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Autore: Joy2000    10/05/2021    0 recensioni
Olivia è stata arrestata...e ci eravamo lasciati lì. Dal testo:" Non posso crederci. Chi ha osato toccare il mio pub? Chi si è permesso di darlo in pasto alle fiamme?"
TOM POV
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thomas Shelby
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Apro gli occhi svegliato dal campanello. Chi potrà essere alle 7 del mattino? Mi stropiccio gli occhi ancora assopito, segno di una notte tranquilla ancora una volta grazie ad Olivia che sta dormendo beatamente. Mi alzo a sedere, mi metto una vestaglia e scendo di corsa ad aprire. È Ada.
“Che ci fai qui?” le chiedo sbadigliando e cercando di riconnettere i miei neuroni.
“Thomas, dobbiamo andare a Leicester, da Olivia” risponde lei, incrociando le braccia e guardandomi di sottecchi.
“Ah..vero..” mormoro imbarazzato mentre mi gratto la testa cercando di valutare se è il caso o meno di dirle la verità. Non faccio in tempo a prendere una decisione che sento scendere dalle scale Olivia, rivestita e ancora assonnata. Si para proprio accanto a me, sull’uscio, di fronte ad Ada che la guarda sbalordita.
“Ada, ti posso spiegare” mi precipito a dirle spingendola dentro casa.
“Zia Polly non ne sarà affatto felice” mi canzona lei ironica, mentre mi fa cenno del no con un dito. Olivia ha lo sguardo preoccupato, ma io cerco di tranquillizzarla con i miei occhi.
“Polly non deve saperlo, non capirebbe” le spiego
“E cosa le dirai quando saprà che non sei a Leicester?” mi domanda arguta. Ci penso un po’, mentre mi gratto il mento.
“Oggi andiamo a Londra. Diremo a Polly che siamo andati a Leicester.” Affermo avendo pensato già a un piano.
“Londra? A far che?” chiede stranita e curiosa la mia giovane sorellina ruffiana
“Potrebbe essere lì mia sorella” risponde Olivia, mentre prende a mangiarsi le unghie in preda al nervosismo. Tranquilla piccola Lily si sistemerà tutto.
“Tua sorella non stava a Leicester?” chiede ancora un volta Ada che non credo stia capendo più di tanto della questione.
“Ora andiamo a Londra, ti spieghiamo in macchina. Non dire nulla a Polly”
 
Ero stato a Londra altre volte, sempre per affari che però non erano ancora andati in porto poiché gli uomini che cercavo di portare dalla mia parte sembravano scettici riguardo le mie origini da zingaro. Ad ogni modo mi piace Londra, è una città ben organizzata e piuttosto astuta. Indossa una maschera di ipocrisie, di dame che ballano il charleston, di locali alla moda, ma sotto sotto ama la criminalità che fa senza dubbio parte di lei. Non so con esattezza perché i Bimingham Boys o Margaret o Kimber avrebbero dovuto trovarsi lì. Forse vogliono organizzare le nozze nell’abbazia di Westminster come la regina, o forse anche loro hanno intenzione di allearsi con qualche altra gang, o addirittura stanno ampliando le loro scommesse ippiche. Fatto sta che avremmo dovuto scoprirlo, anche se dopotutto non è stata un’idea brillante farmi accompagnare da due donne.
“Ecco, Margaret abitava qui, il numero è 8B” dice indicando una porta rossa preceduta da degli scalini come le altre case che abbiamo visto fino ad ora. Spero che almeno il numero porti bene, nella cultura cinese è considerato di buon auspicio! Lily suona il campanello e io ho le braccia incrociate in modo che possa sentire la pistola nella fondina sotto il palmo della mano, così da essere pronto qualora ce ne sia bisogno. Dopo istanti interminabili di agitazione, la porta ci viene aperta. Quando Olivia vede la giovane ragazza dai capelli ramati le salta al collo, non facendo caso che però indossa un cappello con una larga visiera che le copre il volto. Ada prova a guardare sotto al cappello, sospetta e dal suo sguardo capisco che c’è qualcosa che non va. Così provo a sbirciare anche io e intravedo qualcosa di scuro, violaceo. Sembra un livido, sull’occhio destro.
“Margaret siamo venuti per te, per salvarti!” esclama Olivia alla sorella, senza staccarsi dall’abbraccio.
“Perché salvarmi?” chiede lei, anche se il suo tono non sembra più di tanto sorpreso.
“Possiamo entrare? Le spiegheremo tutto dentro” domanda Ada, cortese mentre si accinge a salire i gradini, ostinata proprio come nostra zia, tanto che Margaret non può far altro che farci accomodare.
La dimora è enorme, spaziosa e arredata in grande lusso. Ci sono molti tappeti indiani, lavorati a mano, e di tutti i colori, uno ha addirittura delle venature di oro. I mobili sono in pietra, sembra marmo, a parte il camino che è in legno di ciliegio, che tuttavia non contrasta con il resto dell’arredamento. La cosa che più mi colpisce è il lampadario, con quattro bracci d’oro puro ricoperti da una fontana di diamanti che simulava una sorta di pioggia immobile. Una casa piuttosto sfarzosa, non c’è che dire. Margaret ci fa sedere su un divano chesterfield in pelle marrone in pandans con il colore del camino. Ci offre del wishkey mentre passeggia avanti e dietro per la stanza mettendo in mostra il lato sinistro del suo profilo e nascondendo invece l’opposto.
“E bene? Che cosa volete? Avete poco meno di venti minuti, poi sarete costretti ad andarvene, ho delle commissioni da fare” ordina nervosa, mentre Olivia non fa che cercare di incontrare il suo sguardo che puntualmente è rivolto verso uno dei numerosi tappeti.
“Olivia mi ha fatto leggere il biglietto, si è preoccupata. E forse ha fatto bene” dico io, poco delicato, diretto a colpirla per cercare di suscitarle qualche reazione che mi faccia comprendere di più di quello che già so.
“Perché avrebbe fatto bene?” mi chiede accendendosi una sigaretta e continuando a mostrare il profilo sinistro. Solo ora noto che all’anulare della mano usata per portarsi la sigaretta alla bocca, indossa un anello, con una pietra verde. Olivia deve aver ragione.
“Perché ti vuoi sposare con un pezzo di merda che neanche ti rispetta” rispondo in tono calmo, anche se le parole lasciavano trapelare la mia rabbia, perché odio gli uomini che picchiano le donne e mi fa ribrezzo che Margaret voglia condividere la sua vita con uno di questi. Olivia mi fulmina con lo sguardo, perché probabilmente sono stato ancora una volta indelicato.
“Margaret quello che mio fratello vuole dirle” interviene Ada “è che noi possiamo aiutarla se lei ci dà la possibilità. Siamo in grado di risolvere i suoi problemi”
Margaret ride sarcastica, mentre aspira nervosamente il tabacco.
“NON HO BISOGNO DEL VOSTRO AIUTO!” grida all’improvviso furiosa, mentre si toglie il cappello in un gesto poco femminile. “Vi riferite a questo?” ci chiede indicando il livido sull’occhio destro. “Non lo ha fatto apposta, Bill mi ama, e io lo amo, fatevene una ragione, è meglio così. Adesso andatevene, ribadisco che ho delle commissioni” conclude rimettendosi il cappello sotto il nostro sguardo basito. Olivia ha gli occhi lucidi, ma stringe i denti per non piangere, e forse lo fa per non far soffrire sua sorella. Usciamo tutti e tre in fretta lasciando Margaret sola in quella casa solo in apparenza accogliente e tranquilla. Per tutto il viaggio di ritorno Olivia non proferisce parola, sconvolta dall’incontro con sua sorella, mentre io continuo a pensare a un modo per fottere Kimber. Non voglio attaccare per primo, ma penso che sarò costretto a farlo. Ho bisogno di uomini fidati che si schierino al mio fianco senza paura e so di dovermi rivolgere a Johnny. Devo parlare con Polly, spiegare anche a lei il da farsi, perchè ho bisogno della sua mente, della sua oggettività nell’evitare che io possa commettere errori. E devo parlare con Arthur e John, devo spiegare loro la questione, che sta diventando di giorno in giorno più complicata.
 
“Tom, abbiamo un problema!” prorompe Polly chiudendo svelta le porte del mio ufficio per non far trapelare informazioni. Anche se in realtà l’ufficio è stranamente semideserto.
“Un altro?” chiedo io, interrompendo lo studio dei guadagni dell’ultimo mese.
“Sì un altro, forse non te ne sei reso conto, ma mancano molti scommettitori, e se continuiamo di questo passo tempo un paio di mesi e andremo in fallimento!” esclama  agitata poggiando le braccia sulla scrivania, ma rimanendo in piedi. Mi fissa negli occhi. Polly è una bellissima donna, nonostante sia la più grande in famiglia, ma suoi occhi scuri e penetranti e la sua bocca velenosa hanno allontanato molti uomini da lei. Così si ritrova a 40 anni senza un marito al suo fianco, vedova e con due figli persi. Ha una mente fine, è furba, forte, non ha paura di niente. È fredda e distaccata quando si parla di affetto, anche se so che ci vuole bene e ci tiene a noi, in fondo. Ha il sangue di una gipsy esattamente come noi, ma ha un istinto più sviluppato del nostro, che peraltro è infallibile. Ecco perché è diventata il mio braccio destro, ho bisogno di lei per valutare e prendere decisioni, anche se a volte credo mi influenzi troppo, forse perché in cuor mio la temo un po’.
“Si, lo so, stavo appunto dando un’occhiata ai registri dell’ultimo mese. Il guadagno è ridotto, se la situazione peggiora andremo presto in perdita” dichiaro preoccupato. “Comunque, Polly, devo parlarti” le dico mentre vedo i suoi occhi alzarsi al cielo seccati e forse consapevoli di altre cattive notizie. Si siede con poca grazia, e arrabbiata  incrocia le braccia.
“Avanti! Non ho tutta la mattinata”
“Margaret vuole sposarsi con Kimber e lui la picchia”
“Che cosa?! E perché vuole sposarsi allora?” mi chiede, ma onestamente non so ancora dare una risposta al suo interrogativo, quindi rimango in silenzio.
“Tom devi risolvere la situazione, Kimber sta di nuovo recuperando terreno…”
“Cosa vuoi che faccia?!” grido alzandomi di scatto in piedi mentre mi gratto la testa cercando disperatamente un’idea “Polly, io non ho nulla in mente. Quegli uomini sono pericolosi. Sono armati anche più di noi, vuoi che inizi una guerra?”
“La guerra è già iniziata, non te ne rendi conto? Dobbiamo rispondere, ci stanno portando via gli scommettitori, vogliono che ci facciamo da parte!” esclama lei, concitata almeno quanto me.
“Okay. Manderò un avvertimento. Vedremo che accadrà…” taglio corto, ormai stanco di dover sempre risolvere ogni problema che ci capitava. Non sono Dio, né un re, eppure devo aggiustare  tutte le crepe che questa vita mi sta mostrando.
Sento Arthur al telefono e gli ordino di recarsi nelle Aston per minacciare qualche malcapitato dei Bimingham Boys come avvertimento per non pestarci i piedi nelle corse dei cavalli, anche se dubito serva a spaventarli,. Dopodichè torno a casa da Olivia, che ha deciso di trasferirsi da me fino a che la situazione non si risolva. Non abbiamo neanche avuto modo di parlare del gran casino in cui ci siamo messi, della nostra notte d’amore e di come insieme il mondo sembri un posto migliore. Appena rientrato sento la casa meno vuota e percepisco il profumo della lavanda che mi rasserena il cuore. Man mano che salgo le scale l’odore aumenta fino a raggiungere il culmine nel momento in cui mi avvicino a Olivia, seduta nel mio ufficio mentre da un’occhiata al giornale. Faccio silenzio e mi poggio alla porta semichiusa per sbirciarla: ha un’aria concentrata e assorta, che le conferiscono l’immagine di una donna adulta e vissuta. È così attraente mentre leggendo, porta il segno  con il dito che scorre lungo la pagina. Busso per non farla spaventare. Alza lo sguardo verso di me e accenna un sorriso. Ha gli occhi stanchi, neanche con me riesce a dormire, data la naturale preoccupazione per la sorella. Mi avvicino a lei con le mani in tasca, le lascio un bacio sulla fronte e do uno sguardo fugace al giornale che porta come titolo, il cavallo vincitore dell’ultima corsa, Malachia, un purosangue inglese con il fuoco negli zoccoli.
“Novità?” mi chiede lei come se fossimo in una conversazione di routine tra marito e moglie. Sarebbe stata perfetta da sposata, già lo immagino. Affettuosa ma determinata. Autorevole, ma accondiscendente. Spiritosa, ma intelligente. La donna ideale al mio fianco.
“Ho mandato Arthur ad Aston, per avvertire i Biringham Boys di rimanere nel loro, purtroppo gli affari calano” le spiego sedendomi di fronte a lei, dal lato opposto a quello a cui sono abituato, il che mi fa sentire strano.
“E di mia sorella?”
“Lily, siamo andati da lei solo ieri…”
“Un giorno in più potrebbe esserle fatale!”
“Lo capisco, ma non possiamo portarla con noi con la forza, hai visto come ha reagito ieri?!”
“Tom è spaventata, ha paura, dobbiamo aiutarla”
“Olivia, basta, ci vuole tempo!” sbotto io, ormai stanco di non poterle dare una soluzione efficace. Alzo la voce inconsapevolmente, ma la spavento e Olivia corre nella nostra stanza arrabbiata, con i pugni stretti. La lascio sola, mi siedo al mio posto e mi fumo una sigaretta, stendendo le gambe sulla scrivania cercando di ritrovare la calma e la freddezza che ho ormai perso.
  
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