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Autore: Demy77    01/05/2021    3 recensioni
Cornovaglia, 1783. Dopo aver combattuto per l’esercito inglese durante la guerra di indipendenza americana Ross Poldark ritorna in patria e convola a giuste nozze con il suo grande amore, la bellissima Elizabeth Chynoweth, che lo ha atteso trepidante per tre lunghi anni.
Due giovani innamorati, una vita da costruire insieme, un sogno che sembra realizzarsi: ma basterà per trovare la felicità?
In questa ff voglio provare ad immaginare come sarebbe stata la saga di Poldark se le cose fossero andate dall’inizio secondo i piani di Ross.
Avvertimento: alcuni personaggi saranno OOC rispetto alla serie tv e ai libri.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Poco dopo il colloquio avuto con Demelza, Elizabeth annunciò che si sarebbe recata a Truro in carrozza insieme all’amica Ruth Treneglos e che non era necessario attenderla per pranzo.
Demelza fu strana tutta la mattina, e sia Prudie che miss Agatha le chiesero se stesse bene. Più volte la ragazza rispose che era solo molto stanca perché la notte precedente, a causa di un incubo, non aveva riposato a sufficienza.
Aveva riflettuto sulle parole di Elizabeth; appena era andata via le era montata una rabbia indicibile ed aveva pensato che doveva subito rivelare a Ross e sua zia l’infame ricatto subito; a mente fredda però aveva ragionato che sarebbe stato del tutto inutile.
Sarebbe stata la sua parola contro quella della signora: come avrebbero mai potuto crederle? E poi, seppure le avessero creduto, avrebbe avuto senso mettere Ross contro sua moglie? Avevano un figlio piccolo e la situazione tra di loro era già abbastanza difficile! Lei non ne avrebbe guadagnato nulla. Come avrebbe potuto continuare a lavorare in casa loro dopo aver formulato un’accusa così grave contro la padrona? Se doveva in ogni caso perdere il lavoro, tanto valeva non far soffrire inutilmente nessuno.
Demelza era turbata anche per un altro motivo: l’acredine con cui Elizabeth le aveva parlato e la determinazione mostrata nel perseguire i propri obiettivi le rendevano evidente che quella donna non si sarebbe fermata davanti a nulla. E se avesse trovato il modo di fare del male a lei e al bambino che portava in grembo? Rimanere in quella casa non era affatto sicuro, davvero le conveniva sparire per qualche tempo. Ma dove poteva andare, da sola ed incinta? Non aveva nessuno a cui chiedere aiuto. La stessa signora Agatha, che certamente le avrebbe creduto e l’avrebbe sostenuta, avrebbe brigato per mettere Ross contro sua moglie, e lei questo non lo voleva. L’unica soluzione era cercare di far ragionare la moglie di Ross, trovare con lei un compromesso, magari prendendo tempo.
Intanto, mentre Demelza si arrovellava, Elizabeth era arrivata a Truro insieme a Ruth Treneglos. Le due amiche avevano effettuato acquisti dalla sarta di fiducia, poi si erano separate, dandosi appuntamento ad ora di pranzo in un caffè, perché Elizabeth doveva incontrare una persona che era parte fondamentale nel suo piano di allontanare Demelza.
Elizabeth non disponeva di fondi propri e non poteva certo chiedere a suo marito, o al banchiere di fiducia di suo marito, i soldi necessari per allontanare la giovane dai capelli rossi.
Si era allora decisa a chiedere un prestito alla banca Warleggan; sapeva però che le banche non fanno prestiti a fondo perduto, e lei era impossibilitata a fornire garanzie, che avrebbero dovuto necessariamente coinvolgere Ross. Aveva pensato per questo di avere un primo colloquio informale con George Warleggan.
Quando la presenza della signora Poldark gli fu annunciata da uno dei suoi impiegati George rimase molto sorpreso. Pensava fosse naturale essere inviso a quella famiglia, per la maniera in cui aveva tradito Francis chiedendogli l’immediato rientro dai prestiti ed aveva indirettamente fatto cadere il disonore su di loro, con l’accusa di bancarotta; egli era poi colui che si era impossessato della storica tenuta di famiglia, dalla quale senza pietà aveva costretto la vecchia Agatha ad allontanarsi.
Elizabeth tuttavia non pareva affatto risentita nel momento in cui George la fece accomodare nel suo ufficio. Il banchiere cercò di comportarsi con nonchalance e le chiese in cosa potesse esserle utile. 
Elizabeth andò subito dritta al punto e gli disse che necessitava di una somma, da ottenere in maniera riservata e confidenziale, senza che il marito ne sapesse nulla. Tenne anche a precisare che non nutriva alcun rancore nei confronti di George, che aveva agito come oculato affarista nei rapporti con Francis, anche se questo aveva significato sacrificare la loro amicizia. Affermò che anche lei, al suo posto, si sarebbe comportata allo stesso modo e che Francis, in fondo, aveva avuto quel che meritava.
George era assolutamente ammaliato dalla bellezza di Elizabeth e non gli sembrava vero essere suo complice in un affare misterioso di cui il marito non era al corrente. George non sopportava Ross fin da quando erano ragazzi e se c’era occasione di danneggiarlo, grazie ad uno scottante segreto che poteva legarlo a sua moglie, doveva coglierla al volo. Restava però un piccolo problema: la banca non poteva concedere prestiti senza garanzia di restituzione. Elizabeth non possedeva beni immobili, le proprietà dei genitori erano ampiamente ipotecate, restava solo la possibilità che Ross facesse da garante, ma la donna lo aveva a priori escluso.
Quando cercò di spiegarglielo, Elizabeth rispose che comprendeva perfettamente la situazione, tuttavia sperava che potessero trovare un accordo di tipo diverso…
Conscia dell’ascendente che aveva sempre avuto su Warleggan, grazie alla sua bellezza, e della profonda ambizione del banchiere la moglie di Ross fece a George una proposta che non poteva rifiutare.
“Come sapete mio cugino Osborne Whitworth è imparentato con il visconte Godolphin, mentre mio padre è un buon amico di lord Falmouth; saprete anche che da qualche tempo è vacante la carica di magistrato di Truro. Bene, avevano pensato a mio marito per quell’incarico, ma lui è un idealista, un sentimentale, preso esclusivamente da quelle dannate polverose miniere, e non c’è verso di farlo ragionare. Ha rifiutato assolutamente di accettare la nomina, nonostante gli sforzi da me profusi. Certamente è interesse di tutti che venga scelto come giudice una persona equilibrata e dall’etica rigorosa, ma al tempo stesso determinata a punire con severità i crimini che sempre più spesso affliggono la nostra contea: stavo dunque pensando… perché non voi, George? In cambio di questo piccolo prestito, potrei adoperarmi con le mie conoscenze per farvi designare in sostituzione del giudice Penvenen…”
George credette di aver inteso male. Elizabeth Chynoweth avrebbe segnalato lui, il nipote di un fabbro, per la carica di magistrato del distretto? Quello sì che sarebbe stato un balzo nella scala sociale, un lasciapassare importantissimo anche per eventuali altre carriere future, come quella politica! In fin dei conti, quella che Elizabeth gli chiedeva era una somma modesta, che non avrebbe certo posto in difficoltà le finanze della banca. E poi, seppure non fosse riuscita nella sua promessa di raccomandarlo con quei notabili, non era un male che una donna affascinante come quella fosse in debito con lui… così Elizabeth uscì dalla Banca Warleggan soddisfatta, con in mano la somma che aveva richiesto, mentre George gongolava alla prospettiva di vedersi presto in toga seduto sugli scranni del tribunale.
Quando Elizabeth rientrò  a casa, Demelza cercò di evitarla; lo stesso fece con Ross, non scambiando con lui neppure una parola. Non poté però fare a meno di udire – anche perché Elizabeth, in una maniera talmente falsa da sembrare affettata, aveva fatto in modo che tutti sentissero – che la signora Poldark comunicava al marito il sospetto di essere nuovamente in dolce attesa. A quanto Demelza riuscì a comprendere, Ross non sembrò al settimo cielo, la sua reazione fu piuttosto tiepida, e cautamente consigliò alla moglie di farsi visitare presto da un medico per averne la conferma.
Dopo che la signora Agatha si era messa a letto ed aveva aiutato, come di consueto, Prudie a rigovernare la cucina, Demelza aveva salutato tutti e si era ritirata dirigendosi verso il suo cottage. Mentre rimuginava ancora sulle parole di Elizabeth si imbattè nel dottor Enys, che abitava a poca distanza. Il medico teneva gli occhi al cielo, scrutando le stelle prima di andare a letto, approfittando di una notte sgombra da nubi: mostrò così a Demelza l’Orsa Minore e la stella polare e spiegò che essa veniva utilizzata dai naviganti per orientarsi di notte, prima che venisse inventata la bussola, in quanto indicava il nord.
Demelza osservò affascinata la costellazione e constatò con rammarico quante cose ignorasse, non avendo potuto frequentare la scuola; si sentì improvvisamente triste pensando che probabilmente anche il suo bambino, maschio o femmina che fosse, avrebbe patito lo stesso destino.
“C’è qualcosa che non va, mia cara? Sai, forse noi medici siamo un po’ come i sacerdoti: curando il corpo, alla fine impariamo a curare anche l’anima, e noi come loro dobbiamo custodire i segreti che ci vengono rivelati…”
Demelza guardò il giovane medico, i suoi limpidi occhi chiari ed il sorriso cordiale, e si sentì tentata di rivelargli tutto. La sua amica Rosina aveva grandissima stima del dottor Enys e lei stessa ne aveva apprezzato la serietà e cortesia. Si trattava tuttavia del migliore amico del capitano Poldark e dirlo a lui equivaleva a dirlo a Ross.
Con una frase di circostanza Demelza si trasse d’impaccio e diede la buonanotte al dottor Enys.
Poco dopo però tornò sui suoi passi ed intercettò il medico sull’uscio di casa. “Giuda, potete giurarmi che non farete parola con nessuno, in particolare con il capitano Poldark, di ciò che vi dirò?”- disse la ragazza a bassa voce.
“Certamente” – promise il medico, e la invitò ad entrare in casa per parlare con tranquillità. Demelza gli riferì allora tutto il dialogo con la moglie di Ross avvenuto quella mattina stessa.
Dopo aver ascoltato le parole di Demelza, Dwight iniziò a camminare nervosamente per la stanza come se fosse sul punto di scoppiare, perdendo la sua proverbiale calma. Come aveva potuto Elizabeth compiere un sopruso simile? Disse che Ross doveva essere immediatamente informato della cosa.
Man mano però che Demelza gli esponeva le sue conclusioni sul perché fosse inutile riferire tutto a Ross, tanto più se era vera la notizia della seconda gravidanza, Dwight dovette convenire che la ragazza aveva ragione, che la scelta di opporsi al ricatto di Elizabeth sarebbe stata controproducente. Non tollerava però che Demelza venisse scacciata in malo modo nelle sue condizioni; aveva bisogno di un posto sicuro dove stare, e possibilmente anche di un lavoro. Gli venne un’idea e si riservò qualche giorno di tempo per verificarne la fattibilità.
Un paio di sere dopo Dwight andò a trovare Demelza al cottage. Era raggiante e le disse che aveva trovato una soluzione per lei, però doveva lasciare immediatamente Nampara. “So che per te sarà difficile, ma non devi accettare il denaro della signora Elizabeth, significherebbe accettare le sue condizioni. Devi andartene tu prima. Domani lascerai una lettera per miss Agatha e verrai qui come ogni sera. Io sarò ad attenderti per condurti  alla tua futura destinazione.”
“Che sarebbe?” – chiese Demelza curiosa.
“Lo scoprirai domani” – rispose Dwight con un sorriso furbo.
Andò proprio tutto come avevano organizzato: Demelza, con il cuore a pezzi, scrisse un breve messaggio di commiato per miss Agatha, in cui disse che le dispiaceva sparire nuovamente ma aveva le sue buone ragioni e che sperava un giorno di potergliele spiegarle di persona; nel frattempo li pregava di rispettare la sua volontà e non cercarla assolutamente.
 Si recò a casa, prese l’involto che aveva preparato fin dal mattino, legò al guinzaglio il fedele Garrick e sul retro della casa, come da accordi, trovò Dwight. “Non preoccuparti, andremo a cavallo solo per un breve tratto, poi troveremo un calesse ad attenderci. Nelle tue condizioni non è molto prudente cavalcare!”. Il dottore aveva pensato proprio a tutto. A qualche centinaio di metri da Nampara, in direzione del bivio per Sawle, trovarono un calesse; Dwight legò il suo cavallo insieme all’altro a cassetta e salì con la ragazza a bordo, raccomandando al cocchiere di tenere un’andatura regolare. Dopo qualche chilometro si trovarono davanti un enorme cancello ed imboccarono un ampio viale circondato da uno splendido giardino. Sebbene non fosse grande come il parco di Trenwith, Demelza non aveva mai visto un roseto così bello, e pensò che con i colori del giorno sarebbe stato spettacolare! Giunti all’ingresso principale del palazzo trovarono in piedi ad attenderli una graziosa fanciulla bionda, avvolta in un mantello bordeaux con un cappello in tinta, con in braccio un carlino dal pelo chiaro che non appena vide Garrick cominciò ad abbaiare, per mettere subito in chiaro con il nuovo arrivato chi fosse il padrone.
“Questo potrebbe essere un problema! – esclamò la dama bionda con un sorriso impertinente – non mi avevate parlato di cani, dottor Enys!”
“Mi sarà sfuggito, miss Penvenen. Demelza è molto affezionata al suo cagnolino e non lo avrebbe mai lasciato. Sono sicura che andrete molto d’accordo, sotto questo aspetto” – rispose lui, prestandosi allo scherzo.
Mentre le padrone acquietavano i cani, Dwight aiutò il cocchiere a slegare il suo cavallo. Quando arrivò, le due donne si erano già presentate e conversavano come vecchie amiche.
“Lavorerai qui a Killewarren almeno fino a quando tuo figlio non sarà nato. Lo zio di miss Caroline è allettato, potrai occuparti di lui, oppure dare una mano al giardiniere, mr Thompson… Ross mi ha detto che adori fiori e piante e che hai il cosiddetto pollice verde!”- disse Dwight.  
Demelza era contentissima, quel posto le piaceva e miss Caroline era molto diversa dalle dame che aveva finora conosciuto. Prima che Dwight andasse via Demelza gli si avvicinò e gli sussurrò: “Miss Caroline cosa sa di me?”
“L’essenziale – rispose il medico – che aspetti un figlio e che lavoravi per miss Agatha Poldark a Nampara. Se vorrai, sarai tu a raccontarle di più. Miss Caroline è una persona fidata, puoi stare tranquilla, non ti tradirà. Ha dato istruzioni precise anche a tutto il resto della servitù. Nessuno saprà che sei qui.”
Demelza ringraziò ancora il dottor Enys e fu accompagnata da miss Caroline in persona a visitare la sua stanza, una camera piccola ma accogliente, arredata con una graziosa tappezzeria fiorata che Demelza adorò da subito.
Mentre la giovane iniziava la sua nuova vita a Killewarren, a Nampara si scopriva la sua fuga, suscitando reazioni diverse.
La prozia Agatha cominciò ad accusare tutti gli altri dicendo che era colpa loro che Demelza fosse andata via: Jud e Prudie perché la sfruttavano per i lavori più pesanti, Elizabeth perché ne era gelosa, Ross perché era sempre preso dalle miniere e non si interessava di ciò che accadeva in casa sua.
I Paynter dissero che alla ragazza in fondo si erano affezionati e non avevano nulla a che vedere con la sua partenza, anzi ne erano dispiaciuti.
Elizabeth respinse sdegnosa ogni accusa ed affermò che Demelza era una serva capace e lei non l’avrebbe mai mandata via; evidentemente però aveva ragione fin dall’inizio a ritenerla inaffidabile, visto come si era comportata. In cuor suo tuttavia era felicissima: la cameriera era andata via di sua volontà senza dover sprecare nemmeno uno scellino! Meglio così: avrebbe fatto un uso più proficuo del denaro di George.
Ross cercò prima di calmare la zia, poi di capire: domandò se nei giorni precedenti fosse successo qualcosa, se Demelza avesse detto o fatto qualcosa di strano, e Prudie gli rispose che nei giorni precedenti era stata un po’ più cupa e silenziosa, ma null’altro.
Rilesse più e più volte quel biglietto, si recò al cottage lasciato vuoto da Demelza, inseguendo qualche indizio, qualche appiglio; si arrese poi all’evidenza, a quella categorica richiesta della ragazza di non essere cercata.
Mise a tacere con fermezza le inutili polemiche della zia ed incaricò sua moglie di scrivere una lettera alla signora Tabb, per vedere se era disponibile a lavorare di nuovo da loro, almeno per qualche ora al giorno. Prese poi il suo cavallo, Seamus, e galoppò lungo la scogliera, mentre il vento novembrino gli sferzava il volto.
Non riusciva a smettere di pensare alla ragazza e a dove potesse essere. Forse la zia aveva ragione: credeva di essersi messo a posto la coscienza dandole quel lavoro, ma poi non si era preoccupato di altro; eppure aveva avuto la sensazione che Demelza fosse a suo agio lì a Nampara, fino a quel momento.
Il pensiero che non l’avrebbe rivista mai più gli fece improvvisamente male. Era una sensazione strana, quasi come quella che provava in battaglia, in Virginia, all’idea che quel giorno poteva essere l’ultimo e che avrebbe perduto per sempre la sua Elizabeth.
Elizabeth…la donna dei suoi sogni, colei che aveva sposato e gli aveva dato un figlio, e forse ne attendeva un altro… non poteva credere che avesse qualcosa a che fare con la sparizione di Demelza. I sospetti di zia Agatha avevano sfiorato anche lui, ma li aveva rapidamente messi a tacere.
Eppure, ciò che la sua mente non voleva capire era chiaro al suo cuore….
Quella notte, dopo aver fatto l’amore con sua moglie, ebbe la netta sensazione di non essere felice, di voler essere altrove, che quella vita per cui aveva lottato a lungo e con convinzione era in realtà tutta un’illusione.
In un anno e mezzo di matrimonio non si era mai sentito compreso da Elizabeth come aveva fatto invece Demelza in quelle poche settimane.
Mentre quella donna bellissima che tutta la contea gli invidiava gli riposava a fianco, Ross si sentì profondamente in colpa, ma non riusciva a smettere di pensare ad un’altra…il ricordo di Demelza si riaffacciava prepotente alla sua mente e si rese conto che forse era un bene che se ne fosse andata. Se l’avesse avuta intorno ogni giorno, avrebbe faticato a nascondere i sentimenti che iniziava a provare per lei.

 
  
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