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Autore: EllyPi    12/05/2021    0 recensioni
Dopo la morte del tiranno Galbatorix ognuno prese la sua strada, due donne sedevano sui loro troni, due cavalieri alla ricerca di qualcosa. Il destino a volte porta a risultati diversi da ogni speculazione e previsione. Come procederà la storia di Alagaesia dopo la pace?
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castigo, Eragon, Galbatorix, Murtagh, Nasuada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mattina della cerimonia Murtagh e Nasuada si svegliarono addirittura prima che la servitù li andasse a chiamare, a causa del gran frastuono proveniente da tutto il castello, in subbuglio per i preparativi. Il ragazzo moro andò a bussare alla porta della camera della regina, anche se erano stati costretti a non vedersi fino alla cerimonia, partendo dalla notte precedente quando Farica aveva insistito perché dormissero in stanze separate. La ragazza dalla pelle d’ebano si alzò velocemente, scansando le coperte e prendendo una vestaglia per coprirsi, andando alla porta comunicante con la stanza in cui aveva dormito il Cavaliere. “Nasuada, sei sveglia?” , chiese lui in un sussurro. Lei appoggiò il volto alla porta toccandogli la mente con la sua, chiedendo il permesso di entrare. Il ragazzo spalancò la sua coscienza e la ragazza come ogni volta - conoscendo l’importanza che aveva la mente per Murtagh - fu onorata nell’essere l’unico essere umano libero di connettersi con lui, entrò con molta riverenza e rispetto, aspettando che fosse lui a parlarle per primo. Spero di non averti disturbata nel sonno. , disse finalmente lui interrompendo il silenzio e la loro distanza. 

Il suo cuore iniziò a palpitare. No, non mi hai disturbata affatto. Ero già sveglia e, se devo essere sincera, è perché un po’ di agitazione si sta facendo largo in me… , rispose lei condividendo con lui non solo quelle parole, ma anche le sensazioni che la tormentavano. 

Lo sentì sospirare, segno che anche lui provasse lo stesso. Non pensavo sarebbe stato così, alla fine tu sei già mia moglie da tempo. Eppure sono anch’io così trepidante… , confermò lui.

Forse è a causa di tutte queste stupide precauzioni a cui ci stanno sottoponendo. Per colpa di questa etichetta non ho potuto vedere il mio bambino da ieri pomeriggio! , si lamentò lei.

Stai tranquilla, lo rivedremo presto, spero… , la consolò lui e Nasuada si rese conto che il Cavaliere era tornato nemmeno un giorno prima dalla prima missione che gli aveva affidato, scortando Arya per la cerimonia dopo che - sorprendentemente - questa aveva accettato di parteciparvi, ed era lontano da qualche giorno dal figlio; il pomeriggio precedente l’elfa aveva conosciuto Finiarel e poi era stato prelevato dalla regina senza che il padre potesse rincontrarlo.
Sentirono le porte delle due stanze aprirsi contemporaneamente e i due giovani si staccarono dalla porta che comunicava tra le due. Farica entrò nella stanza della regina, con il volto per nulla sorpreso nel vederla già sveglia. Era stata sposata, anche se non aveva avuto figli, perciò aveva già provato la sensazione di una ragazza la mattina delle sue nozze. O come nel suo caso, della seconda cerimonia per ufficializzare il matrimonio. Ci sarebbero stati i sovrani delle altre razze d’Alagaesia, oltre ai nobili umani che avevano però già accettato il ritorno di Murtagh, forse più che la sua elevazione a regina: lei, una ribelle. Eppure temeva per Orik più di chiunque altro, che potesse opporsi alla cerimonia stessa invece che presentare i suoi risentimenti in forma di dubbio sulla sua unione antecedentemente alla celebrazione. Farica le pettinò a fondo i capelli e le fece un bagno nel latte di vacca primipara come da tradizione, per il rituale augurale di fertilità delle nobilspose. La regina di fronte alla vasca piena di liquido bianco storse il naso, pensando al povero cucciolo che non aveva potuto ricevere il latte dalla madre per permettere a lei un bagno nel suo nutrimento. 

“Era davvero necessario anche questo? Insomma, io… noi un figlio già lo abbiamo” , chiese più al vento che all’ancella, sapendo che la risposta avrebbe vertuto sull’importanza del rispetto delle tradizioni per una regina. Infatti, fu semplicemente ignorata dalla donna che le tamponava il corpo con un panno in lino. La cosparse di acqua di rose per profumarla e le infilò la sottoveste in tessuto d’oro zecchino, che era fredda e le fece venire la pelle d’oca, come le cotte di maglia che indossava quando ancora la guerra era quotidianità. Maeve entrò silenziosa nella stanza con un vassoio, annunciandole la colazione, con un sorriso materno destinato solo alla regina. Le posò davanti cinque grandi melograni, numero scelto dal parente dello sposo più prossimo: il nonno di Murtagh, Flaithrì - che aveva cercato di scrutare le stelle, arrivando due sere precedenti a quella cifra, ridicola secondo la regina che era fermamente convinta che non sarebbe mai riuscita a partorire tutti quei bambini, nonché Murtagh sembrasse propenso a voler accudire un piccolo esercito di figli - . Sospirò e, lasciata sola, si mise a togliere i chicchi dal frutto per mangiarli. Avrebbe avuto fino al pomeriggio per terminare, perciò si dedicò a quel compito lungo e minuzioso per ingannare il tempo e l’ansia crescente. 

A metà del suo pasto - qualche ora dopo - le portarono l’abito per la cerimonia coperto da un telo purpureo, che non lasciava intravedere nulla. Aveva sempre amato i begli abiti, e ogni qualvolta il padre le facesse in dono uno nuovo, era sempre trepidante nello scoprire il tessuto, il colore, il taglio, i ricami o le pietre di cui era adorno. Sapeva che non avrebbe potuto procedere alla fase successiva della sua preparazione senza prima aver terminato la colazione, perciò si velocizzò notevolmente con i melograni. 

Farica tornò nella stanza per aiutarla con l’abito, ma si resero conto entrambe che fosse necessario che il principe fosse nutrito dalla madre quando, dopo averle infilato il corsetto e aver stretto i lacci in seta, il suo seno una volta piccolo come due mele straboccò al di sopra. La balia le portò il bambino intorno a mezzogiorno, che si nutrì a sazietà ma non si addormentò con la pancia piena, come non faceva più ormai da qualche mese, da quando era capace di rimanere sveglio parecchie ore, compresi dopo i pasti. Gli permisero di rimanere sul letto della regina, o meglio quello della stanza in cui l’avevano confinata per la notte precedente, a pronunciare i suoi discorsi incomprensibili di versetti. Le riassicurarono il sostegno per il suo busto, stavolta riuscendo a entrarci con comodità. Tre diverse sottogonne le furono allacciate alla vita e agganciate al corpetto attraverso dei piccoli ganci in metallo. Maeve le apprettò il bordo delle sottogonne con bianco d’uovo, perché durante il cammino non si piegassero antiesteticamente verso l’interno, intralciandole i passi. Le due ancelle le infilarono sopra la testa un indumento con corpetto inserito dentro due strati di tessuto, che scendevano poi fino ai piedi, perché non ci fosse uno stacco tra i due pezzi. L’abito, capì la regina, doveva essere dunque di un tessuto sottile, forse seta, incapace di perdonare sottovesti con interruzioni e cuciture troppo spesse. Le fecero indossare un abito dorato anch’esso, con ricami in filo d’oro rosso, e al disopra una tunica di un tessuto mai visto, ma che la fece quasi svenire dalla bellezza. Era color porpora con riflessi iridescenti dorati, talmente sottile da far trasparire la figura della domestica che lo estrasse dalla copertura. 

“Ti piace?” , le chiese Farica. 

La regina annuì solamente, trattenendo l’euforia per quel meraviglioso pezzo che si sarebbe aggiunto al suo guardaroba. Indossato sopra il precedente abito dorato, le sembrò di essere fatta di tramonto liquido, di luce. Capì come doveva sentirsi Castigo quando il sole colpiva le sue squame, facendole accendere come di luce propria. La regina si sentì degna di sposare nuovamente un Cavaliere del Drago. 

“Dovrò ringraziare Arya dopo per questo abito, è semplicemente perfetto!” , sussurrò la regina guardandosi allo specchio. Le acconciarono i capelli in riccioli fissati alla testa, come un nido soffice per uccelli, e vi incastonarono le spille dorate appartenenti a sua madre, Nadara, stranamente sopravvissute ai numerosi spostamenti dei Varden. Per ultimo, Maeve le applicò un filo di trucco per accentuare le gote rosate abbastanza velocemente, poiché era già metà pomeriggio. Un’altra ora di sole e si sarebbe ricongiunta con Murtagh. Arya arrivò da lei poco tempo dopo, a prendere il bambino che avrebbe accudito durante tutta la festa. Lo alzò dal materasso con gridolini innamorati, poi lo sistemò tra le sue braccia, dando allora piena attenzione alla sposa.

“Stai d’incanto, Nasuada.” , si complimentò guardandola da capo a piedi. 

La regina umana sorrise all’altra, rabbrividendo quando una veloce immagine di quanto anche Murtagh sarebbe stato bellissimo le balenò in mente. “Devo ringraziarti per la gentilezza tua e del tuo popolo: questo abito, le porte dei miei appartamenti… Non potrò mai ripagarti abbastanza!”

Nasuada aveva le lacrime agli occhi per tanta genuina bontà nei suoi confronti. Arya si sistemò Finiarel meglio a sedere su un suo avambraccio, lasciandogli un bacio e una parola elfica sussurrata, e poggiò la mano del braccio libero sulla spalla della donna dalla pelle scura. “Nonostante il mio popolo e il tuo fossero alleati, non avremmo mai sconfitto Galbatorix senza di te, il nostro Capo indomabile e senza paura. Non saranno dei doni a ripagarti per la tua forza e la libertà che ci hai donato.”

La ragazza arrossì per la prima volta davanti ad un altro sovrano, ma Arya era una sua amica di vecchia data, non una regina in quel momento. 

“Sono lusingata, amica mia!” , esclamò la giovane abbracciando l’altra donna e facendo attenzione al proprio figlio. Arya ricambiò per quanto possibile il gesto, rimanendo ferma per qualche minuto, i loro cuori che battevano erano gli unici suoni oltre al debole canto spensierato del bambino. La regina degli elfi allora si staccò, ricordandole che fosse quasi finita l’ora a loro disposizione. “Andiamo, Nas? Jormundur ti attende già qui fuori, l’ho incrociato venendo da te.”

La ragazza rimase congelata nei suoi pensieri, lo stomaco ancora in subbuglio.

“Forza, amica mia. Dopo aver messo per tutta la vita gli altri davanti alla tua persona, ora è il tuo momento per essere felice.” , la incalzò l’elfa. La regina si riscosse, poi uscì dalla stanza.  L’uomo anziano si inchinò con un complimento, prendendola per il gomito. Camminando lentamente a causa del peso estremo del suo abito e della corona con grossi rubini, arrivarono nella sala da ballo del castello, poche persone erano raggruppate attorno all’anziano membro del Consiglio, Umérth, che avrebbe celebrato l’unione della ragazza con il suo amato per la seconda volta. Eragon era stata la prima scelta come ufficiante, ma il Cavaliere azzurro, che aveva giurato di non ritornare più nel paese natale, aveva rifiutato a malincuore. Camminando tra i commenti estasiati alla sua vista, la regina arrivò di fronte al ragazzo che era già suo marito, ma che le aveva proposto la cerimonia in corso per coronare l’amore, che era sbocciato negli ultimi mesi tra loro, non nel segreto di una cella ma davanti alle persone più care per i due giovani - e tutti gli altri che lady Elessari aveva ritenuto opportuno invitare - . Jormundur lasciò la sposa al cospetto dell’amato, annunciandola e facendone le veci, acconsentì al matrimonio. Murtagh, che indossava un abito dorato come il suo ma senza l’elemento viola della regalità, per rimarcare la sua mancata pretesa al ruolo di principe consorte, era vistosamente radioso. I suoi ormai lunghi capelli neri erano portati lontano dal volto da due trecce intricate alle tempie e unite dietro la nuca da una spilla argentata, il volto perfettamente rasato era stato ammorbidito da qualche trattamento per la pelle, rendendola luminosa quanto gli occhi azzurro-ghiaccio. Accanto a lui, suo nonno si reggeva letteralmente al suo gomito, gli occhi dello stesso colore che la guardavano con orgoglio del nipote da poco conosciuto, le pellicce che coprivano voluminose un corpo reso scarno e ricurvo dalla vecchiaia - ma che sembrava fatto per indossare abiti di ottima qualità, come quello rosso scelto per l’occasione in un lucido broccato - , ma che ancora conservava la caratteristica ed elegante statuarietà che aveva ereditato prima il figlio poi il nipote. L’anziano saggio annunciò il Cavaliere e acconsentì all’unione. L’officiante chiese a Nasuada di poggiare entrambe le mani su quelle di Murtagh. Notò con piacere che indossava l’anello dorato con un grande rubino che aveva fatto creare per lui per quel giorno. Nell’alzare le braccia, le maniche di tessuto viola svolazzarono all’indietro, lasciando emergere quelle sottostanti dorate, che si andarono ad accostare a quelle del ragazzo. Regina e Cavaliere ripeterono i loro voti nuziali senza mai staccare lo sguardo dalle pupille dell’altro, scrutando l’interno dei rispettivi animi e giurandosi anche non verbalmente sincero amore eterno. Umérth legò i loro polsi con un nastro bianco, che era stato Derrel a porgergli, dichiarandoli uniti in matrimonio per la seconda volta. I due sposi si voltarono verso gli ospiti, che si accalcarono davanti a loro. Dal loggiato della sala, scesero anche i nobili da tutta Alagaesia che avevano preteso di assistere al matrimonio reale. Arya con l’erede al trono andò a baciare sulla fronte i due sposi come da usanza elfica, poi Roran e Katrina andarono a inchinarsi al loro cospetto, rinforzando il giuramento di proteggere il nord in vece della sovrana, la piccola Ismira che guardava tutta quella gente con grandi occhi sbarrati dal fianco della madre. Dopo di loro fu l’ex-re Orrin a inginocchiarsi nel nome del Surda, ormai solo una regione e non un regno indipendente. Gli sguardi d’odio che lanciò al Cavaliere furono però nulli se paragonati a quelli del re dei nani, Orik. Egli non si era opposto infine alla cerimonia, ma si rifiutò di rivolgere la parola al giovane umano. 

“Mia amica di lunga data, ti auguro una discendenza forte per il tuo regno e che la tua vita possa essere lunga e priva di pericoli” , le disse facendo ondulare la sua barba rossa adornata di piccoli pendenti d’oro. 

“Ti ringrazio, Orik. È importante per me il tuo appoggio. Murtagh saprà dimostrare anche al tuo popolo che i suoi errori non erano dettati dal suo cuore, ma da un controllo esterno. È un alleato importante per la pace…” , rispose la donna con un sorriso caloroso. Lui grugnì guardando un’ultima volta il Cavaliere in cagnesco, poi si spostò da parte.

Angela si fece spazio a gomitate verso la sua regina, seguita da Elva. Murtagh fece un inchino col capo verso la strega-bambina dagli occhi ametista, le sarebbe per sempre stato debitore - anche se lei aveva rifiutato che lui la ripagasse spezzando la sua maledizione - poiché aveva usato il timore reverenziale della corte per convincerli che, come lei, il Cavaliere non dovesse essere temuto, ma potesse essere la miglior opzione averlo dalla propria parte. Lei in risposta chiuse e riaprì le palpebre lentamente, come un gatto sornione. 

“Davvero una bellissima coppia!” , sentenziò l’erborista spumeggiante come sempre. Prese una moneta dal vestito, porgendola al Cavaliere. “L’ho incantata personalmente il giorno della nascita di vostro figlio. È tra le prime monete coniate durante il nuovo regno, l’anno di passaggio a una nuova vita per tutta Alagaesia, e per voi due e il piccolo principe. Che possa proteggervi tutti e guidarvi luminosa su un cammino di verità e saggezza…” , spiegò terminando con il suo augurio. Nasuada fu sorpresa da quel regalo e rincuorata per la sicurezza del figlio, per cui andò ad abbracciare la donna bionda. Quest’ultima rimase congelata. “Nasuada, mia regina… vi ho fatta preoccupare eccessivamente?” , esclamò iniziando a strofinarle la schiena. 

La regina si scostò, ancora con il sorriso nonostante lo sguardo ora preoccupato del marito. “No, no! Sono solo sollevata che tu abbia pensato a come proteggere la mia famiglia, mi avevi molto preoccupata con il tuo ammonimento riguardo le trame verso Murtagh! Ho temuto per la sua vita, e quella di nostro figlio…” , rispose la regina. 

L’erborista parve ricordarsi di quelle sue parole improvvisamente. “Elva mi ha rassicurata che il nostro principe sarà al sicuro!” , riferì guardando la bambina, che annuì in conferma. Detto quello, le due se ne andarono. I nobili iniziarono a salutare la loro regina e il marito, poi terminato il corteo ipocrita, fu servita la cena. Un banchetto non eccessivamente opulento fu servito ai presenti, la regina non aveva mai amato la vita troppo eccessiva per lei a spese del suo regno, quando persone fuori dal suo castello rischiavano di morire di fame senza l’utilizzo di quante più risorse per creare opportunità lavorative. Numerosi brindisi con l’ottimo vino offerto da Murtagh furono alzati in suo onore, dimostrando quanto fosse amata ormai anche tra i suoi nuovi nobili, grazie al marito e ai suoi regali senza dubbi. Un’ora dopo l’orchestra iniziò a suonare musica dal ritmo più incalzante, segnando l’inizio delle danze. Il Cavaliere fu il primo ad alzarsi, porgendo la mano alla moglie. “Mi concederesti il primo ballo?” , le chiese con un sorrisetto a cui era impossibile resisterle. Si alzò mettendo la sua mano nell’altra e seguendolo al centro della sala. Aveva preso lezioni di ballo da piccola, ma non aveva mai danzato veramente, la guerra era scoppiata e nel Farthen Dur non vi erano stati balli. Sistemò le braccia come insegnatole e si lasciò guidare da quello che scoprì essere un impeccabile ballerino, forse favorito dalla vita di corte e l’allenamento nell’arte di danzare con una lama. Roran e Katrina li seguirono subito dopo e ancora successivamente Jormundur e Farica, che aveva indossato un abito ricamato semplice ma molto elegante per l’età della donna. Orrin e la dama che lo accompagnava si spostarono sulla pista ma non per ballare: il protettore sguainò la spada, facendo immediatamente bloccare il Cavaliere. Ma la spada non fu usata per offendere, se non moralmente il ragazzo, poiché venne appoggiata di piatto sulle palmi e l’uomo si inginocchiò davanti alla ragazza, per una richiesta di matrimonio. 

“Oh, mio caro Orrin! Accetto la vostra protezione e acconsentirò a sposarvi!” , esclamò la giovane, facendo rialzare il protettore. Per la prima volta l’attenzione della regina si spostò su di lei, osservandola. Qualche anno più grande di lei, la ragazza aveva una chioma piena di boccoli castani dai riflessi ramati, occhi castani screziati di verde, come due stagni di palude. Intorno lunghe ciglia rendevano lo sguardo dolce, forse un po’ incosciente della complessità del mondo. L’abito era arancione, molto raffinato pensò la regina, e il tessuto sottile lasciava indovinare forme di una giovane ancora acerba, le cui curve erano già sviluppate, eppure era evidente che il suo corpo non avesse ancora assolto alle sue funzioni principali, crescere un figlio dentro di sé, né era stato denutrito e torturato dalla guerra come invece era stato per Nasuada. Venne destata dalla sua osservazione inquisitoria, sulla validità di essere sposa per il suo amico di lunga data, dallo stesso che la chiamava. “Chiedo la tua benedizione, Nasuada.” , la supplicò lui vedendola immobile. Lei lasciò la sicurezza delle braccia del marito per dirigersi verso l’uomo nuovamente in piedi accanto alla ragazza. “E la mia benedizione avrete d’ora in poi. Sarò inoltre felice di celebrare la vostra unione, se me lo permetterai.” , rispose la regina con un sorriso che tardava timidamente a spuntarle sulle labbra, ma che infine arrivò, sollevando la ragazza che la scrutava trattenendo il fiato. 

“Vi ringrazio infinitamente, vostra Magnificenza!” , squittì l’altra. 

Il ballo riprese lentamente poco dopo, Murtagh che continuava a fissare Orrin. “Murtagh, lascia perdere!” , sospirò lei cercando i suoi occhi. 

“Non comprendo perché un tale gesto proprio ora. Lo ha sicuramente fatto per schernirmi.” , mormorò lui senza muovere le labbra, ma modulando la voce abbastanza forte perché potesse essere udito dalla moglie. Lei gli andò più vicina, facendogli percepire la sua presenza maggiormente. “Non importa, è sconvolto perché le sue inerzia ed esitazione hanno fatto sì che perdesse la mia mano e che tu potessi avere un’opportunità.” , gli sussurrò. 

“Appunto. Non puoi pretendere che io non sia geloso di lui…”

Lei sorrise nel sentirlo per la prima volta esternare la paura di perdere la sua moglie. “Eppure guardaci, Murtagh! Ci siamo noi due al centro dell’attenzione oggi!” , lo rincuorò. 

Al tavolo, Orik si alzò e chiese alla regina elfica di ballare. 

“Spero la tua intenzione non sia di chiedermi la mano…” , scherzò lei verso il compagno di battaglia. 

Lui rise fragorosamente. “No, pömnuria Drottning.” , rispose lui sforzandosi di parlare la lingua dell’altra. 

“L’unica parola che avrebbe confermato che non hai determinate intenzioni non era nell’Antica Lingua. Sarò perciò costretta a rifiutare, per la mia sicurezza e inoltre devo badare a lui.” , fece notare lei poi portando il bambino all’altezza degli occhi del nano, che grugnì. “E chi sarebbe?” 

L’elfa lanciò un’occhiata alla coppia felice, seguito dall’altro sovrano. “Il bastardo del Cavaliere rosso?” , chiese con un velo di disgusto nella voce. 

Arya lo fulminò con lo sguardo. “Frena la lingua, non è un bastardo. Un giorno dovrai intrattenere delle trattative con lui come re degli umani…” , lo ammonì ritirandolo a sé. 

Orik era rimasto a bocca aperta. “Perché non ne sono stato avvisato? Evidentemente sono stato l’unico, anche il capo del popolo Urgal lo saprà…” , si lamentò teatralmente. 

Arya roteò gli occhi. “Nessuno era stato avvisato, nemmeno io. Nasuada e Murtagh sono stati costretti a sposarsi dal Re Nero, e il loro matrimonio era valido, anche quando Finiarel è nato, ma hanno preferito tacerne l’esistenza a quante più persone fino ad oggi. La notizia si diffonderà a macchia d’olio e la presenza di un erede non desterà sospetti sulla sua legittimità, a questo punto.” , narrò. 

Orik parve contrariato. “Non capisco come Nasuada possa essersi fidata di lui sin dal primo giorno nel Farthen Dûr, anche dopo che lui stesso l’ha rapita e torturata, a tal punto da sposarlo e mettere al mondo suo figlio, il nipote di Morzan!” , sospirò mettendosi a sedere e vuotandosi una coppa di vino. Arya fissò il bambino e rispose, senza distogliere lo sguardo da quel concentrato di dolcezza. “Murtagh è molto diverso dal padre, ho avuto modo anch’io di verificare questo dettaglio. Lui è stato una vittima del Fato fino alla morte del tiranno, lo stesso che ha costretto la nostra amica comune a sposarlo. E da quanto ho capito delle usanze umane, dalla nascita del loro bambino non è più possibile ignorare l’unione, seppur avvenuta in segreto e obbligata. I loro stessi genitori sono tutti stati costretti a sposarsi nell’ombra, per quanto Morzan e Selena si possano biasimare per la vita a cui hanno abbandonato il figlio.” 

Orik fu ammutolito, la sua combattività smorzata. Rimase a fissare il vetro soffiato del contenitore nella sua mano. 

Ormai raggiunta la tarda serata, i membri del Consiglio degli Anziani suonarono una campanella, facendo fermare la musica e le danze. Nasuada guardò Murtagh negli occhi, improvvisamente lo stomacò tornò a rovesciarsi. Lui le accarezzò la guancia, toccandole la mente. Lei lo lasciò entrare. Non temere, andrà tutto bene. 

Furono incolonnati in un corteo, gli anziani solamente davanti a loro, i nobili e parenti a seguire. Lentamente arrivarono sino alla porta della stanza che sarebbe da quella sera stato ufficialmente il loro talamo. Marito e moglie furono separati in due anticamere utilizzati come guardaroba dai due giovani, dove vennero svestiti e ispezionati da due membri del Consiglio assistiti da un ufficiale del regno. Deglutendo vistosamente, Nasuada aspettò rigida che finissero di studiarla, come un capo di bestiame, sperando che i cambiamenti del suo corpo dovuti alla gravidanza non si notassero eccessivamente. Fortunatamente, fu Elessari a controllarla, lei non aveva mai avuto figli e non sapeva nel dettaglio quali mutazioni avesse subito la carne di una madre. Eppure lei sapeva di Finiarel, e al contempo era una delle poche del Consiglio ad avere a cuore la sua ascesa, l’aveva sempre aiutata con le sue parole, spalleggiata in innumerevoli occasioni. La fece sdraiare infine su una panca in legno con una leggera imbottitura, per controllare la sua purezza. Mentre la ragazza sudava freddo, la donna dimostrò la sua fedeltà sistemandosi proprio in mezzo alla visuale dell’ufficiale e la femminilità della ragazza. Sfilò velocemente una piccola vescicola dalle pieghe dell’abito e le fece un lieve cenno di rilassarsi e cercare di non battere ciglio, mentre faceva scivolare dentro di lei poco in profondità e con estrema delicatezza ma velocità la membrana ripiena di sangue. Passandole una camiciola in lino la fece alzare, sentenziando che fosse una donna virtuosa. Sapeva di esserlo, anche se la sua virtù era già stata ceduta al marito per portare al mondo il piccolo bambino che dormiva con l’ancella Maeve, ma non avrebbe importato a nulla se fosse stato portata a galla la sua conoscenza del ragazzo. I due sposi furono riuniti ai due lati del letto, assieme a una schiera di persone ad assistere all’atto. Con sollievo della regina furono tirate delle sottili tende prima che venissero denudati anche delle vestaglie sottili e spinti nel letto. Fece per rintanarsi sotto il lenzuolo, quando le fu proibito di farlo. Nasuada fissò il gruppo di persone attraverso le tende, scorgendo comunque le figure, alcune erano presenti ma il loro sguardo cercava di vagare altrove senza essere notati, altre avevano occhi che sembravano non sbattere nemmeno le palpebre. Murtagh le prese il volto tra le mani, spostandosi come aveva fatto l’anziana poco prima a coprire la visuale dal pubblico, per farle distogliere l’attenzione e metterla più a suo agio. Le diede un bacio dolce sulle labbra e poi sul collo, quando fu lui ad essere ripreso. “Cavaliere, i preliminari non sono permessi con una nobildonna. Avete un compito da assolvere, che è consumare questa unione e concepire un erede se sarete baciati dal Destino, non state giocando.” , precisò l’ufficiale. Murtagh sbuffò, evidentemente anche lui lievemente in imbarazzo, nonostante stesse cercando di risultare disinvolto perché la compagna si trovasse confortevole più in fretta. Le sussurrò qualche parola nell’Antica Lingua all’orecchio, che lei riconobbe: le stava giurando che non le avrebbe fatto male. Lei si rilassò visibilmente sotto al marito a quelle parole, lui sapeva quanto fosse spaventata di provare lo stesso dolore avvertito durante il parto in tutto il fisico, ma in particolare alla sua femminilità. I loro corpi divennero con cautela del ragazzo uno solo, entrambi percepirono la vescicola esplodere e il sangue animale colare all’esterno. Assicurata una macchia sul lenzuolo da mostrare il mattino successivo, i due ragazzi iniziarono ad amarsi, trovandosi costretti in quella danza di cui la regina aveva timore, ma che trovò invece indolore, solo inizialmente fastidiosa come la loro prima volta. Avendo regolamentato un atto primitivo, animalesco ma estremamente piacevole in qualcosa di rigido e formale, i due sposi come i presenti furono logorati dall’ora più lunga delle loro vite. Flaithrì tossì, facendo sobbalzare i presenti, e i due sposi si domandarono se fosse un messaggio velato di accorciare i tempi di quella tortura o se fosse solo l’età. Nasuada prese il volto del marito tra le mani di sua spontanea volontà, una delle poche azioni che le era permesso compiere, iniziando a fissarlo intensamente negli occhi, comunicandogli il suo amore. Lui rispose allo sguardo, smettendo di fuggire sull’arredamento come aveva fatto precedentemente. Sembrò ai due giovani che tutti gli altri sparissero, rimanendo soli nella stanza finalmente con l’amato che tanto avevano anelato. Nasuada prese ad accarezzargli il petto senza essere vista, lui rispose spostando le braccia e mettendo le mani accostate al busto della moglie, sfiorandola con i pollici. Il tempo divenne indefinito così come l’imbarazzo. Tutto quello che provavano era immenso amore per l’altro. Murtagh si piegò a baciare la moglie sulle labbra mentre con un sospiro strozzato e un secondo più lungo mise termine alla loro prima notte di nozze. Un applauso si levò dai confini della stanza, riportandoli alla realtà. Il Cavaliere si abbassò sulla moglie, poggiandosi sugli avambracci, per far scudo di lei con la sua figura e la sua schiena larga. In fretta i presenti si dileguarono, e all’esterno fu apposto il sigillo alla porta del loro talamo di inaccessibilità totale, se non all’ancella della regina. Con un altro bacio, il Cavaliere si separò da lei, spostandosi dal suo lato del letto. Alzò le lenzuola perché lei vi si andasse a nascondere sotto e accanto a lui. Murtagh allora frugò tra le lenzuola, alla ricerca di qualcosa. Con suo sollievo, trovò la vescichetta vuota vicino alle ginocchia della regina. La prese e la bruciò con una parola direttamente sul suo palmo, per cancellare tutte le prove del loro inganno. Si distese nuovamente accanto alla regina, prendendola tra le braccia e baciandola con il trasporto che aveva dovuto trattenere. Lei rispose, poi sbadigliò. Farica entrò senza far rumore, chiudendo le tende pesanti del letto con uno sguardo soddisfatto verso i due ragazzi, che la guardavano invece imbarazzati. 

“Buonanotte, Amore mio” , le augurò lui spegnendo la candela sul piccolo mobile accanto al letto. Lei augurò un buon riposo al marito, sistemandosi accanto a lui e sprofondando ben presto nel sonno.

  
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