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Autore: Enchalott    03/05/2021    5 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Carissimi,
mettere il segno di spunta che conclude la storia è stato uno dei gesti più faticosi e solenni mai affrontati. Sembra esagerato affermarlo, ma ho impiegato tutta me stessa per dare vita a questa vicenda, che ci ha tenuto compagnia per molto tempo e si è conclusa con impensabile puntualità. L'epilogo è davvero l'ultimo saluto di "Anthos", che sto rivedendo e sarà pubblicata presto in versione cartacea ed e-book. 
Desidero ringraziare dal profondo del cuore chi mi ha seguita fino in fondo e chi lo sta ancora facendo, chi ha lasciato con costanza una recensione o un pensiero in privato e anche chi è rimasto in sordina. Spero che i miei lettori silenziosi vogliano mandarmi la loro impressione finale, poiché mi risulterebbe davvero preziosa. Resta un unico dubbio: "Anthos" è più sovrannaturale o più fantasy? Non risolverlo è forse uno dei pregi di questo mio amato scritto. Un bacio!

Epilogo
 
Seduta tra le ginocchia di Narsas, Adara ammirava il cielo turchese del Nord, che occhieggiava tra le fronde in pieno rigoglio.
Le torri grigie della fortezza svettavano maestose, ma il naturale incombere era privo di minaccia: erano un baluardo, non un’intimidazione. Leu-Mòr si intravedeva appena, nascosta tra quelle che erano divenute le sorelle maggiori. Era stata messa in sicurezza, ma il suo ingresso era rimasto serrato, nessuno era stato in grado di accedervi.
L’arciere Aethalas, la schiena addossata al tronco di un albero secolare, prese dal vassoio l’ultimo frutto, lo spaccò a metà e ripulì gli spicchi per dividerli con la moglie. Il sole creava un gioco di luce che illuminava a macchia il suoi capelli bruni e i suoi abiti leggeri, colpendo con riguardo l’orecchino scarlatto.
Sollevò gli occhi scuri, sfidando i raggi abbaglianti. Adara stava osservando Màrsali con in braccio il bimbo appena nato. Dietro di lei, Kesthar vegliava sulla sua famiglia con lo sguardo traboccante di letizia.
«Ti addolora non averne?» domandò con dolcezza.
«No. Non mi sento portata a divenire madre o sminuita se non lo sono.»
Narsas sorrise, appoggiando il coltello e attirandola a sé.
«A te dispiace?» gli chiese a sua volta, accoccolandosi nell’abbraccio.
«L’unico mio cruccio sarebbe non saperti felice. Avverto che lo sei e il mio cuore è sereno. Alcune scelte sono vocazioni, non doveri. Non è così? Inoltre sono l’ultima persona a mettere in discussione la potenza del possibile.»
Adara si girò, lasciando che lui la baciasse. Lo contemplò incantata, come ogni volta da quando era ritornato dall’aldilà. Non indossava più la fascia di bailye, ma alle sue ciocche ondulate era intrecciata una stola dorata, portata alla maniera delle tribù di anydri. Il suo abbigliamento ricordava quello elestoryano persino quando l’inverno di Iomhar tornava a farsi rispettare.
«È rimasto un melograno? Ho ancora appetito.»
Narsas gettò un’occhiata agli avanzi e allungò la mano sulle bucce avvoltolate.
«Sì» replicò, traendone una manciata.
Tese il palmo offrendole un frutto maturo e intonso. Adara non lo toccò: si limitò a posare su di lui uno sguardo trepidante.
Il giovane la fissò a sua volta. Poi abbassò la mano con un sospiro.
Bella trappola, decisamente alla mia altezza.
«Da quanto lo sai?»
«Da adesso. Prima vagheggiavo indizi senza possedere certezze.»
L’arciere scosse la testa divertito: impossibile sfuggire all’empatia di sua moglie. Che comprendesse ciò che lui era, risultava matematico. Era solo avvenuto molto presto.
«Perché non me l’hai detto, Irkalla?»
Lui le baciò il polso alla maniera passionale del Nord.
«Irkalla e Narsas. Io sono entrambi.»
«Tu… cosa?»
«Nessun inganno o puerile tentativo di rimediare in silenzio all’accaduto. Questa creatura è l’unico modo per far sì che lui ed io rimanessimo al tuo fianco per amarti in anima e corpo, per non lasciarti mai.»
Il cuore di Adara batté forte. Il Distruttore non mentiva, manteneva le promesse. Era il suo modo di ragionare e di agire a superare qualunque umana previsione.
«Ti sei reincarnato. Hai scelto Narsas e lo hai realizzato per me, sebbene per un essere superiore la forma mortale costituisca…»
«Non dirlo. Se anche fossi il risultato di una metempsicosi – e non è così - possedere un corpo di carne non sarebbe mortificante, non più. Sono altro rispetto ad Anthos. Sono Irkalla nella mia essenza divina, come sono Narsas nella sua completezza umana. Sono un noi. È arduo da comprendere, potrei paragonarmi a una candela con due fiamme e ciò, per varie ragioni, mi rende differente da quando ero il soltanto principe di Iomhar.»
Il ricordo del reggente che fissava assorto il languire di una fiaccola per poi passare il fuoco su un’altra irruppe nella mente della ragazza. Forse lui lo aveva immaginato allora, pur mostrandosi spietato e gelido.
«Cosa hanno preteso in cambio i Superiori? Se hai sconvolto le leggi universali a causa mia…»
«Sono stato io a pretendere e nessuno ha osato rifiutare. Reshkigal, Custode degli spiriti, ha richiamato l’anima di Narsas, io ne ho radunato le ceneri e ho ricreato il corpo. Il sommo Kalemi, signore del pantheon, ha concesso il tempo nel suo svolgersi mortale. In tre per tornare qui, dall’unica donna che abbiamo mai amato. Se non avessi ottenuto l’appoggio dei miei pari, avrei trovato un altro sistema e ti giuro che nessuno mi avrebbe intralciato. Nell’ultimo sussurro, Narsas mi ha chiamato signore del principio. Sono anche questo, sono fiero della metà bianca del mio cerchio. Anche se, lo ammetto, l’appellativo di dio della Distruzione crea molta più suspence.»
«Ti sei sacrificato un’altra volta» esalò la principessa, commossa dalle sue parole e rassicurata dalla sua ironia «Hai rinunciato al tuo rango.»
«No. Quando Amathira mi ha forzato in Anthos, ha bramato infliggermi la più avvilente delle sorti, scegliendo per me quella forma, questo luogo e nessun sentimento positivo. Ora sono io che ho deciso in piena coscienza e per amore. È l’esatto opposto. Non esiste vergogna, sono un essere superiore, sono eterno e adempio al mio ruolo. Ma sono anche Narsas, primogenito di Varsya, sangue impavido degli Aethalas. E sono felice.»
Adara, stretta tra le sue braccia, lo osservò con amore infinito.
«Non l’avrei mai ritenuto attuabile.»
«Non lo sarebbe, invero. Ma sono una divinità e, sebbene appaia arrogante affermarlo, compio ciò che voglio.»
La principessa gli inoltrò le dita nella chioma bruna, immergendosi nel suo sorriso.
«Se i tuoi poteri sono pieni, come riesci a contenerli senza un sigillo?»
Narsas accostò le dita all’orecchio e sfilò il pendente. Il calore del suo corpo increbbe fino a farlo rilucere, le iridi scure virarono in una sfumatura d’ambra sfolgorante, in furia e amore, nello sguardo che era unicum.
«Mai detto di non portare un sigillo. È una naturale precauzione, adottata per ovvie ragioni, ma non si tratta di un’inibizione come nel caso del Medaglione. L’hai potuto constatare in innumerevoli circostanze.»
Adara arrossì. Il Crescente non si era mai risvegliato in presenza di suo marito, non c’era stato ostacolo tra loro. Lui abbassò per un istante lo sguardo, come se fosse in imbarazzo, ma fu un evanescente istante.
«Te ne sei accorta da un pezzo. L’eccellente tranello del melograno era solo la conferma cui miravi, è così?»
Lei sembrò cercare le parole opportune.
«Ecco, tu… lui… oh, voi siete così diversi! Anche se esistete come uno, riesco a cogliere la singolarità propria a ciascuno.»
«Inevitabile, pur prestando la massima attenzione. Questa vita è il compimento dell’ultima preghiera di Narsas. Ho voluto esaudirla anzitempo. In essa intendo interferire il meno possibile, sebbene non preveda di rimanere in disparte. Non sarebbe da me. Nessuno deve sapere che sono anche il dio della Distruzione. Se l’hai compreso, significa che sono stato poco avveduto.»
«Non credo» esitò la ragazza.
«Come lo sai?»
«È quando facciamo l’amore che diventa lampante. Se sei tu, Irkalla, a travolgermi di passione rovente o se sei tu, Narsas, a stringermi con vibrante delicatezza.»
Lui avvampò, ma produsse un sorriso scaltro.
«In effetti è un campo che tende a generare conflitto.»
«Ambedue…» ripeté trasognata, mentre lui riagganciava il pendente al lobo.
Nelle sue iridi brune fluttuavano evanescenti pagliuzze del colore dell’oro puro.
Il Distruttore annuì.
«Il nostro viaggio non è mutato. Saremo in tre a percorrerlo.»
«Oh, lo è» corresse lei «Non per numero, lo siamo noi. Ho imparato da te ogni cosa, tutto ciò che è parte di me. Ti amo in ogni forma.»
«Così per me. Se non ti avessi incontrata, sarei rimasto immobile, prigioniero. Ti amo, Adara, desidero continuare ad apprendere da te.»
«Cosa potrei mai insegnarti io?»
«Mh… a ballare, per esempio.»
«Mi prendi in giro?»
«No. Sono un arciere guerriero e un arbitro divino, non ho mai provato. Danzeresti con me, mia tre volte sposa?»
«Manca la musica» mormorò lei, sollevando nel suo uno sguardo altrettanto intenso.
«Non direi» replicò Narsas, spostandole le dita sul proprio cuore.
Il battito era energico, incontrollato.
«Allora abbiamo tutto» disse Adara.
«Sì, tutto.»

ANTHOS - FINE
   
 
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