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Autore: Huffelglee2599    05/05/2021    0 recensioni
Buongiorno a tutti! Eccomi qui con una nuova e breve storiella targata Brittana. L'ispirazione è giunta durante la visione del film "The Impossible" che racconta la lotta per la sopravvivenza di questa famiglia la cui serenità è stata travolta dallo Tsunami del 2004 in Thailandia. Così ho deciso di prendere la famiglia costruita nella mia prima storia "A life together" e inserirla all'interno di questa vicenda. Il racconto si articola in soli tre capitoli che vengono narrati tramite il punto di vista di Santana e Brittany. Spero che vi piaccia e vi intrattenga..buona lettura!
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Terrore


Mi stiracchiai, sbattendo lentamente le palpebre e voltando il capo verso destra, dove ad attendermi vi era una folta chioma di capelli biondi: sorrisi, avvicinandomi a quelle striature color del grano e inspirando profondamente il loro tipico odore di lavanda che inebriò i miei sensi, facendomi sospirare. La lieve brezza data dal mio caldo fiato dovette risvegliarla: il suo corpo si mosse leggermente e il suono di un mugolio sommesso fuoriuscì dalla sua bocca, portando le mie labbra a sollevare lievemente i propri angoli, in un misto di tenerezza e divertimento -“Buongiorno”- sussurrai, con la voce roca e ancora impastata dal sonno, prima di appoggiare la guancia sul palmo della mia mano destra e attendere che il suo sguardo si posasse sul mio: aspettai solamente una manciata di secondi, prima di osservare la sua spalla sinistra ruotare completamente nella mia direzione, sentire il suo calore mischiarsi a quello del mio corpo e prendere visione dei suoi occhi che, nonostante fossero ancora assonati, mi sorridevano felici -“Buongiorno tesoro”- mormorò, sporgendosi in avanti e appoggiando delicatamente le sue labbra sottili sulle mie: sorrisi su di esse, accentuando di poco quel casto contatto, solo per poter percepire la pelle sensibile nel retro del mio collo incresparsi e una sensazione di benessere farsi largo nella mia anima, accelerando il battito cardiaco. Avvertì le sue dita accarezzarmi il fianco sinistro e il palmo della sua mano spingere leggermente il mio bacino contro il suo: sospirai pesantemente, stringendo con forza l’orlo della sua maglietta e allontanando di qualche centimetro la mia bocca dalla sua per riprendere quell’ossigeno che aveva abbandonato i miei polmoni troppo presto. Mi concessi un paio di respiri profondi, prima di tornare ad assaporare le sue dolci labbra: la mia lingua era appena passata sul suo labbro inferiore quando la mia totale immersione nel suo delizioso aroma venne interrotta dal lieve cigolio della porta di legno. Mi staccai dalla bocca di Brittany, sollevando il mio corpo quel tanto che bastava da intravedere un paio di teste emergere dal retro della porta e fare capolino nella stanza: ridacchiai, scambiando uno sguardo d’intesa con mia moglie che, attirata dallo stesso suono, aveva appoggiato i gomiti sul materasso, rivolgendo lo sguardo all’ingresso della camera -“Chi c’è lì?”- domandai in tono giocoso, pregustandomi il momento in cui si sarebbero fatte vedere. Il mio udito cominciò a percepire una serie di bisbigli, all’inizio sommessi poi sempre più rumorosi, finché di colpo ogni suono cessò: rimasi in attesa, con lo sguardo fisso sull’uscio, prima di essere travolta dal caotico trambusto dei loro schiamazzi che accompagnava un accuratissimo assalto al nostro letto -“Buongiorno!”- esordì Evolet, lanciandosi a peso morto sulla mia pancia e iniziando a punzecchiarmi i fianchi con le sue dita: risi di gusto, cercando di sottrarmi alla sua tortura e ricambiare il favore, ma dopo dieci anni di esperienza conosceva molto bene le mie contromosse, riuscendo così a evitare i miei repentini attacchi sul collo. Voltai il capo verso destra, cercando un aiuto, ma quando vidi Brittany soccombere completamente alla velocità delle mani di Luna non potei fare altro che incrementare il suono della mia risata, chiedendomi quale fosse stato l’attimo in cui le posizioni si erano invertite. Impiegai un paio di minuti, prima di riuscire a bloccare il movimento delle sue mani, afferrandole i polsi e tirandomi su per depositarle un piccolo bacio sulla fronte -“Buongiorno tesoro”- sistemai leggermente i suoi biondi capelli, prima di girarmi in direzione dell’altra peste che, dopo l’estenuante tortura, si era appollaiata sulle gambe di Brittany -“E buongiorno anche a questa piccolina”- mi sporsi in avanti, dandole un dolce bacio sulla guancia destra e rivolgendole un tenero sorriso che però non trovò alcun riscontro: sbattei velocemente le palpebre, corrugando la fronte, confusa d’innanzi al suo viso imbronciato e alle sue braccia incrociate. Dischiusi leggermente la bocca, spostando lo sguardo su Brittany per capire che cosa avessi detto di sbagliato, ma lei si limitò a sollevare le spalle, scuotendo lievemente la testa -“Non sono piccola..”- bofonchiò Luna, alzando gli occhi verso Brittany e poi posandoli nei miei per enfatizzare il concetto -“..ho sei anni adesso”- affermò decisa, mostrando con le sue manine il fatidico numero che, per lei, segnava il passaggio nel mondo degli adulti. Ridacchiai, e mia moglie con me, di fronte alla sua espressione che cercava di sostenere in maniera ferrea quello che aveva appena detto: occhi seri e bocca corrucciata, erano quelli i tratti che solcavano il suo viso; tratti che, io e Brittany, sapevamo non appartenere ad una persona come Luna: ci scambiammo una semplice occhiata, consapevoli della carta che avremmo giocato -“Mmh..e così adesso sei grande..”- cominciò Brittany, alzandosi dal letto, mentre Luna annuiva a ripetizione, non prestando alcuna attenzione al passo leggero di Brittany che si dirigeva verso la cucina -“..quindi per colazione niente waffles a forma di principesse Disney?”- percepì il suo respiro spezzarsi, mentre i suoi occhi si spalancavano, cercando subito i miei, come a trovare conferma delle parole appena udite: annuì leggermente, trattenendo a stento la risata che spingeva ad uscire d’innanzi al suo totale smarrimento, dovuto al crollo di quelle certezze così sicure che impiegarono solo una manciata di secondi per infrangersi del tutto -“No aspetta!”- Luna balzò giù dal letto, correndo freneticamente fuori dalla camera -“Aspetta mamma!”- la sentì gridare, tra le risate di Brittany, le mie e quelle di Evolet che, dopo aver sentito il delizioso menù della colazione, si precipitò anche lei in direzione della cucina. Rimasi con lo sguardo fisso sulla porta, mentre l’ombra di un tenero sorriso continuava ad indugiare sulle mie labbra, rendendo la mia espressione sempre più ebete e il mio cuore sempre più leggero: sospirai, prima di alzarmi e raggiungere la mia famiglia nella graziosa e colorata cucina messa a disposizione dal resort per ogni appartamento. Ancora stentavo a credere che avessimo seguito il consiglio di Rachel, prenotando in uno degli alberghi più lussuosi della Thailandia, anche se quello che mi lasciava realmente allibita era il fatto che avrei dovuto ringraziarla una volta tornate dal viaggio: dopo quasi due settimane di soggiorno in quel piccolo paradiso tropicale il mio livello di stress, dovuto alla vita frenetica di New York, si era notevolmente abbassato; inoltre, avevo finalmente avuto l’occasione di trascorrere intere giornate tra coccole e baci. Terminata la colazione ci preparammo per trascorrere la giornata sulla bianca spiaggia che costeggiava il resort: ero intenta a preparare la borsa quando il rapido ticchettio di piedi nudi mi distrasse dal mio compito, facendomi voltare verso sinistra -“Mami..mami..mi si sono rotte le ciabatte”- Luna fece capolino nella camera, mostrandomi dispiaciuta le sue infradito alle quali era saltato il pezzo di stoffa centrale che permetteva al piede di rimanere fisso -“Oh..non preoccuparti..”- le presi, riponendole nella borsa e facendomi un appunto mentale che mi sarei dovuta ricordare di buttarle una volta uscite di casa -“..prima di andare in spiaggia passiamo al mercato e ne compriamo un altro paio..okay?”- Luna annuì, iniziando a saltellare allegramente per la stanza, mentre Brittany faceva il suo ingresso dal bagno con in mano i costumi di ricambio per le bambine: li infilò nella sua borsa, prima di chiudere la cerniera e posizionare la tracolla sulla sua spalla destra -“Allora siamo pronte?”- la voce di Evolet penetrò nelle sottili pareti della nostra camera, mentre la sua risposta affermativa sottolineava la sua disperata urgenza di uscire da quell’appartamento per tuffarsi nelle limpide acque dell’oceano: io e Brittany ridacchiammo, cominciando a spostarci verso la porta d’ingresso -“Ah..Britt?”- la chiamai, ricordandomi che dovevamo fare tappa alle bancarelle -“Dobbiamo fermarci al mercato..a Luna si sono rotte le ciabatte”- al suono di quelle parole Evolet sbuffò leggermente, mentre Brittany sorrise raggiante, rinvigorita da chissà quale pensiero -“Uhh..ottimo! Così magari compro anche qualche vestito e vedo se ci sono delle riviste interessanti”- il tonfo della fronte di Evolet che sbatteva con violenza contro la porta principale fece corrugare le mie sopracciglia e assumere al mio volto un’espressione di rimprovero per la sua totale mancanza di pazienza, ma mi spinse anche a prendere una decisione -“Perché tu e Luna non andate al mercato, mentre io porto miss insofferenza in spiaggia?”- Evolet si voltò di scatto, iniziando ad annuire a ripetizione e a saltellare smaniosa, non prima di avermi rivolto una breve linguaccia -“Okay..allora a dopo”- Brittany si avvicinò, appoggiando delicatamente le sue labbra sulle mie e regalandomi un dolce bacio: sorrisi, una volta staccate -“A dopo”- Uscite dall’appartamento io ed Evolet ci dirigemmo verso destra, procedendo per un sabbioso e ombroso viale, dovuto alla presenza di numerose palme, che ci avrebbe condotte alla fatidica spiaggia. Giunte alla meta mi posizionai nel solito ombrellone, cominciando a disfare la borsa e a stendere i teli sopra ai lettini -“Mami posso andare a fare il bagno?”- sollevai il capo, ritrovandomi una Evolet già completamente svestita e con in mano la sua maschera rossa per poter andare a caccia dei pesci più belli -“D’accordo..”- sospirai, irrimediabilmente sconfitta dal suo incontenibile entusiasmo -“..ma mi raccomando..non allontanarti e rimani vicino alla riva..”- non ebbi nemmeno il tempo di finire la frase che, dopo due brevi accenni col capo, Evolet schizzò verso il mare -“..appena ho finito ti raggiungo!”- le gridai dietro, prima di sospirare e sollevare gli occhi al cielo. Una volta sistemata la postazione mi apprestai a raggiungere mia figlia: camminai rapidamente sulla sabbia, troppo calda perché i miei piedi potessero indugiare su di essa più di qualche secondo, fino a raggiungere la riva ed immergere le dita nella fresca acqua dell’oceano. Spostai due volte lo sguardo da destra a sinistra, prima di individuare una chioma bionda e un paio di piedini sbattere velocemente sul filo della superfice: sorrisi, incrociando le braccia al petto e osservando i movimenti di Evolet, tra tuffi, verticali e strane acrobazie che avevano la capacità di farmi piangere dal ridere. Dopo una decina di minuti Evolet riemerse dall’acqua, correndomi incontro per condividere la freschezza del suo corpo con la calura del mio: cercai di schivare il contatto, ma dopo pochi istanti mi ritrovai le sue braccia intorno alla vita e percepì un intenso brivido percorrermi la schiena, provocato anche da un forte vento che si era innalzato senza preavviso, dissuadendomi dal fare il bagno. Ritornai con Evolet all’ombrellone e la aiutai ad asciugarsi, soprattutto con i capelli che, una volta nascosti sotto il telo, scompigliai energicamente, provocandole una leggera risata: la divertiva sempre quel piccolo giochino -“Ev..ti andrebbe di rimanere a mangiare qui per pranzo?”- annuì con vigore, mentre il suono ovattato della sua risposta giungeva al mio udito, facendomi sorridere: nella mia mente stava prendendo forma una piccola sorpresa per Brittany -“Ottimo..allora..”- distesi il telo sul tettuccio del lettino per farlo asciugare -“..andiamo al ristorante..così prenotiamo”- mi infilai la maglietta del copri costume, e così anche Evolet, prima di dirigermi all’interno della struttura adiacente alla spiaggia. Eravamo dentro da qualche minuto quando lo stridente gracchiare degli uccelli mi fece voltare in direzione della spiaggia: corrugai la fronte, confusa alla vista di un immenso nugolo di volatili che sorvolavano rapidi il complesso di ombrelloni. Rimasi con lo sguardo fisso sulla battigia, cercando di capire a che cosa fosse dovuto tutto quel trambusto, finché il mio udito non venne distratto dal rumore dei pannelli di plastica che cominciarono a vibrare con fragore, incrementando il battito del mio cuore e l’affanno del mio respiro: che cosa stava succedendo? Le grida che raggiunsero le mie orecchie e l’acqua che si propagava con velocità lungo tutta la spiaggia, travolgendo ombrelloni e lettini, risposero alla mia domanda: il fiato mi si bloccò in gola mentre, afferrando la mano di Evolet, mi precipitavo fuori dal ristorante, cercando una salvezza che, dopo pochi istanti, venne inghiottita dalla forza del mare.
 

Sospirai sconsolata, afferrando la gruccia e riponendo il vestito nell’apposito appendiabiti: dopo quasi dieci minuti di ricerca non ero riuscita a trovare nulla che mi piacesse o che potesse trovare il favore dei gusti di Santana. Lasciai andare un piccolo sbuffo di irritazione, prima di procedere verso l’ultima bancarella su cui avrei posato lo sguardo quel giorno: mi avvicinai al tavolo, passando i polpastrelli sulle diverse collane che occupavano la bianca superfice del ripiano e ammirando le varie pietre incastonate nell’argentato gioiello -“Mamma..mamma..guarda quanti uccelli!”- sbattei velocemente le palpebre, distogliendo l’attenzione da quelle meraviglie per rivolgerla al cielo, dove un enorme stormo di uccelli volava rapidamente verso il centro della città: sorrisi, abbagliata dalla bellezza dei loro colori, appoggiando la mano sinistra sul capo di Luna. Il momento di ammirazione venne interrotto da un assordante frastuono, come di migliaia di vetri che andavano in mille pezzi, e dal vociare delle persone che, di colpo, assunse le sembianze di un grido di disperazione: mi voltai di scatto, avvertendo il battito del mio cuore accelerare la corsa e il mio respiro diventare sempre più precario, quasi fino a scomparire, quando nei miei occhi prese forma la visione di una gigantesca massa d’acqua che si muoveva rapidamente verso di noi. Rimasi bloccata per un istante, talmente terrorizzata dalle conseguenze che la mia mente stava elaborando da non riuscire a controllare nessun muscolo del mio corpo, così rigido e incredulo da sembrare fatto di piombo: solo nel momento in cui avvertì le braccia di Luna circondare disperatamente la mia gamba destra riuscì a riacquistare quel barlume di lucidità che mi permise di sollevarla da terra e di cominciare a correre. I miei piedi si mossero rapidi solo per una frazione di secondo, prima che la violenza dell’onda travolgesse le mie gambe, facendomi cadere di schiena, e sommergesse il mio corpo nella sua infernale spirale: chiusi gli occhi, cercando di trattenere Luna al mio petto, mentre la forza dell’acqua mi spingeva inesorabilmente in avanti, facendomi scontrare con qualsiasi cosa interferisse il suo passaggio. Strinsi i denti, gemendo dal dolore, nel percepire la pelle delle mie ginocchia strusciare sul duro asfalto della strada, la mia schiena sbattere contro le pareti degli edifici e le mie cosce essere lacerate dai rami degli alberi che erano caduti. Nonostante il battito del mio cuore continuasse a pulsare con fragore nel mio petto, estendendosi per tutto il mio corpo, fino alle tempie, sentivo le forze cominciare ad abbandonare i miei muscoli: il dolore alle braccia, dovuto ai numerosi detriti che avevano squarciato la mia carne, era divenuto troppo intenso per riuscire a mantenere, ancora per molto, una salda presa intorno al corpicino di Luna. Dovevo cercare di combattere la pressione dell'acqua che continuava a trascinarmi verso il basso e riemergere, dovevo prendere il controllo della situazione, dovevo respirare: aprì gli occhi di scatto, avvertendo il mio istinto di sopravvivenza risvegliarsi e prendere il sopravvento sulla furia del mare quel tanto che bastava da permettermi di muovere le gambe e allungare il braccio destro verso l'alto, alla disperata ricerca di una via d'uscita. Un lieve singulto lasciò la mia bocca quando percepì i miei polpastrelli essere sfiorati dalla leggera brezza esterna: mossi con vigore le gambe, soffocando tra i denti la sofferenza provocata dalle numerose ferite e dalle diverse botte che il mio corpo aveva subito e cercando di raggiungere l'agognata superfice. Ero sul punto di riemergere quando il mio fianco destro venne reciso da qualcosa di così  appuntito da farmi gridare per il lancinante dolore che mi causò: avvertì i miei muscoli perdere resistenza mentre, costretta ad abbassare la mano per stringere la porzione di pelle trafitta, sentivo il corpo di Luna staccarsi dal mio. Cercai di sorreggerla, di tenerla vicina a me, ma la prepotenza del mare era troppo vorace per concedermi quella possibilità: il pulsare del mio cuore divenne sempre più intenso, mentre percepivo ogni secondo in cui il suo corpo veniva strappato dal mio braccio sinistro. Il suono ovattato della mia voce che gridava il suo nome rimbombò nelle mie orecchie, incrementando lo stato di angoscia che avvinghiava con ferocia la mia anima: non riuscivo più a individuare la sua figura in quelle torbide acque. Con il battito cardiaco fuori controllo nuotai velocemente verso l'alto, riuscendo finalmente ad emergere da quel soffocante abisso: il mio respiro era talmente affannato che ad ogni inspirazione sentivo la mia cassa toracica contrarsi dolorante. Cominciai a guardarmi intorno, disorientata e spaventata da ciò che si poneva d’innanzi al mio sguardo: l'onda aveva raso al suolo ogni cosa, dagli edifici, di cui si riusciva ad intravedere solo il tetto, agli alberi, i cui tronchi galleggiavano sulla superfice, fino alle macchine, le cui carcasse venivano trasportate con facilità dalla corrente. Un singhiozzo si sprigionò nella mia anima, facendola vibrare di puro terrore -"Luna!”- gridai, con tutto il fiato che avevo in corpo, muovendomi freneticamente in tutte le direzioni per tentare di intravedere qualcosa -"Luna!”- urlai, con l’angoscia che attanagliava la mia voce e la disperazione che ghermiva il mio cuore. La corrente continuava a trascinarmi in avanti, impedendo alla mia vista di soffermarsi per più di qualche secondo sulla distesa d’acqua che mi circondava. Il mio corpo iniziò a tremare, mentre una sensazione di vertigine si propagava all'interno del mio spirito, rendendomi incredibilmente debole: l’affanno del mio respiro cominciò ad accentuarsi nel momento in cui avvertì la mia percezione visiva perdere efficacia e la forza che aveva caratterizzato gli ultimi istanti svanire insieme al dolore fisico. Iniziai a muovermi convulsamente, cercando di non lasciarmi sopraffare dalle mie stesse emozioni, ma di combattere quell'insidiosa corrente che tentava in tutti i modi di inghiottire il mio respiro: sollevai il capo verso l'alto, puntando i miei occhi in direzione del cielo, mentre lottavo con il livello dell'acqua e la sua esigenza di trascinare il mio corpo nella desolazione del suo oblio -"Luna!”- gridai di nuovo, con la voce rotta dalle prime lacrime che iniziarono a solcare le mie guance, mischiando il loro calore con quello lasciato dal sangue. Una serie di singhiozzi prese il possesso della mia gola, facendo sussultare di angoscia il mio cuore e di dolore la mia anima: ero avvolta in un’asfissiante spirale di sofferenza e terrore che dava sempre meno spazio al mio respiro e che non mi permetteva di vedere alcuna possibilità di salvezza. Riportai lo sguardo sulla devastazione che mi circondava, tentando nuovamente di individuare la sua figura tra i numerosi detriti che erano stati trascinati fin lì dalla furia della corrente, ma i miei occhi, persi ed appannati, non riuscivano a trovarla: un lamento di frustrazione e impotenza abbandonò la mia bocca, mentre altre gocce salate ricoprivano le mie gote, di fronte allo straziante epilogo. Urlai, con il fiato che si spezzava nel centro della mia gola, con il viso tumefatto e stravolto dal pianto; urlai, mentre il dolore diventava troppo intenso per riuscire ad essere contenuto nel mio corpo e la mia anima si sgretolava, scomparendo per sempre: mi voltai, prendendo sempre più coscienza dei danni causati da quell'enorme onda e chiedendomi in che condizioni fossero Santana ed Evolet, se ce l'avessero fatta. Il mio labbro inferiore tremò, mentre la risposta prendeva forma davanti ai miei occhi, dando il colpo di grazia al mio cuore: deglutì, prima di rivolgere lo sguardo verso il cielo e lasciarmi andare. Percepì il livello dell'acqua alzarsi e raggiungere il mio respiro, ma prima di venire inghiottita dall'oscurità un fragile e spezzato suono raggiunse il mio udito, bloccando il mio sconforto: sollevai la testa di scatto, cercando di identificare il punto da cui era partito quel rumore. Sentivo i battiti del mio cuore accelerare la corsa mentre, con l’affanno nei polmoni, spingevo il mio corpo verso l'alto per avere una visione d'insieme maggiore: dopo tre poderosi slanci intravidi una mano emergere dalla superfice dell'acqua -"Luna!"- cominciai a nuotare in direzione di quel breve accenno di vita, cercando di resistere alle lancinanti fitte che colpivano il mio fianco destro e all'insaziabile forza della corrente che, nonostante mi trainasse in avanti, non mi permetteva di raggiungerla lateralmente, allontanandomi dal punto in cui era apparsa. Digrignai i denti mentre, con tutta l'energia che mi era rimasta, mi lanciavo verso quel barlume di speranza -“Luna!”- mi guardai intorno un paio di volte, finché il livello dell'acqua alla mia destra si sollevò, portando alla luce il suo viso: mi mossi rapidamente verso il suo corpo che aveva iniziato a dimenarsi con insistenza per riuscire a rimanere a galla -"Mamma! Mamma!”- sentire il terrore nella sua voce fu un'altra pugnalata al mio cuore -"Sono qui!”- urlai, con il magone che attanagliava le mie corde vocali e lo stomaco che si contorceva in una stridente morsa. Al suono del mio grido il suo capo si voltò nella mia direzione, facendomi scontrare con l'incredulità dei suoi occhi neri e con l’espressione di panico che contrassegnava il suo viso -"Mamma!”- si mosse verso di me, tentando di raggiungermi, mentre io compivo lo stesso movimento, alla disperata ricerca di quel contatto che mi avrebbe ridato vita e speranza. Dopo una manciata di secondi riuscì ad avvicinarmi al suo corpo quel tanto che bastava da avere la possibilità di sfiorare le dita della sua mano sinistra: percepì i miei occhi diventare sempre più caldi finché, una volta intrecciate le nostre mani, una cospicua quantità di lacrime si riversò sulle mie guance. Circondai il suo corpo tra le mie braccia, stringendolo in maniera così intensa che per un momento temetti di farle male: allentai lievemente la presa, cominciando ad accarezzarle la schiena e a posare una serie di piccoli baci tra i suoi capelli bagnati -"Oh tesoro mio”- tremava, ed io con lei, mentre le sue gambe cingevano con disperazione la mia vita e le sue braccia si incrociavano con paura intorno al mio collo -"Andrà tutto bene..ci sono io adesso..andrà tutto bene"- deglutì mentre, osservando la desolazione che mi assediava, mi risultava difficile credere alle mie stesse parole.
 


Sentivo la mia pelle spaccarsi e i miei muscoli bruciare, mentre tentavo per l’ennesima volta di raggiungere la superfice: mossi con disperata insistenza le gambe e le braccia, fino a quando le mie dita non assaporarono il caldo vento estivo. Una serie di affannati e irregolari sospiri cominciò ad attanagliare il mio udito mentre, con il cuore in gola e gli occhi smarriti, tentavo di intravedere la sua figura: non ero riuscita a resistere alla violenza dell'acqua, non ero stata in grado di tenere salda la presa intorno alla sua mano, l'avevo persa -"Evolet!”- gridai, con la voce smorzata dalla stanchezza e dai primi soffocanti singulti che avevano preso forma nella mia trachea. Continuai a guardarmi freneticamente intorno, mentre la corrente non accennava a darmi tregua, trascinando con insaziabile rapidità il mio corpo verso altre insidie e detriti: mugugnai di dolore nel percepire le mie caviglie essere tagliate dai rami degli alberi e le mie braccia venire martoriate da alcuni pezzi di vetro che erano rimasti incastrati nella mia carne. Un lamento di dolore e afflizione lasciò la mia bocca, mentre avvertivo le mie iridi riempirsi di lacrime e il mio cuore incrinare il suo battito, facendomi mancare per un istante il respiro: ero talmente immersa nella sofferenza della mia anima che quando il mio corpo andò a sbattere contro il tronco di un albero impiegai diversi secondi prima di rendermene conto e di sollevare quelle braccia ormai prive di vita. Abbandonai la fronte sul duro e scorticato legno, distrutta da quell'incessante lotta di resistenza che aveva prosciugato le mie forze e devastato il mio cuore: chiusi gli occhi, mentre le mie spalle cominciavano a scuotersi, colpite da una pioggia di lacrime che si riversò copiosa nelle buie e polverose acque sottostanti. Le mie braccia iniziarono a tremare mentre, stringendo con forza l'albero, mi lasciavo andare ad uno spezzato e angosciante urlo che fece risuonare la mia cassa toracica, vibrare la mia gola e irrigidire il mio spirito: ero in totale balia del terrore e di quella devastazione, osservata dai miei occhi e avvertita dalla mia anima, che continuava a farmi scontrare con la possibilità di aver perso ogni cosa. Scossi il capo, affondando i miei denti nella tremante e scorticata pelle del mio labbro inferiore, mentre, inutilmente, cercavo di contenere quella sofferenza che, secondo dopo secondo, sentivo divorarmi l'anima: gridai, straziata dall'assenza di speranza e dalla paura che non ci fosse più una vita alla quale mi sarei potuta aggrappare. Riaprì stancamente gli occhi, osservando con ormai distaccato interesse la distruzione che mi circondava e non prestando più attenzione alla foga dell’acqua che continuava a voler sommergere il mio corpo nell’oscurità del suo abisso: l’affanno del mio respiro si fece sempre più intenso, mentre percepivo i muscoli dei miei bicipiti perdere vigore, assecondando la fine di una lotta che non aveva più senso portare avanti. Stavo per abbandonarmi al destino quando di colpo mi bloccai: qualcosa aveva attirato l'attenzione dei miei occhi, qualcosa che dal nulla era spuntato dalla superfice dell'acqua, risvegliando il mio battito cardiaco. Deglutì, mentre percepivo il calore delle lacrime raggiungere le mie iridi e colmarle di gioia alla vista di una bionda chioma di capelli bagnati -"Evolet!”- l’affanno del mio respiro e l'incessante pulsare del mio cuore caratterizzarono l'istante in cui il suo capo si voltò, portando alla luce il terrore del suo viso e la speranza dei suoi occhi -"Mami!”- incredula e spaventata iniziò a nuotare verso di me, tentando di raggiungermi, mentre io facevo lo stesso, rinvigorita da una sensazione di speranza che si era impossessata della mia anima non appena avevo udito la sua voce. Mi muovevo con disperata insistenza, cercando di avvicinarmi a lei il prima possibile, ma l’insaziabile aggressività della corrente non mi permetteva di annullare quella maledetta distanza e riabbracciare mia figlia: un lamento di frustrazione abbandonò la mia bocca, mentre osservavo il corpo di Evolet continuare ad allontanarsi dal mio. Respirai profondamente, raggruppando tutte le energie che mi erano rimaste e chiedendo al mio cuore di resistere ancora per qualche istante, giusto il tempo di salvarla, prima di riprendere la mia folle corsa verso di lei. Più il mio corpo si muoveva, più la pesantezza dei miei muscoli cresceva e l'aria nei miei polmoni calava, accentuando il mio dolore fisico e il suono del mio affanno: strinsi i denti, mentre con l'ultima bracciata riuscivo finalmente a percepire il calore delle sue dita. La mia anima venne scossa da un singulto nel momento in cui avvertì il suo corpo intrecciarsi al mio, alla disperata ricerca di quel conforto e di quella sicurezza che io stessa stavo inseguendo. Aumentai la presa intorno alla sua schiena, accarezzandola dolcemente, mentre potevo distinguere il numero delle lacrime che abbandonavano i suoi occhi e sentire con angosciante chiarezza l'intensità dei tremori che accompagnavano i suoi singhiozzi  -“È tutto okay piccola mia..è tutto okay"- tentai di rassicurarla, dandole un dolce bacio sulla fronte, nonostante il tono debole e incrinato della mia voce facesse emergere un'altra realtà -"Ho tanta paura mami"- sussurrò tra i singulti, stringendo con forza i miei capelli e appoggiando il capo sulla mia spalla sinistra. Deglutì, cercando di trattenere la copiosa quantità di gocce salate che avvertivo racchiudere le mie iridi e di prendere tempo per regolare i battiti accelerati del mio cuore e schiarire la mia gola -"Anch'io..anch'io ho paura..”- Evolet sollevò la testa, portando i suoi rossi e umidi occhi nei miei, quasi sorpresa, ma al tempo stesso confortata dalle mie parole -"..ma adesso siamo insieme..”- alzai la mano sinistra, sfiorando con il pollice il piccolo taglio che aveva sullo zigomo -"..vedrai che andrà tutto bene”- mi sporsi in avanti, appoggiando la mia fronte sulla sua, mentre un suo lieve movimento del capo dava sostegno alle mie fragili sicurezze. Chiusi gli occhi, lasciando ad alcune lacrime la possibilità di rigare le mie guance e prendendo un respiro profondo per ripristinare il giusto apporto di ossigeno: nonostante avessi smesso di muovermi il fiato continuava a mancare e i muscoli non accennavano a riprendere vigore, ero stanca e avevo bisogno di reggermi a qualcosa che mi permettesse di recuperare a pieno le mie energie per riuscire a proteggere Evolet -"Mami..guarda"- sbattei lentamente le palpebre, osservando la direzione del suo sguardo, prima di voltare il capo verso destra ed entrare in contatto con il tronco di un albero che sostava a pochi metri da noi: tirai un sospiro di sollievo, assecondando per la prima volta la forza della corrente che ci trascinava esattamente verso quel punto. Stremata dall’implacabile violenza degli ultimi avvenimenti mi accasciai su quel pezzo di legno, trovando finalmente ristoro per le mie braccia, che distesi sopra al tronco, e per le mie gambe che, ormai prive di forza, abbandonai al flusso della corrente. Rimasi in quella posizione per qualche minuto, godendo della sensazione di poter sentire i propri muscoli riacquistare sensibilità e di percepire la frequenza del proprio respiro ritornare al giusto livello, prima di sollevare il braccio sinistro e aiutare Evolet a salire sul tronco: la struttura dell’albero era molto robusta e la grandezza della sua circonferenza ci consentiva di issarci sopra senza alcun particolare pericolo. Nell’ultimo tratto spinsi il suo fianco destro verso l’alto, favorendo così la sua elevazione e permettendole di ritrovarsi seduta sul tronco -“Oh..fai attenzione tesoro”- mi aggrappai alla sua gamba destra, ripristinando quell’equilibro che era venuto meno nel momento in cui il suo corpo si era appoggiato alla superfice del legno. Una volta assicuratami della sua stabilità mi apprestai a fare lo stesso: posizionai i palmi delle mani sulla parte superiore del fusto, prima di raccogliere le energie ritrovate e indirizzarle nei muscoli dei miei bicipiti. Strinsi i denti mentre, tirando fuori il mio corpo dall’acqua, le mie braccia tornavano a tremare, martoriate dalle ferite e dai piccoli frammenti di vetro che, ad ogni sforzo, sembravano insinuarsi più a fondo: percepì il calore del sangue scivolare lungo i miei avanbracci, fino a raggiungere la zona dei polsi, dove presero forma diverse chiazze -“Mami”- sollevai lo sguardo, preoccupata che il tono angosciato di Evolet fosse rivolto a qualcosa che stesse arrivando alle mie spalle, ma dovetti ricredermi quando mi resi conto che i suoi irrequieti e spaventati occhi vagavano sul sangue che colava dalle mie braccia -“È tutto okay tesoro”- sbiascicai mentre, raggiungendo l’apice dello sforzo, riuscivo a sollevare la gamba destra e a portarla dall’altra parte del tronco: mi fermai per un istante, giusto il tempo di riprendere fiato e di attutire il dolore dato dall’indolenzimento dei muscoli, prima di allungare le braccia in avanti e intrecciare le mie dita a quelle di Evolet -“Visto..è andato tutto bene”- accennai un lieve sorriso, sfiorando con i polpastrelli il dorso delle sue mani per cercare di tranquillizzarla e farle alzare lo sguardo. Deglutì, avvertendo il mio cuore infossarsi nel petto, nell’istante in cui i suoi occhi entrarono in contatto con i miei: dalle sfumature delle sue iridi non emergevano soltanto lacrime, paura e angoscia, ma trovava terreno anche una domanda, una domanda a cui non ero in grado di rispondere, a cui non volevo rispondere perché, se da un lato il mio cuore mi suggeriva che erano ancora vive, dall’altro, la realtà sembrava indicarmi la strada opposta, conducendomi in uno stato di sofferenza che avrei potuto benissimo affiancare alla morte. Sbattei velocemente le palpebre, cercando di fermare il calore che si stava impossessando dei miei occhi e di impedire a diverse lacrime di bagnare le mie guance, mentre stringevo la presa intorno alle sue mani -“Loro..”- sussurrai, con la voce debole e spezzata dal magone che ghermiva la mia gola: mi presi qualche secondo prima di ritentare -“..loro..”- il mio labbro inferiore iniziò a tremare mentre, chiudendo gli occhi, mi lasciavo andare allo sconforto: una serie di singhiozzi prese il possesso del mio corpo, facendo scuotere le mie spalle e vibrare la mia anima. L’intensità del dolore che stavo provando venne alleviata dal calore delle braccia di Evolet che avvolsero il mio corpo con urgenza, come se si volesse scusare per avermi implicitamente chiesto della mamma e di Luna: ricambiai prontamente il suo gesto, accarezzandole dolcemente la schiena per farle capire che non doveva sentirsi in colpa. Il benessere portato da quel necessario abbraccio venne bruscamente interrotto da un forte boato: mi voltai di scatto verso sinistra, rimanendo paralizzata alla vista di un’altra onda.
   
 
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