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Autore: ChrisAndreini    14/05/2021    1 recensioni
Cinque coppie, cinque cliché, tropes letterari e delle fanfiction ovunque, e un narratore esterno e allo stesso tempo interno che sembra attirare a sé le più assurde coincidenze e situazioni da soap opera.
Un gruppo di amici si ritrova a passare l'anno più movimentato della loro vita guidati dai propositi, dall'amore, e da una matchmaker che non accetta un no come risposta.
Tra relazioni false, scommesse, amici che sono segretamente innamorati da anni, identità segrete e una dose di stalking che non incoraggio a ripetere, seguite le avventure della Corona Crew nella fittizia e decisamente irrealistica città di Harriswood.
Se cercate una storia piena di fluff, di amicizia, amore, e una sana dose di “personaggi che sembra abbiano due prosciutti negli occhi ma che alla fine riescono comunque a risolvere la situazione e ottenere il proprio lieto fine”, allora questa è la storia che fa per voi.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Corona Crew'
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Non ti scordar di me

 

Giovedì 18 Ottobre

Amabelle era stupita dalla sua enorme capacità di organizzare feste anche senza secondi fini, perché sebbene avesse avuto pochi giorni di tempo e la location fosse piuttosto banale, era davvero soddisfatta del risultato.

E Diego sembrava si stesse divertendo, finalmente di nuovo insieme al gruppo e senza Clover in giro che potesse distrarlo.

Amabelle non aveva la minima idea di cosa fosse successo con Clover.

In realtà, escludendo la estrema confusione della Mathenny, Clover e Diego erano la coppia che meno aveva capito.

Sì, avevano finto di stare insieme per vari motivi, e per qualche ragione Clover aveva poi infranto le regole e si erano allontanati completamente.

Ma sembrava che ci fosse molto di più dietro.

Solo che ora che era diventata una brava ragazza, Amabelle non poteva indagare troppo.

Certo che farsi gli affari propri era estremamente difficile, come facevano le persone normali?!

-Ames, tutto bene?- le si avvicinò Petra, notando che era stranamente silenziosa in un angolo.

Nel sentire la voce dell’amica, Amabelle si irrigidì, e tirò fuori il sorriso più falso e impanicato del suo incredibilmente vasto repertorio di sorrisi.

Petra inarcò le sopracciglia, confusa.

-Petra! Hey! Va tutto alla grandissima! Stavo solo riprendendo un attimo fiato, ma ora meglio andare a controllare la torta! Voglio assicurarmi che sia pronta!- Amabelle si alzò di scatto e corse verso la cucina, lasciando Petra interdetta e alquanto delusa.

Okay… va bene, poteva sembrare che stesse evitando Petra, dopo quel comportamento, ma… sì, stava chiaramente evitando Petra.

Non aveva problemi quando erano tutti insieme, o anche con Norman, ma ogni volta che stavano sole, ad Amabelle sopraggiungeva il panico, e non poteva controllare il suo istinto di fuga, era molto più forte di lei.

Era ingiusto nei suoi confronti, e Amabelle si sentiva parecchio in colpa, ma dalla serata sotto le stelle, quando per un nanosecondo le era sembrato che Petra avrebbe confessato presunti sentimenti per lei, il cuore della ragazza non riusciva a smettere di battere furiosamente al pensiero dell’amica per la quale aveva una cotta, e aveva un’estrema paura di rivivere una situazione simile.

Perché sì, a lei Petra piaceva, e forse a Petra piaceva lei, ma Amabelle non aveva la minima più assoluta intenzione di mettercisi insieme.

Non sapeva proprio da dove avrebbero potuto cominciare, e poi la relazione sarebbe finita prestissimo, e non sarebbero più state amiche, e Amabelle amava troppo Petra per rinunciare alla sua amicizia.

Quindi… fuga!

-Amabelle, tutto bene?- Roelke le lanciò un’occhiata allarmata quando la vide piombare in cucina, e la ragazza evitò di disturbare troppo l’ambiente restando sulla porta.

-Sì, certo, solo… la torta?- chiese, cercando di crearsi un alibi.

-La torta è pronta, ma non dovrei consegnarla tra un paio d’ore?- chiese Roelke, confusa -Sei rossa, stai bene?- 

-Sì! Bene, voglio solo essere sicura che la festa vada bene, tutto qui- si giustificò la ragazza, cercando di restare calma e avere senso.

-La festa andrà alla grande, qui è tutto sotto controllo. Vai a divertirti- la incoraggiò Roelke, con un buffetto sulla guancia, prima di cacciarla fuori dalla cucina che, teoricamente, era un’area riservata.

Per poco non andò a sbattere contro Mathi, che stava rientrando proprio in quel momento con dei piatti sporchi.

-Woo, Amy! Scusa non ti avevo vista- la accolse, evitandola per un pelo.

-Io non ti ho visto per mesi, ogni tanto capita- lo provocò Amabelle, che ancora non riusciva a capire e ad accettare che Mathi fosse scomparso da un giorno all’altro.

Diego bene o male aveva una giustificazione, dato che stava evitando Clover e il drama, ma Mathi era sparito senza alcun motivo!

E poi quando si trattava di Denny, Amabelle aveva un istinto molto più protettivo che verso Clover.

-Sì, lo so, mi dispiace. Ero molto impegnato con il lavoro, ma… Denny come sta?- dopo una banale giustificazione poco sentita, Mathi fece la domanda che faceva ogni volta che incrociava Amabelle da quando aveva iniziato a lavorare lì.

Perché Denny aveva iniziato ad evitare il Corona peggio di Max quando voleva evitare Veronika.

-Denny sta bene. Cosa è successo tra voi?- fu la risposta di Amabelle, seguita dalla domanda che lei faceva sempre ogni volta che lei e Mathi si incrociavano.

-Non ne sono certo ma è sicuramente colpa mia- fu la risposta di Mathi, come da copione.

Intanto dava più informazioni di Denny, che ogni volta che si toccava l’argomento diventava un balbettante peperone iperattivo e cercava una scusa per parlare d’altro o andare via dalla stanza.

-Beh, buon lavoro- Amabelle lo salutò e tornò alla festa, dove tutti i membri della Corona Crew si stavano divertendo, esclusi Denny e Clover che non si erano presentati.

Max, stranamente, c’era, e sebbene sembrasse parecchio distratto, ultimamente, era stato ben felice di staccare un po’ la spina e partecipare alla serata.

Al momento stava parlando proprio con Diego, che sembrava apprezzare l’argomento di conversazione.

Amabelle si avvicinò discretamente, incuriosita da cosa l’ex finto ragazzo e il migliore amico di Clover si stessero dicendo.

-No, perché i koala sono adorabili, no, ma in realtà hanno una pessima personalità! Non crederesti mai a quanti incidenti con i koala ci sono al mondo- stava dicendo Max, già parecchio ubriaco, e con un bicchiere mezzo pieno in mano.

Oh… Amabelle si aspettava una conversazione più del tipo “Allora, tu e Clover…?” ma probabilmente era meglio così. 

Solo che… i koala cattivi?! Ma come?! Amabelle adorava i koala!

-Avevo sentito una cosa del genere, anche se secondo me i cigni sono peggio. Tu li vedi belli e maestosi, ma sono aggressivi da morire! Mio nonno una volta è stato aggredito da un cigno mentre era a un appuntamento con mia nonna! Disastroso- Diego sembrava molto più lucido, ma apprezzava l’argomento, probabilmente proprio perché non era un “allora, tu e Clover…?”.

-Beh, dai, appuntamento memorabile! Se superi una cosa del genere è vero amore- ridacchiò Max.

Diego si unì alle risate.

-Sì, dai, almeno c’è un po’ di avventura ed è meglio di incontrare qualche ex- osservò poi, irrigidendosi appena.

-O il futuro marito del tuo ragazzo a cui poi dai anche indicazioni- Max sbuffò, ricordando un fatto recente e rabbuiandosi parecchio.

Diego si mise sull’attenti.

-Mi dispiace, Max. Non oso immaginare- provò a confortarlo, con qualche pacca sulla spalla.

-Tranquillo, non ho superato per niente, sono ancora estremamente innamorato del mio ex, non ho la più pallida idea di cosa fare e il mio mood costante è un internal screaming!- Max sorrise mentre diceva pensieri molto depressi, poi prese un alto sorso di cocktail -Che sfiga che sono un bevitore sincero!- si lamentò, osservando il liquido.

-Come Clover, quando beve diventa senza filtri- si lasciò sfuggire Diego, preoccupato ma anche in parte divertito da come Max stava gestendo la sbornia.

Sia lui che Max si irrigidirono appena quando si resero conto che era stato lo stesso Diego a portare Clover nella conversazione.

Amabelle, che aveva già pensato di andarsene dalla conversazione e versarsi da bere, si mise sull’attenti, pronta ad ascoltare e capire qualcosa in più su quello che era successo tra Diego e Clover.

-Visto che hai tirato fuori tu il discorso…- dopo qualche istante di silenzio, Max assunse un tono più serio.

-Ho sbagliato a tirarlo fuori, non ho molta voglia di parlare di Clover!- Diego provò a fare marcia indietro, ma Max gli aveva messo una mano sulla spalla con fare consolatorio, e da fratello maggiore qual era, Diego sapeva benissimo che non sarebbe stato in grado di fermarlo dal fargli la paternale.

-…sappi che io sono molto più dalla tua parte che da quella di Clover- cominciò Max, sorprendendo i due ascoltatori.

-O meglio…- si corresse un istante dopo -…dato che Clover è la mia migliore amica sono dalla sua parte di default, ma oggettivamente ha sbagliato lei, e non ti incoraggio minimamente a fare il primo passo, perché è lei che deve risolvere il casino- si spiegò meglio Max.

Diego sembrò piacevolmente stupito. Annuì vigorosamente.

-Grazie mille! Poteva anche parlarmi, no?!- 

-Già! Ma…- ovviamente a quella premessa sarebbe sopraggiunto un MA grande come una casa.

Amabelle si sporse nella loro direzione per sentire meglio, cercando comunque di essere discreta.

Considerando che è dall’inizio della storia che ovunque vada la notano sempre tutti ad eccezione di Felix, ormai sapete bene che Amabelle non sapeva essere discreta, ma proprio per niente.

Per sua fortuna, però, Diego e Max erano troppo presi dalla loro conversazione per accorgersi di lei.

-…cerca di essere un po’ paziente. E di non scendere a conclusioni. Insomma, lascia un piccolo spiraglio nel tuo cuore, se ci riesci. Tutto qui- il ma si rivelò molto più semplice del previsto, e Amabelle avrebbe mentito se avesse detto che non era rimasta affatto delusa dalla fine della conversazione.

-Amabelle, eccoti. Ti stavo cercando…- l’arrivo di Petra alle sue spalle fece sobbalzare Amabelle così vistosamente che se prima forse Diego e Max non si erano accorti di lei, divenne a loro presto chiaro che si era fatta i fatti loro per parecchio tempo ormai.

Riesumarono quindi la loro conversazione su koala e cigni e si allontanarono dalla ragazza.

-Petra! Hey! Che volevi chiedermi?- Amabelle assunse nuovamente il falso sorriso leggermente impanicato, e si allontanò appena da Petra, che cercò di far finta di niente, ma si vedeva lontano un miglio che era molto confusa se non irritata dal comportamento dell’amica.

-Niente, solo… ti va di fare una partita a freccette? Siamo già in tre, io, Juanita e Norman, e pensavamo di fare squadre da due- Petra indicò il gioco sul muro, vicino al quale Norman e Juanita stavano parlando amabilmente. La ragazza era l’unica esterna al gruppo, ma si era perfettamente integrata.

-Figo! Certo! Divertente! Ma no, perché devo prima controllare le bibite. Magari più tardi, okay?- Amabelle cercò una scusa al volo, e corse via prima che Petra potesse obiettare in qualsiasi modo, cosa che sembrava proprio in procinto di fare.

Raggiunse la zona bibite con il fiato corto e il cuore a mille.

In realtà una partita a freccette non era niente di infattibile, ma non era preparata a Petra che le faceva tale richiesta così all’improvviso, era andata nel panico.

-Yo, Ames! Tutto bene?- 

Era la ventesima volta che qualcuno le faceva quella domanda.

Questa volta però veniva da Felix, che stava bevendo una birra ed era mano nella mano con Mirren, che invece aveva ripiegato su un martini.

-Va tutto alla grandissima! Ci sono abbastanza bibite, qui?- chiese, dandosi nuovamente un alibi per essere fuggita da Petra.

-Sì, tutto qui è perfetto. Ma da quando lavori qui? Non è tua responsabilità che tutto sia perfetto. Goditi un po’ la festa- la incoraggiò Felix, dandole una pacca sulla testa.

-Beh, sono comunque l’organizzatrice, quindi devo assicurarmi che vada tutto bene- affermò Amabelle con sicurezza e un grande e falsissimo sorriso.

-Va bene, ma non fai che correre da una parte all’altra dall’inizio della serata. Riposati un attimo e mangia qualcosa- Felix prese un tramezzino, e lo porse ad Amabelle, che accettò di buon grado, dato che non aveva toccato cibo per tutta la festa.

-Vi state divertendo?- chiese poi alla sua coppia preferita, per prolungare la conversazione.

-Parecchio. È la nostra prima festa da coppia ufficiale!- esclamò Felix, esaltato.

-Non che sia cambiato poi molto, in realtà- aggiunse Mirren, in tono impassibile.

-Ma almeno adesso posso tenerti per mano quando voglio!- Felix però era esaltato, e non c’era niente che avrebbe rovinato il suo umore alle stelle.

Il sorrisino appena accennato di Mirren fece chiaramente intendere che condivideva l’entusiasmo, era solo molto bravo a contenere le sue emozioni.

-Uhh, adoro questa canzone! Mirr, vieni a ballare con me?- Felix cambiò argomento indicando la pista da ballo e guardando il ragazzo con occhi da cucciolo.

-Nei tuoi sogni, Durke- rispose Mirren, quasi per abitudine.

-Daaai! Ti prego! Non posso aspettare fino a stanotte!- Felix insistette, iniziando a trascinarlo in pista, e Mirren sospirò, e lo seguì senza fare ulteriori storie.

Awwww, i suoi piccoli erano cresciuti!

Che gioia!

-Amabelle!- la voce inconfondibile di Petra, che nel corso della serata si era fatta più dura, la fece sobbalzare nuovamente in maniera molto vistosa.

-Petra! Hey! Come è andata la partita a freccette? Peccato non esserci potuta essere, ma sono così impegnata oggi! Anzi, devo andare a controllare i regali! Devo assicurarmi che…- Amabelle provò di nuovo ad usare fuga, ma questa volta non fu superefficace, perché Petra le prese il braccio e iniziò a seguirla.

-Bene, posso accompagnarti così controlliamo insieme?- chiese, in tono irritato. Era chiaro che ormai non si bevesse più nulla di quello che Amabelle le stava dicendo.

E Amabelle non la biasimava. Oltre ad aver usato scuse davvero stupide, sapeva che Petra era molto intelligente, e sveglia, e bella e…

Oh, no! Non poteva andare nello scantinato (dove erano tenuti i regali) da sola con lei! 

Il suo cuore non avrebbe retto! E morire di infarto a vent’anni non era tra le sue prospettive di vita.

-Ma no! Divertiti! Non voglio trascinarti con me in questo incarico borioso!- provò a scollarsela di dosso… letteralmente, ma la presa di Petra era… di pietra.

-No no, non è un problema. Anzi, non vedo proprio l’ora di restare un po’ da sola con te- nonostante il sorriso rilassato, gli occhi della ragazza erano duri, e Amabelle si sentì come un animale in trappola.

-Anzi, ora che ci penso, forse è meglio chiede prima a Diego quando vuole aprire i regali, e la torta. È un po’ presto, ma…- Amabelle cercò una scappatoia, senza abbandonare il falso sorriso che cercava di ostentare per convincere Petra che non c’era assolutamente nulla di strano nel suo comportamento.

E Petra presto si ruppe le scatole.

Lasciò il braccio di Amabelle e sbuffò, seccata.

-Va bene, visto che sei tanto impegnata…- roteò gli occhi -…andrò dritta al punto. Mi stai evitando?- chiese direttamente. Petra era molto diretta.

Troppo diretta.

Amabelle amava il suo modo di essere diretta.

Ma non in quel momento!

Perché più che amore provava panico.

O forse entrambe le cose?

Quando il cuore batte così forte è difficile rendersi conto di cosa si prova.

-Evitarti? Perché dovrei evitarti?- chiese, continuando a fare finta di niente, e cercando una qualsiasi scusa per uscire da quella conversazione.

Purtroppo tutti i suoi amici erano impegnati.

Felix e Mirren ballavano allegramente, Juanita e Norman stavano giocando a freccette in solitaria, Max era sempre più ubriaco e dalla sua gestualità sembrava che con Diego fossero arrivati a parlare di delfini, mentre Mathi, l’ultima risorsa, stava servendo un tavolo troppo distante perché Amabelle riuscisse ad attirare la sua attenzione.

-Già, perché dovresti evitarmi? Me lo sto chiedendo anche io, ma non mi so trovare risposta, quindi illuminami, Amabelle! Pensavo fossimo tornate amiche come prima? E onestamente delle due quella che ha il diritto di ignorare l’altra sono io. Quindi spiega. Cosa ho fatto di male?- Petra sembrava più ferita di quanto fosse arrabbiata, e il suo sguardo sperduto nascosto dietro una maschera di ferro spezzò il cuore di Amabelle, che sapeva benissimo che l’amica aveva ragione, ma non trovò nel suo cuore la forza di ammettere le sue colpe.

Non era ancora andata abbastanza a fondo alla sua psiche per capire il motivo per cui rifiutava l’amore nella propria vita con tale convinzione. E non poteva di certo dire a Petra che il motivo per cui la evitava era che la sua cotta per lei stava andando troppo in là e l’idea che ricambiasse era più terrificante che se non avesse ricambiato affatto.

Quindi continuò a fare finta di niente, e diede qualche pacca sulla spalla dell’amica.

-Non hai fatto niente, Petra. Non ti sto evitando, giuro! Sono solo impegnata e un po’ esagitata. Se vuoi dopo ci facciamo una partita a freccette solo noi due, okay? Ora però scusami, devo andare urgentemente in bagno! Mi è appena venuto uno stimolo pazzesco non puoi capire!- ritirò la mano così in fretta che sembrò che si fosse scottata, e diede le spalle a Petra senza neanche darle il tempo di pensare una risposta.

Era davvero davvero un disastro.

E rimase in bagno più tempo di quanto fosse moralmente accettabile a un party, ma non voleva rischiare di incontrare nuovamente Petra.

-Amabelle…- per un istante, Amabelle, chiusa dentro uno dei bagni, sobbalzò convinta che Petra l’avesse seguita anche lì, ma si rese conto immediatamente che la voce che l’aveva chiamata era maschile.

Poi sobbalzò ulteriormente perché…

-OH! È il bagno delle femmine! Non puoi stare qui!- obiettò, sperando di cacciare il visitatore inatteso.

-Oh, avresti preferito che mandassi Petra a vedere perché sei qui dentro da venti minuti?- la provocò quella che Amabelle riconobbe infine come la voce di Norman.

Arrossì, e sbuffò.

-Diarrea! Eh, che peccato! Continuate senza di me, rimarrò un’altra ora ad autocommiserarmi- mentì Amabelle, per giustificare il suo non voler continuare quell’acchiapparello infinito.

-Sai che il tuo comportamento è ingiusto nei confronti di Petra, vero?- chiese Norman, in tono molto più serio.

Amabelle sospirò.

-Sì- ammise infine, in un sussurro.

-Sai che dovresti essere onesta sia con lei che con te stessa, vero?- continuò a fare la voce della ragione.

-Sì- Amabelle annuì, sconsolata.

-Sai che devi analizzare cosa ti blocca e affrontarlo, vero?- 

Amabelle esitò appena.

-Sì, lo so- confermò infine.

-Sai… che se non lo farai tu sarò io a obbligarti a farlo, vero?- l’ultima affermazione di Norman risuonò più come una minaccia che come un incoraggiamento, e Amabelle si mise di scatto sull’attenti.

-Come?- chiese, sorpresa, ma per tutta risposta sentì solo la porta del bagno chiudersi, lasciandola sola con i suoi pensieri, le sue preoccupazioni, e la consapevolezza che non poteva continuare così.

Solo che… non sapeva da dove cominciare.

Forse aveva bisogno di una Amabelle che la obbligasse ad affrontare i suoi timori.

Perché forse, ma solo forse… il motivo per cui era così insistente con le coppie che voleva accoppiare… poteva essere perché inconsciamente sapeva che a lei serviva un approccio del genere per convincerla ad aprirsi?

…ma solo forse!

 

Diego stava passando un compleanno molto migliore di quanto si sarebbe aspettato visti i drammi recenti.

La Corona Crew era davvero un bel gruppo, e anche parecchio aperto a non prendere parti quando due membri rompevano.

Certo, Diego dubitava che avrebbe continuato a partecipare ad ogni uscita, dato che Clover era lì da più tempo quindi aveva la priorità, ma sperava comunque di mantenere con tutti un buon rapporto.

Si era divertito a parlare con Max di un sacco di argomenti diversi, e a tenerlo d’occhio per evitare che bevesse troppo. 

Poi Felix e Mirren erano una coppia adorabile, e Diego era felicissimo che stessero insieme e sembrassero felici… sebbene anche parecchio parecchio invidioso.

Amabelle era stata tranquilla per quello che aveva potuto vedere lui, o almeno non aveva fatto qualche piano assurdo.

E Petra e Norman erano sempre i più normali, e avevano legato parecchio con Juanita in una gara a freccette all’ultimo sangue che si era conclusa con la vittoria trionfante di Petra che sembrava essersi incavolata a metà serata e non aveva sbagliato un colpo.

Insomma, tutto era andato tranquillo, circa, e di Clover si era parlato solo una volta, con Max, che obiettivamente gli aveva dato un consiglio comprensibile.

Il problema era che Diego non era riuscito a smettere di pensare a Clover.

Cosa che era costante, in realtà, ma aumentata dal fatto che era insieme ai suoi amici, e nel bar dove l’aveva rivista la prima volta e dove avevano passato parecchio tempo insieme.

Erano passati due mesi, ma la ferita era ancora aperta. Forse perché era una ferita che già una volta si era rimarginata ed era stata nuovamente riaperta con violenza?

Uff, Diego non doveva pensarci!

Era il suo compleanno, maledizione, doveva viverlo bene!

Dopotutto, ora che avevano mangiato la torta, era arrivato il momento dei regali.

Diego non si aspettava che gli avessero fatto qualcosa, dato che avevano dato meno di una settimana d’anticipo, ma Amabelle aveva portato su un’enorme scatola dallo scantinato.

-Allora, tutti noi abbiamo fatto un regalo unico, ma in realtà vedrai presto che sono tanti piccoli regalini, ma dettagli. Spero ti piacciano!- Amabelle porse l’enorme scatola, che Diego aprì e in cui trovò vari piccoli pacchetti e parecchi fogli di giornale appallottolato.

-Adoro come i regali veri sono così piccoli che bastava una scatola grande la metà di questa- commentò divertito, e molto commosso dal pensiero che c’era dietro il regalo di Amabelle e del resto degli amici.

-Ti consiglio di aprire il pacco verde per ultimo!- gli suggerì Felix, che teneva ancora Mirren per mano e sembrava non vedere l’ora che Diego spacchettasse tutto quanto.

-Oh, ho partecipato anche io, quindi non aspettarti nulla da me quando torniamo a casa- Juanita gli fece una linguaccia, e Diego ridacchiò.

-Ne tengo conto… allora comincio da questo rosa…- Diego accolse il suggerimento, e iniziò ad aprire tutti i pacchetti.

Che si rivelarono essere un portachiavi di Bulbasaur (come facevano a sapere che era il suo starter preferito?!), un paio di orecchini molto carini, un buono per due persone per la sala giochi, e nel pacchetto verde c’era uno smartwatch (che gli serviva davvero tantissimo!).

-Wow, ragazzi, quanta roba, e tutto fantastico! Grazie davvero tantissimo!- alla fine dello scartaggio di tutto, Diego era davvero tanto commosso. Era nel gruppo da poco, ma gli avevano fatto un sacco di regali davvero meravigliosi.

-Wow, sullo smartwatch siete andati alla grande!- si complimentò Juanita.

-Pensavo fossi stata tu a dare qualche dritta- Diego la guardò parecchio sorpreso. Erano mesi che desiderava comprarsi uno smartwatch, ma ancora non era riuscito a trovare nessuna buona offerta.

-Io ho consigliato Bulbasaur- Juanita alzò le spalle.

Diego ebbe un dubbio, una piccola ipotesi, ma la seppellì in fondo, innanzitutto perché non voleva pensare a Clover, e poi perché dubitava fortemente che Clover si ricordasse qualcosa che gli serviva e lo consigliasse ai suoi amici come regalo di compleanno.

Con Clover era finita!

-Aspetta, c’è un’ultima cosa sul fondo della scatola- gli fece notare Amabelle, un po’ incerta.

-Oh, controllo- Diego accolse con piacere la distrazione, e scavò in fondo alla scatola, in mezzo ai fogli di giornale, per recuperare l’ultimo dono.

Che si rivelò essere una cartellina verde smeraldo neanche impacchettata, con un biglietto davanti.

Improvvisamente l’atmosfera al tavolo si fece di ghiaccio.

-Cos’è?- chiese Juanita, sbirciando oltre la spalla del fratello, che era rimasto congelato sul posto nel riconoscere la grafia sul biglietto.

Non che ci fosse scritto qualcosa di tanto riconoscibile (“Buon compleanno, Diego”) ma Diego aveva passato parecchi mesi a leggere e rileggere il foglio delle regole della finta relazione, e non avrebbe più potuto dimenticare o non riconoscere la scrittura elegante e un po’ disordinata di Clover.

Aprì la cartellina nel silenzio generale, e fece appena in tempo a notare che all’interno c’erano numerose lettere, prima di chiuderla di scatto, alzarsi, e andarsene dal tavolo, senza degnare nessuno di una parola.

Il suo cuore aveva iniziato a battere fin troppo forte, e non credeva di essere in grado di affrontare la lettura di qualsiasi cosa da parte di Clover, in quel momento.

Era troppo inaspettato, improvviso. Forse sarebbe stato meglio se la diretta interessata fosse uscita dalla torta, perché una svolta del genere se l’aspettava.

Ma non si aspettava minimamente di ricevere un regalo da lei.

Diego uscì sul retro e si sedette sul muretto davanti al locale, per prendere un po’ d’aria e cercare di calmare il battito del suo cuore.

Riuscì a stare a malapena un minuto in solitudine, prima che una persona uscisse a raggiungerlo.

Vista la velocità, o era Amabelle, o Juanita.

-Tutto bene?- a giudicare dalla voce, era Juanita.

-È stato un attacco diretto- si giustificò Diego, respirando profondamente.

Sua sorella lo affiancò e si sedette accanto a lui.

In mano aveva la cartellina, ma non sembrava in procinto di sbattergliela sotto il naso, quindi Diego decise di ignorarla.

-Amabelle vuole che ti dica che non sapeva assolutamente cosa contenesse la cartellina e ha solo fatto un favore a Clover. Si scusa e spera che non sparirai di nuovo- gli rivelò Juanita, guardando il cielo e rispettando i tempi di Diego.

-Non sparirò. Non sono arrabbiato, sono solo…- Diego sospirò -Non so cosa aspettarmi da una cosa del genere. Ho molta paura- ammise infine, seppellendo il volto tra le mani e autocommiserandosi.

-Non riesci proprio a dimenticare Clover, vero?- chiese Juanita, quasi delusa.

Diego sapeva di dover rispondere che l’avrebbe dimenticata presto, o che l’aveva già fatto, ma sarebbe stata una bugia gigantesca.

-No, non ci riesco- ammise quindi, in un sussurro sofferto.

Clover era stata una costante nella sua vita fin da quando era piccolo, nel bene e nel male.

Non aver ricevuto risposta a nessuna lettera lo aveva segnato durante l’infanzia e in tutti gli anni di adolescenza, e dopo averla incontrata di nuovo, averla conosciuta, essere diventato prima suo finto ragazzo e poi suo vero amico, Diego aveva riempito un vuoto. In maniera imperfetta, perché era rimasto con tantissime domande senza risposta, ma gli gli era bastata Clover per essere nuovamente felice.

Era una ragazza incredibile, sorprendente, e che, almeno fino alla notte passata insieme, non sembrava aver paura di parlare, confrontarsi e risolvere eventuali problemi.

E nonostante poi gli avesse spezzato il cuore, avesse risposto alle sue domande nella maniera peggiore e lo avesse cancellato dalla sua vita senza lasciargli voce in capitolo, Diego sentiva ancora la sua mancanza, aveva ancora un profondo vuoto nel petto, che sembrava solo essersi allargato.

E temeva che il contenuto di quella cartellina avrebbe solo allargato il buco, senza riempirlo affatto.

-Se vuoi ti illustro le scelte che hai davanti- si offrì sua sorella, un po’ incerta.

Diego sollevò la testa verso di lei, pendendo dalle sue labbra.

-Ti prego, ho bisogno di una visione esterna che sia sicuramente dalla mia parte- la supplicò.

-Come ben dovresti sapere, essere tua sorella non mi mette necessariamente dalla tua parte…- obiettò Juanita. Diego la guardò con occhi da cucciolo -…MA oggi farò un’eccezione e sarò completamente dalla tua parte. Allora, ci sono due scelte e tre possibili futuri all’orizzonte- iniziò ad illustrare.

Diego annuì, incoraggiandola a continuare.

-La prima scelta è ignorare Clover, continuare come stai continuando, e restare per parecchio tempo con questa incertezza e depressione. E fidati, Diego, ti conosco e so che ti struggeresti per tantissimo tempo, forse per sempre. Perché non sei molto bravo ad andare avanti- illustrò Juanita, e Diego non poteva darle torto.

-La seconda scelta è leggere queste lettere, ottenere qualche risposta, e ottenere una delle due possibili conseguenze: nella migliore delle ipotesi andrai avanti, finalmente consapevole di tutto quello che è successo con Clover. Nella peggiore delle ipotesi, il tuo cuore sarà ancora più spezzato, ma onestamente dubito che sia peggio di non sapere nulla- continuò Juanita, e anche questa volta aveva completamente ragione.

Diego sospirò.

-Immagino sia stato carino da parte di Clover lasciarmi la scelta di sentire o no la sua versione- ammise, in un sussurro, sollevando la mano per incoraggiare sua sorella a passarle la cartellina.

-Ed è stato gentile da parte di Amabelle non rinchiudervi nello scantinato ammanettati insieme. Ci sono modi peggiori per confrontarsi- gli diede man forte Juanita, passandogli la cartellina e alzandosi in piedi.

-Ti lascio solo, vado a dire che stai bene e che sei preso dalla lettura quindi di non disturbarti, erano tutti preoccupati e curiosi- gli scompigliò i capelli e rientrò.

Diego ci mise parecchi minuti a convincersi ad aprire la cartellina, e a cominciare le lettere.

“Caro Diego, perdona i quindici anni di ritardo, ma le poste hanno fatto un disastro mostruoso nel consegnare queste lettere. Risponderò come la piccola Clover avrebbe risposto. Fammi preparare psicologicamente… AH! Lo sapevo io che sarebbe stato un castello! Anche se è davvero un peccato che non ci siano dolci, ma conoscendo tua mamma, sicuramente i dolci li farà lei. Mi manchi anche tu, ma fingo che non sia così perché sono troppo orgogliosa per ammetterlo, mi conosci. Sono una testa calda irritante, ma tu sei mio amico lo stesso, e non ti ringrazierò mai abbastanza per questo. Se avessi potuto, sarei venuta con te tutta la vita! So quanto vuoi bene a nonno Arturo, sono felice che stai almeno con lui, anche se non ci sono io a proteggerti”

Era la risposta alla prima lettera che Diego le aveva inviato. E il ragazzo lo sapeva bene, dato che aveva conservato tutte le brutte copie di ogni lettera inviata, e ogni tanto le rileggeva per darsi dell’idiota e cercando di convincersi a buttarle.

Non riuscì a trattenere le lacrime, che gli circondarono gli occhi fissi sulla carta.

Perché lì, nero su bianco, c’era quello che aveva sempre desiderato, per tutta la sua vita.

Andò immediatamente alla successiva, per fortuna erano tutte in ordine.

E poi alla successiva, e alla successiva, incapace di smettere di leggere.

“Caro Diego. Concordo con tua madre, probabilmente questo era l’unico caso in cui la mia risposta tardiva poteva dipendere dai tempi di consegna. Mi dispiace deluderti su una cosa, però. Non ho la minima intenzione di rispondere con un riassunto. Sarai costretto a leggere una risposta a tutte le lettere che mi hai scritto. Mi sembra anche giusto, e ho abbastanza penne e fogli di carta. Sono felice che nonno Arturo ti abbia insegnato ad annaffiare. Mi sarebbe piaciuto un sacco stare con voi e aiutare in giardino, anche se dubito che sarei stata migliore di te. Ma avremmo fatto a gara e ci saremmo divertiti un mondo. Probabilmente sarebbe sfociato in una specie di gavettone. Torno bambina solo a pensarci. Ricominciare la scuola senza di te è stata l’esperienza peggiore del mondo, credo che sia stato uno dei momenti in cui mi sono sentita più sola nella mia infanzia. Beh, insieme a quando non ti avevo ancora conosciuto, ed escludendo i mesi dopo l’incidente, ma lì ormai l’infanzia era già andata via…”

“Caro Diego, è già passato un anno da quando hai iniziato a scrivere le lettere? Sembrano passate poche ore… ops, colpa di Blossom. Mi piacerebbe conoscere meglio la tua famiglia. Dici che Noah è simpatico? Mi pare di ricordare dalle foto che mi ha fatto vedere tua madre che è più piccolo di Miguel, non ha l’età di Juanita? Ma non so neanche io, siete così tanti, e tutti davvero interessanti. Darei tutti i miei soldi per avere una famiglia straordinaria come la tua. Così aperta, e gentile, e incoraggiante. Ogni volta che penso di saltare un pasto sento la voce di nonna Flora in testa che mi incoraggia a prendere il bis di tutto. Mi mancano i suoi rimproveri. E mi manca la tua faccetta dispiaciuta e il sorrisino di partecipazione mentre ti chiedevo aiuto pur sapendo che non c’era nulla che potessi fare contro nonna Flora. Mi manchi tantissimo. Quanto sono ridicola…”

“Visto che in questa lettera mi chiedi il motivo per cui non ti rispondo, meglio raccontarti quello che ho iniziato a fare dopo un paio di mesi in cui non ricevevo nessuna tua missiva. Sono andata alle poste, ho chiesto a tutti i miei parenti, mi sono intrufolata sia in camera di Aloe che nell’ufficio di papà per essere sicura che non le avessero nascoste, e probabilmente l’unica persona che non ho tartassato è stata Blossom perché dubitavo fortemente che potesse essere coinvolta. Stupida me! 

Ah, nel caso non lo sapessi, è stata Blossom a rubare tutte le lettere, ma me le ha restituite…”

“Wow, Diego, non mi aspettavo fossi così entusiasta alla notizia della nascita di Oliver…”

“Ah, ecco. Non ho sorelle minori, quindi non posso capirti, ma ti avrei volentieri ospitato per tre o quattro anni… o forse avrei fatto a cambio, perché preferirei un fratellino che piange sempre rispetto a padri che urlano e sorelle che fanno parecchi dispetti. Ma forse lo penso solo perché sono la più piccola…”

“Hey Diego, in effetti era parecchio che non scrivevi, ma non fa niente. La vita procede per tutti. E i topi sono adorabili! Onestamente ero molto più felice all’idea di un topo del dentino piuttosto che una fatina. I topi sanno cucinare, e sono anche più discreti. Sarebbe stato divertentissimo riuscire ad addestrare Kiki e renderlo il primo membro di un esercito di topi pronti a conquistare tutto! Ora mi è venuta voglia di churros…”

“Ciao Diego… Congratulazioni per aver finito la casetta! È davvero bella, e confortevole. Quando ci ho dormito ho capito perfettamente perché volevi che restasse tua e solo tua. E poi è un importante connessione che hai con nonno Arturo. Mi sembra davvero un bel posto dove vivere indefinitamente. C’è tutto, e sei anche vicino ai tuoi genitori per avere un po’ di compagnia quando ti senti solo pur mantenendo l’indipendenza. Avete proprio pensato a tutto. Solo che, fatti dare un consiglio da una che non ci capisce niente… Sheila non mi sembra proprio la ragazza migliore del mondo, fattelo dire.”

“Ops, non ho ignorato l’ultima lettera, e tiè! Lo sapevo io che Sheila non era giusta per te. A prescindere dalla questione dei licei diversi, era troppo esigente. Tu dovresti stare con una ragazza disposta a trovare un compromesso, parlarti e ammettere quando sbaglia… tutto il contrario di me, chiaramente. Non che io pensi che noi due potessimo essere una buona coppia, non ci ho pensato… almeno non troppo spesso. Se decido di darti queste lettere devo ricordarmi di togliere questa dal mucchio!”

“Che sollievo sapere che Coco è nata senza troppi problemi. Mi dispiace un sacco per la gravidanza difficile. Mi dispiace di essere così tanto nei tuoi pensieri, anche se vedo che dopo questa lettera ce n’è solo un’altra, quindi spero che tu sia riuscito ad andare avanti dopo la batosta di una migliore amica pessima. Sai, quando ho avuto l’incidente, avevo pensato a te. Avevo pensato a come avresti reagito se avessi scoperto che ero morta. Avrei voluto tornare come fantasma solo per vederti un’ultima volta, al mio funerale. Per fortuna poi sono sopravvissuta, e ti ho visto dal vivo, ma volevo solo farti sapere che anche io ho spesso pensato a te, quando mi succedeva qualcosa di importante. Cavolo, non dovevo scrivere una cosa così deprimente di risposta alla lettera su Coco, scusa. Sarà che è la penultima, e sebbene abbia letto tutto di fila per parecchie ore, non voglio che finisca così presto. Già mi manchi… saranno tipo le cinque di notte, ignora i miei momenti vulnerabili”

“Diego, non mi aspettavo che la tua ultima lettera fosse così. Mi dispiace tantissimo. Sapevo già la notizia, ma mentre leggevo le lettere, non potevo fare a meno di pensare a quanto sarebbe stato bello conoscere tuo nonno. Me ne hai sempre parlato così tanto, anche quando eravamo insieme, da piccoli. E avrei davvero voluto conoscerlo. Non hai idea di quanto lo desiderassi. 

Siccome siamo all’ultima lettera, e mi hai chiesto di risponderti, credo che troverò un modo di farti avere tutto quello che ho scritto finora, perché ti meriti una risposta.

E non solo risposte a delle lettere che purtroppo non mi sono mai arrivate, ma risposte vere a tutto quello che è successo.

Ho sbagliato tantissime cose sulla nostra relazione. Ho sbagliato a chiederti di fingere di essere il mio ragazzo per ragioni stupide, ho sbagliato ad invitarti alla cena in famiglia, ho sbagliato probabilmente ad andare a letto con te, ma ho senz’altro sbagliato soprattutto a non parlarti dopo tutto quello che è successo tra di noi. E a dire la verità ai tuoi genitori senza consultarti. Avevo paura. Paura dei miei sentimenti, che non hanno fatto altro che aumentare mano a mano che ti conoscevo sempre di più, che uscivamo insieme per i nostri obbligatori appuntamenti settimanali, e le serate cinema, e tutto il resto. Sei un ragazzo intelligente, divertente, affascinante e gentile, tutto ciò che qualsiasi persona potrebbe desiderare. E mi sembrava di essere di troppo nella tua vita, un enorme errore che ti stavi portando dietro fin troppo. So che ormai, quando leggerai queste lettere, sarà troppo tardi per recuperare qualsiasi cosa, e spero davvero che tu sia andato avanti, e che troverai un giorno qualcuno che ti ami e ti rispetti come meriti. Spero solo che con questa lettera, con tutte le lettere, tu potrai chiudere definitivamente con me. Sappi che sei stato importante, in questi mesi, sia come amico, che come finto ragazzo. Mi hai fatto capire tantissime cose su di me, mi hai sfidata quando pensavi che avessi torto, e mi hai fatto capire che per certe cose avevo davvero torto. Mi hai fatto sentire forte anche nel mio momento di massima debolezza, e non lo hai mai usato contro di me. Non so esattamente dove le cose hanno iniziato a prendere una piega pericolosa, ma sento che sia soprattutto colpa mia, e mi dispiace davvero. Ti voglio bene, e ti penso ancora spesso, lo devo ammettere.

Ti prego manda tante scuse anche alla tua straordinaria famiglia.

Questa è anche la mia ultima lettera, e probabilmente, se vorrai, l’ultima volta in cui mi sentirai.

Clover”

Il cuore di Diego era molto più spezzato di prima.

 

Clover  aveva approfittato della festa di Diego al quale non era stata invitata per sistemare i suoi effetti personali nel dormitorio che per uno strano scherzo del destino o forse intervento divino condivideva proprio con Juanita, tra tutti i possibili altri coinquilini esistenti al mondo o anche solo a Harriswood.

Ma prima di continuare nel presente, un piccolo passo indietro.

Perché tutti voi probabilmente vi state chiedendo già dal capitolo precedente perché cavolo Clover Paik, miliardaria ricca che vive a Harriswood abbia bisogno del dormitorio dell’università.

Desiderio di libertà, o forse voleva stalkerare Diego per riconquistarlo?

Beh, no, non proprio. Cioè la prima non proprio, la seconda proprio no.

Il vero motivo per cui Clover aveva optato per il dormitorio dell’università era che suo padre l’aveva cacciata di casa. Semplice.

Perché l’aveva cacciata di casa?

Anche lì la motivazione era semplice, e se Clover ci pensava, la considerava anche abbastanza divertente.

Perché per anni aveva fatto di tutto per deludere o attirare l’attenzione di suo padre.

Gang giovanili, droghe, fare la brava figlia come Aloe, mettersi insieme a Diego. Le aveva davvero provate tutte.

E aveva sempre sofferto per le sue pessime decisioni, mentre suo padre non aveva mosso un muscolo.

E l’unica volta in cui la sua decisione ribelle nasceva solo dal desiderio di essere felice, e la rendeva effettivamente felice nonostante il bruciore, suo padre esplodeva.

Perché sì, Taemin Paik non aveva sopportato che sua figlia si fosse fatta un tatuaggio, per di più in una zona del corpo così visibile.

Era terribile, un segno indelebile che solo i criminali facevano, e le aveva detto che se non lo rimuoveva immediatamente l’avrebbe cacciata di casa e congelato le carte di credito a suo nome.

Considerando che Clover aveva parecchie carte di credito personali, con le quali poteva tranquillamente pagare università e in realtà anche una casa in affitto, non ci aveva pensato due volte a fare le valige e andarsene di casa.

E si era sentita davvero libera, felice e soddisfatta.

Non per aver fatto arrabbiare suo padre, ma perché quella volta aveva preso la decisione di non tornare più in quella casa a prescindere da come le cose si sarebbero risolte.

Quindi aveva affittato un magazzino per tutti quanti i suoi averi, e aveva richiesto una stanza nel dormitorio universitario perché sì, poteva comprare una casa, ma era meglio non sperperare i soldi prima di trovarsi un lavoro.

E quindi eccola lì, con più bagagli di quanti ci entrassero in quella camera doppia, ma tutta l’intenzione di vivere una buona esperienza con Juanita e ricominciare tutto da capo!

E per far capire a Diego la sua buona fede, aveva anche chiesto ad Amabelle di mettere le sue lettere di risposta in mezzo ai regali per Diego.

Non si aspettava che le leggesse, e un po’ temeva che gli avrebbero rovinato il compleanno, ma forse era il caso di chiudere la questione con una spiegazione, e dato che non voleva imporre a Diego la sua presenza, aveva optato per le lettere. Ed era stata anche lei a consigliare lo smartwatch come regalo.

Cercando di non pensare a quale reazione avrebbe potuto avere leggendole, e ormai a mezzanotte passata, Clover era seduta sul proprio letto e stava sistemando le maglie che aveva portato, cercando di capire quali fossero necessarie e quali poteva riportare nel magazzino, perché tutte quante, nel cassettone, non c’entravano.

Era in abiti da casa, con una canottiera leggera e i capelli legati in una coda. 

Onestamente, a quell’ora iniziava a sentire un certo freddo.

Passò in rassegna le maglie più comode che aveva (che per una patita di stile come lei erano davvero poche) e notò che sotto al mucchio ce n’era una che stonava parecchio rispetto a tutte le altre.

Per poco il suo cuore non si fermò quando si rese conto che la maglia era quella che Diego le aveva prestato quando avevano passato la notte insieme, dopo l’aggressione.

Sembrava passata una vita.

Clover si era completamente dimenticata di averla ancora.

La prese tra le mani e la osservò meglio.

Era una semplice t-shirt un po’ rovinata con il disegno di Super Mario. Tsk, Diego era proprio un nerd.

E lei non l’aveva neanche lavata da quando l’aveva usata.

Poteva ancora sentire il suo odore.

Diamine, Clover, sembri una pervertita! Ormai è finita, con Diego! Metti la maglia a lavare, e poi dalla a Juanita in modo che la restituisca al legittimo proprietar… perché la stai indossando?

Clover si convinse che l’unico motivo per cui stava indossando quella maglia era che sentiva freddo, e poi copriva molto bene le cicatrici.

Se Juanita fosse tornata in quel momento, dopotutto, avrebbe potuto intravederle, e non era il caso.

Non era neanche il caso che vedesse la ex finta di suo fratello che indossava una delle sue magliette, ma dettagli!

Poteva fingere di non ricordarsi che quella maglia era di Diego, e nel frattempo bearsi per un ultimo momento del suo profumo.

Clover aveva sempre riso delle protagoniste delle commedie romantiche che diventano delle imbecilli sottone per il ragazzo figo di turno che fa battere loro il cuore, ma cavolo se non poteva più biasimarle.

Lei era davvero pessima!

Si schiaffeggiò la faccia per restare concentrata.

Era finita! Basta! Doveva ricominciare da capo! Basta Diego! Basta amore! È nel passato e serve da monito per non fare gli stessi errori nel futuro.

…anche se Clover non riusciva proprio a smettere di pensare a lui, e soprattutto alla sua reazione nel ricevere le lettere.

Parte di lei sperava che sarebbe venuto fino a lì per discutere della cosa faccia a faccia. Sicuramente avrebbero litigato, ma almeno avrebbe potuto rivederlo, e provare a parlargli.

…e fallire perché lei era pessima in queste cose, ma almeno provarci.

Avere un’altra occasione.

Ma sapeva che probabilmente si era giocata ogni possibilità.

Se c’era una speranza che Diego ricambiasse i suoi sentimenti, si era infranta quando lei aveva smesso di parlargli e aveva annunciato la finta relazione a tutto il mondo. Doveva smettere di illudersi di avere ancora un…

Il bussare frenetico alla porta la distolse dai suoi monotematici pensieri.

Che Juanita avesse dimenticato le chiavi? O fosse troppo ubriaca per aprire la porta? O magari era Max pronto a darle aggiornamenti dopo la festa.

Clover si alzò e andò ad aprire senza molte aspettative.

Ed era così priva di aspettative, che quando dall’altra parte della porta vide Diego, col fiato corto, lo sguardo duro, e le lettere in mano, il suo primo istinto fu di chiudergli la porta in faccia.

Cosa che fece.

-Clover, sul serio?!- esclamò lui, irritato, tornando a battere sulla porta.

Clover cercò di ricomporsi in meno di dieci secondi, e riaprì la porta il prima possibile.

-Scusa, riflesso incondizionato. Pensavo che fossi alla tua festa! Che ci fai qui?- chiese, talmente sorpresa e nel panico da risultare parecchio sgarbata.

Grande, Clover, proprio un bel modo di cominciare la tua ultima possibilità.

Diego però non sembrò badare molto ai modi, perché sembrava agitato e nel panico a sua volta. Mostrò la cartellina dove Clover aveva scritto le risposte alle lettere.

-Dobbiamo parlare, e se questa volta ti rifiuti giuro che non mi vedrai mai più!- dal suo tono non si capì se fosse una promessa o una minaccia, ma Clover lo interpretò come minaccioso, e si affrettò ad aprire la porta.

-Hai ragione, dobbiamo parlare- ammise, tirando un forte calcio all’orgoglio per impedirgli di interferire in quella conversazione che, Clover già lo sapeva, sarebbe stata molto lunga, difficile e probabilmente sarebbe finita con uno o due cuori spezzati… minimo.

Diego sembrò parecchio sorpreso dalla risposta di Clover, ed esitò qualche secondo alla porta prima di entrare.

Una volta chiusa la porta, sulla stanza piombò il silenzio.

Clover era estremamente cosciente del disordine, e del suo stato troppo casalingo. Non era proprio abituata ad apparire così imperfetta, e si sentiva debole rispetto a Diego, che invece era più affascinante di quanto Clover ricordasse.

-Allora… vuoi un bicchiere d’acqua?- alla fine Clover provò a fare l’ospitale, anche se non aveva dell’acqua in camera.

-Quando le hai scritte?- Diego ignorò l’offerta e mostrò nuovamente le lettere.

Clover fece il conto a mente.

-Precisamente un mese fa? Beh, ci ho messo qualche giorno a leggere tutte le tue lettere, e ho risposto mano a mano che le leggevo, quindi sono un po’ incoerenti a volte- rispose infine, del tutto sincera, ma incrociando le braccia per mettersi inconsciamente sulla difensiva.

-Hai… hai letto le lettere?- Diego sembrava molto a disagio, ed esitante.

-Come ho già scritto in una di quelle lettere, Blossom me le aveva tenute nascoste, ma poi me le ha restituite, anche quelle un mese fa- spiegò Clover, che iniziava a pensare che Diego le avesse solo ricevute, non avesse letto niente, e la conversazione sarebbe stata ancora più lunga del previsto.

-Sì, ho letto, ho letto tutto, ma… avevo bisogno di sentire queste parole venire dalla tua bocca. Clover…- Diego sembrava parecchio in difficoltà, si sedette sul letto di Juanita, a disagio.

Clover si sedette sul proprio letto e lo lasciò parlare. Non aveva idea di come la conversazione potesse andare avanti, e non riusciva a distogliere lo sguardo dal ragazzo.

Pensava che in due mesi fosse riuscita da andare almeno un po’ avanti, ma il suo cuore aveva ricominciato a battere furiosamente nel vederlo, e si rese conto che le era mancato molto più di quanto pensasse.

E già era pienamente consapevole di essere parecchio innamorata di lui.

-…cosa ti aspettavi di ottenere da queste lettere?- chiese infine Diego, alzando la testa e provando a guardarla negli occhi.

Clover distolse immediatamente il proprio sguardo, arrossendo.

-Non lo so- ammise, era in estrema difficoltà -…una chiusura, suppongo. Io…- quello era il momento di abbandonare completamente l’orgoglio, aprire il suo cuore, e rischiare che la sua sincerità le si ritorcesse contro.

-…ho sbagliato, ho sbagliato di brutto, Diego. A non parlarti, a dire tutto, e mi dispiace. Avevo paura, perché quando…- santo cielo, perché era così difficile esprimere i propri sentimenti?!

Clover prese un profondo respiro, chiuse gli occhi, e lasciò parlare il suo cuore.

-…Quando abbiamo passato insieme quella notte, la mattina dopo, io… mi sono resa conto che mi ero inn…- la confessione più difficile della sua vita venne bruscamente interrotta dal rumore delle chiavi nella toppa, e l’ingresso di Juanita intenta a lasciare un messaggio vocale al telefono, e quindi completamente ignara di tutto quello che stava succedendo all’interno della camera.

-Capisco che sei sconvolto ma almeno avverti quando scappi da una festa! Sono preoccupata, richia…- si interruppe di scatto notando i due ragazzi intenti a parlare.

Ci furono alcuni secondi di ghiaccio, poi Juanita eliminò l’audio che stava facendo, e indietreggiò appena.

-Avete bisogno di privacy? Posso andare in camera tua, Diego- si offrì, arrossendo appena, e guardando i due un misto tra preoccupata e soddisfatta.

E molto imbarazzata, l’imbarazzo era palese.

-No! Non serve!- Diego si alzò, rosso a sua volta, e si avviò verso la porta.

Clover impallidì. 

Davvero la conversazione si sarebbe chiusa lì, a metà?!

Clover abbassò la testa e si strinse nelle spalle.

-Clover…- la voce di Diego, fermo, sulla porta, le riaccese per un istante le speranze.

-…ti va di concludere la conversazione in camera mia?- chiese poi, in un sussurro.

Clover si alzò di scatto, senza neanche premurarsi di mettersi più a tiro o prendere il cellulare, e si affrettò a seguirlo.

-Buona fortuna- sentì Juanita augurare prima che richiudesse la porta alle sue spalle, ma non seppe capire a chi fosse rivolto l’augurio.

La camminata verso la camera di Diego fu silenziosa, e imbarazzante. Clover cercò di ritrovare mentalmente le parole.

Ma quando Diego aprì la porta, e la incoraggiò ad entrare, la mente della ragazza si fece vuota.

Era la prima volta che tornava in quella stanza dopo quello che era successo la notte dell’aggressione.

Non gli piaceva per niente la sensazione che provava nel suo petto. La vulnerabilità, la paura, lei non era così! Lei era forte, e temeraria, e nessun ragazzo doveva permettersi di…

-Clover, stai bene?- Diego la guardò preoccupato, avvicinandosi appena.

-Diego, perché sei venuto da me?- chiese la ragazza, in un sussurro, sempre più in difficoltà e ormai senza sapere più come continuare la conversazione.

La sua determinazione sembrava sparita.

-Volevo parlare, una volta per tutte, e… chiudere la questione- rispose Diego, facendole cenno di entrare e chiudendo poi la porta dietro di lei.

Il cuore di Clover perse un battito.

Chiudere la questione.

Era ovvio che Diego volesse chiudere la questione. Era troppo tardi, ormai. Clover aveva fatto troppi errori.

Come aveva potuto pensare che potesse recuperare la situazione irrecuperabile?!

-Che stavi dicendo prima che Juanita ci interrompesse?- chiese Diego, sedendosi sul proprio letto e incoraggiando Clover a fare altrettanto.

La ragazza non si mosse di un passo.

-Niente! Mi sono chiusa a riccio senza motivo, e tu sei finito nel fuoco e mi dispiace, mi succede, sono fatta così. Scusami, torno in camera- Clover si richiuse a riccio, riflesso incondizionato che per quanto cercasse di combattere, era più forte di lei.

Era sempre sola contro il mondo, anche quando il mondo stesso le dimostrava parecchie volta di essere dalla sua parte.

Diego sospirò, seccato.

-Davvero continui a fare così?! Speravo che potessimo avere una conversazione sincera, per una volta- si lamentò, battendo gli indici tra loro.

Clover si irrigidì, e interruppe la sua fuga.

-Clover, non voglio complicarmi ulteriormente la vita, quindi se non vuoi parlare, chiudiamo qui la questione, per sempre- Diego le diede un ultimatum.

-Non è quello che vuoi?- gli chiese Clover, girandosi verso di lui, e cercando di apparire sicura.

-Tu cosa vuoi, Clover?- Diego rigirò la domanda.

-Mi sembra che a questo punto conti molto di più quelli che vuoi tu, dato che abbiamo appurato che sono io quella in errore nella relazione- insistette la ragazza, mordendosi il labbro inferiore irritata dal dover nuovamente ammettere le sue mancanze.

E irritata dal fatto che continuava a fare errori.

Inconsciamente, la sua mano andò sulla sua spalla, dove il tatuaggio ancora le bruciava appena. Cosa normale visto che era passata solo una settimana.

Il tatuaggio, il suo monito…

-Non sopporto quando fai così, Clover! Fingi di delegare la responsabilità a me ma alla fine sei sempre tu quella che compie le decisioni! E io sono il cagnolino che esegue gli ordini e fa sempre come vuoi tu. Mi sono stancato di aspettare che ti degni di parlarmi, e se continui a comportarti così allora non me ne faccio niente delle tue scuse!- Diego si alzò dal letto e iniziò ad irritarsi.

Le sue parole colpirono Clover come una cannonata in petto.

-Hai ragione- ammise.

-È facile darmi ragione a parole, se poi non…- ma Diego si era stancato di scuse che non preannunciavano alcun cambiamento.

Così Clover semplicemente agì.

E si tolse la maglietta, facendolo ammutolire di scatto, e indietreggiare.

-Clover, ma che diavolo?!- non rimase in silenzio a lungo, però, e si girò immediatamente, arrossendo parecchio.

Clover però lo inseguì, e gli restituì la maglietta.

-È tua, Diego. Mi sembrava giusto ridartela- disse in tono impassibile, cercando di racimolare la forza di mettersi a nudo metaforicamente oltre che quasi letteralmente.

Dai, aveva ancora la canottiera, e la copriva abbastanza da non alzare il rating della storia.

-Potevi anche ridarmela tramite Juni, non sentirti costretta a…- Diego provò a restituirgliela, con voce acuta, ma Clover lo interruppe nuovamente.

-Diego, guardami- lo incoraggiò, con voce tremante.

-Perché?!-

-Perché voglio guardarti negli occhi mentre parliamo- 

Alla fine Diego cedette, e tolse le mani dal volto per guardare finalmente la ragazza.

-Sappi che è anche a questo che mi riferivo quando dicevo che sei…- si interruppe nuovamente, questa volta però senza che sopraggiungesse l’intervento di Clover, perché finalmente notò il tatuaggio.

E gli occhi pieni di lacrime della ragazza.

-Hai… fatto un tatuaggio?- osservò, con un sussurro.

-Ne avevi parlato la sera in cui ho mandato tutto a monte, ricordi? I tatuaggi per te sono simboli di qualcosa di importante, così importanti che sai che non ti pentirai mai di averli fatti. Ho pensato alle tue parole quando ho deciso di farmene uno- 

-Pensavo che non ti piacessero segni indelebili sul tuo corpo- Diego si piegò verso di lei per guardarlo meglio. Sembrava preoccupato, ma l’astio era sparito dalla sua voce.

Ora o mai più, Clover.

-Le cicatrici sono un monito a non farmi mai più del male per deludere le aspettative. Questo tatuaggio è un monito a non ferire più gli altri. Soprattutto le persone a cui tengo. E ho con te un debito enorme, che so che sarà difficile estinguere, ma vorrei provarci- Clover finalmente ammise un segreto così profondo che neanche lei conosceva -La mia vera speranza, quando ti ho inviato le lettere, non era di chiudere definitivamente la questione, ma di riaprirla. Di sistemarla. Di ricominciare- le lacrime iniziarono a scenderle lungo le guance, Diego gliene asciugò una, e la sua mano rimase sul posto, calda, delicata, e confortante.

Clover chiuse gli occhi e si abbandonò al suo tocco.

-La verità è che mi sono innamorata di te, Diego. E non mi ero mai innamorata di nessuno prima. Sei sempre stato importante per me, ma quando me ne sono resa conto, ho avuto paura dei miei sentimenti, perché temevo potessero portarti a fondo con me. Sono una mina vagante che cerca sempre di autodistruggersi, ma la verità è che con te mi sento la versione migliore di me stessa, e non ero pronta ad essere felice. Non so essere felice. Ma voglio provare ad esserlo, e a rendere felice anche te. Senza più provare a decidere per te. Quindi ti offro il mio cuore, e non sei obbligato ad accettarlo, o ad accettarmi, o a perdonarmi. Solo… non ti scordar di me- alla fine riaprì gli occhi, e guardò Diego con timore e una piccola traccia di speranza.

E lo sguardò che il ragazzo le restituì fu dolce, comprensivo e commosso. Anche lui con le lacrime agli occhi, le sfiorò il tatuaggio, un piccolo disegno comprendente un gruppetto di nontiscordardimé elegantemente distribuiti sulla spalla.

-Non potrei mai- le sussurrò, prima di avvicinare i loro volti e baciarla.

Clover ricambiò incredula, ma felice come non era stata da parecchio tempo.

Cinse il collo del ragazzo con le braccia e lo avvicinò più a sé, beandosi delle sensazioni che per mesi aveva cercato di rinchiudere in fondo al suo cuore.

Fu breve, ma intenso, e servì ad esprimere tutte le emozioni sopite che le parole non erano riuscite a trasmettere.

Quando si separarono, gli occhi di Diego brillavano.

-Aspetta un secondo- si allontanò leggermente, recuperando il respiro.

Clover invece smise di respirare, in attesa della sua risposta definitiva.

-Ho tre domande finali, perché come ho già detto non voglio complicarmi la vita ulteriormente- Diego sollevò il dito, cercando di apparire sicuro e padrone della situazione.

Era chiaramente agitato tanto quanto Clover, che sorrise, e si preparò a rispondere.

-Okay, spara- lo incoraggiò.

-Uno: d’ora in poi se c’è un problema me ne parlerai, senza evitarmi o decidere per me o supporre i miei sentimenti?- cominciò Diego, molto serio.

-Sì, farò del mio meglio per essere il più trasparente possibile, te lo prometto. Tanto il peggio l’ho ormai affrontato- Clover annuì, guardandolo dritto negli occhi per trasmettergli la sua sincerità.

-Bene. Qual è la tua opinione sui soprannomi nelle coppie?- la seconda domanda era molto meno seria, Diego accennò un sorrisino divertito.

Il suo caratteristico sorrisino che Clover adorava.

Non riuscì a non sorridere a sua volta.

-Uff, non so, sono ancora molto reticente, ma iniziavo ad affezionarmi a splendore, fiorellino- lo prese un po’ in giro, avvicinandosi appena con fare ammiccante.

Visto dove le cose stavano andando a parare, iniziava ad essere molto più sicura di sé.

-Ottima notizia, splendore. Ultima domanda: domani pomeriggio sei libera per un appuntamento?- chiese infine Diego, un po’ imbarazzato.

Clover era talmente felice che sarebbe potuta scoppiare a piangere da un momento all’altro.

Annuì vigorosamente.

-Mi farebbe molto piacere- ammise, speranzosa.

-Okay, allora ci vediamo all’ingresso del dormitorio alle quattro del pomeriggio, va bene?- propose Diego, riprendendo la maglia che Clover gli aveva restituito e dandola di nuovo a lei.

Clover l’afferrò confusa.

-Okay, ma perché la maglia?- chiese, controllandola.

-Ti farei anche restare a dormire qui, ma non potrei sopportare quello che mi direbbe Juanita domattina, quindi è meglio se torni in camera tua. E la maglia ti sta bene, te la regalo- Diego praticamente la cacciò via, e sebbene Clover fosse un po’ delusa, perché le era nata la speranza di passare la notte lì, capì perfettamente i suoi motivi, e ridacchiò indossando nuovamente la maglietta.

-Non sarà l’unica maglia che mi regalerai. Sappilo- lo minacciò, sistemandosela meglio e controllando i capelli sullo specchio, prima di uscire.

Si sentiva leggera come una piuma, ma anche ancora molto spaventata per come le cose sarebbero andate avanti da lì in poi. Dopotutto avrebbe dovuto affrontare i Flores, e non sapeva se a Diego lei piaceva tanto quanto lui piaceva a lei. Magari non sarebbero durati molto, e forse…

-Clover…- Diego le si avvicinò, forse intuendo i suoi pensieri.

-Mm?- lei si girò verso di lui, cercando di dare spazio solo alla felicità e al sollievo nel suo cuore.

Lui prese un fermaglio dalla tasca dell’abito elegante, e glielo mise tra i capelli con dolcezza, per fermare qualche ciuffo vagante.

Clover sobbalzò.

-Il mio fermaglio! Pensavo di averlo perso all’addio al nubilato di Paola!- esclamò, sorpresa, e felice di averlo riavuto. Era il suo fermaglio preferito, con il nontiscordardimé. 

Il suo fiore preferito dall’alba dei tempi.

Sapeva che il vero significato del fiore era molto triste, dato che l’amore tra i due giovani era destinato alla tragedia, e per anni, il significato le era sempre calzato a pennello.

Ma in quel momento, riunita all’amore che credeva di aver perduto quindici anni prima, non riuscì a non dare al fiore un nuovo e meraviglioso significato.

-Ti amo anche io- Diego le diede un dolcissimo bacio sulla fronte, mettendo a tacere ogni suo dubbio.

La promessa d’amore era stata mantenuta.

I due migliori amici si erano ritrovati.

E non si sarebbero mai più lasciati andare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Yeeee due coppie su cinque sono canon!! 

E vorrei ben vedere dato che mancano 10 capitoli.

Non riesco a credere che manchino solo 10 capitoli, wow.

Comunque spero che questo capitolo vi sia piaciuto.

Ci ho messo mezzo secolo perché ultimamente l’ispirazione è sotto i tacchi, non solo per la Corona Crew, ma in generale, è un periodo strano.

Ma alla fine ce l’ho fatta, yee!

Amabelle è diventata la nuova Denny in denial! Ci sarà un motivo per cui sono amici, alla fine!

Diego ha ricevuto buoni consigli da un Max che ormai ha la vita così a rotoli che beve per dimenticare (poveraccio, ma torneremo presto a lui). 

E ha anche ricevuto dei bei regali, soprattutto le lettere.

E infine lui e Clover si sono chiariti, e avevo talmente tante idee per come far andare la conversazione che alla fine, andando un po’ a braccio… non ne ho realizzata neanche una, ma sono comunque abbastanza soddisfatta. Mi sembra in linea con i personaggi, spero. 

Quanto sono felice che si siano finalmente chiariti.

Spero davvero che il capitolo vi piaccia, il prossimo sarà un po’ particolare, spero di riuscire a pubblicarlo presto.

Ormai siamo alle battute finali, ma mancano ancora un sacco di avvenimenti, quindi stay tuned!

Un bacione e alla prossima! :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: In casa Hart la situazione si fa complessa. Clover e Diego vanno al loro primo appuntamento ufficiale

   
 
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