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Autore: _Cthylla_    21/05/2021    1 recensioni
[Sequel della fanfic del 2013 “The Specter Bros’”]
Dopo la battaglia che ha portato alla distruzione dell’Omega Lock, molte persone in entrambe gli schieramenti si sentono perse o hanno perso qualcosa -o, ancora, qualcuno.
Il ritorno di vecchie conoscenze più o meno inaspettate sarà destinato a peggiorare ulteriormente la situazione o porterà qualcosa di buono?
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Autobot, Decepticon, DJD/Decepticon Justice Division, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Transformers: Prime
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Specter Bros'- la serie'
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23

(I danni della gratitudine)












Nell’essere costretto a lavorare per il perfezionamento della formula dell’energon sintetico richiestagli dai Decepticon, alle domande che ronzavano nel processore di Ratchet se n’era aggiunta una, ossia: “Perché i miei compagni non vengono a salvarmi”?

«Sei lento come la morte per mancanza di energon, dottore» sbuffò Knockout, che lo sorvegliava, mentre Ratchet era impegnato in un complesso processo di estrazione chimica.

«O la cautela o un’esplosione in piena faccia, se vuoi rovinarti la carrozzeria però posso fare più velocemente» replicò l’Autobot.

«No, grazie» replicò Knockout e, almeno per il momento, parve decidere di restare zitto.

Ratchet tornò al processo e ai suoi pensieri cupi con un breve sospiro.
Perché i suoi compagni non si erano ancora fatti vivi? Era quel che ci si sarebbe aspettati. Possibile che non fossero riusciti a trovare l’astronave? Vero, era sempre in movimento, ma fino a quel momento erano sempre riusciti nell’impresa in un modo o nell’altro.
Lui aveva accettato di partecipare al progetto di Megatron ma, anche se veniva mosso dalla speranza di poter riportare in vita Cybertron, non era piacevole trovarsi in mezzo ai Decepticon, soprattutto quando Vos della Decepticon Justice Division partecipava alle sperimentazioni.

Probabilmente stava prendendo le misure per capire quanto del suo corpo sarebbe entrato nella fornace di Helex una volta che lui avesse finito il lavoro.

Più si andava in là meno illusioni Ratchet si faceva a riguardo: sarebbe rimasto in vita fino al compimento del suo lavoro ma poi, se i suoi compagni non fossero arrivati in tempo, non sarebbe uscito vivo dalla Nemesis. Per tale motivo aveva deciso di rallentare il tutto -l’accusa di Knockout non era infondata- per quanto possibile. Con Shockwave e Vos in giro non lo era molto, ma lui cercava di fare del suo meglio mentre pregavadi non essere scoperto, se mai avesse dovuto sabotare di nuovo un’attrezzatura del laboratorio, e per essere salvato.

La raccolta d’informazioni continuava a essere l’unica cosa abbastanza positiva in quella situazione, insieme al trovarsi sotto gli occhi casi unici e soluzioni alle quali di suo non avrebbe mai pensato. Nell’energon sintetico instabile c’era un componente che non erano stati in grado di “tagliare” fino a quando Shockwave aveva suggerito di utilizzarne un altro presente nei corpi di creature tipo gli insecticons; guarda caso nella Nemesis al momento era presente più di qualche carcassa, colpa dell’attacco di qualche tempo prima.
Dall’analisi che avevano fatto avevano reperito il componente, non intaccato da alcunché, ma avevano scoperto anche un’altra cosa, ovvero che quelle bestie presentavano un avvelenamento nel loro fluido vitale dovuto a una cosa che gli umani chiamavano “radioattività”. Probabilmente le loro uova si trovavano in uno di quei luoghi fuori mano in cui gli esseri umani avevano la brutta tendenza a smaltire certe scorie, tendenza della quale Ratchet era a conoscenza a causa della frequentazione con i terrestri. A detta di Shockwave questo poteva essere collegato con una cosiddetta “follia omicida” che secondo lui quelle creature avevano manifestato durante l’attacco.

All’aver sentito lo scienziato Decepticon parlare dell’utilità di un possibile siero che mandasse in berserk la carne da cannone, Ratchet preferiva non pensare.

“Terrò duro e continuerò a cercare di fare il possibile per allungare i tempi” pensò “Spero che gli altri trovino l’astronave e mi tirino fuori da qui”.






***






Se nel laboratorio della Nemesis l’atmosfera era quella che era, fortunatamente non si poteva dire lo stesso dell’infermeria della Peaceful Tiranny.

«… ma fammi capire, i tre vengono tutti a te per botta di c- ehm, pura fortuna, o li nascondi da qualche parte?! Ok logicamente non mi sono innervosito sul serio, solo che, e che cazz- che diamine, ecco!... brava, ridi delle mie disgrazie con le carte» applaudì Kaon, con un’aria di biasimo palesemente fintissima sul volto «Brava! Complimenti!»

Kaon, che era stato spostato lì proprio come Tarn aveva detto qualche tempo prima, era tornato a essere completamente cosciente ed era tornato a poter stare seduto e a poter lanciare attacchi elettrici, come da programmi di Tarn, ma ancora non era in condizioni di camminare. In compenso la presenza di sedie come quella sulla quale si trovava al momento gli permetteva muoversi e avvicinarsi a Spectra, così da poter passare il tempo insieme. Anche quando non faceva così, di rado la tenda tra i loro lettini veniva tirata: a Kaon non erano mai dispiaciute le chiacchiere, specie se erano con delle femme e se le femme in questione non avevano la tendenza a dare colpi di cacciavite.

«Non è per quello che rido, è perché cerchi di non dire brutte parole» disse Spectra, aggiungendo al proprio mazzetto le carte appena guadagnate.

Spectra dal canto suo apprezzava il tutto, Kaon contribuiva moltissimo ad alleggerire tutta la situazione e in vari momenti riusciva perfino a farla sentire divertita, cosa che poteva solo essere considerata buona.

«Possono essere passati i vorn ma gli ammonimenti e i richiami scritti del capo sono ancora validi com’erano validi una volta, anche per gli in-validi com’è al momento il sottoscritto» replicò il Decepticon, indicando la sedia fluttuante sulla quale si era spostato «Una sedia costretta a stare su una sedia, se non fossi io farebbe ridere. In realtà fa ridere anche se sono io… cos’è quella faccia?»

«È che mi dispiace per quel che è successo, spero che tu guarisca presto».

«Lilleth… noi diamo la caccia alla gente della Lista, le cose che possono capitare nel mentre si chiamano “rischi del mestiere”. Se avessi voluto un lavoro d’ufficio non sarei in questa nave, e lo stesso vale per gli altri. A dirtela tutta saremmo contenti se anche tu facessi la stessa cosa... rimanere qui con noi, intendo».

Il parlare e straparlare di Kaon aveva fatto sì che quel discorso venisse fuori più di una volta in pochissimo tempo, ma neppure questo infastidiva Spectra. L'opinione di Tarn su quell'argomento era già stata inequivocabile, pure se non espressa a parole -ricordare quello che Soundwave trovava pericoloso, alias il fatto che Tarn oltre a conservare tutto avesse preso dei libri nuovi e altro per lei, riusciva ancora a commuoverla- ma le faceva piacere sapere che anche per gli altri la sua non era una presenza sgradita. Da quel che aveva capito, la consideravano un membro della squadra disperso da tempo.

«Soundwave però lo sarebbe un po’meno, credo» disse Spectra «Quindi mi sa che non è il caso…»

«Da dove hai tirato fuori l’asso adesso?!» si lagnò Kaon, vedendo sfuggirgli anche le carte di quella mano «Sì, beh, alle brutte puoi divorziare. Con la guerra i matrimoni si fanno facilmente e i divorzi pure, a meno che… avete fuso la Scintilla?»

Spectra scosse la testa. Quella era una tra le cose che ricordava di aver desiderato quando la sua massima aspirazione era trovare un compagno di vita, ma no, lei e Soundwave non l’avevano fatto. Durante la prima notte di nozze -nonché l’ultima di pace- si erano occupati di altro, e per come si erano messe le cose poco dopo era stata una gran fortuna.

«Ecco, brava. Se le cose stanno così ti puoi già muovere molto più facilmente, Lilleth, e- va bene, non riesco a mettere via nemmeno i punticini» borbottò.

«Quando l’ho sposato è stato perché ci credevo. Magari se tornassi indietro farei le cose meno di fretta, come ho detto anche a lui» disse la giovane femme «Ma è andata così e mi sono comportata già piuttosto male senza aggiungere altro di brutto. E comunque non è che abbia smesso di volergli bene, quindi se potessi vorrei evitare di finirla così senza nemmeno provare ad sistemare un po’tutto. Un po'lo stiamo già facendo».

Se avessero domandato a Spectra come andava con Soundwave, avrebbe appunto risposto che le cose “procedevano”. Lui continuava ad andare a trovarla in ogni momento libero e non c’erano state discussioni
spiacevoli né tra loro due né fra lui e altri. Una certa tensione tra Soundwave e Tarn sembrava essere inevitabile ma Spectra non aveva più assistito a scene come quella del primo incontro, ed era già tanto, infatti si sentiva molto più rilassata nei confronti del suo compagno.

«Ho capito. Quel che volevo dire è di ricordarti che se le cose non dovessero andare granché c’è sempre posto qui. A Helex mancano i tuoi biscotti» aggiunse Kaon.

«Appena Nickel mi dà il permesso di uscire da qui glieli faccio, giuro… se non vanno oltre la sua razione» aggiunse poi Spectra «Anche la cosa delle razioni vale sempre?»

«Eccome» sospirò il Decepticon, che se avesse avuto dei sensori ottici li avrebbe alzati al soffitto «Lui si ricorda ancora».

«Chi?»

«Helex. Si ricorda ancora di quando hai cercato di coprirlo quella volta in cui voleva farsi fare dei biscotti in più e Tarn vi ha beccati in cucina, hai presente?... oooooh, finalmente due punti!» esultò Kaon, artigliando le carte.

«Ricordo, ma è passato tanto tempo» disse Spectra, un po’perplessa «Volevo solo cercare di aiutarlo e non ha nemmeno funzionato molto bene, è stato un po' un niente di che».

«Il “niente di che” gli è bastato per pesare la persona che aveva davanti e decidere che non gli dispiaceva, ti pare?»

«A questo punto immagino di sì. Solo che da allora sono cambiate tante cose, voi siete gentili con me e ne sono felice, ma sinceramente non capisco perché la gente si ricorda di me, o ci tiene, o magari pensa che potrei essere in grado di fare qualcosa di buono» disse apertamente Spectra «Finora io di quello non ho fatto granché. Forse non dovrei disturbarti con questi discorsi però».

«Quando Tarn mi ha preso nel gruppo me lo chiedevo anche io. Cosa potesse vedere di buono in me» disse Kaon, avvicinandosi ancora di più con la sedia «Prima dei Decepticon e della DJD, che per me sono arrivati nello stesso momento, ero un tossico e segaiolo-»

Si interruppe e si guardò intorno, chiedendosi se Tarn fosse in ascolto e se quella fosse una parola approvata o meno. La risposta alla prima domanda parve essere “no”, e quanto alla seconda… immaginava che fosse “no” anch’essa, ma ormai il danno era fatto.
E poi Lilleth era adulta e sposata, dunque conosceva l'argomento.

«Dicevo, un tossico che pur essendo un tecnico più che decente non era mai riuscito a combinare niente se non finire in un casino dopo l’altro» continuò «Pensavo di essere buono solo per quelli. Ai tempi la squadra non era conosciuta come adesso ed era anche più piccola, c’erano solo i due grossi… ecco, diciamo che mi servivano gli shanix per una dose, e nel mezzo di una crisi di astinenza pesante poootrei aver hackerato i loro conti bancari tutti insieme. Non dire niente, non so come mi sia saltato in testa».

Solo qualcosa legato alla droga avrebbe potuto spingere qualcuno a cercare di rubare soldi a Tarn, Helex e Tesarus insieme, pensò Spectra, felice che Kaon fosse ancora lì per raccontarlo.

«E poi mi hanno trovato, ma Tarn non mi ha fatto secco e ha deciso di tenermi» proseguì il Decepticon «Inizialmente ero solo contento che mi avesse risparmiato ma non capivo perché, non vedevo quel che aveva visto lui, col tempo invece ho cominciato a capire anche io quanto valevo, ed eccomi qua! Un po’meno drogato, segaiolo sempre e comunque MA anche uno dei tecnici migliori che ci siano, tutto perché lui ha creduto in me. Ora non sto dicendo che è il santo protettore degli ultimi o robaccia buonista del genere, ok? Dico solo che se non fosse stato per lui probabilmente il mio cadavere starebbe ad arrugginire in un fosso e che a volte, di noi, capiscono più gli altri di quanto ne capiamo noi stessi! Ok è un discorso confuso ma è Tarn quello che parla bene, non io».

«Non è per niente confuso» sorrise la giovane femme «Grazie per avermelo raccontato».

L’ultima mano di valtti, con varie proteste da parte di Kaon, decretò la vittoria di Spectra. Visto quello, le condizioni di entrambi e l’ora, il Decepticon decise di tornare sul suo lettino e andare in ricarica.

«E ti direi di fare lo stesso, Lilleth» aggiunse poi «Dopo il solito controllo di Nickel».

Spectra annuì. «Lo farò, Soundwave prima mi ha già detto che stasera non sarebbe potuto passare, quindi non devo aspettarlo. Questa cosa dell’Omega Lock dà molto da fare a tutti quanti...»

«Ci puoi scommettere. Speriamo che stavolta non si metta in mezzo nessuno, sono venuto a sapere che l’ultima volta l’hanno fatto Optimus Prime e compagnia… ma dopo che Soundwave è tornato col medico Autobot, Starscream e i vehicons hanno spazzato via la loro base. Unica cosa buona che sia riuscito a fare ultimamente quello là» aggiunse Kaon «Quindi stavolta non dovremmo avere sorprese, l’unico sicuramente sano e che possa avere ancora voglia di creare problemi è l’altro nan-ehm, l’altro minic-»

«Tardi» fu il commento asciutto di Nickel nell’entrare in infermeria «Se ti sento chiamarmi nana un’altra volta- e tirare la tenda non ti salverà, ti ho sentito, LO SO che non dormi!... se non altro il fatto che abbia ripreso a dire stupidaggini è un segno di miglioramento» sbuffò Nickel, avvicinandosi a Spectra «Come ti senti?»

«Piuttosto bene, mi sembra che vada un po’meglio di stamattina».

«Vediamo» disse la minicon mentre controllava i suoi valori. Erano quasi tutti sotto a quel che sarebbe stato il livello normale, ma era prevedibile. «Sì, considerando tutto direi che procedi bene. La risposta da dare al tuo compagno se domani dovesse dirti di nuovo di uscire e andare a stare nel suo alloggio però è sempre no. È testardo come un mulocon!»

Non aveva tutti i torti dato che Soundwave, nonostante i buoni propositi, aveva tirato fuori spesso l’argomento. La prima volta che avevano parlato le aveva detto che se pensava di aver bisogno di restare lì l’avrebbe lasciata fare, ed era così, ma era evidente che lui continuasse a temere che qualcuno lì potesse fare qualcosa di inappropriato. Se faceva così però non era per cattiveria o perché la riteneva una deficiente, su quel punto si erano chiariti, il che era importante.

«Abbastanza ma penso che lo faccia anche perché vorrebbe che stessimo più vicini. Sono la sua compagna, lui ha detto di essersi preoccupato molto per tutto il tempo e gli credo, e se penso a quel che è successo con Spectrus, al fatto che io me lo sia cercato e che Soundwave sappia anche di questo… quel che voglio dire è che la reazione di Soundwave magari è normale, ecco. Mulocon o meno».

Quel che la preoccupava di più non era la propria situazione fisica o la relazione col suo compagno, dato che entrambe le cose sembravano aver imboccato la via giusta, quanto il silenzio di Dreadwing, che da quando lei gli aveva lasciato quel messaggio non si era fatto più sentire. L’ansia che potesse essere nei guai c’era sempre, ma nei giorni passati aveva saputo che gli Autobot sulla Terra erano stati mandati offline, che gli insecticons di Airachnid avevano fatto la stessa fine -e molto probabilmente anche Airachnid stessa- e che Spectrus non era in condizioni di nuocere, dunque aveva iniziato anche ad avere il dubbio che magari lui potesse semplicemente aver lasciato il pianeta in qualche modo.

Poteva essere andato via proprio come qualche tempo prima, nel relitto dell’astronave con cui lei e Spectrus si erano schiantati all’arrivo, le aveva proposto di fare. Dreadwing allora le aveva lasciato intendere che se fosse andato via sarebbe stato per -e con- lei, non per se stesso, e quello era uno dei motivi per cui lei l’aveva dissuaso, ma magari dopo gli ultimi fatti aveva cambiato idea e aveva deciso di chiudere con tutto. Una cosa simile le sembrava poco in linea col Dreadwing che conosceva, ma ormai anche lei aveva imparato che le persone, in circostanze particolari, potevano comportarsi in modo del tutto opposto al solito.
Forse Dreadwing era già lontano dai Decepticon, lontano dai propri guai e anche lontano da lei e dai suoi, di guai. Lontano dai suoi pianti, dal suo affidarsi a lui per ogni cosa e da tutto ciò che, per scelta o meno, aveva sopportato.
Non riusciva a fare a meno di pensare che se fosse stato così lui avrebbe potuto almeno farle sapere che era a posto e dirle addio tramite comm-link,
sarebbe stato sempre meglio del silenzio, ma sapeva anche di non essere nella posizione di volere alcunché da un mech al quale aveva già preso troppo senza dare niente in cambio.

«Se volete cercare di riavvicinarvi era giusto che tu glielo dicessi, anche se sicuramente non è stato facile» concesse Nickel.

«No infatti. È difficile parlarne perché tutta la cosa con Spectrus è anche difficile da spiegare e ancora più difficile farlo senza sembrare completamente stupida. Soundwave, ma anche Dreadwing, non capivano granché come potessi volergli ancora bene dopo che aveva tentato di terminarmi una volta… figurarsi gli dicessi che nonostante tutto è ancora così».

«come come?!» esclamò Kaon spostando la tenda con forza, dimentico di essere teoricamente “in ricarica” «C’è mancato poco che facesse secchi sia te che me che Tess, com’è possibile?!»

Non era arrabbiato, solo estremamente sorpreso, e Nickel non era da meno. Nessuno dei tre fece caso che un rumore di passi pesanti si era interrotto fuori dall’infermeria, neppure Spectra che rendendosi conto di come suonava quel che aveva detto cercava un modo di far capire il non capibile.

«Hai presente quello di cui parlavamo poco fa e di quanto ti senti grato a qualcuno a cui devi tutto quello che sei? Immagina questa cosa cominciare da appena hai avuto l’età per capire e di non aver avuto nessun altro intorno, stabilmente, per tutto quel tempo. “Sono inutile ma questa persona è l’unica che mi vuole bene lo stesso”. Tutto quel che vorresti è poter ricambiare, e un giorno quella persona ti dice che ha bisogno del tuo aiuto. Avrei fatto qualsiasi cosa» disse, passando alla prima persona «Penso che ormai sappiate anche voi che mi mandava a spiare al posto suo e anche la fine che facevano le persone dalle quali mi faceva trovare. Loro non erano cattivi come diceva, non era giusto che finissero così, di solito erano gentili con me» continuò «Era Spectrus a terminarli ma la colpa era anche mia perché non riuscivo a impedirlo, lui li terminava e io mi odiavo a morte, e mi ripetevo “Senza di lui non hai niente e non sei niente, non conta come ti senti, lo fai per lui, a cui devi tutto, devi farlo per lui, che tiene a te come nessun altro”. Poi mi sono innamorata del mio compagno e ho capito…» disse, concedendosi un attimo per riprendere fiato «Ho capito che Spectrus non ha mai tenuto a me come credevo, e subito dopo ho dovuto attaccarlo e poi ho creduto che fosse morto ed è stato tutto un disastro. Sono contenta di essere riuscita a smettere di volerlo aiutare, so che è nella Lista, so che è giusto che si trovi lì e spero di non vederlo mai più nella vita, però non riesco ancora a smettere di pensare a tutto questo e che forse se è finita così è perché non sono riuscita a far sì che lui mi volesse bene abbastanza da non volermi uccidere quando ho scelto Soundwave… e i Decepticon».

«Quella che hai tu verso Spectrus si chiama “dipendenza affettiva”. Lui però non ti ha mai voluto bene, l’hai detto tu stessa» disse Nickel «Avresti potuto dargli il mondo e tanto non sarebbe stato abbastanza, dunque non hai rovinato le cose: puoi averle accelerate, ma presto o tardi sarebbe finita allo stesso modo. L’unica cosa che puoi fare è cercare di andare avanti, anche se ci vuole tempo, e parlarne come hai fatto va molto bene. Io come medico ci sono, gli altri anche, tu però aiutaci ad aiutarti».

«È quello che voglio fare».

«Tra le cose che vuoi fare non puoi mettere anche lasciarmi vincere un attimo a carte la prossima volta?» domandò Kaon a Spectra.

Questo diede inizio a una breve e ben poco seria discussione tra lui e Nickel, la quale nel corso di essa e del controllo dei valori di Kaon utilizzò dei gesti il cui significato era sconosciuto a Spectra ma che sicuramente si avvicinavano molto all’osceno. Probabilmente avrebbe chiesto la traduzione a Tarn il giorno dopo.

«E comunque no, quello tra le cose che voglio fare non c’è» disse Spectra -che aveva capito e apprezzato il tentativo di Kaon di alleggerire l’atmosfera- con un sorriso. Sentiva anche che essere riuscita a dare forma ai propri pensieri e a spiegarsi la faceva stare meglio.

«È un’ingiustizia però!»

«In ricarica tutti e due, forza» concluse la minicon «Avete bisogno di riposo, soprattutto tu, Kaon!»

I due convalescenti si diedero la buonanotte e la diedero anche a Nickel, che dopo un’ultima occhiata uscì dall’infermeria con un breve sospiro. Era felice che entrambi stessero migliorando, lo era anche nel vedere che Spectra sembrava starsi dando da fare in tal senso ma il suo rapporto con Spectrus sembrava diventare una faccenda più contorta ogni volta che ne parlava.

«Da quanto sei qui?»

«Un po’» disse Tarn «La mia intenzione sarebbe stata quella di entrare ma sarebbe stato deleterio interrompere un discorso a dir poco… complesso. “Per lui, a cui devi tutto”» ripeté «Se qualche vorn fa le cose fossero andate diversamente-»

«Il discorso che ho fatto a lei vale anche per te, per il passato non si può fare niente ma si può fare qualcosa adesso. Abbiamo iniziato, continuiamo così».

Il Decepticon annuì. «Non hai torto. Hai avuto notizie di comunicazioni dall’esterno?»

«Se parli del mech che lei non sa ancora essere sulla Lista, no».

«Mi sembra di notare un accenno di biasimo, Nickel… la mia intenzione era quella, poi pensando alla situazione attuale e al fatto che il suo compagno mi avrebbe volentieri anticipato ho deciso di concedergli elegantemente tempo e modo di farlo. Solo che non ha ancora provveduto, il che è strano: visto il modo in cui si è comportato nel loro primo incontro mi sarei aspettato che usasse questi giorni per dirle che Lord Megatron ritiene che Dreadwing vada condannato e cercasse di rovinarne l’immagine in qualsiasi modo, invece sembra aver deciso di fingere che Dreadwing non esista e che l’aggiunta del suo nome alla Lista non sia mai avvenuta. Mentirei se dicessi che lo capisco» commentò.

C’era più di una ragione dietro a quel comportamento, incluso il piccolo dettaglio riguardo il fatto che non fosse stato Lord Megatron ad aggiungere quel nome alla Lista, ma né lui né Nickel potevano saperlo, e le ipotesi erano tutto ciò che restava loro per quella sera.







***







“Ancora?...”

Di nuovo la Nemesis sospesa nell’atmosfera terrestre, di nuovo quella strana vasca, anello o qualsiasi cosa fosse ripieno di un liquido sconosciuto, e di nuovo Starscream che urlava, Knockout in lontananza e il Decepticon con un solo sensore ottico.
Nessuno di loro sembrava essere in grado di vederla, esattamente come l’altra volta. Alcuni sogni che aveva fatto tempo prima erano stati estremamente “interattivi” -anche troppo considerando che era finita offline in più d’un paio di essi- ma questo non era tra loro: il Decepticon con l’occhio rosso non fece minimamente caso a lei mentre afferrava Starscream dicendo cose che Spectra, come l’altra volta, non capiva affatto.

“Shockwave. Dreadwing mi ha dato una mano a capire chi sei” pensò.

Quando aveva visto tutto ciò per la prima volta aveva riflettuto se parlarne o meno a Dreadwing, decidendo infine di farlo. Lui aveva ipotizzato che potesse esserle stata mostrata un’immagine di Shockwave in passato e che il suo processore potesse averla ripescata totalmente a caso -non era improbabile dato che solitamente era così che funzionava nei sogni- ma allo stesso tempo le era sembrato abbastanza dubbioso: d’altra parte né lui né lei sapevano davvero se e quanto credere al fatto che anche quel sogno potesse avere una base di verità.
Gliene aveva parlato la stessa notte in cui erano stati sorpresi nel bosco da Spectrus. Era passato poco tempo ma in quel momento, complice anche il trovarsi in un sogno, le sembrava tutto lontanissimo.

Si voltò sapendo già cos’avrebbe trovato, alias il corpo di Lord Megatron che, trafitto da Star Saber e vittima della forza di gravità, stava scivolando dalla lama ed era in procinto di cadere nel vuoto; ancora una volta non vide chi brandiva la spada, la quale però non sembrava “attiva” neppure in quell’occasione, dunque chiunque fosse non era un Prime. Ricordava la leggenda a riguardo, e come non avrebbe potuto? Lei era sempre quella che le sapeva tutte.

“E se fosse?...”

Il sospetto che potesse trattarsi di Dreadwing scomparve così com’era venuto. Dreadwing poteva avercela con Lord Megatron, ma non era lui che Dreadwing avrebbe voluto vedere morto, quello che avrebbe voluto vedere morto era Starscream.

“Questa è la Nemesis, se fosse vero Soundwave sarebbe qui e ci sarebbe anche la DJD, loro non permetterebbero a nessuno di fare questo a Lord Megatron” pensò Spectra “Non è detto che sia vero o che lo sarà. I miei sogni sono andati in modo simile ma mai uguale a quello che ho visto, solo uno è andato uguale, e-”

Le passò accanto Arcee, incapace di vederla esattamente come gli altri, e solo a quel punto vide che più in là c’era anche l’Autobot che avrebbe voluto prenderla in ostaggio; non che Spectra ce l’avesse con lui per quello, in fin dei conti lei era sposata con un Decepticon. Se non ricordava male il suo nome era Ratchet, il medico degli Autobot presente sulla Terra.

L’astronave intera a quel punto iniziò a tremare, anche se lei parve l’unica a rendersene conto, e le stanze e i corridoi iniziarono a richiudersi su se stessi.

Forte del fatto che fosse un sogno, che lei stavolta ne fosse consapevole e che quindi non ci fosse assolutamente nulla di cui avere paura, Spectra Specter si lanciò all’interno della struttura ad anello ripiena di liquido strano poco dopo aver avvertito quel che sembrava -o anche no- il suono dello spostamento d’aria dovuto a un battere d’ali.





“Come, wayward souls
And wander through the darkness…”


“Dove sono? Cos’è questo posto?” pensò Spectra, sulla soglia di un magazzino molto malridotto e col tetto semi distrutto che riusciva a riparare ben poco dell’interno dalla pioggia battente “Chi è che canta?” si chiese poi, capace solo di comprendere che si trattava di una femme “Io non conosco questa canzone”.

“…outlier! Outlier! OUTLIER!”

Non conosceva neppure quelle voci, e se anche le avesse conosciute non avrebbe avuto motivo di temerle dato che logicamente non si stavano rivolgendo a lei, eppure fu pervasa da un terrore profondo e un istinto viscerale di scappare che sentiva suoi e, allo stesso tempo, completamente alieni a se stessa.


“ There is a light, for the lost and the meek
Sorrow and fear are easily forgotten
When you submit to the soil of the earth…”


Il magazzino prese fuoco, Spectra urlò con una voce che non era la sua e le sue gambe si mossero indipendentemente dalla sua volontà mentre il rumore di passi di corsa di chissà quali e quante persone dietro di lei nasceva e aumentava sempre di più, dandole l’impressione di avere alle spalle una folla inferocita che lei non riusciva a voltarsi ad osservare. Il rumore della corsa e della pioggia però non superavano quello della canzone sconosciuta che, già lo immaginava, sarebbe rimasta nel suo processore per un pezzo.


“Grow, tiny seed
You are called to the trees
Rise till your leaves fill the sky…
Until your sighs fill the air in the night…”


Corse ancora, non poteva proprio farne a meno anche se le gambe iniziavano a dolere e sentiva un senso di oppressione al petto e un malfunzionamento del sistema di ventilazione che non le era mai capitato di provare in vita sua. Perché aveva così tanta paura? Non aveva senso. Lei di solito non aveva paura degli sconosciuti, proprio perché sconosciuti: non era detto che dovessero essere malintenzionati per forza.
Anche se difficilmente una folla correva urlando dietro qualcuno per riempirlo di complimenti.


“Lift your mighty limbs…
And give praise to the fire”.


Una luce davanti ai suoi occhi attirò la sua attenzione più di tutto il resto: era quella di una lanterna che si trovava oltre la vetrina di un negozio, anch’esso a lei del tutto sconosciuto, ma quel che campeggiava in vetrina non lo era affatto: la bambola di Sparkleriver -la stessa che era sul comodino dell’infermeria- era lì, a rendere ancor più strano il tutto.

Forse anche per quel motivo provò la certezza assoluta che quel negozio fosse un posto sicuro e si mosse in avanti per raggiungerlo, ma un qualcosa di indefinito -causa buio, pioggia e velocità dell’accaduto- la strattonò di lato con violenza, senza farle male ma sollevandola comunque dal terreno.

Vide il negozio allontanarsi e la luce della lanterna sparire, inghiottiti da un’oscurità abissale che avvolse anche lei subito dopo.




Quando riaprì i sensori ottici fu costretta a socchiuderli nuovamente a causa del fastidio dovuto alla luce improvvisa. Qualsiasi posto fosse, di sicuro non erano quel magazzino e quei vicoli tetri nei quali aveva fatto la sua corsa disperata fino a poco prima. Si sentiva ancora piuttosto scossa, al punto di rendersi conto di star tremando.
Ai suoi sensori olfattivi giunse un odore dolce che era sicura di non aver sentito per moltissimo tempo… cos’era? Era un cibo che le piaceva.

Quando riaprì le palpebre si trovò davanti una matassa filante di zinco rosato. Istintivamente allungò una mano per prendere il bastoncino che lo sorreggeva…

“Lali-ho” disse Bustin, il minicon che Tarn le aveva descritto come nemico, mostrando sul visore lo stesso sorrisetto di pixel che Spectra aveva visto nell’immagine.

Non c’era differenza da quella al sogno che stava facendo, se non che in quest’ultimo lui sembrava essere decisamente più alto: a volerla dire tutta non era molto più basso di lei. Oltre che su di lui lo sguardo di Spectra iniziò a cogliere dettagli anche sul luogo in cui si trovavano, un luna park simile a quello che, nell’Harbinger con Starscream, aveva visto nella puntata di un anime. Anche il “lali-ho” era una citazione a quell’episodio.

A quel punto Spectra fece istintivamente la cosa più da Spectra che potesse fare.

“Emerald Splash!” esclamò, allargando le dita di entrambe le mani.

L’attacco speciale di uno dei protagonisti della serie non riuscì, ma sicuramente riuscì a far ridere di gusto il minicon dopo un brevissimo attimo di confusione.

“Ah, vedo che sei una donna di cultura” disse poi, tornando a porgerle lo zinco filato “Allora, signora Specter, aggiungo o no le stelline di energon?”

Vero, essendo sposata ormai era ‘signora’. Era stato tutto talmente veloce e disastrato da non averci mai pensato. “Tante stelline, grazie”.

“Arrivano!”

Lei e Bustin sembravano proprio essere completamente soli in quel posto, ma si sentiva del tutto a suo agio pur sapendo chi lui fosse: in fin dei conti non si erano mai incontrati faccia a faccia e soprattutto, come le prime due parti di quel sogno, nulla di tutto quel che aveva attorno era altro che un processo del suo modulo cerebrale.

“Anche se mi sono presentato con un ‘Lali-ho’ non ho brutte intenzioni, tranquilla” disse lui “Non pensavo che potessi cogliere il riferimento”.

“E io non credevo che l’anime mi fosse rimasto in mente” replicò Spectra, prendendo in mano il bastoncino quando Bustin glielo porse di nuovo. “Grazie”.

“Non mi hai ancora chiesto chi sono” disse lui.

“So già chi sei, è per questo che non te l’ho chiesto” replicò Spectra, perfettamente tranquilla “Ho visto una tua immagine”.

“Spero che fosse del mio profilo destro, è quello che preferisco”.

“Sinceramente non penso che dovresti preoccuparti del profilo. Non so perché tu sia finito a lavorare con Spectrus ma non è stata una buona idea” disse Spectra “Anche se fossi stato costretto, per te non cambierebbe niente ormai”.

“È tua abitudine preoccuparti della salute dei tuoi nemici?”

“Questo è un sogno e tu non mi hai mai fatto nulla… ancora”.

“Forse lo zinco filato è avvelenato, non ci hai pensato?”

Spectra diede una breve occhiata al dolciume. “Dicevi di non avere brutte intenzioni, no?”

“Non tutti quelli che sono carini con te hanno buone intenzioni, 
che sia a breve o lungo termine. Ormai penso che tu lo sappia”.

“Quello che è successo di brutto non cambia il fatto che io continui a pensare che ci sia più bene che male nell’Universo. Tra i Decepticon stessi ce ne sono vari a cui voglio bene e viceversa, o che comunque si preoccupano un po’per me. Perfino Lord Megatron. Spero davvero che non gli capiti qualcosa di brutto” mormorò, più a se stessa che a al minicon.

“Qualcosa di brutto tipo?”

Era preoccupata per quel che aveva visto prima, si sentiva ancora inquieta e, riguardo la seconda parte del sogno, anche confusa. Cercare di fare mente locale ora che era tutto più tranquillo poteva non essere una brutta idea, concluse.

“Certi sogni che ho fatto si sono avverati, uno in modo preciso e gli altri no, ma anche lì le vere intenzioni della persona che ho sognato si sono rivelate uguali a quelle che ho visto” disse “Ho sognato Lord Megatron che moriva. Quando mi sveglierò forse dovrei parlargliene, lo riguarda, e poi conosce tante cose più di me, magari mi può aiutare a capire che fare… se è davvero il caso di prendere sul serio questi sogni, intendo”.

Il minicon lì per lì non rispose, ma il luna park fu invaso da una melodia che Spectra conosceva, allegra e un po’malinconica allo stesso tempo in alcuni passaggi. Non ricordava a quale anime o film appartenesse ma era piuttosto sicura che fosse sempre tra quelli che aveva visto nell’Harbinger.

“Ti va di ballare, signora Specter?”

“Non credo… ecco… non sono capace” disse Spectra.

“Ti guido io. È più semplice di quel che pensi” disse il minicon, fluttuando alla sua altezza mentre raggiungevano un piazzale a un paio di metri di distanza “Hai anche un bel vestito, sarebbe un peccato non sfruttarlo”.

Spectra fece a malapena in tempo a realizzare di star effettivamente indossando un abito iridescente di foggia simile a quello visto indosso a sua madre, prima di trovarsi a essere guidata dal minicon in quel ballo improvvisato. Non aveva torto: lasciando fare a lui, con una mano nella sua e l’altra poggiata su una sua spalla, era più semplice di quanto pensasse.

“Tu sei proprio sicura che parlare ad altri di questi tuoi sogni sia una buona idea?” disse Bustin “Al momento ti trovi con i Decepticon. Non te li toglieresti più di torno già solo per questo, oltre che per il resto: immagina come potrebbero voler sfruttare un’abilità del genere se col tempo riuscissi a controllarla meglio, e pensa a come sono ridotti coloro le cui abilità particolari vengono sfruttate da Megatron già da tempo. Vuoi davvero rischiare questo?”

“Non è detto né che sia controllabile né che sia un’abilità vera” replicò Spectra “E comunque Lord Megatron è stato buono con me, non era obbligato a lasciare che venissi soccorsa e stessi nella Nemesis e nemmeno aveva motivi per parlare bene di me in giro, eppure l’ha fatto lo stesso. Se c’è la possibilità che possa succedergli qualcosa simile al mio sogno, io come posso stare zitta? Non posso, io… non posso. È giusto che io provi a parlargliene e decida lui, il resto non importa”.

Il minicon fece un breve sospiro. “Capisco. Cerca di non rovinarti l’esistenza per colpa della gratitudine o della gentilezza, o se non vuoi proprio farne a meno trova anche il modo di tirartene fuori. Sarebbe un peccato se un giorno finissi offline per questo”.

“È strano che una persona che lavora con Spectrus si preoccupi della mia salute” commentò Spectra.

“Come hai detto tu prima, questo è un sogno, io non ti ho fatto niente e neppure tu a me” replicò lui “E ho apprezzato il tuo saluto”.

“Neppure la DJD ti aveva fatto qualcosa ma da quel che ho capito li hai attaccati lo stesso» osservò Spectra «Anche se tra loro c’è… Nicky”.

“Nicky” ripeté Bustin, dopo una breve pausa “Una rimpatriata difficile nel momento sbagliato”.

“Non credo che trovarvi uno contro l’altra fosse quel che volevi, no? Voglio dire… siete minicon. Da quel che sapevo Nickel sarebbe dovuta essere l’unica rimasta e invece ci sei anche tu, ma siete comunque soli”.

“Vero. Sarebbe bello se la vita tenesse conto di quello che si vuole o non si vuole, peccato che non sia così” rispose il minicon “E che tu non sia la sola a rischiare di rovinarsi l’esistenza a causa delle persone che ha attorno e ai sentimenti verso di esse”.

“Nickel ha attorno il resto della DJD, non credo che vogliano farle del male o rovinarle l’esistenza” disse Spectra, perplessa “Forse stando con Spectrus rischi di farlo più tu che loro, anche senza volerlo”.

“Di sicuro è tutto molto complicato” replicò il minicon, allontanandosi tranquillamente da Spectra «E ora devi proprio andare”.

“Come-” iniziò a dire Spectra mentre l’immagine del luna park e del minicon diventava sempre più sfocata.

“È stato interessante. A presto, signora Specter…”





«…»

Il risveglio di Spectra stavolta non fu brusco come spesso succedeva dopo quel tipo di sogno. Era consapevole di trovarsi nell’infermeria e il suo orologio interno suggeriva che fosse già mattina, non così tardi da vedere Kaon sveglio -la tenda era tirata- ma nemmeno a un’ora troppo improbabile. A dirla tutta era pressappoco l’ora in cui…

«Sei sveglia» disse Soundwave, entrando in infermeria con la creanza di fare piano dato che c’era un altro paziente in ricarica.

«Sono uscita dalla ricarica poco fa, ti stavo anche pensando» sorrise la femme.

«Spero per cose buone».

«Mi ero resa conto dell’orario, quindi ho immaginato che saresti arrivato presto» spiegò Spectra.

«Sì. Giusto. Hai visto che cerco di essere regolare con le visite, è più facile per tutti. Avrei davvero voluto venire a trovarti anche ieri sera, solo che… lo sai».

«Mi avevi già avvisata che non saresti passato e so che hai molto da fare, quindi non c’è problema. E poi non vengo mai lasciata sola» cercò di tranquillizzarlo lei «La cosa importante però è che tu non finisca a stare male per via del troppo lavoro e del poco sonno, te l’ho già detto qualche altra volta».

«Sto attento, non preoccuparti. Tu, piuttosto… il medico di bordo mi ha detto che la guarigione procede».

«È vero» confermò Spectra.

«E mentre controllava l’accesso come una guardia dell’arena di Kaon mi ha anche detto che però devi ancora restare qui» continuò Soundwave.

«È vero anche questo e… cos’è?» domandò Spectra, mostrando sincera curiosità nei confronti di un contenitore che Soundwave ha tirato fuori da uno scomparto.

«Energocciole» annunciò il tecnico nel togliere il coperchio «Dopo averle contate, scansionate e aver analizzato tutti i macro, qualsiasi cosa siano di preciso, la minatura di guardia dell’arena di Kaon ha detto che puoi mangiarne “addirittura” cinq… a quanto pare avevi fame» commentò, vedendola infilarsene in bocca due insieme.

«Scusami, è che da quando ho sono sulla Terra non ho visto un dolce neppure nelle fotografie» si giustificò lei, con una mano davanti alla bocca «Non ho avuto nemmeno modo di cucinarli».

«Sai fare i dolci?»

«… già, tu non sapevi neanche questo» realizzò Spectra. Erano compagni di vita ma non si erano proprio detti granché, loro due. «Sì, so fare i dolci. A dire il vero so cucinare un po’di tutto ma quelli in particolare mi vengono bene, dicono. Magari in futuro riuscirò a fartene assaggiare qualcuno» disse, rompendo un’energocciola in due parti e porgendone una a Soundwave.

«Sono contento di sentirti parlare del futuro» fu la risposta di Soundwave, il cui stato d’animo a riguardo era percepibile nel tono di voce.

«Ecco, a proposito di quello, dopo se Lord Megatron non ha troppo da fare vorrei parlargli di una cosa-»

Il comm-link di Soundwave emise le statiche di una comunicazione in entrata, ragion per cui l’ex gladiatore fu costretto a interrompere Spectra con un cenno.


Non credo che la cosa ti farà piacere ma saresti venuto a saperlo tra poco – disse Megatron – Dreadwing è qui. È nella Nemesis e, parole sue, si è “consegnato in quanto disertore”.


«Soundwave? È successo qualcosa?» domandò Spectra.

Qualcosa era successo, sì: il possibile fallimento di un piano concepito dalla rabbia, la gelosia e probabilmente destinato a finire male già da allora.

Spectra però, purtroppo o per fortuna, non poteva ancora saperlo.






N.d.A.:
- l’anime che viene citato è, nemmeno a dirlo, JOOOO-JO! *letto cantando Sono Chino Sadame*
- la canzone è “Merry-Go Round Of Life”. Che è bellissima. Il mio disegno riguardo una scena qui presente, un po’meno :D


“Che ve devo di’, ar massimo ve posso cantà na canzone”.
Cominciavo a pensare che questo capitolo non sarebbe mai esistito, invece con una mezza botta di ispirazione e tre inizi di capitolo più o meno lunghi e rimescolati tutti insieme in quello che avete letto sono riuscita, dopo mesi, a tirare fuori qualcosa.
Dubito che ormai freghi qualcosa a qualcuno, trattasi di un fandom poco popolato e oltre a questo i tempi di aggiornamento non aiutano, ma tengo davvero tanto a continuare e finire questa storia. Ringrazio coloro che mi hanno dato/danno sostegno :)

_Cthylla_
   
 
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