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Autore: coopercroft    30/04/2021    0 recensioni
Ritrovare un padre dopo anni di abbandono e adozioni, finite spesso male. Sherrinford ha un nome eccentrico, come tutti nella sua singolare famiglia. Un padre chiamato “Ice Man”, una zia Eurus rinchiusa in una fortezza e uno zio detective famoso : Sherlock Holmes. Come potrà adattarsi a vivere con loro? Dopo anni di vita fisicamente disastrosa al limite dell’autodistruzione. Ritrovare un affetto stabile lo aiuterà a superare il dolore e i torti subiti?
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Rientriamo a Baker Street. Scendo dall’auto, mormoro ad Albert un saluto tirato, sono troppo abbattuto per come mi sono comportato. Mi aggiusto la giacca mentre aspetto Anthea, mi sento la guancia in fiamme, lei insiste per accompagnarmi fino di sopra.

Quando apro la porta John ci scruta entrambi severo, mi dirigo verso la cucina per bere un po' di acqua e mi rivolgo a Watson. “Rosie dov’è?” Sono preoccupato che mi veda così.

“E’ da una sua amichetta e per fortuna visto la faccia che avete entrambi.” Mi viene vicino. “E quello come te lo sei fatto?” Mi prende il volto fra le mani e mi guarda l’ematoma che mi ha lasciato Serge. Si volta verso Anthea. “Ma cosa e successo? Per Dio. Non doveva andare tutto liscio?” Appoggio il bicchiere consapevole che si arrabbieranno tutti.

 Lei, appoggiata allo stipite della cucina con le braccia conserte, è seccata. “Si, se non avesse perso la testa e avesse attaccato Serge, rimediando un bel manrovescio.”  John prende del ghiaccio secco e me lo porta. “Mettilo sulla guancia, razza di stupido.”

Sbuffo, non fanno altro che insultarmi. “Finitela di offendermi, me l’avete detto diverse volte che sono stupido.”  Hanno ragione, prendo il ghiaccio e lo tengo sul viso. Serge ha le mani pesanti e mi ha lasciato il segno. Li supero e vado a sedermi sulla poltrona.

Anthea guarda John e parte con una domanda secca. “Com’è che l’ho lasciato sereno e ha perso le staffe? Watson è successo qualcosa? Perché lui non vuole dire niente.”  Mi indica con la mano mentre cerco di stare tranquillo, ma serve a poco.

John tentenna, perché è coinvolto Sherlock, lo scongiuro avvilito.  “Sta zitto Watson, se lo viene a sapere papà le cose peggioreranno. Non voglio mettermi tra loro.”  Ci pensa un po', poi capisce che non ho preso bene la discussione con Sherlock e le dice la verità, mentre io lo guardo feroce.

Anthea ascolta attenta e annuisce, si fa un’idea del perché ho perso la testa.  “John, lasciamo stare, meglio che per adesso  Mycroft non sappia nulla.  So come guidare l’irruenza di Sherrinford che ha preso una brutta piega.”  Mi si avvicina, ma è addolcita, forse ha compreso la mia stupidaggine. “Sta arrivando tuo padre, non gli diremo nulla, e non sarà piacevole, ma sopporterai per il suo bene.”

Sollevo la testa, che adesso ha preso a farmi male, so che devo stare zitto per il bene di tutti. “Va bene, ho sbagliato e adesso pago.”  Anthea si rivolge a John. “Watson, per ora lascia perdere. Mi occupo io di lui.”

John non riesce a zittirsi, finisce per redarguirmi. “Sherlock ti ha chiesto scusa Sherrinford, e anche tu ci sei andato giù pesante.”

“Lo so, non ho scuse.”  Non dico null’altro, me ne resto imbronciato sulla poltrona con il ghiaccio e la testa che mi scoppia. C’è una specie di tregua, Anthea si perde a fissare il cellulare e John traffica in cucina. Mycroft arriva improvvisamente, quasi butta giù la porta, sembra sul punto di scoppiare, fatica a trattenere la rabbia.

Fissa Anthea, poi John e per ultimo io, si avvicina irritato e preoccupato, due stati d’animo che non riesce a gestire. 

“Dio, ma cosa ti passa per quella testa? Cerchi di farti ammazzare da Serge? Ho visto le telecamere, Sherrinford sei stato un idiota completamente inaffidabile. Nessuno lavorerebbe con una persona immatura come te.”

 Le parole di papà sono come frustate, non alzo nemmeno lo sguardo. Rimango impassibile mentre sfoga tutta la sua rabbia e anche la sua paura, mi vede avvilito e si rivolge ad Anthea.

“Tu non hai niente da dirmi? Lo dovevi sorvegliare e se non era pronto si poteva aspettare.”  È arrabbiato così tanto che ha lasciato il suo ombrello in auto, il cappotto è slacciato, la cravatta sciolta.

“Mycroft, è stato un colpo di testa imprevedibile, penso che dobbiamo adattarci che lui sia così.” Anthea lo sibila dolce, perché sa quello che nascondo. Si volta di nuovo verso di me, ma la voce ora sembra più distesa.

“E tu non dici nulla?   Sherrinford, almeno avessi la compiacenza di rispondere.”

“Papà, ho sbagliato.  Non ho scuse.”  Mi esce una frase smorzata.

Tanto basta perché la rabbia sfumi via, rotea gli occhi al soffitto, soffia, mette le mani in tasca e si avvicina. Decide di sedersi di fronte.

 “A parte il calcio che gli hai affibbiato senza motivo, la sua reazione ora la senti tutta sul tuo viso. Ne valeva la pena figliolo?”

Si ferma a guardarmi, mi scosta la mano che regge il ghiaccio e vede il ricordo che mi ha lasciato Serge. “Per Dio, Sherrinford. La prossima volta pensaci prima di fare una cosa avventata.”

 Non gli rispondo, sono talmente abbattuto che non so cosa dire, e non voglio che sappia della discussione con lo zio.  E forse preso dalla comprensione del momento difficile che sto passando, si fa più dolce. “Come stai? Hai bisogno di qualcosa?”

La mano si posa sulla mia gamba. E mi fa piacere sentire il suo calore. “Papà, sono confuso, e la testa mi fa male. Vorrei riposarmi un po'.”  Mi guarda attento e chiama John preoccupato. “Che cos’ha Watson, ma sta bene? ”

“Voglio solo riposarmi', non ho niente.”  Ma la scusa non regge perché John e già lì.

Mi sento trattato come un bambino, alzo la voce e agito il ghiaccio secco che stringo nella mano. “Sentite voglio solo una aspirina e stare al buio per un po'. Non cominciate con la solita storia.”  John fa un cenno a Mycroft , che va tutto bene, capisce che voglio rimanere da solo. Mi porta del tè e una compressa.

Mando giù tutto in fretta, e sbircio Anthea che appoggiata allo stipite della porta approva con un cenno del capo. Se devo mentire lo so fare bene, devo cercare di proteggere quel poco affetto che ora lega i due fratelli. Non sarò io a demolirlo di nuovo, Sherlock col tempo imparerà che ci sono anch’io, so perfettamente che il mio arrivo ha sconvolto degli equilibri precari.

Mycroft capirà, ma non ora, non con Auberton che preme.

“Papà, contatterò Serge e sistemerò la cosa, non preoccuparti farò del mio meglio.” Mi alzo, mi scuso con tutti, senza aspettare la sua risposta vado in camera dove crollo nel letto.

Per me la giornata avrebbe potuto terminare lì, ma ho un dovere da compiere, più tardi chiamerò quel bastardo di Serge.

 

 

 

   
 
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