Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Feisty Pants    21/05/2021    1 recensioni
Un possente muro di nebbia divide due regni completamente diversi. Da una parte Arendelle, governata dai sovrani Anna e Hans e dai loro figli, non crede nell'esistenza della magia della quale solo pochi cantastorie possono raccontare attraverso miti e leggende. Dall'altra il popolo dei Northuldri che vive in armonia con la natura, governata dalla guardiana Elsa, unica in grado di controllarla grazie ai propri poteri. La nebbia che li divide, però, sarà costretta a dissolversi per mettere così a conoscenza entrambi i regni dei profondi segreti che una volta li univano e a causa dei quali sono stati costretti a separarsi...dimenticando uno dell'esistenza dell'altro.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Elsa, Fratelli di Hans, Hans, Kristoff
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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CAPITOLO 7
FRAMMENTI DI RICORDI
 

Anna medica i lividi del figlio apponendo del ghiaccio fresco su di essi. Einar è sdraiato a pancia in giù sul letto e, dopo le amorevoli cure materne, riesce a prendere sonno. Anna passa il tempo cambiando le bende e cercando di tamponare ogni minima lesione. Le donne e i dottori, ovviamente, avevano tentato di impedirle di curare il figlio e di lasciare tutto a loro ma, quella volta, Anna non ne voleva proprio sapere di restare in disparte.

“Come sta?” domanda Hans sopraggiunto sul luogo dopo qualche minuto. Anna si limita a non rispondere, perché troppo concentrata nell’apporre pacchi di ghiaccio sul corpo del figlio, talmente infiammato da farli sciogliere istantaneamente.

Hans si siede dall’altra parte del letto e contempla il figlio conciato uno straccio, con tutti quei lividi e qualche graffio che lo fanno soffrire. Quei segni li conosceva molto bene ma non si sarebbe mai aspettato di provare un tale dolore nel vederli inflitti al figlio. L’uomo posa una mano sul capo del bambino e ne accarezza delicatamente i capelli cercando di non svegliarlo poi, per il troppo dispiacere, si alza in piedi e si dirige verso il dottore.

“La regina non mi lascia intervenire!” si lamenta il dottore, preoccupato di non poter compiere adeguatamente il proprio lavoro e di ricevere così un rimprovero dalla corte.

“Le avete già detto tutto ciò che bisogna fare” risponde Hans, facendo per congedare il medico accompagnandolo alla porta, ma è in quell’esatto momento che compare Vincent, avvertito della situazione.

“Il dottore è stato chiamato per curare il bambino. Se lasciamo la cosa alla regina, il bambino potrebbe peggiorare!” denota subito lui, con fare regale e presuntuoso, riferendosi all’etichetta.

“Il dottore mi ha già indicato che cosa fare e, questa volta, nessuno metterà mano su mio figlio senza il mio consenso!” ringhia Anna nera in volto, girandosi verso il cognato e guardandolo con odio e disprezzo per quel commento fuori luogo.

“Cognatina cara, sai bene che le cose non funzionano così! Forza Hans, il sovrano sei tu e solo tu puoi imporle di spostarsi da lì! Lo sai che è il medico l’unico referente! Se dovesse succedere qualcosa, la responsabilità…” inizia a proferire Vincent, interrotto stranamente da Hans.

“Einar è in buone mani e io non userò mai i miei poteri per andare contro a mia moglie, che ricordo essere la regina e degna di voce in capitolo quanto me!” risponde lui con forza, pur sentendo cedere le ginocchia per essersi permesso di contraddire il fratello maggiore.

Vincent si fa cupo in volto e pare pronto a far scoppiare un conflitto con quello che reputa suo fratello minore e, soprattutto, figlio.

“La salute del principe è importante e non può occuparsene una donna senza esperienza! Servono cure immediate!” sbotta Vincent stringendo i pugni, alzando la voce con prepotenza noncurante dell’ambiente cauto e silenzioso che si era creato per permettere al piccolo di riposare.

“Conosco e ricordo quei segni Vincent! Non è nulla di grave e con creme, ghiaccio e riposo passeranno presto! Dovresti ricordartelo, o sbaglio?! Quante volte sono arrivato a casa in quello stato pure io?!” urla allora Hans collerico, rivelando un importante ricordo della sua infanzia che spiega ora la sua sofferenza nel vedere il figlio in tali condizioni.

Nella stanza cala il silenzio e neppure Vincent riesce a rispondere. Consapevole di non avere più armi a suo favore, il maggiore dei Weselton si allontana sbattendo i piedi con forza. Anna ha osservato il tutto sconvolta, entrando in contatto con una parte del marito che era da sempre rimasta in ombra. La donna avrebbe voglia di chiedergli spiegazioni e consigli, ma si sente troppo stanca e tesa per trattare anche quell’argomento.

Il mattino seguente, dopo una notte interminabile, Einar riesce a rimettersi in piedi e a camminare normalmente pur sentendo la schiena dolente. Recuperato il meraviglioso sorriso, il bambino gode della vicinanza della sorellina con la quale si siede di fronte al caminetto e chiacchiera animatamente. Anna, reduce di poche ore di dormiveglia trascorse appoggiata a una poltrona posta vicino al letto del figlio, si alza con due borse sotto gli occhi e il viso pallido. La giovane, nonostante lo stress provato, sorride nel vedere Einar tranquillo e in salute accanto a Leila e, avvolgendosi uno scialle speciale, si avvicina ai tesori della sua vita.

“Einar, lo so che forse non ti va di parlarne, ma puoi dirmi perché ti hanno fatto questo e chi ti ha colpito?” chiede Anna andando al sodo, desiderosa di conoscere i mostri che avevano inferto tali ferite a un bambino.

Einar, al sentire tale quesito, si fa immediatamente scuro in volto annuvolando il sorriso che, con tanta fatica, era riuscito a riconquistare dopo quelle settimane.

“Non lo so mamma… lì lo fanno un po’ con tutti. Loro dicono che ho il corpo fragile e servono i colpi con il bastone per farmi crescere i muscoli. Io, però, mi sono ribellato!” spiega dettagliatamente Einar, sgranando gli occhi azzurri assetati di giustizia.

“Io mi sono ribellato perché non è vero! I muscoli così non crescono, l’avevo letto in un libro sul corpo umano trovato in biblioteca. Tu lo sai mamma, a me la verità piace tanto, soprattutto la scienza” aggiunge Einar cercando di convincere la madre del suo stesso pensiero.

Anna, schifata dal racconto, inizia a mangiare dentro la rabbia per quella vita che le stava togliendo tutto. Degli ufficiali ignoti, che dovrebbero offrire il miglior addestramento militare possibile, si erano trasformati in mostri giustificando la propria violenza con motivazioni subdole e insensate. Anna è convinta che dietro a quelle percosse ci fosse altro e, non contenta, prosegue:

“Certo che hai ragione tesoro! Ora io ho bisogno di sapere tutto. Anche se hai fatto qualcosa di sbagliato devi dirmelo ok? Di qualsiasi cattiva azione si tratti, io ho bisogno di sapere perché ti hanno conciato così!”

Il bambino riflette sulle parole della madre in silenzio e, proprio nel momento in cui sta per rivelare qualcosa che ha colpito la sua attenzione, Hans irrompe nella stanza dopo aver sentito l’ultima domanda.

“In quel posto hanno sempre fatto così purtroppo. Einar, l’unico consiglio che posso darti è quello di cercare di rispettare sempre le regole e non combinare guai con i tuoi compagni. Nel campo non scontano mai la violenza” afferma il sovrano con la testa china e gli occhi gonfi, distrutto nel raccontare una realtà che conosce aspramente.

“Consiglio? Regole? Violenza? Ferma, aspetta che?! Non mi vorrai dire che Einar tornerà in quel posto!” si aggiunge subito Anna perplessa e arrabbiata, sperando di aver sentito male.

“Bambini, voi giocate. Ci vediamo dopo. Anna, vieni con me…” si limita a dire il sovrano, facendo segno alla consorte di seguirlo nella loro camera matrimoniale dove, lontano dalle orecchie di tutti, possono parlare tranquillamente.

Una volta chiuso il portone del luogo, Hans si sistema nervoso il vestito elegante, sospirando amaramente per dare una brutta notizia alla moglie.

“Tu lo sai Anna che deve completare l’addestramento” dà il la lui, senza il coraggio di guardarla in viso.

“Io so?! Cosa dovrei sapere scusa?! Qui tutti sanno le cose prima di me e io adesso sono stanca Hans! Questa volta la voce in capitolo voglio averla io! E io, in quanto regina di Arendelle, rifiuto di mandare mio figlio da dei mostri!” urla allora Anna stringendo i pugni, sfogandosi di tutta la frustrazione repressa che la divora da anni.

“Nemmeno tu puoi decidere qui! La cosa è così e basta!” ordina lui con forza, alzando il mento e cercando di convincerla. Anna sente tremare la voce del marito e, pensando di poterlo ancora manipolare, continua ad alimentare il dibattito.

“Come puoi dire una cosa del genere?! Hai visto cosa gli hanno fatto?! Che razza di padre sei nell’accettare un tale trattamento per tuo figlio! A momenti ce lo ammazzano!” strilla Anna con tutta la potenza che ha in corpo, con i pugni ormai sudati per la presa e le vene sul collo, rosse e ingrossate per lo sforzo. La giovane era rimasta zitta per troppo tempo e, ora, voleva redimersi.

“Sono stato trattato così anche io Anna! Pensi che mi piaccia vedere quei graffi sul corpo di mio figlio dopo averli provati anche io?! Pensi davvero questo di me?! Pensi che non mi faccia male?!!” sbotta all’improvviso lui, scaldato dalla provocazione, trovando la forza di puntare gli occhi color smeraldo in quelli azzurri di lei. Anna rimane spiazzata dalla reazione del marito, intuendo un ipotetico segreto sul suo passato che non le era dato conoscere.

“Perché ti avevano picchiato allora? Cosa avevi fatto?” domanda Anna, incrociando le braccia al petto, sapendo di avere tutto il diritto di sapere.

Hans comprende di non avere più via di fuga e, dopo aver socchiuso gli occhi ed emesso un profondo sospiro, si siede sul letto pronto ad aprirsi con la donna che ama follemente.

“Al campo erano tutti molto severi. Io avevo 7 anni e Vincent era già il mio tutore. Al campo continuavano a spiegarci la disciplina per diventare dei bravi sovrani un giorno, ma io sentivo un forte bisogno di giocare e con me anche altri 3 o 4 bambini. Un giorno, durante una marcia compiuta in mezzo ad un bosco, notai qualcosa di strano. Quel bosco era deserto, eppure io giurai di aver visto delle persone muoversi tra i cespugli. Incuriosito mi avvicinai, aspettando il momento migliore per staccarmi dal gruppo senza che mi notassero i comandanti. Con mia sorpresa scoprii che quelli che mi stavano osservando erano due bambini che, spaventati, se la diedero a gambe. Io li rincorsi fino allo sfinimento, pregandoli di fermarsi per poter giocare con me. Nel sentire la mia richiesta loro si bloccarono e tornarono indietro chiedendomi di raccontargli la mia storia. Come dei normalissimi bambini cominciammo a giocare in modo spensierato! Nascondino, acchiapparella, schiacciarsi i piedi e mi insegnarono anche a riconoscere le bacche buone da quelle cattive. Quello fu uno dei giorni più belli della mia vita, finché il mio comandante non mi trovò e, dopo avermi trascinato via con forza, mi riempì di legnate per quel mio comportamento irresponsabile” spiega lui amareggiato, ricordando quello spiacevole avvenimento.

“Era stato un momento bellissimo eppure, mentre mi portavano via, capii che non sarei mai più stato un bambino. Per questo ti dico che dobbiamo abituarci a questa idea di Einar. Non so perché sia stato trattato così, ma conoscendolo può essere vera la sua versione e il suo forte bisogno di dire sempre la verità. La storia è questa Anna… prima l’accetti e meglio sarà!” conclude poi l’uomo, cercando di tornare serio per poter dare forza all’altra di accettare le regole.

Anna non risponde immediatamente ma si limita a respirare con affanno, fissando un punto del pavimento con occhi spalancati ed immobili, gonfi di lacrime di rabbia, risentimento e sofferenza.

“In tutti questi anni io sono sempre rimasta in una prigione” sbotta la ventritreenne senza cambiare posizione.

“Ho vissuto in una felicità apparente, governata da stupide regole subdole! E sai qual è la cosa che mi fa più male? Pensare che la vita con te mi avrebbe strappata da tutto questo…” dichiara Anna dando libero sfogo alle lacrime, ormai impossibili da trattenere.

“Anna, cosa…” prova ad inserirsi Hans, non volendo mai mettere in dubbio il loro amore.

“Non ho deciso nulla in questi anni. Non ho mai avuto il potere di niente e ora sto perdendo tutto. Non ho potere sui miei bambini, sulla mia casa, sul mio corpo, sul mio regno, su di te” lo interrompe lei, volendo andare avanti con la propria arringa. Le lacrime sono ormai impossibili da trattenere e, tra un singhiozzo e l’altro, le lascia scorrere liberamente.

“Anna, vieni qui dai… non dire questo!” la consola Hans aprendole le braccia. Questa volta, però, Anna non ha bisogno di un abbraccio, ma di consapevolezza e rifiuta il gesto rimanendo ferma.

“Ricordi la nostra prima notte? La nostra prima volta da ragazzini nel giardino del castello? La sera in cui vivemmo senza regole, concependo Einar?” chiede lei con serietà, alzando il volto e fissando gli occhi celesti sul marito.

“Quello è stato il nostro unico strappo alla regola, nonostante ci fossimo promessi di vivere liberi e felici. Odiavamo la vita di corte, i matrimoni forzati, l’etichetta e i balli obbligatori… ci eravamo promessi di non rispettare mai più regole assurde. Ci eravamo promessi di combattere insieme contro queste ingiustizie. Ci eravamo promessi di non permettere a nessuno di portarci via i nostri tesori. Ora, invece, siamo nel baratro, in trappola molto più di prima…” termina la giovane svuotando il sacco e riversando sul marito quella profonda delusione che covava dentro di sé. Non stava incolpando Hans, ma la situazione in generale che imponeva quella vita robotica e routinaria governata da burattinai invisibili.

Anna si asciuga frettolosamente gli occhi con il palmo della mano e, sentendo la necessità di rimanere da sola, si allontana dalla stanza lasciando Hans abbandonato alla propria disperazione.

L’uomo non riesce a muovere neanche un muscolo, avvertendo una lama affilata conficcata nel petto. Anna aveva ragione: stavano perdendo tutto. Hans sente una morsa allo stomaco per aver fallito in ogni sua missione. Inoltre, dentro di sé, sa di aver omesso alla moglie molte parti riguardanti il racconto di quell’episodio vissuto da bambino quando, con spensieratezza, giocò parecchie ore con due ragazzini speciali: un maschio dai capelli biondi e una femmina dalla lunga treccia bianca.
 
  
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