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Autore: V4l3    07/05/2021    2 recensioni
Dal testo [...] Alex ripensò a quella conversazione avuta con Francesca e si chiese perché sia lei che la madre fossero così convinte che lui l’avrebbe aiutata, non erano parenti, non avevano niente in comune e lei ora era lì per stravolgergli la vita.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Aprì gli occhi con difficoltà, come se non riuscisse a svegliarsi, poi lentamente i pensieri tornarono al loro posto e il cuore sussultò a quanto accaduto quella notte; aveva paura di muoversi, pur sapendo di essere sola nel letto e la cosa le fece avere un leggero sussulto al cuore; cosa sarebbe accaduto adesso?

Lentamente prese coraggio e si girò trovando il letto vuoto, così come la camera, eppure il profumo di Jason era ovunque, lo aveva addosso, avendo dormito stretta a lui tutta la notte. 

Si sedette sul letto sospirando e una profonda tristezza l'assalì, l'inquietudine del comportamento di Jason dopo quanto accaduto poche ore prima; un profondo sospiro le uscì dalle labbra, chiedendosi come doveva comportarsi, poi il rumore della porta la portò ad alzare di scatto la testa e rimanere imbambolata a guardare Jason entrare nella sua stanza con un asciugamano sopra la testa bagnata, vestito con semplici pantaloni della tuta e una maglietta nera.

La guardò strofinandosi i capelli e il sorriso che le regalò, le fermò il cuore, sorrise anche lei di rimando vedendolo avvicinarsi per sederle accanto, profumava di bagnoschiuma e la guardava in un modo che neanche nei suoi sogni si era mai immaginata

-Buongiorno- le sussurrò facendole ampliare il sorriso e arrossire

-Buongiorno- rispose mordendosi il labbro e lui continuò a scrutarle il viso, accarezzandole con gli occhi ogni centimetro di pelle, facendola colorire sempre di più, ma volendo essere guardata in quel modo solo da lui, con quello sguardo tempestoso che indugiava su ogni parte di lei

-Come ti senti?- gli chiese e lui si fece serio, portandosi l'asciugamano sulle spalle, lasciando i capelli ancora un po' bagnati ricadergli davanti al viso scomposti

-Piuttosto bene- ammise fissandole gli occhi

-Eri ubriaco fino a qualche ora fa, con un mal di testa alle porte- lo provocò e lui fece un cenno con il capo

-Il mal di testa stranamente non è così impossibile da sopportare e mi chiedevo appunto perché mi fossi svegliato qui- Alex dapprima sorrise, poi vedendolo con quello sguardo profondo, si allarmò un poco

-Non..non sai perché eri qui?- gli chiese e lui sembrò pensarci, guardando verso la finestra, sospirò

-No, Alex, non mi ricordo perché fossi nel tuo letto –le disse e lei credette che il cuore le si fosse fermato completamente nel petto –Non ricordo nulla di quanto accaduto- aggiunse e Alex lo guardò sconcertata da quelle parole

-Non.. ricordi?- chiese con voce flebile e lui sbuffò scuotendo la testa, si alzò dal letto

-No, Alex, te l'ho detto- le rispose per poi avviarsi verso la finestra e guardare un po' fuori

Alex rimase di sale seduta sul letto, il cuore a martellare nel petto, sentendosi a pezzi, poi lo vide voltarsi e sorriderle di nuovo, lasciandola interdetta

-Sai, mi ricordo però che mi hai detto qualcosa..- iniziò riavvicinandosi, gli occhi di Alex si aprirono curiosi e sorpresi -ma non so bene cosa, potresti ridirmelo?- le chiese e Alex dovette alzare il viso per poterlo guardare negli occhi

-Io..non..cosa- iniziò a balbettare incerta e lui sembrò sorpreso, si portò le mani ai fianchi  diventando serio

-Poche ore fa eri piuttosto sicura di amarmi o sbaglio?- a quella domanda Alex rimase a bocca aperta a fissarlo mentre lui addolcì lo sguardo sorridendole beffardo, facendola diventare di tutti i colori

-Ti stavi prendendo gioco di me!- sbottò incredula vedendolo ridere –Sei davvero il peggiore, Jason Parker!- e provò ad alzarsi dal letto, stizzita, ma lui si sedette fermandola

-Ero ubriaco, ma non abbastanza- le disse portandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio-Non potrei mai dimenticare quello che mi hai detto- le sussurrò e lei si ritrovò a sorridergli, sollevata di sapere che stesse solo scherzando

–Beh, non solo per l'alcool, pensavo anche all'età, sai potresti iniziare ad avere dei vuoti di memoria- lo stuzzicò iniziando a ridere per l'espressione scioccata che lui le rivolse

-Lei è davvero perfida Signorina Savelli, lo sa?- le disse avvicinandosi e posandole una mano sulla guancia che divenne subito calda e, quando lui la baciò, lei non riuscì a credere che stesse di nuovo accadendo; si trovò a portare le braccia intorno al suo collo, mentre lui la strinse a sé, assaporandola in quel modo da levarle il fiato, ed era bello, tremendamente splendido e perfetto.

Quando si staccò da lei le sorrise accarezzandole il viso

–Stai attentando davvero alla mia salute, Alex- le disse sorridendo e lei ridacchiò posando la fronte sulla sua spalla, il fiato corto per il bacio e per le emozioni che le scatenava, sentiva caldo in tutto il corpo

-Alex- lei respirò il profumo di Jason, prima di alzare la testa e guardare gli occhi più belli che avesse mai visto –ti chiedo scusa per tutto- le disse, lo sguardo sorpreso di Alex fissò il viso dell'uomo che aveva davanti

-Di cosa dovresti scusarti?- chiese inclinando leggermente la testa e lui continuandole ad accarezzarle la guancia arricciò le labbra in un sorriso dolce

-Per tutte le lacrime che ti ho fatto versare, per il mio atteggiamento, per non averti creduto, per tutto ciò che ho fatto e ti ha provocato dolore- Alex sentì dolcezza e amore avvolgerle l'anima 

–Il giorno che mi hai visto andare via da casa ed eri con Thomas, in realtà ho sentito quello che gli hai detto di noi e cioè che non poteva mai accadere nulla e ti avrei anche dato ragione se non sentissi qualcosa che mi scuote ogni parte della mia anima, ogni volta che poso lo sguardo su di te- lei arrossì e sorrise -Ho sempre pensato che i miei sentimenti per te fossero un ostacolo, ho sempre creduto non fosse giusto rivelarteli, ho cercato di trattenermi e ammetto che questo ha provocato solo negatività- un leggero sospiro gli uscì dalle labbra -forse tutto questo è una pazzia, ma non voglio perdere la possibilità di avere ciò che più desidero- Alex lo guardava perdutamente innamorata, anche lei indugiando su quel viso che aveva sempre osservato di nascosto, reprimendo il più possibile quello che ogni suo tratto le faceva provare, sorrise

-Tu mi hai fatto capire ciò che vuol dire amare una persona- rispose sentendo le sue guance colorarsi e lui sembrò sorpreso da quelle parole –so che per te sono solo una ragazzina, ed è così- sorrise incerta -le parole che mi hai sentito dire a Thomas erano vere, non ho mai pensato che potesse succedere, mi ripetevo in continuazione di lasciar perdere capendo la differenza di età che c'è, la vita che hai sempre avuto prima del mio arrivo, ma più passava il tempo e più capivo che non potevo e non posso mentire a me stessa e so quello che provo- gli si avvicinò alle labbra, forte del sentimento che nutriva per lui- e ti amo- aggiunse

Jason osservò quel mare caldo e calmo che erano gli occhi di Alex credendo davvero di stare ancora sognando.

Quando aveva riaperto gli occhi un'oretta prima, si era ritrovato tra le braccia quella dolcezza e la commozione di poterla avere stretta a sé lo aveva avvolto lasciandolo senza parole, avendo la sensazione di possedere un tesoro da dover custodire e proteggere da tutto e tutti; l'aveva osservata abbandonata al sonno: il viso ancora rosso dal pianto, le labbra socchiuse, il respiro regolare, le ciglia lunghe abbassate, i capelli in disordine e quella bellezza che l'aveva stregato senza che potesse fare nulla; si era impigliato con tutto il cuore in lei, in lei che aveva sempre avuto più coraggio nell'affrontare quello che stavano passando, in lei che era stata capace di aprirgli il cuore e rivelargli i suoi sentimenti, intimorita sicuramente, eppure l'aveva fatto, lo aveva detto, si era lasciata andare, pur non sapendo cosa sarebbe potuto accadere, ma avendo quella sensibilità che ti porta a rischiare, a lasciare andare i propri sentimenti, cosa che lui non era mai riuscito a fare.

Anche da ragazzo, con Emma, era stato capace solo di trattenersi, di reprimere tutto sé stesso, pur provando un sentimento fortissimo per quella sfortunata ragazza; ma il coraggio di aprire il suo cuore, quello, non l'aveva mai avuto; o forse semplicemente, doveva aspettare l'arrivo di Alex e permetterle di trovare quella chiave nascosta a tutti e le facesse riaprire il lucchetto con il quale aveva sigillato ogni sentimento

Le sfiorò le labbra sentendole trattenere il respiro

-Dimmelo ancora- le sussurrò vedendole addolcire ancora di più il suo sguardo e sorrise

-Ti amo- bisbigliò facendolo sentire l'uomo più felice del mondo

-Io di più- le rispose lasciandola sorpresa, ma la voglia di sentirla ancora fu più forte e la baciò nuovamente come aveva sognato fin dall'inizio, fin quando quel pensiero si era insinuato come un fumo invisibile, entrando e scuotendo ogni suo più piccolo nervo.

Era felice.

Mentre assaporava quella delicatezza, senza mai averne abbastanza, sentendosi per la prima volta in vita sua felice.

****

Avevano passato il resto della giornata a casa, con una tranquillità e una quotidianità che non pensavano potessero mai raggiungere.

Il pomeriggio era stato coperto da nuvole e pioggia, mentre Alex era rimasta ore abbracciata a lui, seduti sul divano, con il fuoco acceso, nel silenzio che sembrava cullarli in quell'attimo di pace e di amore che si erano ritrovati a mostrare; Jason si era dedicato al lavoro avendone in arretrato, ma non come aveva sospettato lei, chiuso nel seminterrato: l'aveva tenuta al suo fianco, lì su quel divano, con un braccio intorno alla vita, mentre disegnava alcuni schizzi di mobili per un cliente a cui doveva preparare un tavolo ovale e delle sedie. Era rimasta incantata nel vedere come Jason muovesse con disinvoltura la matita sui fogli, segnando misure, perfezionando, cancellando quando non era soddisfatto, per poi sistemare quello che riteneva più adatto, adocchiando ogni tanto qualche libro che si era portato; ed Alex era stata lì con lui, stretta a lui, inebriandosi di quel calore, del suo profumo, della sua presenza, incredula che in così poche ore tutto si fosse nuovamente stravolto.

Dalla disperazione più totale nella quale si era ritrovata, rivelando i suoi sentimenti, a quello che lui le aveva detto tornando da quella festa, pensava davvero che non potesse essere possibile continuare quella convivenza, eppure, proprio nel momento peggiore, lui aveva nuovamente rimescolato le carte e ora erano lì: lui a tenerla stretta a sè, posandole qualche bacio sul capo, mentre attento continuava il suo lavoro e lei, si era sentita colma di un amore verso di lui, da vibrare in ogni angolo del suo corpo.

Avevano dormito insieme, come la notte in cui tutto era cambiato, nella sua stanza, lui l'aveva portata di sopra quando si era addormentata cullata da quell'abbraccio, da quelle labbra che si posavano sulla sua fronte lente e non c'era stato bisogno di chiedere quando l'aveva adagiata sul letto, perchè subito le si era sdraiato accanto, continuando a tenerla stretta a sé, dove lei aveva dormito profondamente fino a quella mattina.

Per un attimo aveva sperato di vederlo entrare nella sua stanza, come già successo, ma Jason era dovuto uscire presto, glielo aveva detto e lei l'aveva anche sentito alzarsi, posare un bacio sul suo capo e andare via.

Il cielo era terso, smosso da un vento freddo, Alex si alzò con calma, fermandosi ad osservare la parte di letto messa in disordine dalla presenza dell'uomo che amava, aveva sorriso provando il desiderio di poterlo avere sempre al suo fianco; con un sospiro aprì il suo zaino e prese quella foto, le sorrise commossa. Si chiese se la madre avesse lontanamente immaginato il nascere di questo sentimento tra loro chiedendosi cosa avrebbe detto, se fosse sbagliato o meno, ma poi le tornò alla mente quel giorno

Erano giorni che l'aria si era fatta più umida, nonostante il caldo del sole, ma appena si passava nelle ombre, il freddo era pungente e la sera, quando la notte aveva la meglio, le temperature scendevano repentine cancellando l'illusione di una prossima primavera. Alex era alla finestra di quella camera, come ogni giorno, prossima ad andare via, con il magone a stritolarle lo stomaco; osservava il piazzale dell'ospedale svuotarsi, così come il parcheggio, tutto stava rallentando, le persone stavano diminuendo e le luci illuminavano tutto l'edificio dell'ala che aveva davanti. Il suono del battito cardiaco della madre era una lenta nenia che riempiva quell'ambiente ormai diventato così familiare.

-Alex- la voce di Emma la riscosse, ma prima di girarsi si sforzò di sorridere

-Eccomi mamma- e le si avvicinò al letto, Emma aveva aumentato il suo pallore, le occhiaie ormai erano diventate via via più scure, il suo sguardo si era velato di una patina di tristezza e forse anche rassegnazione che Alex non riusciva ad accettare; le prese la mano stando attenta alla flebo, osservando quel colore non naturale che oramai caratterizzava il corpo della madre

-Hai dolore? Vuoi che chiami l'infermiera?- le si avvicinò sapendo quanto anche parlare stava diventando difficoltoso per sua madre che la guardò e le sorrise, con quelle sue labbra segnate dalla malattia

-No, amore mio, volevo solo dirti che ti amo con tutto il cuore- Alex ampliò il sorriso; da una settimana il dottore aveva deciso di darle dosi di morfina per farla rilassare e dormire, visto l'andamento ormai certo che stava avendo il decorso della sua malattia, ma questo aveva inficiato sulla possibilità di Alex di poterle parlare, anche se continuava a farlo quando Emma dormiva; spesso in quei rari momenti in cui riprendeva coscienza, la chiamava e le diceva quelle semplici parole che ad Alex facevano male all'anima. Le accarezzò la testa, con dolcezza

-Ti amo anche io, mamma- le aveva sussurrato di rimando ed Emma aveva alzato una mano a fatica posandole le dita sempre troppo fredde, sulla sua guancia, accarezzandola

-Devi essere felice, Alex, sempre- le aveva detto –non importa quanto costi la felicità, la devi desiderare e raggiungere- Alex aveva sentito lo sguardo riempirsi di lacrime –la vita è così bella, ma anche troppo breve, non ce ne rendiamo mai conto, se non quando ormai siamo alla fine- Alex aveva scosso la testa

-Non dire così, ti prego- le aveva sussurrato trattenendosi dal piangere ed Emma le aveva sorriso continuando ad accarezzarla

-Se non te lo dicessi, mentirei e non voglio mentire a mia figlia- le disse spiazzandola –sto per lasciarti, Alex, lo sappiamo- Alex non trattenne le lacrime e si accoccolò vicino alla madre

-Perché mi dici così?-le chiese mordendosi un labbro –Non voglio perderti- ed un sospiro uscì dalle labbra di Emma

-Sarai forte, lo so perché ti conosco, Alex, ma voglio che tu sia felice- le strinse per quanto poteva la mano- cerca la tua felicità e quando l'avrai trovata devi fare di tutto per trattenerla, per non perderla- si girò con il volto verso di lei che ormai aveva solo lacrime da mostrare alla madre –la felicità è vita e vale ogni istante che possiamo averne- Alex le si avvicinò baciandole la fronte, sentendo il dolore di quelle parole perforarle il cuore

-Io ho avuto la mia felicità e sei tu, non potevo chiedere regalo più bello- Alex non trattenne un singulto -ma ho anche perso tanto per cercare la mia felicità-sospirò affaticata- anche se può sembrarti che nella vita stai perdendo qualcosa, devi avere la forza di trovare la strada che ti porterà a ritrovare la tua felicità- Alex guardò nel verde di quegli occhi velati che ora si erano fatti liquidi –Meritiamo tutti la nostra felicità, Alex-

Poco dopo il torpore dei medicinali, fecero di nuovo cadere la madre in un sonno profondo, lasciando Alex a contemplare quelle parole che furono le ultime pronunciate da Emma prima di lasciarla.

Si ritrovò ad osservare quella foto, ricordando la loro ultima conversazione, le lacrime erano sempre le stesse, eppure il dolore adesso, era accompagnato anche da una sensazione di quiete che si stava facendo strada; la madre aveva perso molto per lei, ma era tutto ciò che voleva e aveva lottato come una leonessa per sua figlia, per darle un futuro, una vita normale e lei ora doveva solo ringraziarla per tutto, anche e soprattutto per averle dato la possibilità di conoscere l'amore, in tutte le sue forme; non si sentiva in colpa per quel sentimento perché era ciò che la madre le aveva detto di cercare e tenersi stratta: la sua felicità e in quella parola a lei veniva solo da aggiungere il volto e il nome dell'uomo che le aveva rubato il cuore.

Forse sarebbe stato difficile, ma lei avrebbe lottato proprio come sua madre, perché per la sua felicità lei non avrebbe mai voluto rinunciare, non più.

Se prima poteva essere considerato un sogno, adesso aveva avuto la certezza che Jason nutriva lo stesso sentimento per lei e la cosa che le faceva scaldare il cuore non erano stati i baci, ma i silenzi, gli sguardi che le aveva regalato, la dolcezza con la quale si era lasciato andare, la paura che gli aveva scorto nello sguardo quando era entrato la notte prima per farsi dire quel "ti amo" che lei custodiva gelosamente nel suo cuore, ma che era diventato talmente ingombrante da dover essere detto e rivelato proprio a colui che per un istante aveva esitato, non voleva crederle, ma che aveva poi ricambiato stringendola a sé, facendole vedere quel sentimento riflesso in quegli occhi del colore della tempesta d'inverno.

Questa era la loro felicità

****

Colin era intento a spiegargli ciò che voleva, guardando i vari disegni che gli aveva portato, ma in realtà la sua mente era ferma in quella stanza dove aveva lasciato quella cascata di capelli castani, quel volto addormentato che aveva sorriso appena, sentendolo posare le sue labbra sulla sua fronte ed era lì che sarebbe voluto essere in quel momento e in ogni istante, gli sembrava uno spreco passare del tempo lontano da lei, un sacrilegio.

-Jason, mi stai ascoltando?- la voce di Colin lo riscosse da quei pensieri

-Certo- mentì e l'uomo davanti a lui si abbassò gli occhialini con montatura di un rosso sgargiante che usava per leggere, mostrando il suo sguardo scettico; erano seduti nello studio dell'uomo, nella sua casa sulla costa, poco fuori la città che lui aveva aiutato a realizzare in quegli elementi in legno che il padrone di casa e sua moglie, avevano richiesto.

-E cosa ho appena detto?- gli chiese sornione con quel suo viso segnato dal tempo, ma ancora molto piacente, un uomo che aveva passato anni a salvare vite, che aveva voluto quella casa solo per poter allontanare la morte che aleggiava nel suo lavoro, ritrovando la pace e la tranquillità di cui necessitava per svolgere il suo lavoro da cardiochirurgo. Si conoscevano da almeno una decina di anni, Colin era non solo un cliente fidato, grazie al quale, aveva conosciuto altrettanti personaggi a cui aveva fatto diversi lavori, ma anche un amico; Colin aveva creduto in lui dandogli carta bianca per rivestire parte di quello studio, creare la scrivania dove ora erano seduti, così come parte della cucina, della terrazza in legno e altri elementi che abbellivano la casa.

-Che vorresti un tavolo per circa dieci persone con rispettive sedute- ripeté Jason sorridendo e Colin si appoggiò allo schienale della poltrona in pelle marrone

-Questo è quello che ti ho detto dieci minuti fa, Jason- lo corresse e il moro strabuzzò gli occhi incredulo –ti stavo parlando del mio amico che sta acquistando la villa alla fine della strada al quale vorrei presentarti per potergli arredare casa- Colin sospirò scuotendo la testa –evidentemente il lavoro non è tra i tuoi pensieri in questo momento- fece allusivo l'uomo, Jason si grattò la testa impacciato

-Scusami, Colin, ho un po' di cose per la testa- spiegò sentendo la risata dell'uomo che aveva di fronte

-Dalla tua espressione, sembrava di più una persona che occupava la tua mente- e Jason tossì imbarazzato mentre l'uomo si alzava dalla sedia seguito a ruota dal moro; l'uomo gli si avvicinò posandogli una mano sulla spalla

-Quella è la faccia di un uomo innamorato, amico mio- gli disse facendolo sentire in imbarazzo dalla testa ai piedi –ed è inutile che provi a dire il contrario, perché la conosco molto bene- l'uomo gli sorrise rassicurante –era la stessa che avevo io quando chiesi a mia moglie di sposarmi- Jason scoppiò a ridere

-Sei un attento osservatore- gli disse e l'uomo rise prendendo il suo amato sigaro che si accese poco dopo

-Ti confesso che mi sorprende, in tutti questi anni, è la prima volta che vedo una luce diversa in te Jason- il moro si strinse nelle spalle, non avvezzo a certi argomenti –ma sono felice per te, perché so che ne avevi bisogno- Jason gli sorrise

-Sì è vero, ne avevo davvero bisogno- sottolineò e Colin sorrise soddisfatto

-Tornando al discorso di quel mio amico, possiamo vederci con lui la prossima settimana se per te va bene, così da poterti illustrare quello che aveva in mente- Jason acconsentì e dopo aver accettato di buon grado, salutò Colin per uscire da quella villa che ormai conosceva meglio di casa sua e solo quando si sedette in auto, si rese conto di avere ancora un sorriso a colorirgli il volto e sapeva bene a chi doveva quell'espressione.

Partì subito dopo, con la voglia di tornare da lei, le mancava ogni attimo di più, ma la sua attenzione venne attirata da un auto che, procedendo nella direzione opposta, gli aveva fatto i fari e lentamente gli si era accostata

-Caro Jason, che bello rivederti!- Jason guardò stupito la Signora Davis seduta sul suo furgone azzurro che gli sorrideva entusiasta

-Buongiorno Signora Davis, è tanto che non ci vediamo, è un piacere anche per me- rispose cordiale e la donna lo osservò qualche istante per poi sorridere ancora di più

-Come va?- gli chiese avvicinandosi al finestrino e Jason interdetto fece un cenno con il capo

-Bene- ammise –lei? Suo marito?- chiese, ma la donna rise divertita

-Smettila con queste finte gentilezze, Jason, non sono da te!- lo redarguì bonariamente -Mi riferivo al matrimonio!- specificò lasciando Jason colpito per tanta schiettezza

-Il matrimonio?- chiese e la donna rise ancora

-Alex non ti ha detto che ci siamo parlate?- Jason per un attimo assottigliò lo sguardo

-Sì certo, ma...-tentò di rispondere ma la donna lo interruppe divertita

-Pensavi che non avessi capito?- alzò gli occhi al cielo –Anche Liz pensava di potermi fregare, sai?- Jason sospirò scuotendo la testa, in realtà Alex non gli aveva detto che la donna aveva saputo tutto

-Avanti, non fare quella faccia! Piuttosto, dimmi come sta la tua futura moglie- e Jason inevitabilmente sorrise

-Bene, è a casa- la donna fece un cenno con il capo

-E i colloqui?- chiese ancora curiosa, un sospiro uscì da Jason a ripensare a quei maledetti incontri

-Ci stanno ancora analizzando- sputò quasi con rabbia, ripensando che il giorno dopo avrebbero dovuto rivedere i funzionari

-Eh lo so, non è facile e mettono a dura prova la pazienza, ma mi raccomando Jason, non sottovalutate nulla- gli occhi della donna si erano fatti seri, così come la sua espressione –possono rovinare il vostro futuro e non dovete permetterlo- Jason fissò quegli occhi verdi sapendo quanto avesse ragione

-No lo permetterò- rispose sicuro –voglio sposare Alex e lo farò- la donna rimase un attimo ferma a fissarlo come a sincerarsi delle sue parole, per poi arricciare le labbra in un sorriso

-Se me l'avessero detto che un giorno ti saresti sposato non ci avrei mai creduto!- lo prese in giro la donna che poi gli fece un occhiolino –Buona fortuna Jason, salutami tanto Alex e dille di passare qualche volta!- detto questo Jason la vide ingranare la marcia salutarlo e ripartire per la strada.

Lui rimase fermo, il motore acceso e l'ansia per quella breve conversazione: se da una parte era sicuro dei sentimenti di Alex, dei suoi, non aveva idea che cosa pensassero i funzionari, cosa potevano aver immaginato dopo il loro ultimo incontro a casa; sospirando riprese la strada verso casa, con la voglia ancora più prepotente di stringere Alex tra le braccia. In quel momento il suo cellulare squillò

***

-Ciao- la voce di Jason la fece voltare di scatto, era intenta a prepararsi un panino e subito il suo volto si animò di un sorriso di amore

-Ciao! Tutto bene?- gli chiese vedendolo sospirare e un certo cipiglio dipinto sul viso, le si avvicinò per posarle un bacio sul capo, per poi prendere anche lui un paio di fette di pane

-Diciamo di sì- rispose facendola ridere, sembrava un bambino imbronciato

-Quel diciamo di sì, non è per nulla convincente, lo sai?- scherzò e lui a quel punto sorrise senza guardarla

-Dici?- le chiese mentre Alex si sedette al tavolo con i suoi due tramezzini, felice che fosse finalmente tornato e di poterlo guardare senza doversi vergognare

-Si, dico- sottolineò e poco dopo anche Jason si sedette al tavolo di fronte a lei, con un sorriso sghembo sulle labbra, che però si dissipò quando parlò

-Mike vuole che vada da Jane a sincerarmi delle sue condizioni- le disse e il boccone che Alex teneva in bocca divenne un sasso che non voleva scendere –Inoltre mi ha chiamato Camille, per quei mobili a Londra- Alex non riuscì a guardarlo, concentrandosi a masticare lentamente, sospirò posando il mezzo tramezzino e bevendo un lungo sorso d'acqua

-Mike è il tuo migliore amico, ha bisogno del tuo aiuto e a Camille hai promesso di lavorare al restauro dei suoi mobili- si sforzò di dire e lo vide sospirare e guardarla di sbieco

-Se fosse mio amico non mi romperebbe le palle in questo modo e anche Camille se avesse capito, mi avrebbe lasciato in pace!- sbottò infastidito finendo il panino con un ultimo morso, poi la fissò e ritrovò il sorriso, si alzò dalla sedia per avvicinarsi a lei rimasta sorpresa da quel gesto

-Tu festeggerai tra un mese- le disse piegandosi sulle gambe per stare alla sua altezza, accarezzandole una guancia e lei lo guardò sorridendo –hai tempo per pensare a cosa vorresti fare- aggiunse lasciandola spaesata

-Non amo molto le feste, non saprei - ammise ripensando a come i suoi compleanni erano stati per lo più limitati a lei e la madre, a volte con qualche amichetta, ma niente di speciale e a pensarci bene, le era sempre andato bene così

-Beh tu pensaci- le disse e lei gli sorrise divertita vedendolo alzarsi per poi avvicinarsi al suo viso e baciarla dolcemente

–Vent'anni vanno festeggiati- le disse sorridendo –potremmo organizzare qualcosa- e lei rimase colpita da quelle parole, ma la serata passata da Jason in quel locale, bruciò 

-Potrei andare in qualche club per sole donne- suppose sorridendo beffarda, Jason fece scomparire all'istante il sorriso, diventando serio

-Come?- chiese poco rassicurante e lei si trovò a sorridere allusiva

-L'hai detto tu: vent'anni vanno festeggiati, per cui ci penserò, magari potrei trovarlo divertente, tu non ti sei divertito?- gli disse ampliando il sorriso mentre lui le si fece vicino al viso

-Mi stai provocando, Alex?- le chiese con voce bassa e Alex avvampò all'istante sgranando lo sguardo, rise e cercò di alzarsi, ma lui mise un braccio sul tavolo e un altro sulla spalliera della sedia per impedirglielo e la guardò negli occhi –ti piace così tanto vedermi arrabbiato?- le chiese sfidandola 

–Forse non sono stato abbastanza chiaro, Alex, nonostante te lo abbia detto già in passato- e le si fece a un soffio dal viso, Alex era rimasta immobile –tu sei affar mio, nell'istante in cui hai messo piede qui, mio e di nessun altro- detto questo la baciò prendendole il viso tra le mani trasportandola con quell'intensità ad emozioni che non avrebbe mai potuto immaginare; quando si staccò da lei la guardò ridendo beffardo, mentre Alex cercò di ritrovare un po' di compostezza

–Ti conviene pensare a qualcos'altro e pensaci bene stavolta- le disse facendole una carezza sul viso soffermandosi sul suo labbro, poi rialzò quel mare tempestoso che erano i suoi occhi

–Vado a lavorare, altrimenti potrei farti pentire amaramente di quanto hai detto- la stuzzicò posandole un bacio sul capo e avviandosi verso il seminterrato.

Alex sospirò sentendosi completamente frastornata, per un attimo quello sguardo da predatore che le aveva rivolto l'aveva fatta fremere, si passò una mano sul viso sentendosi tremendamente accaldata, avvertendo la voglia che aveva di Jason crescere ogni secondo di più.

Possibile facesse nascere in lei quelle sensazioni così forti? Possibile avesse voglia di lui sempre di più?

Si vergognò dei suoi stessi pensieri, arrossendo, pensando che neanche erano ventiquattr'ore che si era dichiarata e, per qualche strano caso, ricambiata dall'uomo che le aveva rubato il cuore, che già sentiva crescere in lei la voglia di lui?

Inoltre la gelosia era divampata appena lo aveva sentito pronunciare i nomi di Jane e di Camille, anche se in fondo sapeva bene di non doversi preoccupare, ma fino a che punto? Scosse la testa decisa a non lasciarsi andare in supposizioni che avrebbero solo rovinato quel momento che lei voleva godersi appieno. Non voleva che niente e nessuno interferisse con quello che lei voleva proteggere ad ogni costo, soprattutto da coloro che non volevano credere al loro legame: a quel pensiero ricordò che il giorno dopo avrebbe dovuto di nuovo rivedere i volti dei due funzionari; la cosa la preoccupava parecchio, sapendo quanto accaduto durante la visita a casa, avesse potuto minare il tutto, ma sperava vivamente che quelle loro incertezze sul loro rapporto venissero dissipate dai sentimenti oramai allo scoperto di entrambi.

****

Sceso nel seminterrato un profondo sospiro uscì dalle labbra di Jason che si passò una mano tra i capelli, sapendo di non averle rivelato la telefonata che più di tutte lo aveva turbato.

Guardò il pezzo di legno dal quale aveva fatto nascere un ennesimo capitello, pronto per le ultime rifiniture e poi consegnato. La sua testa era ormai preda dei più disparati pensieri, ma dovette sforzarsi di prendere il raschietto, per cesellare alcuni dettagli rimasti grezzi di quel legno ancora naturale e si chiese se quella telefonata da parte di Will fosse stato un altro colpo basso da parte della famiglia. Il padre si era ripreso, finalmente fuori pericolo e il fratello gli aveva detto chiaramente di dover tornare a Londra perchè l'uomo voleva vederlo. Aveva capito che il fratello, o forse proprio la madre, non avevano aspettato un attimo per rivelargli che Jason aveva intenzione di sposarsi, sospettava inoltre che lo avessero messo al corrente di chi fosse Alex e la cosa lo inquietò non poco. Sospirò guardando il suo lavoro, chiedendosi cosa avesse dovuto dire ad Alex, se parlarle di quello che era successo con il padre anni addietro oppure aspettare e magari andare solo lui a Londra, anche se Will era stato piuttosto chiaro al riguardo

-Papà vorrebbe vederti, magari puoi farti accompagnare -gli aveva detto facendo intendere che si aspettavano anche lei. Guardò verso le scale e il magone che sentì lo fece fremere: suo padre lo aveva deluso già diverse volte, soprattutto in quel frangente quando lui gli aveva chiesto aiuto, ed ora aveva il terrore che la cosa potesse ripetersi.

 

  
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