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Autore: rose07    16/05/2021    0 recensioni
Valeryn e Vittorio sono due cugini di terzo grado che sono stati travolti da una passione tale da tradire la fiducia del migliore amico di lui e da non pensare alle conseguenze delle loro scelte avventate.
Dopo circa un anno, quelle conseguenze cominciano a palesarsi di fronte ai loro occhi, cambiando in primis la visione della realtà di Valeryn, la quale si ritrova a scoprire un fatto che le cambierà per sempre la vita.
Vittorio deve fare i conti con le volontà della ragazza, ma in momenti di difficoltà alcune persone inaspettate bussano alla porta offrendo una spalla di conforto. Quello che Vittorio troverà in Elia lo lascerà senza difese alcune, permettendo libero sfogo ad un piacere del tutto nuovo, cedendo a delle sensazioni che i due amici avevano da sempre fatto finta di non provare.
Seguito della mia vecchia storia "Splendida Follia", revisionata e corretta. Serie "Ubi Maior Minor Cessat".
Genere: Erotico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ubi maior minor cessat'
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Mi sento di fare un piccolo incipit prima che la storia inizi. Questa originale, come ho accennato, è il secondo capitolo di "Splendida Follia", una storia che ho postato all'inizio del decennio e che ho scritto quando ovviamente avevo un'età differente.
 
Per chiunque avesse intenzione di incominciare a leggere questa nuova storia, consiglio di leggere prima quella che ho menzionato semplicemente per avere le idee più chiare e conoscere meglio i personaggi. Non vi ruberà molto tempo, è una storia scorrevole e a tratti divertente che, come ho spiegato nell'intro, ho corretto e revisionato qualche tempo fa. 
Si trova all'interno di una serie chiamata "Ubi Maior Minor Cessat", dove potrete trovare anche un missing moment tratto dalla prima parte. 
Non mi aspetto nulla da questa nuova storia, solo ci tengo a postarla in quanto ho passato diverso tempo a scriverla e in un certo senso in essa sono impressi implicitamente ed esplicitamente tutti i miei anni da scrittrice. 
La differenza di stile che trapelerà sarà ovvia da capitolo a capitolo, proprio perché include un lasso di tempo molto largo dove la mia scrittura è andata perfezionandosi. Avrei potuto andare a ristrutturare i primi capitoli rendendoli conformi al modo di scrivere di adesso, ma la verità è che, a parte l'aver apportato delle correzioni necessarie, non tutto è stato lasciato lì per caso. Laddove le descrizioni passeranno dall'essere più sintetiche a minuziose sarà anche un modo per sottolineare la crescente intensità psicologica e sentimentale dei protagonisti, perciò una constatazione, una maturazione. Il modo di scrivere sancirà proprio un passaggio, una scoperta di sentimenti, sensazioni, dolore, rassegnazione. 
Spero vi piaccia e soprattutto che siate abituati ai cambiamenti perché questa ‘serie’ ne è piena. 
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
Il freddo inverno bussava alle porte, senza pietà. Valeryn si strinse di più al suo maglione, guardando fuori dalla finestra. Passanti frettolosi si accingevano a tornare a casa, speranzosi di non andare incontro alla tempesta che da lì a pochi minuti si sarebbe scatenata. 
La castana gettò un’ultima occhiata, per poi bere a piccoli sorsi la sua cioccolata calda. Fece una piccola smorfia al contatto della bevanda con la sua lingua, cosa estremamente strana dato che di solito la gustava con piacere. Posò la tazza sopra il lavandino e tornò a guardare fuori, malinconica, preoccupata. 
D'istinto una mano scivolò sopra la sua pancia piatta, in attesa di qualcosa, magari un segno. 
Poi si ridestò, pensando che forse non era come credeva, che forse si era sbagliata. La sua mente vagò fino ad una settimana prima, quando lei e Maia si trovavano insieme in farmacia. 
  
  
  
  
  
  
  
La farmacista aveva guardato quest’ultima di traverso, stupita. 
“Per te, cara?” Maia sentì il cuore battere forte, dopo sorrise falsamente. 
“Ehm, no, una... una parente lontana!” si giustificò, poi afferrò l’acquisto posando i soldi sul bancone. 
“Grazie tante e arrivederci” Voltò le spalle alla donna, mentre questa l’osservava andare allibita, chiedendosi se quella ragazza superasse i diciotto o meno. 
La riccia volse uno sguardo interrogativo all’ amica, uscendo dal negozio con in mano una bustina verde. Le due si fissarono per qualche secondo, dopo imboccarono la strada di casa. Valeryn non aveva detto nulla per tutto il resto del tragitto, e Maia era preoccupata. 
Aveva incominciato a piovigginare, così dovettero allungare il passo. Arrivarono a destinazione. Si spogliarono dai cappotti, e si precipitarono in bagno, un po’ speranzose, un po’ titubanti. Valeryn aveva il cuore in gola. Maia aprì il sacchetto e ne estrasse fuori un piccolo oggettino; la salvezza, la verità. 
Lo porse alla castana, che lo guardava impaurita. 
“Forza, Vale, ci siamo.” 
Valeryn sentì un brivido percorrerle la schiena. Non voleva utilizzare quel coso, no, no! Maia continuava ad incoraggiarla, pur essendo consapevole di essere finita nella tana del lupo. 
Colta da un coraggio improvviso, afferrò l’oggetto e si chiuse in bagno. I minuti che trascorse lì dentro furono quasi un’eternità. Maia guardava nervosamente la porta in attesa che aprisse. Stava sudando freddo. 
La castana uscì d’un tratto. Si guardarono.   
“Allora?” 
Valeryn negò con la testa e fece cenno verso il bagno. 
“E’ lì, ti prego, guarda tu.” 
La supplica dell’amica arrivò come un getto d’acqua ghiacciata. Entrò in bagno, prendendo tra le mani ciò che lei aveva lasciato sopra il water. Fece un lungo respiro prima di guardare. 
“Hai visto?” chiese la castana arrivando da dietro. 
Maia si voltò in sua direzione senza parole. Si fissarono per secondi infiniti, parlando con gli occhi. Poi Valeryn le scippò dalle mani il test, con sgarbo. 
Voleva farla finita. Voleva vedere. Voleva sapere e basta, adesso. L’attesa le procurava paura. 
Rosso. Due linee rosse ben visibili. Vide tutto rosso. 
Si portò una mano sul viso, sedendosi sopra la vasca, facendo scivolare per terra quel dannato oggetto. 
Maia le si avvicinò, posandole una mano sulle spalle, scostandole i capelli dal volto. 
“Vale, mi dispiace... io...” 
Valeryn si divincolò dal suo abbraccio, cercando di bloccare le lacrime che scorrevano a fiumi dalle sue guance. 
“Sono incinta!” esclamò disperata, spaventata 
Io sono incinta!” 
La riccia la prese nuovamente tra le sue braccia stringendola in un abbraccio confortante, cercando di non piangere anche lei. Troppo tardi, ormai lo stava già facendo. 
  
  
  
  
  
  
Valeryn tornò al presente sospirando e mordendosi il labbro. Ecco spiegati i suoi dubbi, il suo ritardo di due settimane... Era incinta. Il test di gravidanza parlava chiaro, rosso, positivo. 
Lei, appena diciassettenne, aspettava un bambino. Ancora non riusciva a crederci. Voleva piangere, ma ormai l’aveva fatto per troppe volte in quei giorni. Maia non sapeva più cosa fare per lei. 
Nessuno sapeva niente, nemmeno Miriana, nemmeno lui. Venne distratta dal suono del suo cellulare. Pigiò il tasto verde senza vedere chi era. 
«Pronto?» La sua voce suonava stanca. La riccia dall’altro capo se ne accorse. 
«Tesoro» disse preoccupata «Come stai? Perché non sei venuta a scuola oggi?» 
Valeryn deglutì. 
«Non mi andava» mormorò. 
«Avevi detto che venivi» continuò Maia «Hai saltato la festa dell’accoglienza. Sai, hanno fatto dei balletti niente male, ma come il tuo dell’anno scorso nemmeno a parlarne!» 
Le piaceva il fatto che l’incoraggiasse sempre e comunque. Per questo voleva bene a Maia, si disse. Quella ragazza riusciva sempre a fare uscire in lei la dolcezza, a farla sentire bene. 
«Comunque se stavi male hai fatto la miglior cosa» annuì la mora, senza farla rispondere 
«Sappi comunque che... lui ti ha cercata» 
Valeryn sentì i battiti perdere il controllo. Era per quel motivo che non era andata a scuola. Tecnicamente erano gli ultimi giorni prima delle vacanze natalizie, quindi ciò si poteva benissimo collegare a quello. In realtà non era così. 
«Ha chiesto di te» continuò l’amica «Io ho fatto la vaga. Non volevo metterlo in allarme» 
La castana si attorcigliò una ciocca tra le dita. 
«Grazie, Mai. Hai fatto bene» 
Sentì un sospiro dall’altro capo. 
«Quando glielo dirai, Valeryn? E’ passata una settimana, lui deve saperlo!» 
La ragazza guardò nuovamente fuori dalla finestra. Sapeva anche lei che non poteva tenere nascosta la gravidanza ancora per molto; avrebbe potuto farlo per giorni, magari settimane, poi la sua pancia avrebbe svelato tutto. 
Sospirò gravemente. 
«Lo so» disse «Ma non mi va ancora. Voglio... aspettare un altro po’... essere sicura...» 
Maia sbottò esasperata dall’altro telefono. 
«Abbiamo fatto quel test due volte, ormai sei sicurissima, Valeryn 
«Lo so» 
«Perciò mi sembra ora di dirglielo» 
«Lo so» 
«Sai dire solo questo?» 
Si rendeva conto di quanto poteva essere difficile per Maia quella situazione. Ma lo era anche per lei, soprattutto per lei. D’un tratto la sua vita aveva assunto una piega diversa, lei stessa si sentiva cambiata. Non era più la Valeryn combattiva e determinata di sempre: era diventata tetra, silenziosa, malinconica. Tutti avevano notato questo suo repentino cambiamento d’umore, tutti avevano fatto domande, nessuno sapeva la risposta. Solo lei sapeva. Doveva ringraziarla. 
«Mai, io... Ti chiedo scusa se...se ti sto trascinando in...» Perché sentiva sempre quelle maledette lacrime punzecchiarle gli occhi smeraldini? Era diventata impotente, sensibile. Non stava bene. 
«Non devi scusarti con me, lo sai» troncò Maia «Entrambe sappiamo ciò che devi fare. Devi farlo, Vale, non starai più bene così. Oppure c’è un altro modo, ma...» 
«Non lo farò mai!» esclamò la castana, quasi urlando. Poi controllò che sua madre non ascoltasse 
«Non abortirò per nessuna cosa al mondo, questo è certo!» abbassò di grado la voce. 
La riccia annuì dall’altro capo del telefono. 
Sapeva che Valeryn non era contraria all'aborto laddove le circostanze non permettevano una garanzia di vita dignitosa o, soprattutto, nel caso di altre situazioni più gravi, ma adesso che la questione la riguardava da vicino era diverso, scattava subito sulla difensiva quando quella parola usciva fuori. 
Aveva detto che nessuno poteva contestare le scelte di nessuno, perciò non lo avrebbe fatto nemmeno lei. 
«Bene, perciò parla chiaro» disse convinta. Poi abbassò la voce anche lei «E’ il padre, Valeryn. Lui deve sapere. Ha tutto il diritto!» 
Sospirò amaramente. Poi lo pensò. Pensò alla sua reazione. Pensò se l’avrebbe amata ancora. 
«D’accordo, adesso vado» disse secca «Non mi sento affatto bene.» 
«Mi raccomando» fece l’amica premurosa «Se stai male chiamami» 
Valeryn annuì ed attaccò subito dopo. Si sentiva incredibilmente stanca, spossata, non aveva più voglia di far nulla. Solo chiudersi nella sua stanza, sotto il piumone caldo del suo letto. Lontana da tutti gli amici, dai genitori, da tutte quelle persone là fuori. Da lui. 
Quasi averlo chiamato, il cellulare squillò nuovamente. Valeryn questa volta lesse il display, per poi sospirare di tristezza. Lasciò che il telefono squillasse a vuoto per una manciata di secondi che le sembrarono un’eternità, poi si morse il labbro in colpa. 
Non era pronta per rispondere ad una sua chiamata in quel momento, non era pronta per sentire la sua voce. 
Gettò la cioccolata ormai fredda sul lavandino, poi lavò la tazza pensierosa. Qualcosa dentro di sé la convinceva che Maia aveva ragione, non poteva nascondere la gravidanza al suo ragazzo, non poteva stare in silenzio e soffrire. 
Pensò che in fin dei conti avere un bambino non doveva essere così male. Si tastò la pancia. D’un tratto la voce di sua madre emerse da un’altra stanza, acuta e pungente. Sospirò rassegnata. 
Chissà cos’avrebbero detto loro, invece. La sua famiglia, sua madre, suo padre. La famiglia di lui. 
Era incinta alla sua età, non era ancora maggiorenne. Cristo, come avevano fatto a sbagliare? Com’era potuto accadere? Così sciocchi da aver lasciato che succedesse... 
Basta, basta rimuginate, si disse d’un tratto. 
Doveva parlare con lui. Assolutamente. Non c’era nessuna soluzione al problema, avrebbe dovuto soltanto aprire quella dannata bocca e dirgli tutta la verità. 
  
  
  
Dire a Vittorio che aspettavano un bambino.











   
 
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