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Autore: sweetlove    28/04/2021    8 recensioni
Quando si è bambini è facile dimenticare un torto subito, un litigio, o per meglio dire un bisticcio. Tra adulti è tutto dannatamente complicato, reso pesante dai mille mila pensieri che girano attorno agli eventi.
Tra bambini si può litigare per una partita persa, al grido di "non vale" e tra le lacrime di frustrazione.
Gli adulti invece non piangono... o meglio, lo fanno poco e quando la sofferenza è così forte da vincere sull'autocontrollo.
«Perché proprio io?»
Perché sta succedendo davvero, e solo adesso? Questa era la domanda vera. Tutto le sembrava un’enorme e letale fregatura.
Il saiyan esitò solo un istante, riflettendoci.
«Perché sei tu.»
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 18, Bulma, Crilin, Goten, Mai | Coppie: Marron/Trunks
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando si è bambini è facile dimenticare un torto subito, un litigio, o per meglio dire un bisticcio. Tra adulti è tutto dannatamente complicato, reso pesante dai mille mila pensieri che girano attorno agli eventi.
Tra bambini si può litigare per una partita persa, al grido di "non vale" e tra le lacrime di frustrazione.
Gli adulti invece non piangono... o meglio, lo fanno poco e quando la sofferenza è così forte da vincere sull'autocontrollo.
I piccoli non si fanno troppi scrupoli. Un neonato piange per professione, sta tutto nel capire come questa valvola di sfogo si sviluppa con la crescita. C'è il bambino che capisce come ottenere ciò che vuole con altri mezzi, scoprendo l'infinità della propria furbizia. C'e il bambino che a non piangere ci prova, ma la cui forza di volontà vacilla dinanzi alla sconfitta. Poi, c'è il vero osso duro, per non definirlo rompiscatole... quello capace di vestire i panni dell'attore professionista e inscenare una vera e propria tragedia.
Gli adulti, dinnanzi a questi ragazzini, hanno solo due scelte: provare a tornare bambini e comprendere i bizzarri comportamenti dei simili, oppure voltarsi e lasciare che i mocciosi risolvano la loro questioni da soli.



«Piange!»
«La sento. La sentono tutti»
«Vado a vedere.»
Due figure. Vicine e sedute al tavolo loro assegnato, gustavano gli ultimi bocconi di manzo al pepe quando dall'ampio giardino, aldilà della vetrata, aveva preso a riecheggiare un suono famigliare.
«Resta. Non serve…»
Diciotto fulminò suo marito con lo sguardo, come spesso accadeva di recente.
«Se si fosse fatta male?!» Fu la protesta quasi lagnosa di Crillin, perennemente in ansia per l'unigenita figlia ottenne, cui chissà cosa poteva accadere lontano dai loro sguardi 
«Se le si sono mozzate le gambe di sicuro lo verremo a sapere.»
Punto. fine della discussione. E a Crillin non rimase altro che deglutire e sperare che il suo lagnoso tesorino stesse solo cercando di ottenere ciò che voleva.


«Non puoi fare così ogni volta!»
A nulla sembravano servire quelle lacrime pesanti e salate, e soprattutto lo sforzo di farle uscire tanto copiose e apparentemente frutto di una sofferenza intollerabile.
«Puoi piangere quanto ti pare! Non te la darò vinta stavolta, Marron! Hai perso, quindi tocca a te contare!»
Il ragazzino sembrava irremovibile nella sua posa granitica da saputello, braccia conserte al petto coperto dalla felpa gialla d'uso quotidiano.
A scrutare entrambe le figure, due occhioni neri e ingenui, che chiunque avrebbe potuto constatare fossero al cento per cento identici a quelli paterni. 
«Io non ho perso!»
I piccoli pugni si strinsero con rabbia e un piede calzato di rosso batté sul terreno del giardino interno.
«Non sei arrivata per prima a fare TANA, Marron!» 
«E' colpa tua! Non me lo avevi spiegato!»
Poco importava giocassero a nascondino dacché ne avessero memoria e che tutti e tre conoscessero le regole alla perfezione. Se Marron diceva una cosa, alla fine finivano tutti per crederle grazie ai melodrammi inscenati. Roba da far incantare un'intera platea. Gli occhi azzurri di Trunks si spalancarono in un'espressione sconcertata.
«Bugiarda! Sei sempre la solita!»
«Scusa Trunks, non sarebbe più semplice accontentarla?» Il suggerimento giunse da un annoiato Goten. O meglio dalle sue già provate orecchie.
«Come sempre, così ogni volta dovremo sorbirci questo tormento?! No, Goten! Piuttosto me ne vado!» Dannati geni... orgoglio crescente ma anche la sacrosanta consapevolezza di essere nel giusto. E poi di certo doveva allenarsi! Sapeva da poche settimane che presto sua madre avrebbe avuto un altro bambino, mica poteva lasciarlo crescere viziato e rompi palle come Marron! La sua coscienza di ragazzino, la cui maturità veniva spesso messa a dura prova da quella mocciosa, gli diceva di pensare questo.
Inevitabilmente, a quelle parole i decibel scaturiti dalla lagna della bimbetta s'intensificarono nuovamente.
«Sei cattivo! Lo dico alla mia mamma!»
«Sai che paura! L'ultima volta ti ha pure sgridata dicendoti che la devi smettere di frignare per ogni cosa!»
Presa in contropiede, Marron tacque. Nemmeno si rese conto di aver smesso di piangere, presa com'era dal ricordo di quell'episodio. In quel caso, però, aveva piantato un capriccio perché quei due non le avevano concesso di nuovo la scelta del film da vedere.
«Perché non vai, Marron?»
Trunks sogghignò trionfante, scambiandosi un'occhiata complice con Goten.
«Perché sei sempre antipatico con me, Trunks?» Stavolta, a restare quasi tramortito da quella domanda fu proprio lui. Lo colpì l'innocenza col quale gli venne posta, ben lontana dalla rinomata bravura da palcoscenico di quella nanerottola.
Qualcosa gli si smosse nelle viscere, una sensazione strana ma non del tutto nuova. Simile a quella provata nel rubare alla nonna la torta destinata alla povera signora Be, malata e appena dimessa dall'ospedale. Oppure a quella che l'aveva tormentato per giorni quando ad un'entusiasta Goten aveva mentito dicendo di doversi allenare con Vegeta e di non poter quindi andare a casa sua. Era invece andato a casa di un compagno di classe appena conosciuto rivelatosi poi soltanto uno stupido bulletto.
Senso di colpa, quindi? Così poteva definire quel malessere?
«Antipatico…?» Chiese più a sé stesso che a lei per conferma. Lei che annuì asciugandosi gli occhietti arrossati.
Perché lo era? Perché... perché..?
Non c'era un vero perché.
Quella mocciosa era pesante, probabilmente ne era geloso, ma non l'avrebbe mai ammesso.
Quel suo modo di averla vinta, il suo essersi intrufolata in quel duo composto da lui e Goten, il suscitare la tenerezza di chiunque, specialmente di Mai.
Ma poteva davvero considerarla una colpa?
Era sé stesso che avrebbe dovuto incolpare per la stupidità di quei pensieri e quell'atteggiamento ostile. La sua idea di 'fratello maggiore ideale' venne improvvisamente demolita.
Stava sbagliando. Forse proprio in virtù di quei cinque anni in più avrebbe fatto meglio a proteggerla, anziché punzecchiarla e sentirsi appagato del suo frignare.
«E tu piangi troppo, e fai la spiona…»
Tali parole, ultimo tentativo di difesa, gli uscirono dalle labbra quasi deboli e inefficaci.
«Quindi…» iniziò Marron, tirando su col naso «Se smetto di piangere e non racconto nulla ai grandi puoi essere mio amico per davvero?» 
Goten, intanto, continuò a guardarli curioso. Lui non riusciva a essere dispettoso con lei. A dire il vero non riusciva proprio a essere dispettoso e basta! Vide il suo amico sciogliere la posa da "io sono il più figo" e ammorbidire, forse senza volerlo, la mascella.
«Beh, sì…»
La sua risposta. Fosse stato più grande e consapevole, Goten è avrebbe immortalato quel momento, soprattutto il sorrisetto soddisfatto della biondina.
«OK! Allora prometto di non piangere più! Vado a contare!»
E a passo svelto raggiunse la postazione prescelta, ignara di essersi lasciata alle spalle un ragazzino confuso ma che adesso non le avrebbe più causato problemi.
Forse.

 
***
 

Festa d'inizio anno. Insediamento del nuovo personale e serata di beneficienza. Tutto in uno, da due anni a quella parte. Da quando Trunks Brief aveva assunto la qualifica di CEO sollevando Bulma dal carico di lavoro fattosi ormai troppo gravoso. Arriva per tutti il momento di andare in pensione, in fondo.
Trunks si fece largo tra i presenti, riuscendo a trovare una via di fuga e ad uscire dal salone principale, dove erano stati sistemati dirigenti e soci di maggior rilievo con le rispettive famiglie. Nelle due ale adiacenti, dipendenti ordinari e famiglia Brief.
E per famiglia, i Brief avevano sempre inteso gli amici di sempre.
«Eccoti! Tesoro vorrei present..»
«Ti prego mamma! Non ho fatto altro che conoscere gente e stringere mani! Dammi tregua!»
Sollevò i palmi in un gesto istintivo di difesa, lasciando sua madre con la bocca dischiusa e i grandi occhi azzurri spalancati. Temette per un momento di essere stato troppo brusco, ma detestava quelle occasioni. Detestava tutto in verità, nell'ultimo periodo, ma era più facile addossare a quel lavoro la colpa dello stress che se lo stava letteralmente mangiando vivo.
«Trunks... tutto bene tesoro?»
Dopo quella risposta, il Saiyan si sarebbe aspettato una delle famose strigliate dell'azzurra, di quelle che riservava a chiunque senza remore e da una vita. Invece la vide assumere uno sguardo quasi preoccupato, e di nuovo si trovò a pensare sarebbe stato meglio un rimprovero.
«Sono solo stanco. Voglio andarmene»
«Ti fa male il fatto non sia venuta, è così?»
La preoccupazione divenne compassione. E questo lo fece incazzare come una bestia.
«No! No e ancora no! Come devo dirtelo che non me ne frega niente?! Che l'ho voluto anche io?!»
Ringrazio' la confusione, la musica di sottofondo e una risata generale proveniente dal tavolo dell'intera comitiva per non aver reso quell'esclamazione una vera e propria piazzata. Piazzata che non scompose minimamente Bulma.
«Inevitabile soffrirne, Trunks. Dopo tutti questi anni» 
«Mi manca come mi mancano gli altri due, mamma!» 
Li avevano ospitati che erano solo dei ragazzini dalla dubbia identità. Quel bizzarro trio era diventato parte della famiglia e nessuno aveva mai posto loro troppe domande. Poi era sopraggiunta l'adolescenza e con lei gli ormoni. Ma se per Trunks tutto questo era nuovo, di certo non si poteva dire lo stesso per Mai. Nessuno lo sapeva che lei era in verità una donna più che matura tornata fanciulla grazie di Drago Shenron. Non l'aveva saputo nessuno finché lei stessa non aveva ritenuto fossero tempi abbastanza maturi per confessare proprio a Trunks quel suo segreto incredibile.
Entrambi si erano come rassegnati al loro destino, il primo bacio era sopraggiunto casto e spontaneo al sedicesimo compleanno del mezzosangue, e dopo esso tanti altri. Sembrava tutto così scontato, spontaneo, naturale. Sapeva di casa e di sicurezza il sapere di essere sulla giusta via. Questo fino a un anno prima.
Un anno prima, Mai gli aveva fatto quella confessione e qualcosa si era inevitabilmente spezzato. E non perché Trunks fosse disturbato dal sapersi compagno di quella che avrebbe potuto essere sua madre, ma perché una cosa del genere avrebbe dovuto saperla molto prima.
E proprio allora, in silenzio e nelle lunghe notti insonni a rigirarsi nel suo letto, aveva preso a rimuginare sul senso della sua vita.
Era giusto fare qualcosa solo perché il suo alter ego del futuro l'aveva vissuta?
Quante cose li rendevano estremamente diversi?
Il mondo, le persone, la vita stessa...
Quindi, se per tutti, Bulma in primis, doveva stare con Mai perché semplicemente era "destino", per coerenza avrebbe dovuto eliminare Goku, Vegeta…Bra! Tutti coloro che nella dimensione di Mirai Trunks non erano più in vita!
Impensabile. Da brividi. Gli veniva da vomitare solo a pensarci.
E all'improvviso, l'idea di troncare quell'acerba e al tempo stesso innaturale relazione non gli era sembrata tanto folle.
Ci aveva riflettuto settimane, poi mesi, tempo in cui lei, a sua volta, si era inesorabilmente distaccata. Ora per un viaggio, ora per pensare. Finché un giorno, o meglio una sera di maggio, si erano ritrovati a dirsi "ti devo parlare” all'unisono. Avevano riso e alla fine non c'era stato bisogno di dirsi nulla. Un "ciao", la partenza, e di Mai, Pilaf e Shu non aveva più avuto notizie.
Purtroppo, tutti continuavano a pensare fosse stata una decisione della ragazza... ecco il motivo degli sguardi compassionevoli. Ma perlomeno fino a quell'istante, a Trunks non era mai interessato granché di ciò che tutti pensavano.
Tutti, tranne due persone.
Prima a Goten, nel lungo periodo di crisi, aveva esternato i suoi dubbi e le sue paure. Questo era stato sempre pronto ad ascoltarlo ad offrirgli la sua spalla, a consigliarlo nonostante la poca esperienza. Spesso Trunks aveva pensato che senza di lui sarebbe stato perduto... un amicizia come quella, ne era certo, non poteva esistere da nessun'altra parte.
E poi, due sere prima della rottura definitiva, quando si era ritrovato coinvolto in quella festa a sorpresa per Muten, inaspettatamente si era aperto anche con un'altra persona. Con colei che da ormai diverso tempo, nascondendosi dietro la timidezza, sembrava evitarlo.
Sulla battigia l’aveva scovata, sentendosi meno solo nel’escludersi dagli schiamazzi e da tutta quell'allegria.
Si era soffermato a guardarla qualche istante e a constatare quanto quel corpo in parte celato sotto quel prendisole fosse cambiato dall'ultima volta in cui l'aveva vista. Un anno? Due?
O forse, preso da Mai e da quello che aveva creduto amore, nemmeno l'aveva mai vista come forse avrebbe dovuto.
E senza neanche sapere perché, dopo essersi avvicinato ed aver improntato un accenno di conversazione, si era sentito così a suo agio da raccontarle tutto: Marron l'aveva ascoltato con devozione, ma nascondendo l’imbarazzo dietro il silenzio e agli sguardi fuggevoli.
Dopo tanto tempo trascorso seduti a riva a parlare come mai avevano fatto, Trunks era tornato alla Capsule Corporation con addosso quel coraggio necessario a vuotare il sacco con Mai non appena fosse tornata. Eppure, Marron aveva a malapena aperto bocca, lasciando fosse lui a sfogarsi e senza azzardarsi a dirgli nulla di sconveniente.
Lei era così, riservata e timida. Solo quando, una volta ufficialmente di nuovo single, Trunks l'aveva cercata si era reso conto stesse facendo qualcosa di davvero insolito, che forse l'avrebbe messa a disagio, ma al suo invito a vedersi dopo il lavoro aveva risposto di sì e di nuovo, mentre passeggiavano sul lungomare affollato, aveva provato un senso di benessere non del tutto estraneo.
Si era chiesto come mai, con tutte le donne che si sarebbero sfilate le mutande al primo cenno, aveva cercato proprio lei.
E mentre raggiungeva ora la terrazza di quella villa per cerimonie immensa alla ricerca di un po' d'aria, tornò a domandarsi come mai il non vederla seduta al tavolo accanto ai suoi gli avesse procurato quel fastidio allo stomaco. La sensazione che un bimbo prova trovando un solo pacchetto sotto l’albero di Natale anziché i cinque tanto attesi. Sua madre pensava gli mancasse Mai...
Si appoggiò alla balaustra di ferro battuto elegantemente lavorato, allentandosi con un gesto di stizza il nodo alla cravatta rossa e sospirando sconsolato. Aveva creduto che in quella serata, dove Goten non aveva potuto presenziare per un impegno improrogabile con una rossa, avrebbe potuto parlare almeno con Marron. Anzi... lo voleva! Sentiva adesso l'urgenza di saperla vicina, tanto da essere sul punto di rientrare e domandare a Crillin e Diciotto se per caso fosse rimasta a casa.
Fece per voltarsi, togliersi quella curiosità, ma non appena si voltò la vide proprio lì.


Faceva caldo, ma all'improvviso aveva avvertito un'ondata di gelo.
L'avevo visto poco prima innervosirsi, mentre era nascosta dietro una delle colonne di quella grande sala, in attesa arrivasse il suo turno di andare alla toilette posta proprio in quell'angolo celato ai più.
E Poi l'aveva visto allontanarsi, probabilmente arrabbiato, verso l'esterno. Forse non sarebbe stata una buona idea, ma nel seguirlo le sue gambe si mossero da sole. Si spostò con cautela, senza dare nell'occhio, raggiungendo la terrazza illuminata dalle fiaccole e sentendosi improvvisamente tanto stupida. Avrebbe fatto meglio a tornare sui suoi passi, ad evitarsi una figura orrenda, ma non ebbe il tempo di retrocedere che un paio di iridi azzurre si puntarono nelle sue.
Fine dei giochi.
Forse si sarebbe arrabbiato o forse soltanto infastidito, certo era che avrebbe dovuto prendersi la sua reazione qualsiasi essa fosse stata!
Eppure, improvvisamente, la vide sorridere. Un sorriso che racchiudeva tuttavia una sorta di malinconia.
«Allora ci sei..»
Se c'era? ovvio che si!
«Sei stato tu ad invitarmi...»
Risposta più idiota non avrebbe potuto dargliela, ma la realtà era un’altra. Si sentiva inerme, a disagio, ogni qualvolta lui le rivolgeva non solo uno sguardo, ma anche una semplice parola. A lei, che lo rincorreva da quando erano bambini, cercando le sue attenzioni in diversi modi, finché non aveva smesso. Finché non era stata grande abbastanza da capire lui non fosse più il ragazzino con cui giocare o guardare i cartoni. Finché non aveva capito lui fosse interessato a ben altro, e quell’altro era Mai. 
«Non ho avuto nemmeno il tempo di salutarvi uno per uno. Queste serate mi devastano…»
Sembrava stanco, i suoi occhi racchiudevano una certa carica d’insofferenza.
«Non importa.» Un’alzata di spalle, la solita espressione paradossalmente inespressiva. A volte sembrava un po’ strana, Marron. Sembrava che nulla riuscisse a penetrare quella corazza che si era creata negli anni, per autodifesa. Aveva smesso di esternare le sue emozioni in maniera spontanea e volontaria dai primi anni dell’adolescenza, ormai, e davanti ad uno stimolo - che in quel momento era proprio lui - tendeva ad apparire distaccata, quasi fredda.
Eppure, lui continuava a guardarla. Si aspettava qualcosa? Sì… che stupida! L’aveva seguito, era lì e attorno a loro non c’era niente e nessuno sul quale poter deviare la sua attenzione.
«Stavo venendo a cercarti.»
La sorpresa, stavolta, non riuscì a celarla perfettamente, e le sopracciglia bionde s’incurvarono leggermente, così come era accaduto quel giorno, quando lui l’aveva chiamata per chiederle di uscire. Lui. A lei. Proprio lei… 
«Perché?»
Avrebbe voluto chiederglielo già allora, perché non se lo spiegava, non capiva perché improvvisamente, dopo solo una sera in cui si erano ritrovati a discorrere sulla spiaggia, lui fosse tornato a vederla. Non era trasparente da quasi dieci anni?
Trunks, mani ora infilate in tasca, busto ruotato ancora verso di lei, arricciò la bocca preso in contropiede.
“Perché…?”
«Non so. Forse… per fare due chiacchiere?» 
Sincero. O forse no. Due chiacchiere poteva farcele anche l’indomani, avrebbero soggiornato tutti a casa sua come di consueto dopo quegli eventi!
«Ah…» Marron tornò a rilassare il volto, ancora impalata a tre metri da lui. Una cretina… l’aveva cercato e adesso aveva quasi paura di avvicinarsi.
«Se non ti va, non fa niente.»
Fu così che Trunks, con un sospiro, tornò a distogliere lo sguardo e a puntarlo sull’orizzonte. Da lì, il cielo notturno si vedeva costellato e illuminato. Quel luogo era fuori città, come le principali ville lussuose del continente, e oltre l’illuminazione del parco circostante non vi erano altre luci. Impossibile godersi quello spettacolo nella metropoli.
«Sei triste?»
Si sorprese nel sentirla avvicinarsi e porgergli quella domanda con una sorta d’innocenza, la stessa che aveva da bambina. In fondo gli sembrava ancora una mocciosa, non fosse per il corpo fiorito e mutato in quello di una diciannovenne qualsiasi. Non poteva dire fosse bella da mozzare il fiato. I lineamenti del viso erano diventati sicuramente più armoniosi, il profilo delicato, ma la statura e l’eccessiva magrezza la rendevano sicuramente poco slanciata e più simile ad una ragazzina che alla donna che avrebbe dovuto essere. Ma graziosa, soprattutto quella sera. L’abito senza spalline color pesca che le arrivava svasato fino alle ginocchia, le scarpe alte ma non troppo, i capelli stranamente acconciati senza codini. 
«Non lo so…» Rispose, pacato e con un altro sospiro.
«Ti manca Mai?»
“No… ti prego, non anche tu!” Fu tentato di dirle, ma non alterato come poco prima aveva fatto con Bulma. Resistette, anche perché un fondo di verità c’era.
Si sentiva solo, in mezzo a tutte quelle coppie. Era solo… a ventiquattro anni.
«Sono nervoso. Vorrei andarmene da qui… non sopporto più nessuno.»
E anche questo era vero… non ce la faceva più a vestire i panni di uomo irreprensibile e tutto d’un pezzo. Lui era un ragazzo, fatto di carne, sangue ed emozioni. Di questo aveva bisogno, di emozioni. Forse proprio per questo, sentendosi compreso e a suo agio, aveva cercato proprio lei.
Eppure, si era accorto lei fosse a disagio, in certi momenti. Sapeva non le piacesse essere fissata, che la cosa la rendeva insofferente e arrossiva anche in modo adorabile. Eppure non ci era arrivato da solo all’unica conclusione, non subito.
«Tua madre non la prenderebbe bene.»
«Chissenefrega di mia madre. Anzi…» Si fece audace, rispolverò il suo sguardo da furbetto, quello che tanto la faceva innervosire da bambina ma che adesso, se n’era accorto, la rendeva quasi di marmo «Se ti proponessi di fare una fuga?»
Nulla di sconveniente! Nulla! Solo un giretto, lontano da quei ricconi snob e dai millesimi “Piacere di incontrarla Signor Presidente“. Avrebbe potuto farselo da solo, ma la sua compagnia era… confortante.
La guardò, sembrava divertita. Forse credeva stesse scherzando.
«Davvero, mi accompagneresti?» Insistette, facendosi serio e riuscendo a catturare finalmente tutta la sua attenzione.
«Sei serio…?» Domandò, spalancando gli occhioni e puntandoli nei suoi.
«Sempre che tu non vada a fare la spia!» Le fece l’occhiolino e ancora una volta la vide arrossire. 
«Ho smesso, non ricordi?» Marron distolse lo sguardo, appoggiando le mani appena tremolanti sulla balaustra e fissando un punto imprecisato dell’orizzonte.
«Sì. Non credevo l’avresti fatto davvero. Eri una rompipalle da bambina.»
«E tu eri odioso, Trunks. Mi trattavi sempre male!» Glielo disse con stizza, come se non si trattasse di qualcosa di passato e d’infantile. Come se questo la ferisse ancora. 
Si fece di nuovo serio, inclinando appena il capo e ripensando al sé stesso, spensierato e innocente, di allora.
«E’ vero… mi dispiace.»
Glielo disse sincero, ma lasciando intendere un significato ben più profondo. Perché aveva capito lei fosse innamorata di lui soltanto ora, dopo anni in cui era stato preso solo e soltanto da Mai anche solo per accorgersene, per accorgersi di come Marron voltasse il capo altrove quando capitava lui e la fidanzata si scambiassero effusioni in sua presenza, per accorgersi che il repentino allontanamento di Marron risalisse al periodo esatto in cui pubblicamente aveva detto di stare con Mai.
Una cotta che durava da anni e che probabilmente l’aveva fatta soffrire non poco. 
«Eravamo bambini.»
«Mi dispiace di non essermene accorto…»
Le gambe sottili della bionda presero a tremare, mentre il cuore smetteva per un attimo di pulsare. 
“Di cosa?” Le suggerì il cervello di domandare, magari per ostentare una nonchalance utile a mascherare e nascondere ancora quanto in quegli anni il suo cuore si fosse atrofizzato. Proprio quando avrebbe dovuto battere all’impazzata magari per il campione della squadra di baseball del liceo o per il giovanotto incontrato nel parco.
In fondo, per colpa di Trunks ma ancor più della propria stupidità, si era persa tutto questo. Perché non esisteva nessun altro al mondo per lei, nonostante fosse ormai rassegnata a vederlo con Mai.
Non riuscì ad articolare parola, cercò tuttavia di non mostrargli col linguaggio del corpo quanto quell’affermazione l’avesse turbata, e soprattutto di non mostrargli di aver capito.
«Con lei credevo di essere a posto. Le cose stupide che si pensano da ragazzo… al primo amore. Non esisteva null’altro.» 
Lo sentì parlare e di nuovo percepì il dolore risalire dal ventre fino al cuore. Se aveva capito, perché infierire? Ok lasciarlo sfogare per la fine di quell’amore, ma adesso che sapeva… perché?
«Credo sia meglio che io torni dentro.»
Marron si staccò dal parapetto voltandosi di scatto, pronta ad allontanarsi e a ricostruire quel muro di cemento erto tempo prima che da poco lui stesso aveva preso a demolire. L’unico modo per non soffrire era stargli alla larga, ora lo sapeva.
«Aspetta.»
Non riuscì a compiere due passi che qualcosa la bloccò all’altezza del braccio. Una morsa d’acciaio e al tempo stesso delicata, ma inaspettata. Perché aldilà dell’essersi sfiorati casualmente durante quella passeggiata fatta insieme giorni addietro, mai nessuno dei due si era azzardato a osare, fosse soltanto per un gesto istintivo come quello.
Per questo, adesso, si ritrovò a fissare incredula quelle dita perfette avvolte intorno al suo arto. 
«S-Scusa… è che…» Trunks la lasciò come avesse toccato un tizzone ardente, portandosi la stessa mano dietro la nuca per grattarla imbarazzato.
«Non fa niente.»
«Voglio davvero uscire con te Marron.»
E non era una bugia… non era per accontentarla o riparare agli anni in cui le aveva spezzato il cuore che voleva portarsela dietro in quella pazzia. 
Rimase in attesa, vedendola indugiare senza scappare ancora. Sapeva ne sarebbe stata capace, forse al suo posto avrebbe fatto lo stesso. Non aveva voluto fuggire anche lui quando un anno prima Mai gli aveva detto la verità? 
«Nel senso… non solo adesso. Cioè… potremmo provarci, no?»
Non si sarebbe mai sognato di gridare all’amore, non tanto facilmente dopo la delusione cocente. No… Ma c’era qualcosa che, già dalla sera in cui avevano parlato sull’isola, gli suggeriva vi fosse una luce in fondo al tunnel, che la sua vita non era finita solo perché con Mai le cose non erano andate come dovevano. E quella luce magari era proprio Marron, perché era difficile per lui trovarsi a suo agio con le donne, specialmente adesso che si rendeva conto di essere ormai uomo e che il suo status sociale avrebbe potuto farlo finire tra le braccia di qualche donna ambiziosa, probabilmente attratta dagli zeri sul suo conto in banca e non sinceramente innamorata.
Marron era diversa. Marron era cresciuta con lui finché lei stessa non si era tirata indietro per proteggersi da qualcosa di troppo doloroso. Quel qualcosa che adesso le stava offrendo, con immensa cautela e una briciola alla volta.
«Provare a fare cosa, Trunks?»
Le piaceva fare la finta tonta, ma stavolta s’impose di essere ferma, di non soccombere a quel sogno realizzatosi, non dopo essere quasi riuscita a convivere con quel sentimento ancora bruciante sotto la sabbia nel quale l’aveva seppellito. 
«Hai capito in che senso, Marron.»
«Non voglio essere il rimpiazzo di Mai!»
Trunks rimase spiazzato dal vigore con il quale quella ragazzina gli rispose. Sguardo come sempre inespressivo ma occhi inequivocabilmente lucidi a tradire l’emozione.
«Non lo saresti. Ogni persona è diversa…»
«Perché proprio io?»
Perché sta succedendo davvero, e solo adesso? Questa era la domanda vera. Tutto le sembrava un’enorme e letale fregatura.
Il saiyan esitò solo un istante, riflettendoci.
«Perché sei tu.»
Avrebbe potuto dirle che sentiva di potersi fidare, che di sicuro sarebbe stata una compagna sincera e fedele e che non l’avrebbe guardato come fosse una banconota ambulante. E avrebbe voluto anche dirle che quel modo di fissarlo, quasi assorto, lo faceva sentire amato. Molto più amato di quando era la stessa Mai a rivolgerle occhiate languide.
Ma le disse soltanto quelle tre parole, alzando le spalle, abbozzando un sorriso.
Lei non rispose, stavolta. Rimase ferma, zitta, lasciando che le braccia ricadessero lungo i fianchi sottili e poco accentuati. Continuò a guardarlo ma senza quella nota provocatoria, bensì come la bambina che era stata, che cercava di capirlo, di capire perché volesse ferirla ad ogni costo. Incredibile come dopo anni avesse ancora paura di lui, come se fosse lì, pronto a farle un dispetto per godere delle sue lacrime.
Poi lui le tese una mano e fu su quella che concentrò la sua attenzione. Era aperta, in attesa della sua. 
«Ti fidi di me…?» 
Poco più d’un sussurro, mentre già dall’interno potevano udire altri applausi, probabilmente rivolti all’ennesimo benefattore salito sul palco.
Non lo sapeva, Marron. O forse sì… forse poteva fidarsi, perché già da bambina lui aveva mantenuto la sua promessa. Aveva smesso di farla piangere quando lei stessa aveva capito di dover smettere di farlo a comando.
Che fosse davvero arrivato il momento di asciugarsi le lacrime, una volta per tutte?
E fu rispondendosi mentalmente a quella domanda che accettò quell’invito, e si lasciò afferrare e portare via da quella terrazza, nel vento, in quella stretta ancora troppo impacciata. 
Marron gioì, col cuore a mille, sentendolo finalmente così vicino e potendo constatare quanto il suo profumo di ragazzino fosse diventato l’odore di un uomo.
Trunks sorrise, volando senza fretta verso una meta ancora sconosciuta, ricordando a sé stesso che in fondo la sua vita non era finita, che mettersi in gioco per lui era tutto e che quella nanerottola piagnucolante avrebbe potuto essere la sua àncora di salvezza, lo scoglio cui aggrapparsi per riemergere dal mare in tempesta.
Lo stesso mare calmo che ora sorvolavano. Inaspettatamente insieme, piano piano, godendosi stavolta ogni momento, a cominciare da un primo, timido bacio.



Nota dell’autrice

Ok, credo che non ve l’aspettavate…
Conoscete una cosa chiamata ispirazione? Bene. Questa arriva quando meno te l’aspetti, a volte bastardamente mentre fai qualcosa che non puoi interrompere. Magari, poi, trovi un secondo per mettere sul foglio due righe e… testa svuotata.
Però capita anche che arrivi nel momento giusto e in un momento in cui ti senti inutile perché da ormai troppo tempo non scrivi più nulla.
Sì, mi direte, non hai ancora finito l’ultima long!
Ragazzi… quella long è ultimata da mesi… sono io che mi sono imposta di pubblicarne due capitoli a settimana. Ma credo che chi mi segue da sempre lo sa già.
Per cui, dato che già sapete che stavolta non ci sarà un seguito, mi e vi sorprendo con questa OS. 
Sapete cosa c’è di diverso? Che stavolta è tutto nuovo, ho accantonato il GT (che per forza di cose nel 2012-13 ho dovuto prendere in considerazione). 
Non ci sono due Trunks e Marron single, né in procinto di convolare a nozze, né incasinati dal sex with benefits che diventa ben altro. 
C’è un Trunks che è stato con Mai (vedete che in fondo sono buona e comunque le ho dato una possibilità anche nel presente? XD) e una Marron ben diversa da quella che sto attualmente narrando, innamorata del Presidente da una vita.
Insomma… due o tre ore di scrittura ed eccola qua. Spero apprezzerete, prendetela per quello che è, vi ho abituati a ben altro! Anche come rating...

Ah, dimenticavo!

Evil Daughter, se tu scrivi di loro, dichiarandoti ispirata da me, poi scrivo io perché mi fai salire l’ispirazione… che facciamo? Catena? Penso che gli haters della TruMar chiedono il ban! XD Ma questa cosa mi piace! 
Altra ispirazione me l’ha data Nede, che palesandosi a me dopo anni e facendomi sapere di esserci e di continuare ad amare questa coppia mi ha ridato una botta di vita pazzesca.
E come dimenticarmi di DarkWinter? Amica, alla fine l’ho pubblicata ;-)

E di tutti voi...

Un abbraccio e a domani col capitolo XXXVI di Punto a Capo!

PS.
Se vi incuriosisce la Trunks/Marron, vi linko qui sotto le due storie in cui, in un modo o nell’altro, li faccio finire insieme. 


Perchè anche la neve può essere calda
A volte basta una sola piccola scintilla a far scoppiare un incendio, a far sciogliere la neve e il gelo che avvolge due cuori.
Sono due, tutt'intorno la vita corre spasmodica. Famiglia, amici, amore. Amore? Forse non quello giusto.
Cosa accade se il fuoco arde nel momento più sbagliato e tra le persone che meno ti aspetti?



Hope
"...era bella, dannatamente bella, e non poteva negarlo.
Eppure erano usciti solo una sera, e per puro caso…
'Dannato Goten! E' colpa sua se mi ritrovo in questa situazione…'
La guardò di nuovo. Oh sì, era davvero bella…"



 
Sweetlove
   
 
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