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Autore: EllyPi    05/05/2021    0 recensioni
Dopo la morte del tiranno Galbatorix ognuno prese la sua strada, due donne sedevano sui loro troni, due cavalieri alla ricerca di qualcosa. Il destino a volte porta a risultati diversi da ogni speculazione e previsione. Come procederà la storia di Alagaesia dopo la pace?
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castigo, Eragon, Galbatorix, Murtagh, Nasuada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Roran e Katrina furono i primi a scendere dalla carrozza, tirandosi dietro la bambina dal capo di fuoco, che camminava ancora meglio della volta precedente che Murtagh l’aveva vista. Dopo di loro, apparvero da un’altro carro coperto e decorato, Elain e Horst, che sembrava un gigante ripiegato in una scatola minuscola. Infatti, una volta toccato il terreno, la sua testa spiccava completamente oltre l’altezza della carrozza. Nasuada avanzò prontamente per salutarli, andando prima dal conte, poi dalla moglie, attendendo che si svolgessero i rituali soliti a cui si era abituata da quando era stata nominata regina. Elain l’accolse quasi come una madre: la prese per le spalle delicatamente, poi si scostò all’indietro per vederla per intero. “Vostra maestà, si vede che siete ritornata in salute!”
Nasuada la ringrazio con delicatezza, ma le punte delle sue orecchie erano quasi viola dall’imbarazzo. Fortunatamente, solo il Cavaliere riuscì a notare quel dettaglio, conoscendola meglio di tutti, poiché il pigmento nella pelle copriva la reazione piuttosto bene.
Murtagh si fece avanti anche lui, salutando il cugino, che lo abbracciò senza eccessivo calore, ma comunque familiarmente, poi la moglie. Scompigliò i capelli rossi alla bambina con un sorriso, prima di andare davanti al fabbro e alla consorte. Horst lo braccò in una stretta, che quasi lo soffocò. “Carvahall è rimasta ormai senza le braccia forti e laboriose dei miei figli, e devo dire che anche le vostre non mi dispiacevano.”
Murtagh ridacchiò tra sé a quell’impacciata dimostrazione di affetto, ricambiando la nostalgia per il villaggio. Elain lo salutò di cuore, diventando poi paonazza quando Murtagh le baciò la mano.
“Bene, da questa parte.” , pronunciò Nasuada.
Mentre si dirigevano in uno dei salotti privati della regina, Elain sospirava estasiata entrando in ogni corridoio. Evidentemente non era mai entrata in un castello, men che meno in quello reale.
Si accomodarono accanto al camino, che aveva solo qualche residuo di brace per scaldare i freddi muri di pietra. Elain sedeva accanto al marito, la mani giunte che tremavano leggermente per l’emozione. Roran sorrise loro. “Non dovete essere così preoccupati, perché sono i vostri figli a chiedervi l’approvazione per i loro matrimoni.”
Horst alzò il capo, guardandolo duramente. “Sono più emozionato in questo giorno, di quello di tantino anni fa in cui ho chiesto la mano di Elain a suo padre. Quando verrà il tuo turno di vedere tua figlia sposarsi, capirai il groviglio che è il mio stomaco ora.”
La moglie gli accarezzò una guancia. “Siamo tesi di non piacere a quelle due giovani donzelle.”
Murtagh si mise una mano sul cuore. “Non vi conosco a fondo, e nemmeno da molto, ma siete due persone stupende. Anche se non doveste piacere alle amate dei vostri figli in un primo momento, voglio rassicurarvi che arriveranno ad apprezzarvi immensamente.”
“Ti ringrazio, Cavaliere.” , rispose Horst, poi scattando in piedi quando una guardia bussò alla porta, annunciando attraverso il legno i gemelli con le due ragazze.
Anche Elain si alzò, più lentamente, sistemandosi l’abito. Nasuada aspettò con grande rispetto a permettere di entrare ai due fabbri, che la madre le facesse un cenno di essere pronta.
Albriech e Baldor fecero capolino, con due grandi sorrisi. La sala era grande, ma sembrava gremita al loro arrivo. Forse era dovuto all’energia che emanavano i giovani, dovuti all’emozione di essersi innamorati.
Si inginocchiarono davanti alla regina, ringraziando Murtagh per la disponibilità, poi al conte con la moglie. Roran li abbracciò entrambi come fratelli, poi si presentò con meno irruenza alle due spose.
Infine, i due si spostarono di fronte ai genitori, le due giovani subito dietro.
“Madre, padre, chiedo la vostra benedizione per la mia sposa.” , disse Baldor, piegando il capo davanti ai genitori, la ragazza dai lineamenti unici accanto a lui. Aveva i capelli quasi più scuri di Murtagh, per quanto possibile, la pelle lievemente abbronzata, sovrastata da due occhi sottili e appuntiti, le iridi nere come la pece. Come il lui era stato ammaliato dall’esoticità dei lineamenti della regina, rimase colpito anche da quelli della sposa del suo amico.
Horst emise un grugnito, facendo alzare di scatto il capo della giovane, con il volto colmo di consapevolezza di non aver incontrato l’approvazione del padre del suo amato.
Appena il fabbro se ne accorse, si sbrigò a dire: “Figlio mio, hai la benedizione di tuo padre per il matrimonio.”
La ragazza espirò sonoramente, e il futuro marito le saltò al collo. Murtagh tossì leggermente, facendoli tornare composti, come si addiceva alla corte.
“Come vi chiamate?” , chiese Elain.
“Mizuki.” , rispose mormorando.
Baldor si tirò dritto. “I genitori della mia amata vorrebbero incontrarvi.”
Horst alzò le sopracciglia sorpreso. “Certamente. Si trovano in città al momento?”
Il figlio annuì. “Sono mercanti di ceramiche, per questo non sono potuti essere qui al vostro arrivo. È in questo momento della giornata che si può vendere in maggior quantità.”
“Tuo padre ha spento la fucina per recarsi qui.” , commentò burbero il fabbro.
Albriech si staccò dal fianco dell’amata per accorrere in aiuto del gemello. “Padre, non era intenzione dei genitori di Mizuki offendervi. Anzi, so che vi è un regalo per voi di scuse per l’assenza.”
La giovane dagli occhi affilati annuì, voltandosi indietro per fare cenno a un servitore. Questo sparì fuori dalla stanza, poi il rumore di un carretto da interni - con le ruote lignee foderate di cuoio - si udì. Questo ritornò lentamente con un servizio finissimo di terraglie, smaltate di rosso cremisi.
Elain passò le dita sugli oggetti, scuotendo il capo. “Non posso accettare.”
“Perché?” , chiese Baldor.
“Non abbiamo bisogno di tutto questo, siccome le cerimonie verranno completamente coperte finanziariamente dal Cavaliere Murtagh. Sono numerosi pezzi, e preferirei li teneste voi, per condividerli con gli ospiti della vostra casa, e con la famiglia che tuo fratello, Baldor, si farà.”
“Sono d’accordo con tua madre, figliolo.” , aggiunse Horst, voltandosi poi verso Mizuki, “Spero che il malinteso che il mio commento ha provocato sia risolto.”
Mizuki annuì, facendo sussultare i capelli corvini sulla sua schiena.
Il ragazzo girò attorno al carro, abbracciando i genitori. “Vi voglio bene.” , sentì Murtagh uscire in un sussurro dalle labbra di Baldor. Sorrise involontariamente, stringendo una mano della moglie tra le sue. Nasuada alzò il mento verso il suo volto, rispondendo al sorriso.
Il marito si piegò vicino al suo orecchio. “Mi sento sollevato di non aver dovuto subire questa ansia anche per il nostro matrimonio. Beh, non che se avessi chiesto a tuo padre la tua mano, me l’avrebbe concessa.”
Nasuada perse il sorriso. “Se le cose fossero andate diversamente dopo la battaglia del Farthen Dur, e tu avessi dimostrato il tuo coraggio, dichiarandoti a me, mio padre avrebbe accettato.”
“Dici sul serio?”
La regina annuì quasi impercettibilmente. “Ovviamente se fosse stato in vita per vedermi rapire da te, e poi voler diventare mio marito una volta terminata la guerra - ipoteticamente - non avresti avuto alcuna speranza.”
Il Cavaliere si morse il labbro. “Non ti avrei domandato di spendere la vita con me, dopo la guerra.”
“È comprensibile.” , disse tornando di umore neutro, “Mi hai messo curiosità: avrei io incontrato i gusti di tuo padre e di tua madre?”
Murtagh fissò la moglie negli occhi. “Nello stesso modo con cui Galbatorix provava ammirazione per te, così sarebbe stato per mio padre. Mia madre... non so cosa avrebbe pensato lei. Nè so che tipo di donna avrebbe sperato di vedermi al fianco.”
“Avrebbe guardato alla tua sicurezza d’immagine, ma anche alla tua felicità, come ogni madre.”
Il marito scrollò le spalle, tornando a guardare dritto davanti a sé.
Albriech fece un cenno alla propria amata, perché lo raggiungesse. Mise nel mentre le mani sulle spalle del gemello, da dietro. “Fratello, ti chiedo ora di lasciare a me l’onore di presentare la mia sposa ai nostri genitori.”
Baldor annuì e assieme alla giovane esotica indietreggiarono di qualche passo.
“Miei amati genitori, vi presento oggi la giovane che vorrei sposare, perché possiate valutarla.” , disse in tono formale Albriech.
Elain annuì, chiedendo anche alla seconda ragazza il proprio nome.
“Rowena.”
La giovane scelta dal gemello più grande era una tipica giovane di Alagaesia, proveniente dalla capitale. Aveva lunghi capelli di castano chiaro, ben acconciati, e un vestito che indicava una provenienza agiata. Siccome i due fabbri avevano spesso a che fare con il mondo dei mercanti, probabilmente anche la seconda sposa proveniva da una famiglia di ricchi venditori. Gli occhi verdi della giovane incontrarono quelli dei suoceri.
“Per evitare quanto successo con Mizuki, mi limiterò a darti la mia benedizione, figliola.” , proferì Horst, ancora molto emozionato.
Elain annuì, poi sorrise alle due giovani, rassicurandole di avere anche la sua approvazione.
Nasuada chiamò una serva, sentendo i convenevoli giungere al termine. La chioma bionda di Alfhild fece capolino inchinandosi.
Avanzò come da ordine della sovrana fino alle due ragazze, scortandole all’esterno. Murtagh le salutò tutte e tre con attenzione.
“Conoscete bene il Cavaliere?” , sentì Rowena domandare alla bionda.
Questa sorrise loro. “Come voi, sono stata fortunata di ricevere la sua protezione. Anche il mio matrimonio è stato organizzato da lord Murtagh.”
I due gemelli si voltarono verso il Cavaliere e la moglie, facendo una riverenza. “Vi ringraziamo nuovamente per averci donato una vita piena di possibilità. Siamo onorati di avere Sua Maestà che ci governa e ci protegge, e anche dell’amicizia del Cavaliere del Drago.”
Murtagh avanzò, abbracciandoli. “È un onore per me poter essere chiamato ‘amico’ da voi.”
Albriech e Baldor si staccarono, richiamati dal padre. “Andiamo, giovanotti, dovete farmi vedere la fucina di Illirea.”
“Andate.” , li incitò il Cavaliere, con una pacca sulla spalla di uno, ricordandosi subito di mostrare affetto anche all’altro. Si domandò come fossero riusciti i loro genitori a raddoppiare sempre le loro dimostrazioni d’affetto.
I gemelli uscirono assieme ai genitori, lasciando i due cugini e le due donne nella stanza. Katrina prese tra le braccia Ismira, guardandosi intorno in attesa di cosa fare.
Nasuada si staccò dal marito, prendendo il gomito della fulva. “Permettimi di mostrarti le vostre stanze.”
Prima di uscire, Katrina fece una riverenza ai due uomini.
Roran si grattò la nuca, imbarazzato dalla rigidità dei comportamenti da tenere a corte. “Allora, cugino, che cosa fa un lord nella capitale?”
“Amministrare il patrimonio, aiutare la regina nelle decisioni, scrivere missive... Ci sono anche attività divertenti però, come allenarsi nella scherma o cavalcare fuori la città.”
Essendosi scoperto appassionato di cavalli, Roran drizzò le orecchie - anche se per quanto la sua fisiologia glielo permise - . “Mi mostrerai le scuderie?”
Murtagh alzò l’indice. “Abbiamo un’ultima commissione prima, poi il matrimonio sarà organizzato per intero.” , pronunciò orgoglioso, superando il cugino e aspettandolo dopo qualche piede, facendosi seguire.
Lo portò nella bottega di un sarto, tappezzato dei più bei tessuti esistenti. Roran si guardò intorno entusiasta.
“Credi ci sia qualcosa che possa piacere a tua moglie?” , chiese al conte, con un sorrisetto sornione sul volto.
“Non ci provare a insinuarlo. Katrina non si può comprare.”
Murtagh roteò gli occhi. “Scusa, stavo solo pensando che Ismira è purtroppo nata prima che mia moglie cambiasse la legge, introducendo la successione per assoluta primogenitura.”
Roran si accigliò. “Pensa alla tua, di famiglia.”
Da una tenda, apparve un anziano dall’aspetto rispettabile, con un sorriso da mercante sul volto. Il Cavaliere sfilò dal farsetto un pezzo di pergamena, porgendolo all’uomo. Questo lo prese con mani piene di macchie dell’età, poi si irrigidì. Alzò lentamente gli occhi sul ragazzo moro.
“Milord, l’ordine è stato bloccato.”
“Come, bloccato? Il matrimonio è tra pochissimo!” , chiese Murtagh stupito.
L’uomo annuì, facendogli vedere di sfuggita la nota proveniente dalla banca di Dras-Leona, che dichiarava che non avrebbe spedito il denaro richiesto. Murtagh imprecò, mentre Roran sbiancò per la situazione spiacevole. “Diamine, è la seconda volta che succede. Si può sapere chi è l’incompetente che apre le mie missive? Non sanno che sono il loro lord?!”
Roran fece un passo avanti. “Sono un lord da meno di un anno, ma i terreni che tua moglie mi ha garantito hanno dato molto frutto, perciò posso pagare io.”
Murtagh sbatté una mano sul bancone, davanti al sarto. “No, non va assolutamente bene! Controllo ogni luna la situazione economica del ducato, e potrei ricomprare tutta Alagaesia se volessi! Perché i lavoratori della banca non hanno inviato i soldi, mi chiedo!”
“Pare che sia arrivato un contrordine, milord.” , disse mestamente il sarto, inforcando delle stanghette di metallo con due vetri incastonati, in corrispondenza degli occhi.
Murtagh alzò un sopracciglio. “Un contrordine? Io sono il lord, a parte mia moglie nessuno amministra i miei terreni!”
“Forse dovresti calmarti e chiedere alla regina Nasuada.” , propose Roran mettendogli una mano sulla spalla. Murtagh fece un respiro profondo, calmandosi. “Sì, forse c’entra lei. In tal caso non posso farci nulla. Userò questi.”
Sfilò dalla cintura una sacca di monete d’oro, tutti i suoi contanti, per aprirla davanti all’artigiano.
Questo fece un inchino. “Milord, con questi potremmo pagare l’intero matrimonio, non solo il pizzo surdano per gli abiti!”
Roran impallidì. “Credo, cugino, che sia un po’ troppo addirittura il pizzo surdano. Albriech e Baldor non distinguerebbero la differenza dal lino alla canfora!”
Murtagh alzò un sopracciglio. “Ho promesso loro un matrimonio per cui non avrei badato a spese.”
Il castano chinò il capo in avanti, scuotendolo leggermente. Sospirò, poi tornò ad alzarlo. “Capisco che tu sia l’uomo più ricco di questa terra, ma ci sono modi migliori dove spendere i tuoi soldi. Basteranno tessuti pregiati, ma non eccessivi. Hai già fornito loro un futuro di benessere, pagando il loro apprendistato. Sono sicuro che non pretendano da te un matrimonio regale.” , gli batté più volte la mano che non aveva tolto dal suo farsetto sulla spalla, “A quello già ci sta pensando tua moglie per voi, com’è giusto che sia.”
Ridacchiarono insieme, poi Roran tornò serio. “Pensa piuttosto a comprare loro una casa più grande, con ciò che risparmierai.”
Murtagh annuì. “Va bene, investimento sul loro futuro. Quante camere pensi che serviranno loro? Sei, sette?”
“Sono gemelli, se si mettessero a sfornarne a loro volta, si troverebbero pieni di marmocchi in brevissimo tempo!”
Il Cavaliere si adombrò, voltandosi con lentezza verso il sarto. Contò alcune monete, porgendogliele con freddezza. “Mettetevi al lavoro, create gli abiti più belli per questa cifra. Le spose arriveranno nel pomeriggio.”
“Sì, milord.” , mormorò l’uomo, lievemente spaventato. Prese velocemente i soldi, poi sparì nel retrobottega.
Roran si morse il labbro. “Mi dispiace, cugino.”
Murtagh scosse il capo. “Non preoccuparti, ora siamo pari.” , disse superandolo e uscendo.

Il giorno del matrimonio doppio era finalmente arrivato. E per Murtagh, quello era il secondo matrimonio a cui assisteva, escluso la triste cerimonia che lo aveva unito alla futura regina di Alagaesia, in una squallida cella che odorava di sangue.
Fu Nasuada a svegliare Murtagh, con un bacio sul collo e una risatina eccitata. “Alzati e risplendi, Cavaliere.”
Mh, non è il caso di tenere tutta questa euforia per quando sarà la nostra ora?” , si lamentò lui, alzandosi piano a sedere. La sera precedente lui e Roran si erano fermati nello studio del Cavaliere per parlare a quattr’occhi da cugini, anche se alla fine avevano solo parlato di caccia, la nuova passione di Fortemartello. Questo aveva portato con sé una buona bottiglia di whiskey, e le parole erano state accompagnate da almeno due bicchieri a testa. Sinceramente Murtagh non ricordava come fosse tornato nel suo letto - non ricordandoselo - , anche se non era di certo arrivato nemmeno lontanamente vicino al suo limite.
Nasuada si alzò da letto, mentre Maeve entrava nella stanza, dopo Farica, con un’espressione torva ma al contempo preoccupata in volto. I suoi occhi castani non si spostavano dal Cavaliere, tanto che questo temette che Nasuada si sarebbe ingelosita.
“Ringrazia Maeve di averti riportato qui ieri notte, quando barcollavi per i corridoi al buio, perso.” , disse con sarcasmo la regina, mentre abbandonava la sua veste da notte a terra, per scavalcarla in tutta la gloria del suo corpo scuro e nudo.
Ma il Cavaliere non ci prestò troppa adorazione, perché era intento a non morire di vergogna sotto agli occhi di Maeve. Certo che anche lei si trovava in giro per il castello non certo a un’ora consona per una signora.
“Lasciate che vi prepari un bagno rinvigorente, mio signore. Il vostro colorito è verdognolo...” , disse proprio la domestica castana, sparendo nella stanza da bagno prima che lui potesse trovare la forza di ringraziarla, mordendo il suo orgoglio.
Si sfilò da letto per immergersi nell’acqua tiepida, un vero toccasana per la mattina dopo una nottata alcolica. Quando si sentì di nuovo in forze per alzarsi, uscì e si vestì almeno degli indumenti che gli erano stati preparati dalla domestica.
Notò che fossero abiti nuovi, di un meraviglioso color pavone, in velluto, dai ricami arabeschi cremisi. Tolse l’umidità dai capelli con la magia, tornando poi nella stanza da letto. La regina, già pronta, si alzò dallo sgabello di fronte alla specchiera per andare a studiare la sua figura.
“Ti stanno molto bene questi abiti.”
“Sono lusingato.” , rispose arrossendo. Poi si guardò intorno. “Dove sono le tue dame?”
La regina alzò le spalle brevemente, allungando le mani sullo strato più esterno dell’abbigliamento del marito, per finire di chiuderlo. “Siccome saremo occupati tutto il giorno, ho permesso loro di prendersi un giorno di libertà.”
“Oh, non ho nemmeno potuto ringraziare Maeve.”
La giovane dalla pelle scura si fermò per un istante, stringendo ancora un bottone tra le dita sottili. “Promettimi che non tornerai più in quelle condizioni.”
“Nas, io n-”
“So che non eri ubriaco come già ti ho visto, e sono anche consapevole che sia stata la goliardia creatasi tra te e tuo cugino - che tra l’altro sono più che contenta che tu voglia frequentare, essendo uno dei miei uomini più fedeli - a farti alzare il gomito un po’ troppo. Ma ricordati che hai una facciata molto instabile da mantenere. Non pretenderò altro che perfezione da te, nelle situazioni ufficiali d’ora in poi. Stai per diventare pubblicamente mio marito, perciò tutte le parole sbagliate o le tue azioni fraintendibili si ritorceranno su di me, hai capito?”
“Certo, Amore mio.”
La giovane si rilassò, tornando al lavoro.
Mentre gli abbottonava il farsetto, il sorriso non abbandonò il volto di Nasuada per un secondo.
Murtagh si inanellò un ricciolo della regina su un indice, piegandosi per darle un bacio sulla fronte.
“Se ti muovi, non riuscirò a terminare di allacciare questa fila interminabile di bottoni!” , si lamentò lei.
Il marito fece un sorrisetto. “Ecco perché di solito non sei tu a vestirmi.”
Lei alzò gli occhi, l’espressione contrariata. “Non lasci nemmeno le domestiche aiutarti...”
Murtagh alzò le spalle. “Di solito non permetto che nessuno mi tocchi. A parte te, s’intende.”
Nasuada si sciolse in un breve sorriso, tornando ad armeggiare con le dita sottili. Lo vide sospirare più volte, come se fosse agitato.
“Come ti senti?” , gli chiese gentilmente.
Il marito si morse il labbro, nascondendo il turbinio di emozioni che gli distorcevano il volto in mille espressioni. “Per cosa?”
“Beh, i tuoi amici stanno per sposarsi, sei felice, o preoccupato, o magari ti senti leggero?”
Murtagh rimase a lungo in silenzio. “È strano per me. Condivido la loro felicità, ma al contempo è strano pensare che loro siano effettivamente miei amici. Insomma... che abbiano visto del buono in me, come te o Eragon.”
Arrivata in fondo al farsetto, Nasuada si posò le mani ai fianchi, osservando per un attimo la sua opera, compiaciuta. Poi alzò gli occhi sul marito. “Molte persone hanno già visto la vera natura del tuo animo, e molte - sono sicura - lo vedranno in futuro. Il fatto che tu abbia degli amici sinceri è solo il primo indicatore per la mia previsione.”
Ricevette un bacio sulle labbra morbide. “Ti ringrazio.”
“Devi ringraziare loro, non me.”
Murtagh confermò con il capo, porgendole poi il gomito. “Sei pronta ad andare, mia promessa sposa - già mia moglie, tuttavia - ?”
Nasuada accettò il suo braccio, seguendolo fuori dal castello, fino a un piccolo edificio coperto di edera. Lì avrebbero celebrato l’unione, mentre i festeggiamenti si sarebbero spostati nel castello. Quando la regina e il Cavaliere arrivarono - assieme a una scorta di dieci guardie a pochi passi sempre da loro - tutti erano già presenti, perciò la cerimonia iniziò in pochissimo. Murtagh non riuscì a staccare gli occhi dalle due coppie nemmeno per un secondo, nonostante la donna che amava al suo fianco continuasse a guardarsi intorno piacevolmente sorpresa. “Hai avuto un ottimo gusto, ti porgo i miei complimenti.” , gli disse persino, a un tratto.
“Non stupirti: devo avere gusto nobile per poter sperare che i miei regali ti piacciano, mia regina, siccome sarò costretto a fartene per sempre.” , le rispose simpaticamente, tornando però subito a osservare i suoi amici. Da quando gli era possibile essere felice per i traguardi degli altri quasi più dei propri? Forse solo quando Eragon sconfisse Galbatorix, lui fu capace di provare per la prima volta quel sentimento.
È questa l’amicizia, umano-spilungone. , puntualizzò Castigo.
Ma è diverso questo sentimento da ciò che provo per te, che sei il mio più prezioso amico...
Il drago rise. Ciò che proviamo l’uno per l’altro è più vicino all’amore fraterno che all’amicizia. Solo, non abbiamo mai potuto provare null’altro per avere un termine di paragone, prima della nostra libertà. Perciò ti amo, sacco-di-pelle mio.
Murtagh avrebbe voluto tirargli affettuosamente Zar’roc in quel momento, ma poi capì che avesse ragione. Ti amo anch’io, lucertolone troppo cresciuto.
Sta’ zitto e presta attenzione: ormai è il momento dell’unione col nastro! , troncò il discorso Castigo, con un forte imbarazzo che emanava da lui - forse per il nomignolo datogli dal Compagno, o più probabilmente perché gli aveva risposto a quelle due semplici ma enormi parole - . Murtagh spostò gli occhi dalla finestra composta da un mosaico di vetri colorati, per tornare a guardare i suoi amici. Avevano già le mani giunte alle spose, e Horst ed Elain si stavano accostando al celebrante, con due nastri in mano, uno ciascuno. Padre e madre legarono i polsi delle due coppie di sposi, pronunciando apertamente la loro benedizione. Poi, i due gemelli si voltarono verso la folla, davanti cui erano in piedi anche i genitori delle spose, che a turno baciarono il relativo genero sulla fronte, come da tradizione. Perciò è così una cerimonia completa... , pensò con rammarico Murtagh. Piegò il capo su Nasuada per un secondo, osservando che anche lei aveva provato la tristezza di non avere suo padre a benedire la sua unione. Il Cavaliere non rimpiangeva certo che i propri genitori non avrebbero potuto partecipare alla cerimonia, ritenendole due persone orribili, ma anche a lui come a sua moglie avrebbe recato immenso onore e piacere avere il saggio Ajihad a legare i loro polsi.
Si voltò verso i suoi amici appena in tempo per fare loro un cenno di assenso, mentre questi uscivano da quel luogo di raccoglimento. Nasuada riprese il gomito del marito, premendosi a lui. “È stata una cerimonia molto intima, ma estremamente commovente.” , gli disse sofficemente. Nonostante le sue parole, però, il suo volto non tradiva tutto il coinvolgimento che aveva espresso verbalmente.
Murtagh sorrise leggermente, sfiorandole la guancia con la mano libera, senza stupirsi del suo contegno anche in quell’occasione. “Abbi pazienza ancora un poco e potrai partecipare in prima persona alla cerimonia più emozionante della tua vita.”
Nasuada annuì, poi spingendolo appena per seguire Baldor e Albriech, che stavano sbraitando allegramente per invitare tutti a consumare un pasto con loro, per festeggiare.
Il gemello maggiore si voltò per cercare gli occhi dell’amico Cavaliere nella folla, e quando lo trovò, gli fece un ghigno sornione. “Ovviamente anche tu, lord Murtagh, sei invitato. Goditi la festa come se fosse stata possibile solo grazie al tuo contributo.” , scherzò.
Il giovane accettò con il capo, anche se non aveva intenzione di ritornare ai suoi doveri quel giorno. Seguirono la piccola folla di persone nel castello in una processione, mentre dai lati delle mura il resto degli abitanti che si era raccolto lanciava petali di fiori agli sposi, congratulandosi.
“È bello vedere il castello così in festa.” , commentò Nasuada mentre camminavano.
Il marito annuì, lanciando un’occhiata dietro alle guardie che li scortavano. Sarebbe stato impossibile nascondere la partecipazione della regina al matrimonio di due semplici fabbri.
“Sto pensando che anche tu abbia appena realizzato che verrò invitata a presenziare a tutti i futuri matrimoni della mia corte.” , intervenne la giovane dalla pelle d’ebano.
Murtagh scrollò le spalle, poggiando la mano del braccio libero su quella della moglie, intenta a stringergli l’altro bicipite. “Finché i tuoi sottoposti vorranno festeggiare ed essere benedetti da te, potrai ritenerti soddisfatta del tuo operato. Non credere che i lavoratori di Galbatorix gli chiedessero di essere presenti alle loro nozze - anche perché avrebbe significato morire proprio prima del matrimonio per mano inviperita del re - !”
Sorrise compiaciuta, prima di affrettare il passo. Si sedettero a tavola, in un posto d’onore proprio accanto a Katrina e Roran, che stavano combattendo contro una crisi capricciosa della figlia. Nasuada guardò la bambina con dolcezza, come se avesse compassione di un cucciolo così piccolo costretto per ore a rimanere in mezzo al rumore e alla folla di persone sconosciute.
Mangiarono e brindarono portata dopo portata, fino al momento dei balli. Guardò volteggiare i suoi amici con le spose, poi i loro genitori e infine Katrina e Fortemartello, che era terribilmente impacciato. Percepire tutta quella familiarità e goliardia in quella sala era come una notte di sonno ristoratrice per il Cavaliere, solo non a livello fisico, ma spirituale. Finalmente gli sembrò di fare le esperienze di vita che da giovane gli erano state impedite dal suo nome: anche se aveva partecipato a molte feste, tutti lo evitavano, oppure si approcciavano a lui solo per chiedere favori.  Ma quando arrivò per l’ennesima volta a rimpiangere di non essere nato al posto di Eragon, potendo così vivere a Carvahall una vita comune e allegra, si alzò dal tavolo senza dire nulla, per fare due passi da solo nei corridoi.

Eragon...

Chissà se Roran gli ha detto del matrimonio dei suoi due amici d’infanzia.
L’enorme rettile rosso si svegliò in quel momento. Sicuramente.
E se si fosse dimenticato? Non è certo una notizia che possa essere omessa. Albriech e Baldor sono amici da quando erano neonati di mio fratello!
Il drago sbuffò. Perché allora non lo contatti tu? Se anche dovesse saperlo, potrai sfruttare l’occasione per parlare con tuo fratello. Non mi sembra che tu avessi problemi a parlare con lui.
Murtagh rivide le immagini che il suo Compagno era andato a ripescare dalla sua memoria, sorridendovi con nostalgia. Stava camminando da tempo. Decise allora di andare a visitare suo figlio, che gli stava mancando. Lo prese dalla sua culla, spostandoselo in braccio. Era sveglio e sgambettante, ma già quando arrivarono davanti allo studio del padre, i suoi occhi erano vacui e le palpebre sbattevano lentamente.
Ripensò di nuovo a suo fratello minore, a quanto gli mancasse. E quanto si sentisse la sua mancanza in un momento di raccoglimento come un matrimonio. Guardò la porta in legno che lo separava dalla stanza in cui trascorreva la maggior parte del tempo delle sue giornate. E si accorse che se le sue gambe lo avevano portato lì - dove vi era lo specchio incantato, ovviamente da lui, più potente di tutto il castello - , era perché il suo cuore voleva parlare nuovamente con il Cavaliere azzurro. Ma se fosse stato occupato? Murtagh non avrebbe mai voluto disturbarlo.
Dovrei contattare Eragon per chiedergli un favore, e al contempo ho maggiormente bisogno di parlargli, ora che sono libero di farlo.
Castigo cercò di arginare la sua negatività, come suo solito. La tua paura è irrazionale. Eragon ha dimostrato di voler allacciare un rapporto con te, non ha certo finto di non conoscerti, dopo la guerra!
Murtagh sedeva davanti allo specchio ormai da quasi un’ora, quando dei passi dietro di lui lo fecero voltare di scatto. Il bambino tra le sue braccia pigolò per il movimento brusco, facendo anche una smorfia scontenta molto buffa. Roran guardò il cugino con il capo piegato di lato.
“Che ci fai qui? La festa aspetta anche te.” , lo rimproverò.
Murtagh si sistemò meglio il bambino tra il braccio e il petto, perché si rese conto che gli stesse scivolando. Roran si spostò accanto a lui, osservandolo con i pugni sulle anche. “Dopo un anno che fai il padre, ancora non hai capito come si tiene un bambino?!” , disse esasperato.
Il Cavaliere fece spallucce. “Non è passato un anno ancora. E Nasuada mi ha detto che ognuno ha il suo innato modo di tenere un bambino, non penso il mio sia sbagliato.”
“Ismira inventa scuse migliori delle tue. Ogni quanti istanti devi risistemarlo?” , indagò con un sopracciglio alzato l’altro.
Murtagh sospirò. “Spesso, a dire il vero. È così piccolo per le mie braccia.”
Roran allargò le sue, facendogli capire che non fosse una questione di dimensioni. “Mia figlia, una volta tra le mie braccia, potrebbe rimanerci fino a farmele andare in cancrena.”
“Tua figlia non è uno scricciolo come Ruaidhrì.” , protestò Murtagh.
Il conte gli andò a sedere accanto, spostando indietro le carte sulla scrivania. Tese poi le braccia.
“Posso?” , chiese indicando con il mento il piccolo.
Il Cavaliere annuì, allentando la presa perché le mani di Fortemartello potessero cingere il principe e sollevarlo. Si spostò il capo del bambino nell’incavo di un braccio, chiudendo poi gli avambracci attorno al piccolo. Il principe sembrò subito a suo agio, tanto da sorridere con la sua bocca sdentata. Murtagh aggrottò le sopracciglia, ruggendo scontento.
Roran ridacchiò. “Vedi? Se vuoi posso insegnarti. È vero che non esiste un modo perfetto per tenere un bambino, ma tu eri troppo rigido, e non cingevi bene tuo figlio.”
L’altro gli fece un debole sorriso, guardandolo di sottecchi. “Ti ringrazio, Roran.”
“Non preoccuparti, cugino, per così poco! Torniamo alla festa?” , disse saltando leggiadramente, per la stazza, giù dalla scrivania. Murtagh rimase immobile, allora l’euforia di Fortemartello scemò. “Che cosa ti turba? Che ti ho dimostrato di essere - come è normale che sia perché lo sono diventato prima - un padre lievemente più esperto? Non credo di essere in alcun modo migliore di te, stai tranquillo.”
Il Cavaliere scosse il capo. “No, vedere i figli di Horst sposarsi mi ha fatto pensare che Eragon non ci sarà per loro, così come non ci sarà a condividere la gioia del mio - anche se secondo - matrimonio.”
Roran tornò a sedersi accanto a lui, passandogli nuovamente il figlio. Sorrise brevemente quando lo vide stringerlo nel modo più comodo per il piccolo. “Ben fatto” , commentò.
Si voltò poi verso lo specchio. “Eri qui per contattarlo?”
Murtagh annuì. “Non ho ancora trovato il coraggio per farlo. È passato quasi un anno dal nostro ultimo vero contatto. Ho paura che non voglia essere disturbato.”
Roran rise seccamente. “Non m’importa cosa sta combinando. Anche io è molto tempo che non vedo la sua faccia deturpata dagli elfi, e non ti nascondo che ora - qui, davanti a quello specchio, con un mago al mio fianco - non vedrei l’ora di parlare con lui.”
Murtagh fece un’espressione colpita. “Se tu senti questa necessità, posso contattarlo.”
“E la tua, di necessità?”
Il Cavaliere si fece cupo. “Sei suo fratello più di me, è giusto che ti permetta di parlare con lui.”
Roran roteò gli occhi. “Intanto sei tu - tecnicamente - suo fratello più di me, perché non mi sembra di essere stato partorito da mia zia Selena come voi due. E secondo, perché non decidi di ascoltare anche le tue necessità e parlare assieme con Eragon?”
Murtagh emise un lungo sospiro. “Dici che voglia parlare anche con me?”
Ricevette un colpo alla nuca da Fortemartello. “Smettila, o giuro che ti faccio nero. Eragon è la persona con il cuore più grande che esista, sono arcisicuro che parlerebbe con te anche se fossi davvero il Traditore di cui tutti parlano senza sapere la verità!”
Il più vecchio ingoiò sonoramente la saliva, poi spostò il bambino in verticale, premendoselo al petto, per avere un braccio libero.
Passò la mano sinistra, con la cicatrice argentea, pronunciando le parole necessarie per vedere Eragon. La superficie riflesse un bagliore rossastro, che gli occhi del principe catturarono, facendogli emettere un sorriso.
“Gli piace la magia. Dici che diventerà un mago?” , commentò Roran colpito dalla reazione del piccolo, che vedeva nello specchio.
L’immagine di Eragon non apparve subito, facendo sospirare il moro.
“Un Cavaliere di per certo.” , rispose seccamente al cugino, “Lasciami concentrare, Roran.”
Il castano incrociò le braccia al petto, fingendosi offeso per essere stato zittito. “Durante la guerra, girava voce che tu fossi il più grande mago mai esistito dopo il re. Ora ti vedo avere problemi a divinare Eragon.”
“È protetto da delle barriere, e questo specchio non ha il collegamento con quello di mio fratello, perché è appena stato regalato a mia moglie!” , sbottò Murtagh.
“Beh, trovalo prima! Non lo metterai di certo in pericolo cercandolo con la magia, superando le sue barriere...”
Il moro strinse il pugno con il Gedwëy Ignasia, determinato. Con un bagliore nero, la sua mente viaggiò oltre Alagaësia, ben oltre i suoi limiti normali, trovando Eragon. Finiarel percepì la loro presenza, divincolandosi. Murtagh lo strinse senza farlo cadere, anche se inconsciamente. Riaprì gli occhi, che aveva chiuso per evitare che il cugino vedesse gli effetti degli spiriti su di lui, e si allontanò dalla superficie che si stava increspando finalmente, per tornare accanto a Roran. Questo stava sorridendo come un bambino meravigliato, più di quello vero, tra le braccia del proprio padre.
L’umano dall’aspetto di elfo alzò gli occhi dalla scrivania a cui era seduto, alzandosi di scatto in piedi quando vide le figure che lo avevano divinato.
Eragon guardò i due uomini con gli occhi lucidi. “È davvero bello vedervi entrambi e... insieme.”
Roran lo imitò, scoppiando però a piangere completamente.
Murtagh guardò il fratello minore, in cerca del suo aiuto. Eragon aveva gli occhi sbarrati, ma quando incrociò quelli dell’altro Cavaliere, si riscosse, per poi fargli un cenno.
Il consorte della regina prese lentamente ad accarezzare la schiena del cugino, confortandolo. Roran si voltò, appoggiandogli il capo nell’incavo del collo, dalla parte opposta del principe. Murtagh rimase impietrito ancora una volta al suo contatto così familiare, ma pian piano si sciolse. 
Roran Fortemartello è un gran tenerone... , pensò tra sé, con un sorrisetto sghembo sulle labbra.
È solo abituato a esternare i suoi sentimenti, mentre tu no. Anche tu sei capace di scioglierti come burro al sole, quando in balia di sentimenti forti. , lo rimbeccò bonariamente Castigo.
È grazie a te se provo emozioni e sentimenti.
Castigo gli inviò un’ondata di orgoglio. È grazie a me, come però al fatto che sei stai crescendo, e che finalmente hai la possibilità di farlo in libertà.
Roran tirò su col naso, riprendendosi. Eragon stava pazientemente aspettando una reazione da suo fratello e dal suo fratello-cugino.
Quando si staccò dalla spalla di Murtagh, si asciugò le lacrime dagli occhi, guardando fisso nello specchio con una tale intensità da poterlo rompere, avesse avuto abilità magiche.
“Anche per noi, davvero.”
“Già, fratellino.” , aggiunse in un sussurro Murtagh.
Eragon addolcì lo sguardo. “Ne avete fatta di strada in meno di un anno. Sono davvero orgoglioso di voi.”
Roran gli circondò le spalle con un braccio, come fossero grandi amici, tirando su col naso. “Tuo fratello non è poi così male... Un po’ troppo sempre triste, ma sa anche essere molto gioviale.”
Murtagh si grattò il mento, sfuggendo altrove con lo sguardo.
“Andiamo, Murtagh, non hai nulla da dirmi di Roran, ora che vi siete conosciuti e - da quanto vedo - vi piacete anche?” , protestò Eragon.
Il maggiore guardò il cugino dritto negli occhi. “Sono davvero onorato di averlo incontrato. E poi, gli devo in parte la mia felicità.”
Eragon sorrise caldamente. “Mi siete mancati.”
“Entrambi?” , chiese Murtagh con titubanza.
Il castano dai lineamenti di un elfo, annuì con veemenza. “Sì, fratello. Vi ho osservati grazie agli specchi spesso. Mi dispiace di non avervi mai contattato, ma qui le ore sono diverse da quelle in Alagaësia. Quando lì è notte, qui è mattina.”
Roran incrociò le braccia, arrossendo lievemente. “Quindi ci hai praticamente osservati dormire con le nostre spose?! Inquietante, devo dire...”
“Perdonatemi.” , ridacchiò imbarazzato il Cavaliere azzurro, grattandosi la nuca.
Roran piegò il capo di lato. “E tu, che cosa stai combinando?”
Eragon sorrise eccitato. “Costruendo la mia casa e quella dei Cavalieri. Sto fondando il futuro.”
L’altro indicò l’unico bambino nella stanza, infervorato. “Che cosa credi che stiamo facendo noi qui? Anche i nostri figli sono il futuro, e tu non ci sarai per loro.”
Il Cavaliere azzurro fece un sorriso agitato. “Non sto dicendo di essere l’unico a-”
Murtagh ruggì piano, facendo tacere entrambi. “Non ho intenzione di litigare, la prima volta in mesi in cui ho l’occasione di parlare a cuore aperto con mio fratello.”
Roran ed Eragon si scusarono, ma Murtagh si alzò in piedi, guardando l’altro Cavaliere intensamente per un istante. “Volevo dirti che oggi Albriech e Baldor si sono sposati, ma soprattutto che ti ho pensato, e che mi manchi.” , disse piano, quasi mormorando, poi uscì senza attendere una risposta del fratello, sentendosi nudo ma leggero. Tornò alla festa, dove Nasuada lo attendeva con un sorriso, appena accortasi del suo arrivo. Si affiancò a lui, lasciando che Murtagh la prendesse sotto la protezione del suo braccio, facendole appoggiare la testa sul suo pettorale.
Elain li raggiunse con un riverenza, Horst al suo fianco che non perdeva mai di vista i figli. “Eccovi!” , lo accolse con giubilo, “Finalmente ho l’occasione di ringraziarvi per tutto questo. I miei figli non potevano nemmeno immaginare di ricevere un tale trattamento da voi.”
Murtagh alzò le spalle. “Ho promesso loro un matrimonio in grande. Sono io onorato di essere stato invitato.” , disse con serenità, “Eragon porta i suoi auguri ai vostri figli.”
Era un’innocente bugia, ma il Cavaliere era sicuro, che se avesse lasciato il tempo a Eragon di rispondergli, avrebbe espresso il suo desiderio di fortuna e felicità per i due amici d’infanzia.
Elain sorrise, poi spostando gli occhi sul principe. Murtagh glielo passò, leggendole nello sguardo la voglia di stringerlo.
“Come sei cresciuto, piccolo!” , disse quasi in lacrime, rivedendo il neonato che aveva accudito mentre la madre era incosciente. Finiarel le prese l’indice, portandoselo nella cavità orale e succhiandolo con vivacità. La donna si voltò verso il marito. “Hai visto, Horst?”
Lui annuì seccamente, anche se stava visibilmente cercando di trattenere l’emozione. “Sono felice che sia sopravvissuto: era un gran rompiscatole, ma era anche dolcissimo sin dai primi giorni.”
Nasuada si attaccò al braccio del marito, un sorriso orgoglioso in volto. “Avrà preso da suo padre quel tratto, io non ero certo una bambina dolce.”
Murtagh ignorò il suo commento, ricevendo dalla regina un’occhiata preoccupata. Era rimasto fisso alla frase del fabbro, in cui gli sembrò di udire nuovamente le parole di uno dei due gemelli, di molti mesi prima, pronunciate a Carvahall. Fece un cenno veloce del capo ai due anziani, congedandosi per dirigersi verso gli amici, con parecchia fretta.
Li trovò seduti al tavolo assieme alle mogli, i garzoni della bottega tutt’attorno ad ascoltare per l’ennesima volta la storia del pellegrinaggio fino ai Varden.
Quando lo videro, gli uomini che non lo conoscevano, si zittirono, ricomponendosi anche per come sedevano. Erano visibilmente tesi. Anche le due fanciulle, le spose, avevano subito la stessa influenza della sua aria seriosa.
Ma Albriech scoppiò a ridere, vedendoli così impacciati. Lui e il fratello erano già piuttosto alticci. “Suvvia, non morde!” , disse ridendo sguaiatamente.
“Eccoti, Cavaliere!” , lo accolse il gemello.
Murtagh fece un cenno del capo ai presenti, in saluto, che ricambiarono con rigidità. Lo guardavano in volto solo furtivamente, come intimoriti dalla sua fama.
“Mizuki, Rowena, finalmente potete conoscere il nostro amico Murtagh. È un tipo silenzioso, ma vi assicuriamo che è molto divertente quando si apre.”
Le due giovani trovarono il coraggio di alzare gli occhi fino a incontrare quelli del Cavaliere.
“È un piacere finalmente potervi rivolgere la parola.” , disse la giovane dai lineamenti esotici, educatamente.
“Il piacere è mio. Ho atteso a lungo che i miei due amici trovassero finalmente due giovani adatte al loro cuore d’oro.”
“Siete davvero amico di mio marito, dunque?” , chiese timidamente Rowena.
Murtagh guardò i gemelli, che gli sorrisero in modo incoraggiante. “Decisamente. Mi hanno accettato come un loro compaesano, e siamo divenuti amici.”
Un Albriech non più così lucido, alzò il calice di vino. “Dovete sapere che la madre di Murtagh proviene dal nostro stesso villaggio. E anche che abbiamo salvato la vita di suo figlio, del principe ereditario di Alagaesia.”
Balder roteò gli occhi.
Il Cavaliere, nonostante si fossero rivolti a lui in modo fin troppo familiare, era grato della loro semplicità, perché loro erano genuinamente i suoi unici amici.
Mizuki alzò gli occhi a forma di mandorla su di lui. “Sono sorpresa di come il marito della regina abbia così tanto in comune con i nostri sposi.”
“Certo, io sono un lord tutt’altro che simile agli altri. Mia madre era una normale figlia di contadini, mentre mio padre era un Cavaliere dei Draghi, un duca e un principe. Ma non è grazie alle mie origini materne che ho incontrato questi due giovani. È solo grazie a mio fratello, Eragon. Loro erano suoi amici, prima di esserlo con me.”
“Voi siete il fratello dell’Ammazzatiranni?!” , esclamò la prima giovane.
“Ve l’avevamo detto che Murtagh è un pezzo grosso.” , si lamentò Baldor. Il moro fu piacevolmente sorpreso di scoprire che i suoi due amici non avessero mai cercato di impressionare le due giovani con la loro vicinanza all’eroe di guerra e Cavaliere dei draghi Eragon, o a lui che - per quanto fosse anche un Traditore - era il marito della regina. Ma doveva aspettarselo dai due giovani più puri e innocenti che avesse mai conosciuto.
Murtagh prese le loro coppe, facendoli lamentare. “Avete bevuto abbastanza, le vostre spose vi troveranno insopportabili già la prima sera dopo le vostre nozze, e non è certo una partenza ottimale.”
“Ma il tuo vino è cento volte meglio della birra o dell’idromele. Capisco perché solo i nobili possono permetterselo, è troppo buono!” , piagnucolò uno dei due.
Il moro scosse il capo lievemente, poi si concentrò per far svanire un poco gli effetti dell’alcol sui due amici, perché si riprendessero. Si toccarono la testa, come più leggeri.
“Il vino da’ alla testa meno della birra, anche.”
I garzoni risero allegramente, tornando a sciogliersi nonostante la presenza del Cavaliere.
“Ho già pensato di riempirvi la cantina della vostra casa di otri di questo stesso vino, come ultimo regalo per le vostre nozze.”
Albriech alzò il capo di scatto sull’amico alto. “Ma la nostra casa non ha una cantina!”
Con un sorrisetto allusivo, Murtagh passò loro una pergamena arrotolata, il documento di acquisto a loro nome di una grande casa appena fuori dalle mura del castello di Illirea.
I gemelli saltarono in piedi, abbracciandolo, e facendogli versare il contenuto dei due calici sul farsetto. “Murtagh, non avresti dovuto! Hai già fatto così tanto per noi!” , biascicò uno dei due, nascondendo il volto sulla sua spalla.
“Sembra una scusa per restituirmi una dimora che non apprezzate, ma che non avete ancora visto...” , scherzò il moro.
Baldor gli diede un colpo, amichevolmente. “Non stiamo rifiutando un dono, amico. Stiamo solo cercando di esprimerti la nostra sincera felicità di averti conosciuto, e dirti che a noi basta sapere di aver conquistato il tuo affetto, senza tutti questi regali che non potremo ricambiare!”
Murtagh sorrise, stringendoli ancora con gli avambracci - avendo le mani occupate dalle coppe - , poi si staccò, mostrando la macchia rossa sui suoi abiti costosi. Per fortuna, i loro erano intatti.
“Vado a ripulirmi, perdonatemi.”
Lo guardarono dispiaciuti, mentre si allontanava nuovamente dalla festa, senza nemmeno essersi trattenuto per divertirsi. Si sedettero accanto alle mogli.
“Ora ho potuto vedere che si tratta di un vostro sincero amico, anche se sembra essere bloccato da una permanente tristezza.” , commentò estasiata Mizuki, parlando a bassa voce, credendo di non essere udita.
Murtagh si morse il labbro, continuando a camminare.
Roran apparve al suo fianco, facendolo fermare. Guardò il farsetto imbevuto di vino, con un sopracciglio alzato. Si piegò poi di lato, sussurrandogli all’orecchio: “Eragon mi ha lasciato detto per te, che non devi azzardarti a farti scrupoli per contattarlo. Ha inoltre asserito che gli faccia piacere parlare con il suo ‘fratellone’.”
Murtagh annuì mentre l’altro avanzava verso i compaesani, chiedendosi se fosse una menzogna bianca come quella che aveva imbastito lui prima, o se si trattasse dell’effettiva verità. D’altronde, Roran aveva usato il suo appellativo datogli proprio da Eragon.

  
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