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Autore: daffodil_damask    13/05/2021    1 recensioni
Pensò a quanto gli sarebbe stato bene un altro cognome, qualcosa che avrebbe potuto salvarlo da quel destino.
Hana Tamamura.
Gli sarebbe stato così bene.
.
[ Shaman King Flowers ]
| Missing moments | Rapporto madre-figlio | circa 1700 parole |
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Ryu, Tamao Tamamura
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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«Non ce la faccio più!» Esclamò esasperato Hana, mettendosi le mani tra i capelli e stringendosi su sé stesso. «Non ce la faccio più, mamma,» ripeté, questa volta con tono più basso, abbattuto, affranto.

Tamao lo guardava senza parlare, a qualche metro di distanza, il viso puntato sul corpo minuto del proprio figlio. Poteva percepire il suo furyoku, verde come la rabbia e il rancore che provava verso sé stesso e la propria famiglia; famiglia che lo aveva reso così, un contenitore di oni dopo che aveva perso la vita da neonato.

La donna dai capelli rosa strinse i denti, facendo del suo meglio per non crollare davanti a quello che, per lei, era suo figlio in tutto e per tutto. «Cosa intendi?» domandò, un vago tentativo di coprirsi occhi e bocca. Aveva paura della sua risposta, forse lui si sarebbe allontanato per sempre da lei.

«Voglio ritrovare i miei ricordi. Voglio sapere chi sono. Io... Io...» Hana si passò le mani suo viso, contorto e deformato per la rabbia e la disperazione. «Perché mamma e papà mi hanno lasciato qui? Perché sono morto? Perché mi mancano dei ricordi?»

La voce del ragazzo si rompeva sempre di più ad ogni parola che usciva dalle sue labbra. Si stava rompendo man mano, sottili crepe si aggiungevano alla sua psiche già incrinata. Più Tamao lo sentiva distruggersi, più le lacrime agli occhi erano difficili da trattenere. Si mise una mano sulle labbra, nascondendogli il labbro inferiore ormai martoriato dai propri stessi denti. Non lo avrebbe esposto a una tale violenza, se ci fosse stato qualcuno che doveva essere forte in quel momento avrebbe dovuto essere lei.

«Perché non sono qui? Io non... ho uno scopo, non ho niente. Si fotta il Flower of Nonsocosa! Non mi importa più niente!» Gridò Hana, prendendo dal comodino una vecchia foto di famiglia e scaraventandola per terra. Nei suoi occhi dorati ora come ora vi era solo nera ira.

«Perché devo fare tutto questo? Non voglio, non voglio, non voglio

Quest'ultimo urlo fu distorto, di immenso volume, il tono della voce tinto di tonalità cupe e dell'altro mondo. Fu a quel punto che la mente di Hana divenne totalmente nera. Era come se si fosse addormentato di colpo o avesse perso i sensi.

«Hana!»

Una voce femminile lo richiamò e solo a quel punto riaprì gli occhi. Quando riuscì a mettere a fuoco, Tamao era davanti a lui, lo teneva saldamente per le spalle, talmente forte da fargli male. «Mi fai-»

Si bloccò di colpo quando vide che intorno in sé quasi tutti i soprammobili della propria stanza erano scaraventati a terra, rotti.

Deglutì. Si accorse che aveva il fiatone.

Era stato lui a fare tutto quello?

«Hana, ascoltami, ora calmati,» cercò di tranquillizzarlo Tamao; il tono, deciso ma allo stesso tempo agitato, era segno che qualcosa non andava. Gli attacchi di rabbia di Hana si erano fatti sempre più frequenti e più cresceva, più diventavano violenti. Vederlo in quello stato le provocava più sofferenza di qualsiasi altra cosa.

«M-Mamma Tamao, io...» La voce di Hana si ruppe del tutto. Questa volta sul suo viso si era dipinta un'espressione di pura disperazione. La rabbia aveva lasciato spazio alla solitudine e alla tristezza. «Per favore, se... se sai qualcosa...»

«No.»

Disse lei, perentoria, fredda, severa. Quel rifiuto secco avrebbe colpito il ragazzo come un pugno allo stomaco, Tamao lo sapeva bene.

«Perché? Perché anche tu?» La supplicò lui, mentre le sue pupille gli si facevano sempre più strette.

«No, ti ho detto di no. Non lo farò!» Esclamò la donna, questa volta rivolgendogli uno sguardo di pura rabbia.

«Sei come loro!» Esplose il figlio, al limite di un'altra crisi.

«No, non è così! Non dirlo neanche per scherzo!»

Questa volta fu Tamao ad urlare e Hana si ammutolì di colpo. Neppure i suoi attacchi erano abbastanza forti da superare la paura per mamma Tamao quando si arrabbiava. Il ragazzo si irrigidì, senza il coraggio di proferire parola.

«Non voglio farlo non per mancarti di rispetto.» Il tono della donna si incrinò, lasciando trasparire la sua tristezza e la sua angoscia. «Io voglio proteggerti, Hana. Io ti ho cresciuto, io ti ho rimboccato le coperte la notte, io ti ho dato la medicina quando avevi la febbre, io ti cantavo la ninnananna quando non riuscivi a dormire...»

Ad ogni frase il suo viso si deformava sempre di più e l'espressione di rabbia si mutò in una affranta e stanca, come di chi ha sopportato un peso per anni senza che nessuno le offrisse aiuto. «...e sono sempre stata io a sistemarti il colletto della divisa scolastica il tuo primo giorno delle elementari e così anche per le medie e per il liceo, io ti faccio mangiare, io ti tengo al sicuro, sono io quella che ti dice "ti voglio bene" quando ti senti solo.» Le braccia di Tamao accolsero il piccolo Hana tra le proprie braccia, stringendolo forte come se fosse il proprio tesoro. E in effetti lo era.

«Io sono tua madre, Hana-kun. E tu sei mio figlio. Non ti permetterò di metterti in pericolo per due persone che non ti hanno mai sostenuto. Mi dispiace di...»

 

Questa volta Tamao non riuscì più a trattenersi. Lacrime silenti le rigavano il viso e Hana poteva sentirle bagnare la propria maglietta. Non aveva mai visto Tamao in quello stato.

«Io...mi dispiace se non sono la tua madre naturale, se non sono la tua vera madre...» continuò lei, «ma tu sei la cosa più importante della mia vita.»

Con un groppo in gola, Hana si allontanò appena dal suo abbraccio e fu lui, questa volta, a prendere le spalle di Tamao. I suoi occhi erano lucidi e la rabbia di prima era totalmente scomparsa.

«Io sono tuo figlio,» esordì, con la voce rotta a sua volta. «Io sono tuo figlio e tu sei mia mamma. Io non... voglio delle risposte perché non mi basti. Mi basti tu, in tutto questo, mamma.»

Ora anche le braccia di Hana tremavano e le lacrime avevano iniziato a scorrere anche sulle sue guance. «Io voglio solo... capire perché tutti mi abbandonano.»

«Io non lo farò» disse Tamao, decisa, guardandolo negli occhi. «Io non ti lascerò mai, mai solo, capito? Mai e poi mai. Io ti amo da morire.»

E lo baciò sulla fronte, poi sulla guancia e Hana piangeva, piangeva con un bambino sperduto, strappato ingiustamente alla sua infanzia normale e destinato a un futuro crudele, fatto di combattimenti e sofferenze. Essere uno sciamano non era facile, ma esserlo in quest'epoca, dove i giovani a stento possono avere un futuro, schiacciati dal peso di salvarlo dai peccati delle vecchie generazioni, era ancora peggio. Soprattutto per Hana, intrappolato nel circolo della famiglia Asakura, ma che Asakura non voleva essere. Pensò a quanto gli sarebbe stato bene un altro cognome, qualcosa che avrebbe potuto salvarlo da quel destino.

Hana Tamamura.

Gli sarebbe stato così bene.

Eppure, suonava strano, suonava come se qualcosa non fosse al suo posto.

Hana Asakura era un nome molto più musicale e coerente. Dunque, neanche nelle proprie fantasie Hana poteva essere parte della sua famiglia?

Con un groppo in gola, osservò quello che era suo figlio addormentato sulle sue gambe, finalmente tranquillo. Facendo attenzione a non svegliarlo, Tamao lo sistemò sul letto, gli rimboccò le coperte e gli diede un bacio sulla guancia. «Sogni d'oro, tesoro mio,» sussurrò, per poi uscire silenziosamente dalla camera.

 

«Ehi, Tamao, tutto bene?»

Dal corridoio giunse una voce maschile, lievemente preoccupata. Tamao sospirò, chiudendo la porta della camera di Hana e avvicinandosi poi a lui. Ryu notò quanto lei fosse abbattuta e gli occhi fossero rossi per il pianto, ma nonostante tutto lei aveva riacquistato la sua solita compostezza.

«Hana-kun ha avuto un'altra delle sue giornate cupe,» rispose lei, avviandosi in cucina. Ryu la seguì. «Ultimamente gli accadono sempre più spesso.»

Tamao si sedette sul tavolo, le braccia conserte strette al ventre. «Non so più cosa fare,» disse, con voce tremante.

Ryu la guardò con dispiacere, poi sospirò e rivolse lo sguardo alla finestra. «Temo che non ci sia nulla che possiamo fare.»

«Non posso stare seduta senza far nulla mentre lui soffre per colpe non sue,» strinse i denti la donna, sentendo la rabbia crescere.

«Non sto dicendo questo.»

«Io, Ryu, io... Vorrei farmi carico di tutte le sue sofferente, di tutto quel peso che prova. Io voglio solo che sia felice...»

Ryu guardò la donna seduta davanti a sé, la vide rannicchiarsi quasi, trattenendo il più possibile le lacrime e la disperazione. Rivide la Tamao di un tempo.

«Ho paura. Ho paura che diventi come suo zio.»

«Non succederà.» Silenziosamente, si mise dietro di lei e le mise le mani sulle spalle. «Perché tu lo impedirai di sicuro.»

«Ho sentito il suo furyoku, Ryu. So che lo hai sentito anche tu.»

L'uomo annuì.

«È.… incredibilmente potente,» tremò lei, «ma è anche triste e ribolle d'ira. È verde come la bile,» deglutì la donna, mentre un groppo in gola le bloccava quasi il respiro.

«Non c'è bisogno che fai la forte con me, Tamao,» sussurrò Ryu, il tono dolce e comprensivo, «Ne abbiamo passate talmente tante insieme che ti conosco quanto le dita della mia mano.»

La donna parve sussultare, poi ci furono svariati secondi di pausa. Ryu sentì dei deboli singhiozzi provenire da lei, segno che finalmente stava sfogando tutto ciò che si era tenuta dentro per giorni, mesi e forse anni.

«Perché non...non sono in grado di farlo stare meglio? Perché vuole così tanto delle risposte? Perché... il signor Yoh non ha scelto me? Se solo fossi... se solo io fossi...»

«Tu sei sua madre, Tamao» la interruppe Ryu, anticipando i suoi pensieri, «Ricordati sempre che anche tu sei un'Asakura. Sei parte della famiglia tanto quanto lui è un Tamamura.»

I sussulti di Tamao si fecero più pesanti.

«Ryu, è così sbagliato che... che io non voglia che cerchi Yoh e Anna? È sbagliato se voglio che lui sia mio?»

«No, Tamao,» la abbracciò da dietro, dolcemente, «non c'è nulla di sbagliato.»

Rimasero così, per minuti interi, due vecchi amici, compagni di avventure, a condividere i loro sentimenti, come il dolore di una madre e la premura di uno zio affettuoso.

«Rimarrai sempre al mio fianco, Ryu?» Domandò Tamao, sollevando lo sguardo verso di lui, tenendo le sue mani tre la proprie.

L'uomo le sorrise. «Sempre, Tamao»

 

 

 

 

 

 

note autore

Storia scritta da M., per cui io ho fatto da beta reader. Non è la prima e non sarà nemmeno l'ultima, quindi se vi piace questo stile di scrittura date un occhio alle altre fanfiction che ho pubblicato e ne troverete svariate.

Grazie per aver letto e grazie in anticipo a chi commenterà ♡

- daffodil_damask

   
 
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