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Autore: Demy77    16/05/2021    3 recensioni
Cornovaglia, 1783. Dopo aver combattuto per l’esercito inglese durante la guerra di indipendenza americana Ross Poldark ritorna in patria e convola a giuste nozze con il suo grande amore, la bellissima Elizabeth Chynoweth, che lo ha atteso trepidante per tre lunghi anni.
Due giovani innamorati, una vita da costruire insieme, un sogno che sembra realizzarsi: ma basterà per trovare la felicità?
In questa ff voglio provare ad immaginare come sarebbe stata la saga di Poldark se le cose fossero andate dall’inizio secondo i piani di Ross.
Avvertimento: alcuni personaggi saranno OOC rispetto alla serie tv e ai libri.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Mentre ritornava a casa in sella a Seamus, Ross si sentiva ancora rimbombare nelle orecchie le parole di Harris Pascoe, parole pronunciate senza malizia che tuttavia avevano gettato un’ombra su sua moglie, dipingendo una Elizabeth diversa da quella che immaginava. Sapeva che ella aveva delle idee non sempre coincidenti con le sue, ma mai e poi mai avrebbe pensato che potesse nascondergli qualcosa o, peggio ancora, mentirgli. Che cosa poteva avere a che fare poi con quel farabutto di George?
Aperta la porta di casa, se la trovò davanti, radiosa e sorridente, mentre reggeva sotto le ascelle Valentine che muoveva in avanti le gambette tentando i primi incerti passi.
“Hai visto, papà, come è bravo Valentine?” – gli disse accogliendolo, e Ross le sorrise, tendendo le braccia verso il figlio. Per un istante ebbe la sensazione che potessero ancora essere una famiglia felice, solo volendolo…
Il tarlo del dubbio non lo aveva però abbandonato, così dopo cena, quando si ritirarono in camera da letto, Ross decise che avrebbe posto ad Elizabeth quelle famose domande. Non dovette neppure girare troppo intorno all’argomento perché fu sua moglie, rappresentandogli l’ennesimo bisogno di recarsi a Truro l’indomani, che gli diede lo spunto per parlare.
Quando Ross le chiese in maniera diretta come mai si recasse così frequentemente a Truro e come mai qualcuno l’avesse vista più volte nei pressi della banca Warleggan, se non addirittura uscire dal palazzo di George, Elizabeth sbattè le ciglia da cerbiatta e recitò la parte dell’innocentina. Si era recata molto spesso dalla modista, di recente, era andata a trovare degli amici di famiglia oppure aveva accompagnato Ruth a fare delle commissioni… una volta era accaduto che lei e l’amica avessero incontrato George Warleggan in strada, che le aveva invitate a prendere un tè a casa sua (cosa che non doveva sorprendere, perché Ruth era la moglie di John Treneglos, socio di George alla Leisure). Ruth aveva però un altro impegno, così aveva accettato lei sola, per non essere scortese con un uomo che ormai era molto potente nel distretto… Ross andò su tutte le furie dicendo che non doveva avere nulla a che fare con quell’uomo che era stato la rovina della sua famiglia, ma Elizabeth replicò che la colpa di tutto era di Francis, che era stato troppo debole e poco previdente, al contrario di George che tutto sommato aveva agito da buon affarista, curando i propri interessi…
“Andando oltre l’amicizia, fino al punto di portare un uomo alla rovina, dopo avergli fatto credito incondizionato per anni?” – sbottò Ross.
“Capisco che tu voglia difendere tuo cugino, Ross, ma non credo che si possa attribuire a Warleggan l’intera responsabilità della sua sventura. Vedi perché non te ne ho parlato prima? Avresti reagito esattamente in questo modo, accusandomi di non essere dalla tua parte! A dire il vero non trovo nulla di male ad intrattenere rapporti cordiali con George Warleggan, anzi il giudice Warleggan, dato il suo ruolo! Sarebbe ora che voi superaste gli screzi del passato e che tornaste ad avere rapporti civili, per il bene di tutti!”
“No, grazie – replicò Ross – e ti invito caldamente a non accettare più alcun invito a casa di quell’uomo. Anzi, d’ora in poi ti farai accompagnare da Jud ogni volta che andrai a Truro.”
“Non credevo saresti mai stato capace di proibirmi qualcosa e di impormi la presenza di quel servo sciatto e maleducato! – frignò Elizabeth – è talmente umiliante vedere che non ti fidi di tua moglie! Come abbiamo potuto arrivare a questo punto, Ross?”
“Sei stata tu a volerlo – rispose lui, ormai indifferente alle sue lacrime da coccodrillo ed alle sue moine – mi sembrava che avessimo promesso di essere sempre sinceri l’uno con l’altra, invece mi hai taciuto un fatto molto grave!”
“Santo Cielo, stiamo parlando di un tè a casa Warleggan e non di una congiura ai tuoi danni! Come puoi essere così intransigente quando tu stesso non mi metti a parte dei tuoi pensieri e della tua vita fuori di questa casa? Credi forse di non avere nulla da rimproverarti? Di essere stato sempre leale e sincero nei miei confronti? ”
Era sul punto di accennare al rapporto tra suo marito e quella dannata sguattera, ma si morse la lingua. Nominare Demelza in quel momento non avrebbe fatto altro che gettare su di sé ulteriori sospetti sulla sua sparizione. Elizabeth era irritatissima per quella discussione. Non aveva affatto intenzione di rinunciare alla compagnia di Warleggan e fu così che escogitò uno stratagemma.
Tra Nampara e Trenwith, un tempo appartenenti allo stesso antenato di Ross, vi era un bosco che confinava sia con le terre ora di proprietà di Ross che con quelle che un tempo appartenevano a Charles Poldark. I fratelli Poldark non avevano mai effettuato una formale ricognizione del confine ed avevano a lungo lasciato libero accesso ai fittavoli di percorrere il sentiero che univa le due tenute, anziché fare il giro lungo per la strada carrabile. Dopo che George aveva riscattato Trenwith aveva fatto installare una recinzione ai margini del parco e sbarrato quel vecchio passaggio. Poiché però il bosco non apparteneva né a Ross né a George Elizabeth pensò che nessuno poteva impedirle di cavalcare da quelle parti, arrivando addirittura a spingersi fino alla recinzione creata da George Warleggan; e se anche lui avesse deciso di andare a cavallo in quel bosco e si fossero casualmente incontrati, che male ci sarebbe stato? Trattandosi poi di una zona interdetta al passaggio ormai da mesi non vi sarebbe stato neppure il rischio di incontrare qualche ficcanaso come Pascoe che facesse la spia a Ross. Dopo uno scambio di corrispondenza con George si decise quindi che il prossimo incontro fra i due sarebbe avvenuto nei dintorni di Trenwith il sabato successivo. Il banchiere infatti ogni due settimane circa si recava a Trenwith, ove aveva mantenuto alcuni domestici, e vi trascorreva un paio di giorni. Aveva intenzione di rivenderla ma non aveva trovato ancora degli interessati e così, in attesa di un acquirente, ne usufruiva lui, soprattutto quando aveva bisogno di staccarsi dal clima frenetico di una città come Truro e dalle beghe della banca e del tribunale. Avvenuto l’incontro clandestino con le modalità che la moglie di Ross aveva suggerito, George la informò che aveva intenzione di organizzare un magnifico ricevimento proprio lì a Trenwith due settimane dopo. Elizabeth, consapevole che Ross non avrebbe mai accettato di parteciparvi, suggerì che si desse alla serata una connotazione benefica: George avrebbe offerto la cena, ma in cambio i vari partecipanti, ovviamente scelti tra la crème della società cornica, avrebbero dovuto versare del denaro in beneficenza. La finalità della colletta poteva essere quella di sostenere i figli dei minatori, ad esempio. Da un lato infatti George era proprietario della Leisure e quindi si poteva giustificare il suo interesse per quel mondo, dall’altro Ross come capitano della Grace non poteva a sua volta esimersi dal contribuire… e se proprio non avesse voluto mettere piede a Trenwith, avrebbe avuto lei una scusa per andare alla festa!
George non mancò di recapitare l’invito anche alla nipote di Ray Penvenen. Non aveva mai incontrato la signorina Caroline, ma in quanto successore dello zio al Tribunale era doveroso, per una questione di rispetto, includere anche lei nella lista degli invitati.
Caroline accettò di parteciparvi. Erano sei mesi che viveva a Killewarren quasi come una reclusa e, spronata anche da Demelza - che sembrava più emozionata che mai, come se alla festa dovesse andare lei - decise che avrebbe risposto positivamente all’invito del giovane banchiere. Il tema della serata, la salute dei figli dei minatori, stava molto a cuore al dottor Enys, che era stato a sua volta invitato da George: i fondi raccolti sarebbero stati consegnati a lui ed al reverendo Halse per allestire una sorta di ambulatorio gratuito nei pressi dei locali della parrocchia. Demelza colse la palla al balzo per fare da Cupido tra Caroline e Dwight: “Dottor Enys, visto che andate anche voi alla festa e che miss Penvenen non ha un cavaliere, perché non la accompagnate? La proteggerete da possibili pretendenti fastidiosi!” Caroline le scagliò un’occhiataccia; Dwight arrossì ma rispose che era un’ottima idea e che sarebbe stato lieto di scortare la bella ereditiera.
Demelza era giunta ormai al sesto mese di gravidanza, ma si sentiva piena di energie e forte come un leone. Da qualche settimana aveva iniziato a percepire i movimenti del suo piccolo, dapprima lievissimi come un battito d’ali o un guizzo di un pesciolino, poi man mano più netti. Si era ormai convinta che fosse una femmina, ed in ciò veniva pienamente sostenuta da Caroline, che non solo si prefigurava già gli abitini sfarzosi che avrebbe potuto regalarle, ma si vedeva già come madrina di battesimo, pronta a fare qualche discorsetto alla figlioccia, appena avesse raggiunto l’età della ragione, per metterla in guardia dagli uomini… Demelza rideva di gusto a quei discorsi, ma non le dispiaceva l’idea di crescere sua figlia a Killewarren, tra donne, sempre che la signorina Caroline non fosse riuscita a far capitolare il dottor Enys prima o poi!
Caroline indossò per la festa un abito verde bosco acquistato l’anno prima a Londra, con un cappellino in tinta; si disse che, anche se non proprio all’ultima moda, sarebbe stato certamente all’avanguardia, perché la moda di città impiegava del tempo ad arrivare nelle campagne! Poiché Dwight aveva confermato la presenza anche di Ross e sua moglie alla festa, Caroline promise a Demelza che sarebbe stata i suoi occhi e le sue orecchie e le avrebbe riferito tutto per filo e per segno. Nelle ultime settimane infatti la cameriera aveva fatto cadere anche l’ultimo segreto ed aveva rivelato a Caroline del vile ricatto di Elizabeth, che l’aveva costretta ad abbandonare Nampara. La nobildonna, che non tollerava quel sopruso, aveva giurato a se stessa che avrebbe trovato il modo di vendicare quel torto.
Demelza si rabbuiò pensando al luogo in cui si svolgeva la festa, sia perché era quello in cui aveva subito la vergognosa violenza di Francis, sia immaginando la sofferenza di Ross nel dovervi rimettere piede ora che apparteneva ad un altro proprietario…
Elizabeth invece non era stata neppure sfiorata da tale pensiero. Era una casa dopotutto, non era mai appartenuta a Ross, era inutile indulgere a sentimentalismi: se ne era impossessato chi era più abile e fortunato. Forse, se Ross non avesse sprecato tempo e risorse aiutando quattro miserabili e reinvestendo tutti i suoi utili nella Grace, avrebbe potuto mettere da parte del denaro e riscattare lui stesso Trenwith! Onore dunque a George, che era stato più bravo!
Ross non era proprio dello stato d’animo per prendere parte a quel ricevimento. Ci sarebbero stati anche i suoi suoceri, che non si erano visti a Nampara benchè qualche giorno prima Valentine avesse compiuto un anno, il che la diceva lunga sulle priorità della signora Chynoweth. Era però un male necessario, vi era una buona causa da sostenere, e poi la sua assenza avrebbe dato modo a George di sparlare di lui dipingendolo come un uomo immaturo e permaloso, e ciò voleva evitarlo assolutamente.
Si agghindò di mala voglia, indossando il suo abito migliore, di velluto blu scuro; dovette ammettere che faceva un ottimo effetto al fianco di sua moglie, che indossava invece un abito di un azzurro intenso ed una mantella blu con cappuccio bordata di pelliccia. La signora Tabb aveva dovuto impiegare quasi un’ora per arricciarle i capelli e sistemarle l’acconciatura, tanto che la povera zia Agatha si era assopita in poltrona, non avendo nessuno che le facesse compagnia.
“Siete indubbiamente la dama più affascinante della serata” – le sussurrò George appena vi fu occasione di restare per un attimo da soli, di fianco al buffet. Ross invece aveva deciso di annegare i suoi dispiaceri dando fondo alle riserve di porto di Warleggan. Si sarebbe ubriacato, se non si fosse avvicinato Dwight Enys che voleva presentargli finalmente Caroline Penvenen. La bionda disse al capitano che aveva udito molto parlare di lui e Ross replicò altrettanto, ricordando affettuosamente il giudice Ray, carissimo amico di suo padre e di suo zio. In quel mentre si avvicinò Elizabeth, e le due donne scambiarono giusto qualche parola, provando da subito una reciproca antipatia l’una per l’altra.
Fu una vera fortuna che la signora Chynoweth avesse preso parte alla festa, perché a distanza di circa un mese la madre di Elizabeth si ammalò gravemente. Il dottor Choake non fu in grado di formulare una esatta diagnosi, comunque si trattava di un morbo molto simile a quello che aveva colpito Ray Penvenen; la donna infatti, dopo una sincope, era rimasta incapace di parlare, di espletare le funzioni corporee ed era insomma poco più di un vegetale, costretta a trascorrere le giornate a letto senza neppure riconoscere chi le fosse intorno.
Fu un colpo molto duro per Elizabeth, che era figlia unica ed era sempre stata molto legata a sua madre; ritenne che fosse suo dovere trasferirsi a Cusgarne e si portò dietro Valentine e la signora Tabb, anche per aiutare suo padre, che dopo la malattia della moglie sembrava più incapace del solito a gestire con oculatezza le proprie scarse finanze.
George Warleggan si calò come un avvoltoio sulla incresciosa situazione. Promise ad Elizabeth e suo padre che avrebbe assicurato alla signora Chynoweth tutte le cure necessarie, interpellando anche medici della Capitale se necessario, senza badare a spese; insinuò che la sincera devozione che lo legava ad Elizabeth e la riconoscenza che ella gli avrebbe riservato valevano più di tutto il denaro che avrebbe potuto spendere per quel motivo. Il signor Chynoweth era un uomo debole, pauroso, afflitto da sempre dalla penuria di denaro e non si pose neppure il problema se quella palese offerta di sostegno economico potesse costituire un’offesa all’onore di suo genero, il quale, poverino, aveva cercato di fare del suo meglio e si era privato anche dell’essenziale pur di consegnare a sua moglie delle somme per le necessità più impellenti della suocera. Gli effetti di quelle elargizioni impreviste non tardarono a farsi notare: Ross non riuscì a rispettare la scadenza per il pagamento della rata alla banca di Pascoe; dovette vendere gli animali migliori della fattoria per pagare il salario dei domestici; non poté acquistare le travi in legno con cui avrebbe dovuto armare i livelli più bassi della Grace, in cui stavano scavando in quel mese e fu così che la famiglia Poldark fu colpita dall’ennesima disgrazia….
Fu verso i primi di aprile, una mattina, che il dottor Enys non si presentò a Killewarren, saltando il suo appuntamento con il signor Penvenen. Al suo posto arrivò un messo che comunicò a Caroline che il dottore era impedito a causa di un crollo che era avvenuto alla Wheal Grace, dove era stato convocato d’urgenza.
Era presente anche Demelza, e non le sfuggì quell’accenno alla miniera di Ross.
“E’ qualcosa di grave?” – domandò al latore del messaggio di Dwight.
“Non vi so dire, signorina, parlano di almeno una decina di dispersi… pare che lo stesso capitano Poldark fosse sceso in profondità questa mattina, proprio dove c’è stato il crollo!”
Demelza dovette sedersi e Caroline le versò un sorso di cordiale, dopo che l’uomo fu andato via.
“Devo andare alla Grace.”- annunciò poco dopo.
“Nel tuo stato? Dopo essere stata nascosta tutti questi mesi, così che tutti scoprano dove sei?” – la rimproverò Caroline.
“Cosa volete che me ne importi? – rispose Demelza con gli occhi lucidi - Non capite che potrei non rivederlo mai più? Se gli fosse accaduto qualcosa, se non riuscissero a ritrovarlo, lì nel sottosuolo…”
Caroline le strinse le mani. Comprendeva che in quel frangente i sentimenti che la rossa provava per Ross Poldark faticavano ad essere trattenuti. Probabilmente anche lei avrebbe agito allo stesso modo, al suo posto. E poi c’era un fattore positivo: Dwight Enys aveva raccontato, la settimana precedente, che Elizabeth aveva lasciato Nampara e dunque non vi era pericolo di incontrarla.
“Verrò con te”- disse la padrona a Demelza, e diede ordine che preparassero la carrozza.
Quando giunsero alla Grace, le due donne si trovarono dinanzi uno scenario di grande desolazione. Vi erano almeno un paio di cadaveri, circondati da gente che piangeva; il dottor Enys, in maniche di camicia, si aggirava tra le barelle dando indicazioni ad alcune donne del villaggio che erano accorse su come prestare le prime cure ai superstiti; alcuni minatori più fortunati, che avevano ferite superficiali, erano seduti a terra accovacciati e si fasciavano chi la testa, chi la gamba, chi il costato. Demelza scese dalla carrozza e si unì subito al gruppo di donne, chiedendo come potesse dare una mano. Anche miss Caroline discese dalla carrozza e cercò di avvicinare Dwight per avere notizie di Ross Poldark. Il medico si stupì di vedere lei e Demelza lì, ma non ebbe il tempo di biasimarle per la loro imprudenza, perché Zacky Martin e Paul Daniels emersero dalla miniera portando in spalla un altro ferito, che pareva in gravi condizioni…
La chioma ricciuta e scura non dava adito a dubbi: ben presto si formò un capannello di gente, perché tutti erano in pena per le sorti del capitano Poldark, e speravano che non fosse per lui troppo tardi.
Dwight gli tastò il polso, lo liberò della camicia per verificare se avesse subito danni alle costole e per fortuna non ve ne erano, cercò di liberargli le vie aeree, perché forse aveva respirato troppa polvere, restando sepolto a lungo…il medico lottò a lungo e cercò di rianimarlo, apparentemente senza successo, finchè dei colpi di tosse decretarono che Ross Poldark era ancora saldamente aggrappato alla vita…
Un boato di applausi risuonò sulla collina. Ancora semincosciente, Ross aprì gli occhi cercando di riabituarsi alla luce ed ebbe la sensazione che un angelo dai capelli rossi gli stesse tenendo la mano….poi perse di nuovo i sensi.

 
  
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