Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: Nisi    30/04/2021    2 recensioni
Revisione completata, pubblicazione riprende regolarmente.
'E' piuttosto improbabile che in questi boschi lei possa incontrare l’imperatore del Giappone e consorte, quindi l’abito da cerimonia non è richiesto.”
Shiori lo guardò male, agitandogli sotto il naso un maglione di pile. “Questo abbigliamento non mi dona affatto.”
Kenji si tolse gli occhiali e le diede una buona occhiata. “E’ bella lo stesso. E badi, questo non è un complimento, ma una oggettiva osservazione della realtà!”
Non è umanamente possibile che in una persona sola si concentrino tanti difetti: piattola, lagna, viziata, macigno, pallista, intrigante, nevrotica, cozza…
Ci ho pensato su e sono giunta alla conclusione che Shiori l’abbiano fatta diventare così.
Quindi quello che ci vuole è qualcuno che la rieduchi, nella fattispecie un serioso ingegnere con una spiccata tendenza alle gaffes
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'I tre volti della Dea'
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La mattina si svegliò di buon’ora. Erano le sette, per cui fece colazione con calma, si preparò e scese ad aspettare l’arrivo di Kenji. La camicia era rimasta in camera. Aveva intenzione di farla lavare e poi di rendergliela, ma non c’era stato tempo.

Mancava qualche minuto alle nove, ma lui la stava già aspettando. “Mi scusi, è tanto che è qui?”
“No, sono appena arrivato. E comunque lei è in orario.”
“Meno male. Senta, ieri sera non le ho reso la camicia. La faccio lavare e poi gliela ritorno, va bene?”
“Non è necessario che la lavi, me la dia così com’è.”
“Ma l’ho indossata.” confessò a disagio, ma senza scendere in particolari. La flanella ruvida aveva un avuto un effetto un po’ particolare sulla sua pelle delicata.
“Non mi dispiace. Lei ha un buon profumo.”
“Anche lei.” Si lasciò sfuggire Shiori, facendosi di tutti i colori e rimanendo in silenzio.
“Certo che tra me e lei, di gaffes ne infiliamo parecchie.” Constatò l’uomo, tamburellando le dita sul volante.
“Non so cosa mi stia succedendo, di solito non…”
“Se non le spiace, vada a prendermi la camicia. Le altre che ho sono da lavare.”
“Oh, va bene.” scese dopo poco e gli consegnò il capo che lui si affrettò a indossare dopo averlo guardato meditabondo.
“Qualcosa non va?”
“No, tutto bene. Stavo solo pensando a una cosa. Venga, salga.”

Si allacciarono la cintura di sicurezza e prima di partire Kenji lanciò una buona occhiata alla donna seduta accanto a lui; una cosa la doveva ammettere: man mano che passava il tempo, Shiori Takamiya si faceva meno scocciatrice e lagnosa e più alla mano. Gli avevano sempre detto i colleghi che la nipote del vecchio era una piattola allucinante, che alternava frignate e svenimenti, però a giudicare dal tempo che aveva passato con lei, l’unico svenimento al quale aveva assistito era quello che lei aveva messo in atto dietro sua espressa richiesta e anche con un certo senso dell’umorismo. Lui stesso il vecchio lo reggeva poco, chissà come doveva essere viverci assieme. Un incubo di sicuro. Poveraccia. Però era evidente che la lontananza dal nonno facesse del gran bene a Shiori. Accese la radio sulla sua stazione preferita e si mise a canticchiare un vecchio motivo dei Green Day. Avvertendo poi lo sguardo di Shiori su di sé, le disse: “Lo so, sono stonato, non c’è bisogno di fare quella faccia.”
“No, non è stonato.”
“Lei è gentile, ma i miei stessi genitori mi hanno supplicato di non cantare. Non mi offendo, è la verità. Piuttosto, lei come è messa a voce?”
“Ho studiato canto per quindici anni.” Lo disse come se stesse confessando un omicidio.
“Ah, beh. Allora ho capito la smorfia di orrore. Ho ferito le orecchie di un’intenditrice.”
“Potrebbe smetterla di giudicarmi senza conoscermi?” sbottò Shiori.
“No, io non la stavo…”
“Invece sì. E’ da quando ci siamo visti la prima volta che lei non fa altro che prendermi in giro per come sono e per quello che faccio e dico.”
“Ah, davvero? E lei? Solo qualche minuto fa mi ha guardato orripilata a sentirmi cantare. Se non è giudicare questo?”
“Io non la stavo guardando orripilata. E’ la prima volta che sento qualcuno divertirsi a cantare in macchina. L’ho trovato… carino.”
Non era quello che Kenji pensava di sentirsi dire: “Sono uno stronzo, non c’è che dire.” Sospirò.
“Non so cosa intenda dire con quella parola, ma ha frainteso le mie intenzioni.”
“Accidenti, che sussiego. Mi mandi al diavolo direttamente, piuttosto.”
“Lo vede? Mi sta ancora giudicando.”
“E’ vero, mi scusi. Sono doppiamente stronzo.”
“Almeno se ne rende conto, è già qualcosa.”
“La gattina tira fuori gli artigli!”
“Fermi la macchina.”
“Cosa?”
“Fermi la macchina!”
“Cosa accidenti vuole fare?”
“Voglio scendere!”
“Ma è matta? Qui siamo nel bel mezzo del niente.”
“Almeno qui non c’è nessuno che mi tratta come un’idiota. Lei pensa che solo per il fatto che sono viziata, ho un sacco di soldi e un viso passabile posso essere maltrattata da lei senza nemmeno sapere cosa le ho fatto?”
Kenji frenò di colpo, tanto che entrambi fecero un balzo in avanti.
Kenji si sganciò la cintura di sicurezza e si voltò verso di lei che faceva del suo meglio per trattenere le lacrime di frustrazione che le aveva provocato quell’insopportabile Coso, perché non voleva dargli la soddisfazione di averla ferita.
“No, la prego, non pianga. Mi scusi, non ce l’avevo con lei. E adesso cosa faccio?” chiese al soffitto dell’auto mentre si passava nervosamente le dita tra i capelli.
“Mi faccia scendere.”
“E’ una buona idea. Scenda e prenda un po’ d’aria. Però non scappi, che tanto la raggiungo, visto che ho le gambe più lunghe delle sue.”
Shiori annuì e scesero dalla macchina. Shiori aveva le braccia incrociate sul petto e guardava ostinatamente a terra.
Kenji stese un braccio verso di lei, ma lo lasciò ricadere lungo il fianco. “Senta, mi dispiace. Di solito non sono così maleducato. Il fatto è che lei mi rende nervoso.”
 “Sono abituata, la gente con me si sente a disagio.” confessò Shiori amaramente.
“Non ho detto di essere a disagio, ho detto che lei mi rende nervoso.”
“Qual è la differenza?”
“Disagio vorrebbe dire invece che mi sento male in sua presenta. Essere nervoso, no.”
“Perché è nervoso?”
“Non sono abituato ad avere una donna come lei intorno. Non so come comportarmi.”
Shiori alzò lo sguardo. “Quindi non mi trova antipatica e petulante?”
“Se la tira un po’ ed è fissata con la moda, ma non è male. Con lei si può parlare.” Concesse l’uomo.”Ed è un asso negli svenimenti a comando e le piace Jane Austen.” Sorrise. “Rientriamo in macchina?”
Shiori si guardò intorno. “Le dispiace se facciamo una passeggiata qui? Ho bisogno di prendere un po’ d’aria.”
“Va bene, anche qui non è male. Prenda questo.” E le mise in mano un fazzoletto pulito.
“Sì, una donna che piange diventa brutta.”
“No, lei è bella sempre. E non è un complimento, è…”
“L’osservazione oggettiva della realtà, sì, lo so.”
Shiori si sentì meglio. Sentirsi dire che era bella, anche se era solo la constatazione di un dato di fatto, era confortante. “Andiamo?” riprese.
 “Un momento.” Kenji tornò verso la macchina, prese una borraccia e gliela porse. “ Beva, è acqua. L’aiuterà a tranquillizzarsi.”

Kenji poi si avviò lungo il sentiero che partiva dallo spiazzo nel quale si erano fermati, mentre Shiori rimaneva immobile a guardarlo. L’uomo si accorse che stava camminando da solo, quindi si girò, la vide in piedi, tornò indietro e le tese la mano. “Venga, su.”

Si addentrarono nel bosco mano nella mano. “Sta bene, è coperta abbastanza?”
“Sto bene, grazie.”
“Lei ha delle buone gambe. Cammina senza problemi.”
“Queste scarpe che mi ha fatto comprare sono molto comode. Non si fa fatica. A volte quando devo partecipare a qualche evento assieme a mio nonno, devo tendere i tacchi per tutta la giornata.”
“Non la invidio neanche un po’.”

Per un po’ proseguirono in silenzio. Il bosco era piuttosto fitto e anche lì, i susini fioriti si stendevano a perdita d’occhio. Arrivarono a una radura e improvvisamente Kenji si fermò a raccogliere un oggetto che Shiori non riuscì a riconoscere.
“Le è caduto qualcosa?”
“No.” Si rialzò e le mostrò una fragola. “Le piacciono le fragole?”
“Sì, ma quella non…” si interruppe.
Kenji si aspettava quella risposta. “Peggio per lei. Non sa cosa si perde. Non c’è paragone con quelle comprate.” Strofinò il frutto sulla manica della camicia per pulirlo e poi  se lo  cacciò in bocca. “Mmmhhh. Buonissima!”
Come già detto, Shiori era curiosa come una scimmia, per cui ora aveva proprio voglia di assaggiare quelle fragole, anche se non erano state lavate accuratamente. “Se ne trova un’altra…”
Non diede segno di aver sentito, ma dopo un po’ Shiori lo vide chinarsi ancora una volta. “Ecco!” e le avvicinò il frutto alle labbra. Shiori la assaggiò, arrossendo. “E’ buonissima, aveva ragione. Molto migliore di quelle che si comprano.”
“E’ il letame di vacca che le rende così buone.”
“Cosa?!?!” Shiori cominciò a sputare, cercando inutilmente di farlo con eleganza.
“Che cosa ha capito? Nel terreno, non sulle fragole.” Fu il commento perplesso di Kenji che si chinò a raccogliere altre due fragole. Una se la mise in bocca e l’altra la porse a Shiori. “Vede, l’ho mangiata prima di lei, niente di cui preoccuparsi.”

Camminarono ancora e si inoltrarono sempre di più nel bosco. Era passato mezzogiorno quando arrivarono a uno spiazzo attorno al quale crescevano e fiorivano meravigliosi susini.
“Che ne dice, le sembra un posto adatto per un picnic?” chiese Kenji guardandosi attorno.
“Sì, penso di sì.”
“Benissimo, allora facciamo pausa e pranziamo qui.” Aprì lo zaino, ne tirò fuori un plaid e lo stese sotto un albero particolarmente bello. Si sdraiò e si stiracchiò mentre Shiori lo guardava perplessa. “Andiamo, si metta comoda! Anzi, mi aiuti a tirare fuori il cibo.”
Kenji aveva preparato dei bento, uno ciascuno. In quello di Shiori ci aveva messo delle polpettine di riso a forma di scarpa col tacco. Suo malgrado, Shiori si mise a ridere.
“Le piace? Ci ho messo un sacco di tempo a farle. Soprattutto a ricreare il colore delle sue scarpe. Quello del fango, intendo.”
“Molto elegante, niente da dire.”
“Felice che sia di suo gradimento. La prossima volta le farò a forma di fragola. Qui c’è del tè, se ha sete. Allora… itadakimasu!” e si misero a mangiare in silenzio, quindi il pasto fu esaurito piuttosto in fretta. Dopo aver preso un sorso di tè, Kenji si sdraiò, le braccia incrociate sotto la testa.
Shiori era compostamente seduta e teneva le mani in grembo.
“Tutto bene?” Kenji la guardava.
“Sì, sì.” Rispose Shiori distrattamente. “Mi sto guardando in giro.”
“Ah, allora non le dà fastidio se mi faccio un pisolino?” Senza aspettare risposta, Kenji si sdraiò più comodamente e chiuse gli occhi.

Shiori si guardò attorno per un po’, poi riportò la sua attenzione all’uomo accanto a lei.
Non era brutto, aveva dei bei lineamenti mascolini; nel sonno sembrava più rilassato e il sarcasmo che gli era proprio non gli deformava l’espressione del viso. Come faceva a dormire con su gli occhiali? Shiori si chinò su di lui e fece per toglierglieli. Ma si fermò quando vide che lui aveva gli occhi aperti e la stava guardando.
“Scusi, io…”
“Cosa stava facendo?” chiese lui quietamente.
“Lei stava dormendo con indosso gli occhiali; siccome ho pensato che  non dovesse essere comodo, glieli volevo togliere.”
Sembrava fosse rimasto male per qualcosa. “Ah, sì, ha fatto bene. Grazie.”
“Non lo farò più, glielo prometto.”
“Perché? E’ un pensiero gentile.”
“Ma lei mi è sembrato deluso, oppure offeso.”
“Non mi offendo per così poco.” Rispose con dolcezza Kenji.
“Allora perché quella faccia?”
Kenji la ignorò. “Credo sia ora di rientrare. Che ne dice di tornare alla macchina per un’altra strada?”
“Come vuole.” Rispose Shiori che cominciava a indispettirsi della sua evasività. E anche perché non era abituata ad essere ignorata.
“Va bene, si rimetta in piedi che piego il plaid.” Era ancora brusco, anche se non era arrivato a ingiungerle di alzare le chiappe. Era evidente che però qualcosa l’aveva contrariato.

Nel giro di cinque minuti erano pronti. Kenji le tese la mano, ma lei lo, piccata, ignorò e andò avanti.
“Allora attàccati.” Borbottò Kenji a mezza voce in modo che lei non potesse sentirlo e indispettito a sua volta. Accelerò l’andatura in modo da superarla e da farle mangiare la polvere (in senso metaforico, visto il fango). Anche Shiori lo superò a sua volta, aumentando il passo, poi lui passò in testa. Sembrava una gara di atletica. Shiori lo superò, ma si dovette fermare pochi metri più avanti. Una pozzanghera parecchio profonda occupava tutto lo spazio del sentiero e non aveva idea di come oltrepassarla.
Kenji se la rideva sotto i baffi e si prese il suo tempo per raggiungerla, le mani sprofondate nelle tasche dei calzoni, e chiederle: “Posso aiutare?”
“No, grazie.”
“Benissimo. Allora ci vediamo dall’altra parte della pozzanghera.” Prese la rincorsa e la superò agilmente, mentre Shiori, dall’altra parte della melma, gli lanciava delle occhiate assassine. “Prego, la aspetto. Faccia pure con calma, tanto mancano ancora parecchie ore prima del tramonto.”
A denti stretti, Shiori dovette capitolare. “Non so come fare, ho le gambe troppo corte e se salto cado a terra.”
Kenji si infilò le mani in tasca, cercando di stare serio. “Prenda una bella rincorsa e salti. La prendo io, tanto lei è leggera, ce la farà senza problemi.”
Vedendo che Shiori esitava ancora, le propose: “Senta, se vuole torniamo indietro dall’altra strada.”
“NO! Ce la devo fare.”
Kenji sentì una punta di ammirazione per lei. “Bene, allora io sono pronto.”
Shiori si allontanò di qualche metro, poi prese la rincorsa e saltò.
Atterrò proprio a qualche centimetro dalla pozzanghera e si sbilanciò all’indietro. Kenji l’afferrò per la vita e la strinse a sé. “Tutto bene?”
“Sì, ce l’ho fatta!” sorrise trionfante, rendendosi conto subito dopo che teneva le mani appoggiate al petto di Kenji e lui la teneva tra le braccia. Fece per staccarsi, ma lui se strinse contro più saldamente.
“Mi lasci andare!” gli ordinò con una vocina un po’ stridula.
“Perché?” Già, perché? Aveva già appurato che tra le sue braccia si stava benissimo.
“Perché glielo dico io.” Pigolò per puro spirito di contraddizione mentre cercava di divincolarsi, ma lui era in una forma fisica  migliore, quindi riuscì a muoversi solo di qualche centimetro.
“Calma, si calmi. La lascerò andare, ma prima lei deve rispondere a una domanda.” E se la tirò ancora contro.
“Cosa vuole sapere?” balbettò Shiori che cominciava ad illanguidirsi. Ancora quella sensazione…
“Cosa ci ha fatto con la mia camicia?”
* * *
E buona sera! Ci sono ancora. Chiedo umilmente scusa, ma c'erano troppe cose che non mi convincevano, quindi ho riscritto parecchio... peccato che si sia saltato l'hard disk coi file salvati, non solo miei, ma anche quelli del lavoro di mio marito... un disastro! Intanto... prendete questo!
Grazie, come sempre,  a chi legge, recensisce o semplicemente passa di qui.

La canzone dei Green Day che KK canta in auto è questa: https://youtu.be/Soa3gO7tL-c Ad ogni buon conto, la storia è finalmente completa, dovrei aggiornare ogni decina di giorni o giù di lì. Non pubblico a raffica perché rileggo le cose una marea di volte, aggiungo, tolgo ecc ecc

Sentite... qualcuna avrebbe voglia di farmi da beta per questa storia? In cambio, tutta la storia completa, tanto amore, gratitudine e se siete delle mie parti, vi invito a far merenda a casa mia.

   
 
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