Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: Josy_98    28/04/2021    0 recensioni
Prima di incontrarsi con la compagnia dei nani alla casa dello hobbit, Gandalf fece visita a una vecchia amica chiedendole di mantenere una promessa fatta tanti anni prima. Quella giovane, che così giovane non è, si troverà così costretta a partecipare a un viaggio corrispondente a un doloroso e continuo tuffo nel passato, in mezzo a ricordi che l'intera Terra di Mezzo ha dimenticato. Per non parlare della verità celata dietro alla sua natura: la sua parte di elfo, razza disprezzata da Thorin e i nani, non è la peggiore. Una realtà molto più oscura, infatti, la segue come un'ombra che non si è ancora rivelata.
Estratto dal primo capitolo:
"Perchè lo fai?"
Lei si voltò verso di lui. "Non è ovvio?" chiese. Al silenzio del nano sospirò. "Conoscevo tuo padre, e conoscevo tuo nonno. Erano entrambi miei amici. Ho fatto loro una promessa e intendo mantenerla." disse.
"C'è qualcos'altro." ribattè lui. "Qualcosa che non mi hai detto."
"Sono tante le cose che non ti ho detto." rispose.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Compagnia di Thorin Scudodiquercia, Gandalf, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Thranduil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




3. Un breve riposo
 
Il sentiero si diramava attraverso pareti di roccia molto più alte di loro, dalla cui cima arrivava la luce; era talmente stretto che dovevano stare in fila indiana e alcuni di loro faticavano a passare comunque. A un certo punto furono perfino costretti a spingere Bombur perchè si era incastrato.
Quando finalmente raggiunsero il fondo si ritrovarono di fronte a un'enorme valle nascosta tra le montagne e piena di alberi, con diverse cascate che scendevano dai fianchi delle pareti rocciose e una città elfica al centro. I nani si fermarono ad ammirare quella meraviglia sul ciglio dello strapiombo su cui li aveva condotti il sentiero, e da cui si scendeva tramite un altro viottolo che fiancheggiava la parete.
«La Valle di Imladris!» disse Gandalf affiancandoli. Lumbar si appoggiò alla pietra alle loro spalle cercando di non farsi notare, ma fortunatamente gli altri erano troppo concentrati sul panorama davanti a loro per badare a cosa gli accadeva dietro la schiena; la ragazza cominciava a faticare a stare in piedi, stava perdendo decisamente troppo sangue. «Nella lingua corrente è nota con un altro nome.»
«Granburrone.» completò lo hobbit.
«Qui si trova l'ultima Casa Accogliente a Est del mare.» spiegò loro lo stregone.
«Era il tuo piano, sicuro.» disse Thorin arrabbiato, fermandoglisi di fronte. «Trovare rifugio dal nostro nemico»
«Non hai alcun nemico qui, Thorin Scudodiquercia.» gli rispose, di rimando, il Grigio. «Il solo malanimo che si trova in questa valle è quello che porti tu stesso.»
«Pensi che gli elfi vorranno benedire la nostra impresa?» ribattè il nano, gli occhi che lampeggiavano di furia. «Piuttosto tenteranno di fermarci.»
«Certo che lo faranno.» disse Lumbar con calma, staccandosi dalla parete e avvicinandosi al gruppo. «Ma noi abbiamo domande che attendono una risposta.»
Il nano abbassò la testa, la rabbia nei suoi occhi sparita, rendendosi conto che quella ragazza riusciva sempre a dire le parole giuste per calmarlo e fargli ritrovare la ragione.
«Se vogliamo avere successo la faccenda va trattata con tatto e rispetto. E non poca dose di fascino.» continuò lo stregone. «Ecco perchè lascerai parlare me. E Lumbar, ovviamente.» disse lanciando uno sguardo alla ragazza alla fine della frase.
Poi cominciarono a scendere il sentiero che costeggiava la montagna e che li avrebbe condotti a Imladris. Passarono sopra al ponte che dava accesso alla città e si fermarono in una piazzetta da cui partivano delle scale che conducevano alle diverse sale del palazzo. I nani e lo hobbit si guardavano intorno sbalorditi; Lumbar, invece, non poteva fare a meno di notare quanto tutto fosse rimasto immutato con il passare del tempo. Quel luogo era ancora permeato da una pace immensa, di quelle che davano sollievo all’anima.
Un elfo con lunghi e lisci capelli neri tenuti indietro da due treccine, una lunga veste blu scuro sormontata da una mantella rossa e una tiara tipica del suo rango a incorniciargli la fronte scese le scale con calma e li raggiunse.
«Mithrandir!» disse facendo voltare lo stregone.
«Ah, Lindir!» gli si avvicinò lui.
«Lastannem i athrannedh i Vruinen. (Vi abbiamo uditi guadare il Rombirivo.)» disse, in elfico, Lindir.
«Dobbiamo parlare con re Elrond.» rispose Gandalf nella lingua comune, in modo che anche il resto della compagnia potesse capire.
«Dobbiamo?» chiese l'elfo.
Lumbar si fece avanti. «Salve, Lindir.» sorrise tranquilla, la dolcezza nello sguardo coperto dal cappuccio.
Era da tanto che non si vedevano.
L'elfo sgranò leggermente gli occhi, sorpreso.
«Mia Signora?» domandò sorpreso, pur rimanendo composto come da sua abitudine. «Siete davvero voi?»
«Sì, Lindir.» confermò lei. «Quante volte ti ho detto di non chiamarmi “mia Signora” e di darmi del tu?»
«Molte, mia Signora.» rispose lui, sorridendo colpevole. La sua educazione e il suo carattere gli impedivano di farlo.
«Non abbastanza, a quanto pare.» sospirò Lumbar. «È un piacere rivederti.»
«Anche per me, mia Signora.» rispose lui prima di concentrarsi su Gandalf. «Il mio Signore Elrond non è qui.» disse.
«Non è qui? E dov'è?» chiese lo stregone; ma Lumbar si era già voltata, avendo captato un rumore di zoccoli avvicinarsi e attirando l'attenzione degli altri su di sè.
In quel momento un corno risuonò nella valle, producendo lo stesso suono che avevano sentito quando erano stati attaccati dagli orchi, e videro un gruppo di elfi a cavallo avvicinarsi velocemente.
«Ifridî bekâr! (Preparate le armi!) Serrate i ranghi!» urlò Thorin, facendo compattare i nani e mettendo al centro lo hobbit, mentre Gandalf perdeva il sorriso e Lumbar cominciava a sentire le gambe cedere.
Tuttavia nessuno dei due si mosse ed entrambi rimasero accanto a Lindir, in attesa di vedere cosa sarebbe successo.
Gli elfi a cavallo circondarono i nani in due anelli concentrici e girarono in cerchio senza fermarsi, uno in un senso e uno nell’altro, fino a quando non fu Elrond stesso, Signore di Imladris, a fermarli.
«Gandalf!» salutò lo stregone.
«Re Elrond.» ricambiò il Grigio, avvicinandoglisi. «Mellonnen! (Amico mio!)” si inchinò leggermente. “Mo evínedh? (Dove sei stato?)»
«Farannem 'lamhoth i udul o charad. (Stavamo inseguendo gli orchi che venivano da Sud.)” rispose Elrond scendendo da cavallo. “Dagannem rim na Iant Vedui. (Ne abbiamo abbattuti diversi presso l'Ultimo Ponte.)» continuò avvicinandosi al Grigio per abbracciarlo. «Strano per gli orchi avvicinarsi tanto ai nostri confini.» concluse consegnando la spada di un orco a Lindir. «Qualcosa, o qualcuno, li ha attirati.»
«Ah, magari siamo stati noi.» disse Gandalf indicando i nani dietro di lui.
Thorin si fece avanti - diffidente, orgoglioso e testardo come suo solito - ed Elrond gli si avvicinò, osservandolo.
«Benvenuto Thorin, figlio di Thrain.» gli disse, riconoscendolo.
«Non penso che ci conosciamo.» ribattè il nano, contrariato e incurante di chi avesse davanti.
«Tuo nonno aveva lo stesso portamento.» gli spiegò l'elfo, ignorando volutamente la provocazione. «Conoscevo Thror, quando regnava Sotto la Montagna.»
«Ah sì? Non ti ha mai menzionato.» rispose l’altro, con sfida.
Elrond lo osservò in silenzio, studiandolo apertamente. Probabilmente si stava chiedendo come mai lei si era tanto interessata al quel nano testardo e orgoglioso.
«Ero stato avvertito su di te. Mi avevano parlato della tua testardaggine, particolarmente radicata nel tuo carattere e superiore a quella di qualunque altro nano. Non preoccuparti.» aggiunse senza perdere la sua compostezza, prima che Thorin potesse lamentarsi. «La persona che me l'ha detto adorava questa tua caratteristica, perchè diceva rispecchiasse molto la sua.» si volse verso Gandalf, incuriosito e preoccupato. «Da quanto non hai sue notizie?»
«Ehm, veramente...» cominciò lo stregone, distogliendo lo sguardo. Non sapeva esattamente come dirglielo…
«Sono qui.» disse Lumbar, risparmiandogli la fatica e facendo voltare nani, elfi e hobbit nella sua direzione. Il Grigio la stava già guardando. «Salve re Elrond!» il tono della sua voce si era irrimediabilmente ammorbidito, rispetto a come l’avevano sentito gli altri componenti della Compagnia fino a quel momento, e i nani non poterono fare a meno di notarlo, tanto che Thorin si chiese, infastidito, cosa legasse lei e quel tipo dalle orecchie a punta.
«Amica mia.» disse Elrond, avvicinandosi per stringerla in un lungo e sentito abbraccio. «È bello vederti. Come stai?»
«È passato molto tempo dalla mia ultima visita. Ti trovo bene.» sviò lei ricambiando l’abbraccio, ma tentando di non mostrare la ferita che continuava a sanguinare.
Per non si sa quale miracolo, infatti, i vestiti avevano assorbito tutto il sangue che aveva perso e nessuno della Compagnia lo aveva notato. Ancora.
«Sei tu che hai scelto di non tornare prima.» le fece notare l'elfo, lasciandola andare.
«Vero. Colpa mia.» ammise lei, con un sorrisetto. «Ma sono contenta di essere qui, ora.»
Ed era sincera. Elrond poteva leggerlo nel suo sguardo spento e pieno di dolore, comprendendo quanto dovesse pesarle la situazione in cui si trovava. Sperò che trovasse un po’ di pace nella sua casa, nonostante immaginasse che non sarebbe rimasta a lungo.
«Nartho i noer, toltho i viruvor. Boe i annam vann a nethail vin. (Siano accesi i forni, preparato il miruvor. Dobbiamo rifocillare i nostri ospiti.)» disse l'elfo dopo che si furono separati.
«Che sta dicendo? Quello ci sta offrendo insulti?» disse Gloin facendosi spazio tra i suoi compagni mentre quelli si lamentavano, infervorandosi.
Prima che Gandalf potesse spiegare o che Elrond si offendesse, una risata cristallina riempì l'aria; era leggera, calda e soave come la voce della persona a cui apparteneva e aveva catturato l'attenzione di tutti. Nani, elfi, hobbit e stregone si erano, infatti, voltati meravigliati verso Lumbar, che rideva serena davanti a loro. Elrond e Gandalf si scambiarono uno sguardo: entrambi si stavano chiedendo da quanti decenni non sentivano quel suono così dolce, da quanti decenni la loro amica non rideva così liberamente. I nani, invece, cercavano di capire come mai quel suono così soave gli era tanto familiare, ma non trovarono risposta. Per lo hobbit, e per i nani più giovani, era semplicemente il suono più bello che avesse mai sentito.
Una volta calmatasi, Lumbar spiegò. «Quando re Elrond insulterà volontariamente un ospite, nevicherà in estate.» fece sorridere l'elfo. «Vi sta offrendo del cibo.»
I nani parlottarono tra loro, scambiandosi idee e opinioni, poi si voltarono nuovamente verso di loro.
«Ah beh, allora facci strada.» disse Gloin.
E così lui fece, dirigendosi all'interno e conducendoli in diverse stanze in cui si sarebbero potuti rinfrescare prima della cena. Lumbar si era volatilizzata: aveva una stanza fissa, gentile dono di Elrond, in cui si fermava ogni volta che faceva loro visita e si era diretta lì consapevole di avere il benestare del re. Una volta entrata si diresse velocemente in bagno e aprì l'armadietto in cui conservava le bende e tutto l'occorrente per curare le ferite, partendo dall'Athelas, e si medicò il braccio avvolgendolo poi con una benda. Tirò un sospiro di sollievo; non sarebbe riuscita a reggere ancora a lungo, pensò guardandosi allo specchio: il suo volto era incredibilmente pallido, anche per uno della sua specie; aveva la pelle quasi trasparente per la mancanza di energie e il dissanguamento a cui si era sottoposta per non far preoccupare i suoi compagni. Se non avesse portato il cappuccio lo avrebbero capito in fretta: sembrava un morto che cammina in quel momento.
Diede una lavata ai suoi vestiti e si ripulì dal sangue, indossando uno dei cambi di indumenti che aveva nell'armadio. Fortunatamente ne lasciava sempre insieme agli abiti da dama che Arwen si ostinava a donarle, nonostante sapesse che non li avrebbe mai portati. La figlia di Elrond diceva che le faceva piacere regalarglieli e Lumbar si riprometteva di indossarli, un giorno. Tuttavia quel giorno ancora non si era visto, quindi scelse una mise estremamente simile alla precedente: pantaloni scuri in pelle stretti ma comodi; una camicia lunga fino quasi alle ginocchia bianca, morbida e leggermente larga, stretta al corpo da un corsetto in pelle marrone, e con le maniche lunghe su cui legò i bracciali, anch'essi in pelle, all'altezza degli avambracci; la cintura in vita a cui avrebbe appeso la spada prima di ripartire; i suoi immancabili stivali alti fino al ginocchio, dentro cui nascose l'oggetto che aveva trovato nella caverna dei Troll; infine il cappuccio, a coprire il suo volto, come al solito. Elrond non ne sarebbe stato infastidito; sapeva che dopo quel giorno lei lo portava sempre e lo aveva accettato.
 

 
****

 
Quando bussarono alla porta, Lumbar andò ad aprire ritrovandosi di fronte Elrond che le sorrideva gentile.
«Sei riuscita a medicarti?» le chiese tranquillo.
Lei stette in silenzio qualche secondo, poi sospirò. Doveva aspettarselo. Chiuse la porta alle sue spalle e si incamminarono nel corridoio per raggiungere gli altri.
«Sto bene.» gli disse. «Come l'hai capito?»
«Quando ci siamo salutati ti sei irrigidita; quasi non me ne sono accorto, ma i tuoi abiti erano bagnati e ho capito che eri ferita. Anche Mithrandir aveva notato che qualcosa non andava e mi ha chiesto di verificare come stavi.» rivelò l'elfo.
Lei gli mostrò il braccio fasciato. «Guarirò. Un mannaro ha voluto assaggiarmi e ho perso molto sangue, ma non è niente di grave.» disse. «Riesco a muoverlo senza problemi, dita della mano comprese.»
«E il dolore?» chiese lui, premuroso come sempre.
Lei alzò le spalle, noncurante. «A quello sono abituata.»
In quel momento vennero affiancati da Gandalf, arrivato silenziosamente dal corridoio alle loro spalle.
«Sei stato gentile a invitarci.» disse a Elrond mentre entravano nella sala in cui erano già presenti i nani. «Non sono vestito per la cena.»
Elrond sorrise. «Beh, non lo sei mai.» rispose facendolo ridere.
I tre salirono dei gradini e si accomodarono a tavola: Gandalf alla sua destra, Lumbar alla sua sinistra e Thorin accanto a Lumbar. Durante la cena, rigorosamente vegetariana a causa dell’alimentazione priva di carne tipica degli elfi, lo stregone e il nano mostrarono all'elfo le spade che avevano trovato e lui le analizzò.
«Questa è Orcrist, la Fendiorchi.» spiegò a Thorin osservando le caratteristiche dell’arma. «Una lama famosa, forgiata dagli Alti Elfi dell'Ovest, la mia famiglia. Possa servirti bene.» Thorin ringraziò con un cenno riprendendo la spada e Elrond passò all'altra. «E questa è Glamdring, la Battinemici, spada del re di Gondolin. Queste spade furono fatte per combattere le guerre degli orchi della Prima Era. Come ne sei entrato in possesso?» chiese restituendo la lama a Gandalf.
«Le abbiamo trovate nel bottino dei troll sulla Grande Via Est, poco prima di un'imboscata degli orchi.» spiegò lo stregone mentre il nano diventava serio.
«E che stavate facendo sulla Grande Via Est?» chiese nuovamente l'elfo.
Avendo terminato la cena, decisero di spostarsi nello studio di Elrond insieme a Balin e Bilbo, in modo da avere un po’ di privacy e continuare la conversazione in tranquillità, mentre gli altri nani rimasero nel chiostro a chiacchierare.
«Le nostre faccende non sono affari degli elfi.» disse Thorin contrariato.
«Per tutti i fulmini, Thorin, mostragli la mappa!» gli disse Gandalf.
«È il lascito del mio popolo. Mia da proteggere, così come i suoi segreti.» si ostinò lui.
«Salvatemi dalla caparbietà dei nani! Il tuo orgoglio sarà la tua rovina.» protestò il Grigio.
Lumbar si fece avanti. «Sei alla presenza di uno dei pochi nella Terra di Mezzo che sa leggere la mappa. Io ho una teoria ma non sono esperta quanto lui. Mostrala a re Elrond, Thorin.»
L'elfo attendeva in silenzio, perfettamente calmo, lo hobbit passava lo sguardo confuso da uno all'altro e Balin osservava il suo re. Thorin infilò una mano all'interno della giacca e tirò fuori la mappa senza distogliere lo sguardo dalla ragazza.
«Thorin, no!» disse Balin tentando di fermarlo.
Ma lui si avvicinò al re degli elfi e gli porse la mappa. Elrond la aprì e capì subito di cosa si trattava.
«Erebor.» disse alzando gli occhi sul nano. «Qual è il vostro interesse per questa mappa?»
Prima che uno dei nani potesse rispondere lo fece Gandalf. «È per lo più accademico. Come sai questo genere di manufatto, a volte, contiene un testo nascosto.» Elrond sembrò non credere molto a quella giustificazione ma non protestò e si avvicinò alla finestra da cui entrava la luce della luna, mentre Gandalf ammoniva Thorin con lo sguardo, facendolo sospirare silenziosamente. «Leggi ancora il nanico antico, non è vero?» chiese all'elfo.
«Ah, Cirth Ithil. (Rune lunari)» disse Elrond esaminando la mappa sotto la luce dei raggi della luna.
«Rune lunari?» chiese Gandalf sorpreso.
«Lo sapevo.» disse Lumbar.
«Le avevi viste, vero?» le chiese lo stregone.
«Non ne ero sicura.» ammise lei. «Non erano molto chiare.»
«È facile non vederle.» spiegò Gandalf allo hobbit che li guardava con un enorme punto interrogativo sul volto.
«Beh, in questo caso è vero. Le rune lunari possono essere lette solo al chiaro di una luna che sia della stessa forma e stagione del giorno in cui sono state scritte.» spiegò l'elfo voltandosi verso di loro.
«Riesci a leggerle?» gli chiese Thorin speranzoso.
Elrond li portò sotto una cascata.
«Queste rune sono state scritte in una vigilia di mezza estate, al chiaro di una luna crescente, circa duecento anni fa.» disse avvicinandosi a un altarino di cristallo e appoggiandoci sopra la mappa, dopo aver lanciato uno sguardo alla ragazza. «Pare tu fossi destinato a venire a Granburrone.» si volse verso il nano. «Il fato è con te, Thorin Scudodiquercia.» continuò mentre quello si voltava verso la cascata per osservare il cielo all'esterno. «La stessa luna splende su di noi stanotte.»
In quel momento la luna fece capolino da dietro una nuvola e i suoi raggi passarono attraverso la cascata, riflettendosi sull'altare e illuminando la mappa da sotto, facendo apparire, di conseguenza, delle rune azzurre sul bordo in basso a destra.
«Sta accanto alla pietra grigia quando il tordo picchia,
e il sole che scende col suo risolutivo raggio nel dì di Durin
splenderà sul buco della serratura.» lesse Elrond.
«Il dì di Durin?» chiese Bilbo.
«È l'inizio dell'Anno Nuovo per i nani, quando l'ultima luna d'autunno e il primo sole d'inverno appaiono insieme nel cielo.» rispose Gandalf.
«Infausta notizia.» disse Thorin attirando l'attenzione. «L'estate sta passando. Il dì di Durin incombe su di noi.»
«Abbiamo ancora tempo.» lo tranquillizzò Balin.
«Tempo? Per cosa?» chiese nuovamente lo hobbit, smarrito.
«Per trovare l'entrata.» spiegò il vecchio nano. «Dobbiamo stare esattamente nel posto giusto, ed esattamente nel momento giusto. Allora, e solo allora, la porta può essere aperta.» spiegò mettendo le mani sui fianchi.
«Così questo è il vostro scopo? Entrare nella Montagna?» chiese Elrond con la mappa arrotolata in mano.
«Che hai da ridire?» chiese Thorin infastidito voltandosi verso l'elfo.
«Ci sono alcuni che non lo riterrebbero saggio.» gli spiegò restituendogli con garbo la mappa che il nano prese.
«Come sarebbe?» chiese Gandalf confuso.
«Voi non siete i soli Guardiani che stanno a vegliare sulla Terra di Mezzo.» gli disse Elrond rivolto anche a Lumbar, prima di tornare indietro.
«Maledizione!» disse lei capendo subito a chi si riferiva, andandogli dietro dopo aver fatto un cenno a Thorin e seguita da Gandalf.
Gli altri si diressero velocemente verso i compagni.
«Con o senza il nostro aiuto questi nani marceranno sulla Montagna.» disse Gandalf a Elrond mentre salivano le scale che portavano alla sala del consiglio. «Sono determinati a reclamare la loro terra natia. Non credo proprio che Thorin Scudodiquercia senta di dover chiedere il permesso a qualcuno. E se è per quello io neanche.»
«Non è a me che devi chiedere l'autorizzazione.» rispose l'elfo fermandosi in cima alle scale e osservando qualcosa all'interno della stanza del consiglio.
Gandalf e Lumbar si voltarono, lei consapevole lui dubbioso, e videro Dama Galadriel sul terrazzo che si girava lentamente verso di loro.
«Lady Galadriel.» disse Gandalf, sorpreso, facendo un passo avanti.
«Mithrandir.» rispose lei. «Gwenwin în únodui. (Incalcolabili anni sono trascorsi.)»
Gandalf si inchinò leggermente. «Nae nin gwistant infanneth, mal ú-eichia i Chíril Lorien. (Ahimé, lunghi anni hanno cambiato me, ma è immutata la Dama di Lorien.)»
Lei sorrise, dolce. «Amica mia.» si rivolse a Lumbar. «Mae govannen. (Ben trovata.)»
«Altrettanto.» rispose lei semplicemente.
«Non avevo idea che il re Elrond ti avesse chiamata.» disse Gandalf voltandosi verso l'elfo.
«Non è stato lui.» dissero insieme Lumbar e una voce grave alle loro spalle che lo fece bloccare e chiudere gli occhi.
«Sono stato io.» completò la stessa voce.
Lo stregone e la ragazza si voltarono, ritrovandosi davanti Saruman il Bianco, un uomo dalla lunga veste completamente bianca – come il suo bastone – e una barba altrettanto lunga, il più potente degli Istari.
«Ah.» disse Gandalf mentre chinava la testa in segno di saluto, come Elrond. «Saruman.»
«Sei stato occupato di recente, amico mio.» disse il Bianco sorridendo e ignorando completamente Lumbar, prima di accomodarsi al tavolo. «Dimmi, Gandalf, pensavi che queste tue trame, e questi tuoi piani, sarebbero passati inosservati?»
«Inosservati?» chiese lui non capendo.
Era l'unico ad essersi seduto oltre a Saruman: Elrond era in piedi alla destra di Gandalf e alla sinistra di Saruman; Galadriel si trovava nella stessa posizione, di fronte a lui, dall'altro lato del tavolo; mentre Lumbar si era sistemata al di là dell'arco che divideva il terrazzino dalla sala, seduta con le gambe nel vuoto, in modo da poter vedere il sole ormai sorgere. Sembrava non ascoltasse, ma non si perdeva una sillaba.
«No. Sto semplicemente facendo quello che ritengo giusto.» continuò Gandalf appoggiandosi allo schienale.
«Il drago è da lungo nella tua mente.» disse Galadriel voltandosi verso di lui.
Gandalf la guardò, annuendo. «Questo è vero, mia Signora.» poi si riconcentrò su Saruman. «Smaug non deve fedeltà a nessuno. Ma se dovesse schierarsi con il nemico, un drago può essere usato con un terribile effetto.»
«Quale nemico?» chiese Saruman. «Gandalf, il nemico è sconfitto. Sauron è vinto. Non potrà mai più riacquisire la sua forza.»
«Gandalf.» disse Elrond, che ora stava appoggiato a una colonna. «Per quattrocento anni abbiamo vissuto in pace, una pace vinta a fatica e vigilata.»
«Lo siamo? Siamo in pace?» chiese il Grigio. «I troll sono venuti giù dalle montagne. Saccheggiano villaggi, distruggono fattorie. Gli orchi ci hanno attaccati lungo la via.»
«Tutt'altro che un preludio alla guerra.» disse Elrond avvicinandosi al tavolo.
«Sempre devi intrometterti, in cerca di guai dove non esistono.» continuò Saruman.
«Lasciatelo parlare.» intervenne Galadriel passeggiando per la sala.
«C'è qualcosa all'opera, dietro il male di Smaug.» riprese il Grigio. «Qualcosa di molto più potente. Possiamo rimanere ciechi nei suoi confronti, ma esso non ignorerà noi, ve lo assicuro. Una malattia aleggia su Bosco Fronzuto. Quelli che abitano lì ora lo chiamano Bosco Atro e... dicono...»
«Ebbene?» chiese Saruman, impaziente, spostandosi col corpo in avanti. «Non fermarti ora. Dicci cosa dicono gli abitanti del Bosco.»
«Parlano di un Negromante che vive a Dol Guldur. Uno stregone che può evocare i morti.»
«Questo è assurdo.» disse Saruman. «Non esiste un tale potere a questo mondo. Questo Negromante non è altro che un uomo mortale. Un illusionista che si diletta di magia nera.»
«E così la pensavo anch'io. Ma Radagast ha visto...»
«Radagast?» chiese Saruman. «Non devi parlarmi di Radagast il Bruno. È uno sciocco, quello.»
«È meno sciocco di quanto credi.» mormorò Lumbar.
«Beh, è strano, te lo concedo.» ammise Gandalf, lanciandole un’occhiata. «Conduce una vita solitaria, e...»
«Non è questo, è il suo eccessivo uso di funghi allucinogeni. Gli hanno disorientato la mente e ingiallito i denti. Lo avevo avvertito. È disdicevole per uno degli Istari vivere nei boschi...»
Saruman continuava a parlare ma Lumbar non lo ascoltava più, troppo impegnata nel mandare un messaggio silenzioso e assicurarsi che fosse stato recepito. Si concentrò di nuovo sulla conversazione quando vide Gandalf tirare fuori l'involto che gli aveva dato Radagast e appoggiarlo sul tavolo.
«Cos'è quello?» chiese Elrond preoccupato fissando l'involto.
Persino Saruman si era zittito. Ognuno di loro era in grado di percepire l’aura maligna di quell’oggetto.
«Una reliquia di Mordor.» disse Galadriel.
Elrond spostò lentamente i lembi del tessuto, rivelando il pugnale, ma senza toccarlo. Lo riconobbe subito. «Una lama Morgul.»
«Fatta per il re degli Stregoni di Angmar.» aggiunse Galadriel. «E sepolta con lui. Quando Angmar cadde, gli uomini del Nord sigillarono il suo corpo e quanto lui possedeva nelle Colline di Rhudaur. Nella profondità della roccia lo seppellirono, in una tomba così oscura che non sarebbe mai venuta alla luce.»
«Ma questo non è possibile.» disse Elrond. «Un potente incantesimo grava su quelle tombe. Non possono essere aperte.»
«Quali prove abbiamo che questa arma provenga dalla tomba di Angmar?» chiese Saruman.
«Non ne ho alcuna.» disse Gandalf.
«Perchè non ne esiste alcuna.» si intestardì Saruman. «Esaminiamo ciò che sappiamo: un singolo branco di orchi ha osato attraversare il Bruinen. Una daga di un'Era passata è stata trovata e uno stregone umano, che si fa chiamare il Negromante, ha preso residenza in una fortezza in rovina. Non è granchè, dopotutto. La domanda di questa Compagnia di nani, tuttavia, mi turba profondamente. Non sono convinto, Gandalf. Non mi sento di poter incoraggiare una tale impresa. Se fossero venuti da me avrei risparmiato loro questa delusione. Non pretendo di comprendere perchè hai acceso le loro speranze...»
Se ne vanno. Disse Galadriel nelle menti di Lumbar e Gandalf, mentre affiancava la ragazza e guardava il punto in cui fissava lei.
Sì. Confermò Gandalf scambiando uno sguardo con Lumbar.
Voi sapevate. Comprese l'elfa.
Li ho tenuti d'occhio tutto il tempo e ho fatto un segno a Thorin per fargli capire che dovevano andare. Spiegò tranquillamente Lumbar, facendo sorridere leggermente gli altri due. Galadriel approvava di nascosto la mossa della ragazza.
«Temo che non ci sia nient'altro da fare.» disse Saruman mentre Lindir faceva la sua comparsa.
«Mio Signore Elrond.» disse l'elfo, a disagio. «I nani se ne sono andati.»
«Finalmente.» disse Lumbar alzandosi in piedi e mettendosi a posto i vestiti. «Vediamo di finire in fretta che dobbiamo raggiungerli.» si avvicinò al tavolo e si rivolse a Saruman mentre Lindir se ne andava. «Tu credi che non ci siano prove valide per supportare la tesi di Gandalf, io dico che sbagli. Io stessa sono una prova, e non ci vuole molto a dimostrarlo.» gli ricordò abbassandosi il cappuccio e mettendo in mostra i suoi particolari capelli.
Erano lunghi e perfettamente lisci, come quelli degli elfi; ma non erano biondi, castano-rossicci o neri, erano bicolori: ciocche nere si mescolavano a ciocche bianche, con un'evidente maggioranza delle prime; meno della metà dei suoi capelli, infatti, era bianca.
«Perchè non me l'hai detto?» le chiese Gandalf.
«Non ne ho avuto il tempo.» rispose lei, minimizzando. «E poi non è l'unica prova.»
«Di cosa stai parlando?» chiese Elrond temendo la sua risposta.
«Dal bottino dei troll ho preso qualcosa anch'io.» disse con espressione colpevole verso il Grigio, che la guardava sempre più sorpreso non capacitandosi di ciò che sentiva. «Ho trovato una cosa, nel fondo della caverna. Una cosa che non pensavo avrei mai rivisto.» continuò tirando fuori l'oggetto dallo stivale e appoggiandolo sul tavolo.
A differenza di quando lo aveva trovato nella caverna, ora era perfettamente pulito e questo permise agli altri di riconoscerlo all'istante. Elrond fece un passo indietro mentre negli occhi di Galadriel passava un lampo di consapevolezza. Persino Saruman sembrava turbato, anche se lo nascose subito.
«Questo è...» iniziò l'elfo.
«Helevorn.» concluse lei. «Vetro Nero. Il pugnale di mia madre. Lo stesso pugnale che mi diede quando riuscii a fuggire da Utumno. Lo stesso pugnale che Morgoth usò per ucciderla davanti ai miei occhi alla fine della guerra.» sospirò. «Lo stesso pugnale con cui Sauron mi pugnalò quattrocento anni fa, durante la Guerra dell'Anello. Era scomparso insieme a lui.»
«Questo non è possibile.» disse Saruman.
«Lo stai ripetendo un po’ troppo spesso, non ti pare?» lo rimbeccò lei, prima di riprendere. «Credimi, stregone, so riconoscere quel pugnale quando lo vedo. Non ho nemmeno bisogno di vederlo, in realtà, Helevorn ha un'aura tutta sua che mi permette di accorgermi della sua presenza da lontano. Le emozioni conflittuali che provo verso di lui mi rendono particolarmente sicura.» lo rimise nello stivale. «Inoltre anch’io ho visto il Negromante nelle mie visioni.» rabbrividì al pensiero di come si era sentita. «E confermo tutto. Pensa quello che vuoi ora, non mi interessa. Anche se per essere un Istari hai davvero una mente ristretta. In ogni caso, ho promesso che avrei aiutato Thorin a riconquistare casa sua e manterrò la promessa.» disse avviandosi verso le scale, senza voltarsi. «Gandalf, raggiungici quando hai finito. Elrond, Galadriel sono sicura ci rivedremo presto.» concluse prima di sparire oltre le scale.
Passò dalla sua stanza per recuperare le altre armi: si legò Fuinur, la spada, in vita; mise Galvorn, il suo pugnale, nell'altro stivale; arco e faretra, opportunamente riempita di frecce, finirono sulla sua schiena. Infine si diresse al sentiero che avevano intrapreso i nani.
Mentre passava sopra il ponte da cui erano arrivati si tirò su il cappuccio senza voltarsi indietro. Avrebbe raggiunto i suoi compagni il più in fretta possibile. Avrebbe mantenuto la sua promessa. Avrebbe rivisto Erebor.

 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: Josy_98