 

Mi siedo, crollo sul pavimento, incurante di tutto.  

Mi faccio prendere dallo sconforto e per un attimo mi sembra tutto impossibile, fuori discussione; accarezzo la mia Python, guardo le armi intorno a me….dai, Ryoce la puoi fare borbotto tra me. 

Li dove sono, raccolgo le ginocchia dentro le mie braccia ed ascolto ogni mio muscolo, ogni fibra. Appoggio la mia fronte sulle ginocchia e sento le lacrime salire. 

 

Sto diventando pazzo.  

E’ la prova più dura che abbia mai affrontato. 

Lui è tuo padre, Ryo. La persona che ti ha cresciuto. 

Lui ha ammazzato molte persone, voleva ammazzare anche te. 
 

E’ un dialogo senza senso quello che sta affrontando la mia anima. 

E’ un uomo crudele. Però nei suoi occhi c’è qualcosa.... so che mi vuole bene. So che sta soffrendo. 

 

No, non va bene così. 

Balzo in piedi trattenendomi a stento dall’ urlare, sono stanco, vorrei prendermi a pugni... 

No, non devo perdere la testa. 

 

Cerco di riprendermi.                                                                                               
Braccia conserte e sguardo nel 
vuoto , cerco di eliminare tutto, intorno a me; non sono più qui, sono lontano, la dove mi hai cresciutopapà.  Non ho niente con me: sono solo  nella foresta e devo arrangiarmi.  

Devo calcolare la mia forza. 

Verificare il territorio, punti di forza e vie di fuga. 

Verificare le mie forze e le armi. 

Poi ci sei tu. Conosco tutto di te, apparentemente non hai punti deboli e non cedi nemmeno sotto tortura…ma so che se dovessi riuscire a dimostrare la tua infallibili, molte persone di abbandonerebbero. 

Cerco di entrare nella tua mente: è molto difficile, ma so che anche tu hai un punto debole, anche ti hai cedimenti.                                                                 
Essere troppo sicuri di 
sé  non paga. 

 

Poi , l idea. 

Non posso di certo mettermi a combattere contro di te: è fuori discussione a meno che ciò non  avvenga fuori da qui. Devo trovare il tuo punto debole e giocare d’ astuzia. 

Già. 

Ma il tuo punto debole...sono io. Lo so, l' ho sempre saputo. Sarò io la merce di scambio, la pedina, sarò io...ad ucciderti e mettere fine alle tue pazzie.

 

Vado da lui. 

Esco e attraverso il lungo corridoio sfilando davanti ai tuoi cani da guardia; sono tranquillo, fischietto. Ho le mani in tasca e le tolgo solamente per digitare il codice che mi porta nei tuoi appartamenti; anche il topo ha avuto la mia stessa idea ma sono più svelto e ti raggiungo io per primo. 

Quando le porte si aprono non ti vedo, ma ascoltando alcune risatine, capisco subito dove sei e mi dirigo verso la camera da letto.  

Eccoti: circondato da queste povere  ragazze che avrai raccolto in qualche nightclub promettendo loro  il mondo e ricoprendole di diamanti. Sei seduto in mezzo a loro e stai bevendo whisky. 

“…ehm…” . Fingo un colpo di tosse ma so che tu mi hai già visto, quindi attendo.ùLe facce intontito di queste donne mi fissano; tu fai un cenno e una per una sfilano davanti ai miei occhi coprendosi giusto con quegli straccetti che indossavano. 

 Mi fissi. 

“…come mai questa sorpresa?” Mi chiedi. Alzi il bicchiere e mi fai un cenno. 

“no grazie. Non sono passato per bere ma solo per dirti una cosa. Domani, quando andrai alla sede centrale del governo, sarò al tuo fianco"  dico. 

Mi osservi.  

“…tu dovrai stare da un'altra parte. Mi servi altrove" dici., sicuro, tornando con gli occhi al liquido ambrato nel bicchiere.  Io, tuttavia, sono deciso e muovo alcuni passi verso di te finchè ti raggiungo, appoggiando la mia mano sul tuo avambraccio.  

“…no, io voglio venire con te. So di essere una pedina importante, non puoi dirmi di no. Visto che ormai mi sono rassegnato alla situazione, tanto vale che tu mi dia almeno la possibilità di mettermi in azione” rispondo, guardandolo fisso negli occhi.  Lui sta zitto, non si fida, sta valutando pro e contro. Sento le rotelle del suo cervello che girano... 

Si alza.  

Indossa la vestaglia nera appoggiata accanto ma faccio in tempo a riconoscere le cicatrici che il suo corpo mi mostra; stringo i pugni, la mia mente è lucida e razionale.  

Kaibara cammina. Mi cammina intorno per un po', osservandomi; mi alza il mento, fissa i miei occhi. I suoi sono cerchiati e stanchi ma sempre, sempre molto vigili. 

“Sia” mi dici; indugi ancora una attimo, poi vai verso la sala ed io ti seguo. 

“Domani, alle 9. So per certo che mi aspettano, ma non credo così presto; l’infiltrato che ho trovato giusto poche ore fa, prima di morire ha cantato come un soprano alla sua prima opera, mentre lo torturavo”. 

Bastardo.  

Lo ha detto apposta per carpire la mia reazione, ci ha visti, ne sono certo. Non  faccio una piega. 

“E’ stato uno stupido ad accettare di infiltrarsi qui. Uno stupido o un suicida” rispondo. I nostri occhi, inchiodati gli uni in quelli dell’ altro, rimangono fissi ed io non batto ciglio. Del resto ho imparato  dal migliore. 

Mi guarda, Kaibara, e borbotta qualcosa tra sé. 

“Vai, ora.” mi dice “ domattina saprai tutto”. 

Torno nella mia stanza, non voglio fermarmi a pensare; sarebbe deleterio. 

Kaibara ha capito cosa ho intenzione di fare, ma non sa ne come ne quando; io, da parte mia, so che è un mezzo suicidio..ma è da mettere in conto anche questo. Si...Chissà se davvero ci riuscirò! mi chiedo richiudendo la porta alle mie spalle; slaccio la fondina , la appoggio sul tavolo; è tardi ma non posso permettermi di riposare più di tanto. Faccio qualche passo e vado a godermi la città, oltre i vetri della stanza; non riesco a stare fermo e preso mi trovo a coprire il perimetro dell’ intero appartamento.  

Fisso ogni particolare, ogni telecamera, ogni centimetro di questo luogo.  Forse è l’ ultima notte che passo qui.L’ ultima notte da solo, l’ ultima notte con mio padre prima che la sua faccia scompaia dalla terra, dal mondo. 

Domani ti ucciderò, padre mio dico muovendo appena le labbra verso la telecamera. 

 

Qualche ora dopo, ore 05.30 

 

Non ho dormito granchè, stanotte.                                                                             
Ho passato in rassegna tutte le armi, ho pensato a cosa fare. Non sapere quali sono i piani non mi sconvolge più di tanto perché alla fine ci sono abituato da sempre; io mi concentro su quello che riuscirò a fare.
 

Non lo nego: ho paura.                                                                                               
No, non ho paura di morire.                                                                                       
Ho paura di non riuscire e di perderti, Kaori, questa è la cosa peggiore: non la morte in sé, ma il fatto di non rivederti più e di darti un grandissimo dolore...ecco quale sarebbe la cosa peggiore.
 

Sono seduto sul letto. 

Ho già infilato la divisa, quella che Kaibara pretende ad ogni azione. 

Ho controllato l’ equipaggiamento almeno una cinquantina di volte, mi sono costruito piani di riserva che contemplano tutte le lettere dell’ alfabeto. Ora non mi resta che aspettare...aspettare: sembro un condannato. 

Finalmente, intorno alle 7, papà mi manda a chiamare. Nello stabile c’è agitazione e tutti, proprio tutti, sono al lavoro e si muovono svelti. 

Mi alzo e con passi lenti, dopo aver fatto l’ ennesimo controllo alle armi,  apro la porta, sospiro, esco.  

E’ ora. 

Cammino con passo marziale finchè non raggiungo mio padre, guardando per l’ ultima volta marmi e quadri preziosi; fisso una ad una le persone intorno a me, qualcuna la saluto anche.  

Molti di voi non ci saranno più, tra qualche ora penso tra me; altri finiranno nelle patrie galere.  

Un passo dopo l’ altro, mi avvicino. Sono arrivato. 

Seguo il solito percorso che conduce all’ ufficio e vedo, attraverso i vetri, Kaibara circondato dai suoi tirapiedi; è serafico e pare abbia dormito almeno dieci ore di fila ...ha una capacità di recupero che ancora mi stupisce. Poche ore ed è fresco come una rosa appena colta. 

Che paragone, Ryo...dico ridacchiando tra me. 

Alzo la mano, mi vede, la porta si apre; arrivo davanti a lui. 

“Eccoti, Ryo. Siediti. Ti spiegherò tutto” mi dice, indicandomi la poltrona in pelle scura, una delle tante. Come fosse una mattina qualsiasi, vedo davanti a lui una tazza i caffè ma subito i miei sensi sono richiamata altrove, da un rumore. Un lieve ticchettìo.  

“Indossala” mi dice, mostrando una scatola scura che tiene sul palmo della mano.Fisso la scatola e poi lui.  Un brivido corre lungo le dita della mano che vanno a raccogliere quell’ aggeggio. 

La osservo. 

“E’ una bomba” dico, freddo. Dovevo aspettarmeloLa tengo tra le mani, vedo che è collegata ad una sorta di bracciale d’ acciaio. La infilo al polso. Kaibara indugia con lo sguardo su di me. 

“Non credevi che l’ avrei fatto, eh?” gli dico, sorridendo. “ Questo ti basti per provare la mia fedeltà...” 

Mi sorride, scuote la testa. 

“Effettivamente....Ryo, mi dispiace...fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio.  Anche io ne indosso una: non è potente, ma se dovessi essere ferito, salterebbero in aria tutti nel raggio di 50 metri. Se dovessimo morire ci porteremo nella tomba anche chi c’è intorno a noi” dice, freddo come non mai. 

Abbassa lo sguardo per un secondo.  

Chissà che gli prende. 

 

“ A parte i convenevoli” dico , sdrammatizzando e con tono sprezzante, accendendo una sigaretta “ quale è il piano?”. 

Lui si alza, fa qualche passo. Va verso un tavolo poco distante e quando torna verso di me ha in mano una cartina. 

“Questa è la sede della NTC. E’ la società che riunisce sotto di sé tutte le agenzie commerciali giapponesi, ha un fatturato altissimo ma soprattutto è’ il maggior cartello al mondo per quanto riguarda le droghe sintetiche e non solo.”   

Osservo la cartina; sono segnati passaggi, uscite, nascondigli. 

D' accordo, cosa devo fare?” ti chiedo, diretto. Ti avvicini a me , posi le tue mani sulle mie spalle. 

“dobbiamo parlare con il loro capo, Hisashima. Convincerlo a darmi alcuni codici e mettermi a capo di tutto …in caso contrario, faremo saltare in aria lo stabile….naturalmente dopo che io e te saremo saliti su un elicottero… Se le cose dovessero andare male...beh, tira la cordicella”. 

Maledetto, mille volte maledetto. 

Deglutisco .  

Lui esce dalla stanza e lo seguo, passo dopo passo, tenendo il respiro sotto controllo. Fa già caldo ma no è per questo che  mi manca il fiato. Kaibara non se ne accorge e prosegue diritto finchè non saliamo sul tetto del grattacielo. 

Apro la porta d’acciaio e per un attimo credo di essere a casa mia...aprirò questa porta e scoprirò che ci sarai tu ad aspettarmi amore mio, tu ch mi dirai che questo è solo un incubo. 

Invece no. 

Apr, il sole è  sorto da poco e quasi mi da fastidio agli occhi . Infilo gli occhiali scuri, noto che  poco lontano da noi c’è il suo elicottero che raggiungiamo con pochi passi. Le sue guardie sono già a bordo.  

Un balzo e siamo sopra.  

 Infilo le cuffie.   

L' elicottero si alza. 

Come sei bella, Tokyo. Mi hai accolto come una madre, quella che non ho mai avuto.  Mi hai fatto sentire subito a casa. Ho amato fin da subito le tue strade affollate e questo strano dualismo dove le tue tradizioni millenarie si uniscono alla modernità. Mi hai amato fin da subito proteggendomi tra i tuoi vicoli e mi hai regalato persone, amici.                                                        
Aiutami anche questa volta….
 

 

Nel giro di poco, siamo sul nostro obiettivo e l' elicottero scende.           
Guardo Kaibara, fermo e risoluto; anche lui mi sta osservando oltre le sue lenti scure.
 

“sei sempre convinto?” Mi chiede , voltando il capo giusto una frazione di secondo  prima di scendere.  Un mio cenno, un assenso. 

Sbrighiamoci, voglio che tutto questo finisca !!! 

Sono impaziente e non ho intenzione di indugiare oltre; saltiamo e...appena tocchiamo terra…scoppia il finimondo: ci sono cecchini ovunque ed in men che non si dica mi ritrovo addosso una pioggia di proiettili. 

“Accidenti!” urlo mentre cerco di nascondermi ma soprattutto di non farmi colpire quel fantastico braccialetto al tritolo . Vedo le nostre  guardie correre a destra e manca e Kaibara infilarsi in una porticina poco distante dal punto in cui siamo atterrati. 

Ryo! Qui!” urla. Lo raggiungo. 

“...maledizione, ma che succede?” chiedo appoggiando le spalle al muro e guardandomi intorno con la Python tra le mani.  

Ho il fiatone. I capelli negli occhi. Il sudore ovunque. 

“...a quanto pare qualcun’ altro dei nostri ha parlato ma non preoccuparti, lo avevo calcolato”. La sua voce è atona e i suoi occhi sembrano lame taglienti ma...è come se non glie ne importasse nulla. 

Non sei cambiato affatto.  

Ci muoviamo piano. Spalla contro spalla, scendiamo le scale e ci infiliamo in un dedalo di uffici all' ultimo piano, dove si trova il quarter generale della società. I tuoi sono già arrivati, perché non c’è nessuno ...di vivo. Solo fantocci che una volta erano persone , ed ora? 

 Una corsa, armi alle mani, raggiungiamo una porta scura.Un calcio e la porta viene stesa. Ancora in gamba, il vecchio! dico tra me.

 

 

Il rumore di una pistola che viene caricata, fisso la mano che la trattiene poi risalgo piano verso il viso di quella persona ed il mio sangue si gela. 

Due occhi azzurri mi fissano, sorpresi, tra ciuffi di capelli biondi. 

 

No, maledizione! Quello è Mick!  

   
 
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