"T'amo".
Lo scriverei in bella grafia su di un fragile pezzo di carta spiegazzato.
Con cura salperebbe per mare.
Custodito, come tesoro prezioso, all'interno di una bottiglia in vetro.
E un tappo di sughero soltanto a proteggere l'inchiostro asciutto appena.
Vorrei che riposasse, quieto, il mio "t'amo" su di una spiaggia in una giornata ventosa.
Con i granelli di sabbia a mille per graffiarlo, a schernirlo, ingenuo: t'amo.
Di notte, placida, l'alta marea lo cullerebbe stancamente, come una ninna nanna dalla voce roca.
All'albeggiare giungerebbero distanti e opache le risate di un peschereggio e le grida di un albatro dal marinaio anziano.
A inghiottirlo sarà la Balena, con il suo Pinocchio ormai bambino.
Le onde, lo dondolorebbero come un lungo sospiro sino al ponte sull'acqua di Portugalete o lo confonderebbero, il mio "t'amo", tra la spuma d'una sirena delle coste di Danimarca.
E si riempirebbe della musica di un pianoforte sull'oceano, con le note inumidite e la melodia ovattata.
Giungerebbe forse sbiadito, il mio "t'amo", ma ammirerebbe colmo di stupore le mostruose Scilla e Cariddi e indenne traversebbe le colonne d'Ercole di un confine incerto.
Se il mio "t'amo" non lo accettassi, lo rimanderei per mare altre mille albe e mille notti, un'avventura interminabile.
Un pirata alla ricerca incessante della perla più rara.
Una benda nera, sul mio "t'amo", da-lì navigherebbe.