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Autore: Alphisia    25/04/2021    0 recensioni
Near è arrivato in Giappone per indagare sul caso Kira e trovare le prove per incastrare Light Yagami. Lo chiama subito per offrirgli la sua collaborazione e dargli una sorprendente rivelazione: gli darà tutto l'aiuto necessario per assicurare Kira alla giustizia, ma, soprattutto, vendicare suo padre.
Ecco la tormentata storia d'amore tra Elle quindicenne e Jane, una ragazza che lavora in una pasticceria. Secondo voi, come potrebbe mai si potrebbero conoscere? ;)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Mello, Near, Nuovo personaggio, Watari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Wammy’s House, 16.30 di sabato 29 ottobre 1994

Le campane segnano le quattro e mezza. Diversamente dal solito, il cortile è vuoto e silenzioso. Con questo diluvio, infatti, i bambini non si sono azzardati ad uscire dalla porta. Neanche Jane però è apparsa dal cancello. Ormai è passata mezz’ora da quando arrivava e io sono zuppo. Sapevo che le possibilità che venisse non erano molte, ma ho sacrificato volontariamente la mia ora di scacchi del pomeriggio per attenderla. 
Sospiro. 
Ci ho sperato, per una volta. 
-Elle. 
La voce roca di Quillsh. 
Se ne sta in piedi, alla fine dalle scale, con un ombrello nero e il suo impermeabile. 
-Vieni dentro. Ti prenderai un brutto raffreddore se stai ancora sotto l’acqua. 
Tanto ormai non verrà più, mi sembra evidente. 
Niente frittelle oggi. 
Annuisco e mi infilo sotto l’ombrello. 
-Ti devo parlare, saliamo nel mio studio. 
Mi è sembrato parecchio strano in questi giorni. Sempre distante e freddo. Quando il pomeriggio rientravo, era sempre lì a fissarmi dall’alto della scala nella grande sala d’ingresso. Di sicuro è per Jane. Rimango in silenzio finché non si siede davanti a me. Quindi per un bel po’ di tempo. 
La strada dall’ingresso al suo ufficio è lunga, attraversa molti corridoi e sale diverse scale. Il tutto camminando in un ambiente simile a quello dei più prestigiosi college. Quillsh non ha badato a spese e ha preso l’edificio più importante di Winchester per adibirlo a luogo di accoglienza per orfani, me compreso. 
Fruga in un armadio alla sinistra della scrivania e mi lancia un asciugamano. 
Appena si siede, inizio io a parlare per primo. 
-È per quella ragazza? 
Punta i gomiti sui braccioli della sua comoda sedia e intreccia le dita. 
-Non pensavo sarebbe mai arrivato questo momento, ma è ora che ti faccia un certo discorso. 
Alzo gli occhi mentre mi strofino i capelli bagnati. 
-Non credo mi debba spiegare niente sul sesso. 
-Oh no. Il sesso è una delle cose che meno mi preoccupano per un giovane come te.
Lo devo prendere come un complimento?
-E poi di quello avete già avuto abbastanza lezioni e incontri. Voglio farti capire che devi stare attento alle persone che scegli di avere vicino, a cui scegli di legarti. Qui dentro siete tutti uguali, vi conoscete tutti, ma chi viene da fuori non sa le vostre potenzialità o, forse, potrebbero sfruttarle contro il vostro volere. 
-Mi sembra che stia correndo troppo, signor Wammy. Non avevo mai visto quella ragazza prima di tre giorni fa. Non ho alcuna intenzione di...
-Sei una persona speciale, con un grande futuro, ma devi stare attento alle persone attorno a te, che potrebbero influenzarlo. 
Sbuffo. Mi piace dare una mano ogni tanto alla polizia per qualche caso più complesso e raffinato, ma a volte preferirei farmi i cavoli miei. Quillsh insiste perché lo faccia, così che possa continuare a costruirmi la mia reputazione e anche a rendermi presto economicamente indipendente. Ma io sto bene qui. 
-È stata lei ad avvicinarmi, non il contrario. Io le ho solo educatamente risposto, come mi ha insegnato a fare lei. E poi mi sta simpatica. 
-Simpatica? 
-Sì, per una volta qualcuno vuole parlarmi solo per il gusto di fare quattro chiacchiere, non perché sono intelligente o vuole carpire qualche mio segreto. 
-Dubito che qui non ci sia nessuno che ti apprezzi per quello che sei davvero. 
-Finora non ne ho trovati. 
-Va bene, ma comunque stai attento. Relazionarsi in maniera stretta con un’altra persona può essere molto difficile e faticoso. Può portarti via molte energie preziose. 
-Signor Wammy, l’essere introverso non significa che io non abbia conoscenza o non abbia sperimentato, anche in maniera superficiale, una relazione amorosa. 
Si alza, fa il giro della scrivania e si siede sul bordo, scostando alcuni fogli appoggiati su una cartelletta. 
-Fai attenzione. Sei cresciuto così tanto in poco tempo. Mi sembra ieri che ti ho portato per mano qui. Hai già quindici anni, sarai in grado di affrontare ciò che le tue scelte ti riserveranno. Ma ti prego di fare attenzione. 
Mi alzo dalla sedia e annuisco. Appoggio l’asciugamano sulla scrivania e mi congedo. 
Non credo si sia bevuto il fatto che abbia già avuto una ragazza per più di una settimana l’anno scorso, ma almeno mi sono liberato. 

 
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Wammy’s House, 16.20 di lunedì 31 ottobre 1994

Finalmente Jane si rivolge a me dopo aver sfamato tutti gli altri bambini. 
-Potevi dirmi che oggi era il tuo compleanno! Ti avrei potuto preparare qualcosa di nuovo. Non ne hai abbastanza di queste frittelle? 
Scuoto la testa e prendo il primo morso. 
Come faccio a stancarmene? 
Anche se di solito, dopo aver mangiato dolci, la mia mente lavora più velocemente, non succede dopo questa merenda pomeridiana. Forse è sì dolce, ma non così come sembra. Non abbastanza perché la mia attenzione non si spezzi ogni cinque minuti. 
Jane si dirige verso la nostra panchina, ma la trattengo per il braccio. 
-No, aspetta. Ti va di fare un giro nel giardino oggi? 
Almeno saremo al riparo dagli occhi di Quillsh. 
Guarda le fronde ingiallite degli alberi davanti a noi e annuisce. Entriamo insieme nel sentiero in ombra, dalle stradine ai lati appaiono e scompaiono i bambini, come fatine di un luogo magico. 
-Cosa avresti potuto farmi? 
Jane mastica in silenzio e riflette un po’.
-Magari qualche muffin, al cioccolato o alla vaniglia. Quale preferisci?
-Io adoro il cioccolato. 
Sarebbe stato perfetto, peccato non averglielo detto. 
-Anche io lo adoro. Te ne posso portare uno domani. 
-Lo faresti davvero? Ma non sarà più il mio compleanno. 
-Prendilo con un regalo in ritardo. 
Un regalo? 
Mi fermo nel mezzo del sentiero, ma lei avanza da sola. La giacca corta di un verde scuro, lo stesso colore della gonna, non le terrà abbastanza caldo. La gonna e le gambe coperte solo dai calzettoni neri, lunghi fino al ginocchio, non la aiuteranno. L’unico rimedio contro il freddo è la sciarpa gialla di lana che le avvolge il collo e i suoi capelli rossi, lunghi fino alle spalle. Si volta a cercarmi appena non mi vede più al suo fianco. 
-Perché mi faresti un regalo? Non mi conosci neanche. 
Alza le spalle. 
-Quante domande. È solo un gesto carino. 
Perché un tale dispendio di energie per uno sconosciuto? 
Sarebbe il primo regalo sincero che ricevo. Neanche Quillsh me ne ha mai fatto uno. E le sue invenzioni non contano.
Riprende a camminare e io la raggiungo subito. Non mi guarda e non sorride più. 
-Lo apprezzerei molto. 
Nessuna risposta. 
-Te ne sarei molto grato, Jane. 
Finalmente un’occhiata. 
-Va bene, te ne porterò uno. Spero che venga bene, ne ho fatti pochi finora.  
-Mi presterò come cavia. 
-Sai, non ho potuto sperimentare molto. Quest’anno, dopo il lavoro, devo correre a casa a studiare. Ho gli esami e non posso farmi bocciare. 
-Vuoi che ti dia una mano?
-Ma hai quindici anni, non conosci mica le cose che sto facendo io. 
-In realtà, sto preparando alcuni esami dell’università. 
Jane si ferma e mi fissa con gli occhioni verdi spalancati. L’ultimo pezzo del dolce rimane tra le sue dita. 
-Gli esami dell’università?
Alzo le spalle. 
-Sì, i programmi del liceo mi annoiavano. 
Rimane ancora in silenzio. 
-A dire la verità, anche quelli degli anni precedenti mi annoiavano, così mi sono portato sempre avanti. 
-Allora spero tanto che tu sia bravo in filosofia perché non ci capisco niente. 
-Non è tra le materie in cui eccello, ma mi piace e ho già superato alcuni esami della facoltà universitaria. 
Ora sorride, si creano due fossette sulle guance arrossate dal freddo. Non posso non sorriderle anche io. 
-Che c’è? 
-Sapevo che eri un tipo speciale. 
Me lo dicono tutti, ma sentirlo da lei, non so perché, ha un valore diverso. Non è il solito complimento, le solite piaggerie per entrare nelle mie grazie o per indicarmi come diverso. E il petto mi si scalda. 
Continuiamo a camminare per qualche istante, entrambi in silenzio. Faccio fatica a tenere lo sguardo davanti, la vorrei guardare in viso, vorrei rivedere di nuovo quel sorriso così sincero, ma mi limito a guardarle le scarpe di vernice che si sporcano nella polvere del sentiero. 
-Senti, ma voi potete uscire da qui? 
-Sì, dobbiamo avere un permesso, ma posso ottenerlo facilmente. 
-Ti andrebbe di fare un giro in città domani? 
Annuisco mentre finisco l’ultimo pezzettino. 
-Dove vorresti andare? 
-Non lo so, ma possiamo andare a prendere una cioccolata calda. 
È un invito perfetto questo. Come posso rifiutare? 
------------
Ore 18.00 

-Scusi, signor Wammy, perché non può concedermelo? Ho fatto qualcosa che mi impedisce di avere il permesso di uscire? 
Quillsh dietro la scrivania è appoggiato allo schienale della sedia. 
-Non sono tenuto a spiegarti perché, ma sono sicuro che ci sei già arrivato. 
Sbuffo. 
-Sì, è per lei. Mi ha chiesto di aiutarla con filosofia. Quest’anno ha gli esami e…
-È anche più grande di te?
-Sì, ha diciassette anni. 
Mi fa sobbalzare sbattendo un pugno sul tavolo. 
-Stai attento, Elle. Stai molto attento. 
-Sono uno dei ragazzi più intelligenti di Inghilterra… 
-Il quoziente intellettivo non misura la furbizia e tu sei solo un quindicenne fresco fresco, cresciuto in un luogo protetto da tutto e da tutti. 
Il giudizio di Quillsh è offuscato dalla volontà di proteggermi. Da chi poi, da una ragazza che distribuisce frittelle? 
-Signor Wammy, lo sa che non servirà a niente impedirmi di andare? 
Si alza in piedi d’improvviso per guardarmi negli occhi. Ormai sono quasi della sua stessa altezza. 
-Metterò alla prova la tua responsabilità o non la vedrai più neanche qui dentro a distribuire dolciumi. 
Perché dovrebbe farlo? È così pericolosa per me? È così pericoloso avere piacere a spendere del tempo con una persona? 
Inghiotto il rospo e annuisco. Esco dalla stanza con le mani in tasca. 
Domani non mi devo far vedere mentre vado da Jane. 
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Wammy’s House, 16.30 di martedì 1° novembre 1994

Mi guardo intorno in questo angolo del giardino. I grandi pini scuri mi proteggeranno dagli occhi che mi tengono sotto controllo da qualche giorno. Mi tolgo la giacca blu e il maglione bianco per appoggiarli per terra, fuori dal cancello. Mezzo nudo e infreddolito, riesco a passare tra le sbarre, leggermente aperte da qualche altro fuggitivo prima di me. Tutti all’orfanotrofio conoscono questo passaggio, ma non ne avevo mai avuto bisogno prima. 
È fin troppo facile. Di sicuro Quillsh mi starà già cercando. 
Mi infilo di nuovo il maglione e il cappotto e mi sistemo la sciarpa verde. Cammino con le mani in tasca fino all’angolo del giardino, dove ho detto a Jane di aspettarmi. 
Eccola, appoggiata alla sua bici con le braccia conserte. È girata dall’altra parte, vedo solo i suoi capelli rossi, imbrigliati nella sciarpa. Appena si volta e si accorge di me, mi saluta con il braccio in alto. 
-Perché non sei uscito dalla porta principale? 
Alzo le spalle. 
-Non mi hanno dato il permesso. 
-Come mai? 
-Non lo so, ma, come vedi, me lo sono preso lo stesso. 
Prende la bici per il manubrio e cominciamo a camminare. 
-Sei sicuro di volere anche la cioccolata oggi? Ti sei mangiato anche il mio muffin prima. 
-Non potevo rifiutare un regalo. 
Sorride. 
-Allora vieni, la pasticceria è poco lontano da qui. 
Ci incamminiamo per la strada di fianco all’orfanotrofio, pieno di persone e di negozi nel pieno dell’attività. Infilo il naso nella sciarpa e le mani ancora più a fondo nelle tasche del cappotto per il vento freddo che prende forza nel viale dritto. 
Prima di girare un angolo, però, vedo sul lato di fronte la galleria in cui di solito faccio un salto di sabato. Ci sarei voluto andare settimana scorsa, ma pioveva troppo. 
-Aspetta - trattengo Jane per un braccio e faccio un cenno alle vetrine con i quadri esposti - ti va di entrare a fare un giro? 
Jane non risponde subito, anzi, chiude la bocca e ci riflette un po’. Poi si guarda fino ai piedi. 
-Ma posso entrare con la divisa?
-Non si faranno problemi. 
Attraversiamo di corsa la strada, mentre il semaforo è già giallo. Jane appoggia la bici al muro e suono il campanello della galleria. La signora Van Dogen alza la testa dalla sua scrivania, mi vede e viene ad aprirmi sorridente. 
-Buonasera signor Mitchel, entri pure. Oh, è in compagnia. 
-Buonasera signora Van Dogen. 
Chiude la porta e ci accoglie con il suo completo nero nel negozio luminoso e con le pareti bianche macchiate del colore dei quadri. 
-È da un po’ che non ci veniva a trovare. Buonasera anche a lei - saluta gentilmente anche Jane. Si guarda attorno con le mani unite all’altezza della vita e il naso dentro la sciarpa, come se facesse più freddo che fuori. Non credo sia molto a suo agio qui.
-Signora Van Dogen, c’è qualcosa di nuovo? 
Si ferma a riflettere. 
-Penso proprio che ci sia qualcosa che non ha visto l’ultima volta. 
Si incammina in uno dei corridoi e la seguo. Dopo qualche passo mi accorgo che Jane non c’è. È rimasta impalata a guardare le opere appese attorno a lei. Penso che non voglia proprio muoversi. 
-Vieni - le sussurro con un gesto della mano. 
Si ridesta dal suo imbarazzo e si incammina dietro di me. La signora Van Dogen accende la luce di una saletta senza opere appese, ma statuine nere e filiformi appoggiate ognuna sul proprio piedistallo. 
-Queste sono le nuove sculture di Adriano Dutra, uno scultore brasiliano molto giovane, ma dal grande talento, che sintetizza la sua cultura e quella dei suoi nonni, immigrati africani. Ci sono arrivate due settimane fa, ma molti clienti si sono mostrati interessati. 
-Grazie per l’informazione, ma oggi non credo che comprerò nulla per il signor Wammy. Sono qui solo per dare un’occhiata insieme alla mia amica, che era molto curiosa di vedere ciò che avevate. 
-Oh bene, è figlia di collezionisti d’arte? - chiede direttamente a lei, che però rimane pietrificata da un tale appellativo. 
-No, è solo interessata a ciò che avete qui. Le ho parlato molto di voi. 
La signora Van Dogen finalmente perde la smania di vendere e si quieta. 
-Allora vi lascio guardare. Se vuole altre informazioni - si rivolge direttamente a Jane - sono di là. Ho molte altre opere da potervi mostrare. 
La ringraziamo e ci lascia soli. 
Fisso l’opera davanti a me, alta circa quaranta centimetri, che dovrebbe raffigurare due persone, una sulle gambe dell’altra, in un dolce abbraccio. L’ennesima vuota imitazione dell’arte africana fatta da un pronipote che il continente dei suoi nonni l’ha visto solo nei documentari della BBC. La signora Van Dogen dovrebbe cominciare a scegliere più attentamente i suoi artisti, altrimenti potrebbe finire presto in un circuito secondario di gallerie che frequentano i collezionisti che vogliono solo arricchirsi rivendendo le opere, ma che non capiscono niente di arte. 
Mi volto e vedo Jane che si guarda ancora in giro. 
-Ti piace? - le domando a bassa voce, così che la proprietaria non riesca a sentirmi dall’ingresso. 
Sorride e si avvicina, ma si stringe nelle spalle. 
-Purtroppo non ci capisco molto di queste cose. 
-Non c’è bisogno di capire. Guardala e dimmi se ti piace. 
Storce il labbro. 
-Dovrebbero essere due persone che si abbracciano, no? 
-Dovrebbero
-Sono carine, ma sono così esili, scheletriche, come se mancasse qualcosa. 
-Sì, anche secondo me manca qualcosa. 
-Che cosa? - chiede, forse stupita di trovarmi d’accordo. 
-Una scintilla di vita, indispensabile per creare una vera opera d’arte. 
Jane guarda di nuovo le orribili statuine. Prima inclina la testa di lato e poi si abbassa per esaminarla più da vicino. Ha avuto un’ottima intuizione, si è accorta subito che questo tizio è un artigiano che potrebbe fare solo soprammobili per i grandi magazzini. 
Si raddrizza e si regge il mento con due dita. Sta per aggiungere qualcos’altro, ma mi sporgo verso di lei per darle un bacio sulla guancia morbida. Mi guarda sorpresa e sorride. Si tocca proprio dove ho posato le labbra. Abbassa lo sguardo e torna alla presunta opera d’arte per poi prendere la mia mano. 
Non immaginavo di poter fissare un oggetto tanto brutto per così tanto tempo. 

 

[Appunto dell'autrice
Nonostante dal manga o dall'anima possa sembrare che Elle sia una persona che raramente esce di casa, c'è un fumetto dedicato a lui che racconta invece che tra le sue attività preferite erano andare nei parchi giochi, al cinema e visitare mostre d'arte. Non che mi sorprenda che Elle possa essere sensibile all'arte, quanto che fosse una delle cose che aveva piacere di fare. Ho deciso di inserire qui il primo timido bacetto per la gentile Jane, per cui Elle sfida anche le limitazioni del signor Wammy. A lui, evidentemente, la ragazza non piace per niente. 
All'inizio, un piccolo riferimento alla scena più straziante della serie: le campane sotto la pioggia :( 
Fatemi sapere cosa ne pensate :) Sarò molto felice di leggervi]
   
 
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