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Autore: PrincessintheNorth    23/05/2021    0 recensioni
Nuova edizione della mia precedente fanfic "Family", migliorata ed ampliata!
Sono passati tre anni dalla caduta di Galbatorix.
Murtagh é andato via, a Nord, dove ha messo su famiglia.
Ma una chiamata da Eragon, suo fratello, lo farà tornare indietro ...
"- Cosa c’è?
Deglutì nervosamente. – Ho … ho bisogno di un favore. Cioè, in realtà non proprio, ma …
-O sai cosa dire o me ne vado.
- Devi tornare a Ilirea."
Se vi ho incuriositi passate a leggere!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Morzan, Murtagh, Nuovo Personaggio, Selena | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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MURTAGH
 
Quella era la giornata più assurda della mia vita. Fino a quel momento ero convinto che il giorno più strano che avessi mai vissuto fosse quello in cui avevo partecipato ad una festa segreta nei boschi organizzata da Lord Haymarel e, grazie a funghi ed erbe, avevo avuto le allucinazioni più strane e vivide di sempre … quanto ero ingenuo.
In meno di ventiquattro ore ero letteralmente risorto dalla morte, mi ero fatto seminare nei boschi da una bambinetta di quattro anni e un tizio mi si era inginocchiato davanti, dandomi dell’Imperatore.
«Senti, non per fare il guastafeste, davvero, ma credo che qui ci sia stato uno scambio di persona» feci.
«Appunto» Katherine rimarcò. «Il mio titolo è Altezza Reale, non Maestà. Quello spetta ai miei genitori e, in tutta confidenza, dare a me della Maestà costituirebbe una lesa maestà nei loro confronti».
«Cosa sta succedendo?» mio padre domandò. «Alzati, forza».
Ma il messaggero non si alzò.
Kate, mi sa che questo qua è veramente convinto che siamo noi i sovrani, commentai.
Non ha mai sentito parlare di Nasuada?, lei sbottò. La legittima imperatrice?
Magari è solo un pazzo … stiamo al suo gioco, vediamo cosa fa.
Quando fui io a chiedergli di alzarsi, lo fece senza pensarci due volte.
«Potresti, per piacere, spiegarci che cosa sta succedendo?» Kate chiese. «Qua non c’è nessun imperatore … tantomeno un’imperatrice».
Il messaggero la guardò con aria seria e grave. «Non siete voi Murtagh e Katherine Kirk, duchi di Northern Harbor, rispettivamente Morzansson e Mirandasdaugher, genitori di Evan, Killian, Belle e Victoria del Tridente?»
«Siamo noi» risposi.
Lui deglutì. «Allora … è con estremo dolore che vi porto la notizia della morte di Sua Maestà la Regina Suprema di Broddring, Nasuada Nadarasdaughter».
 
Per qualche minuto, nella sala scese un silenzio opprimente di sconvolgimento e dolore. Non riuscivo a credere che Nasuada, la donna con cui ne avevo passate di ogni genere, non ci fosse più; era un pensiero assurdo, inconcepibile. Per un attimo mi sembrò di essere nuovamente nella cella sotto il Farthen Dur; quando lei era entrata, tranquilla e per nulla spaventata dal mio nome, ero rimasto totalmente affascinato da lei. C’era subito stata un’alchimia particolare fra di noi, un legame che avevo percepito solamente con un’altra donna prima, e con Katherine poi. Avevo provato ogni sorta di sentimento per quella donna … affetto, desiderio di protezione, amore, passione, odio. Ora che non era più fra i vivi, mi sembrava che nel mondo mancasse un pezzo.
«Com’è successo?» Kate domandò.
Il messaggero deglutì prima di risponderle. «Sua Maestà ha riportato gravi ferite durante la battaglia di Teirm. I maghi ed i guaritori non hanno trovato alcun modo per fermare la setticemia e, nonostante le cure, si è spenta tre giorni fa. In questo stesso momento il feretro reale sta venendo trasportato a Tronjheim perché vengano celebrati i funerali e la regina sia sepolta in fianco a suo padre. Come saprete, la regina non aveva preso marito e ci ha lasciati senza eredi di sangue che potessero ereditare la corona …»
«A quanto mi risulta Nasuada ha degli eredi legittimi» Morzan lo interruppe. «Fadawar, ad esempio, capo delle tribù del deserto di Hadarac».
«Ciò non significa nulla» il messaggero replicò. «Ho qui con me il testamento di Sua Maestà, in cui indica inequivocabilmente il duca e la duchessa di Northern Harbor come suoi successori».
Ma perché?, mi ritrovai a chiedermi. Perché diavolo ci ha inseriti in quel maledetto testamento? Lo sapeva benissimo che né io né Kate abbiamo mai avuto ambizioni di questo genere …
«Fermo, fermo, fermo» Katherine sentenziò, incrociando le braccia davanti al petto. «Mi dispiace dirtelo, ma questa non è una cosa che può accadere, e per svariate ragioni. Perché la successione fosse legittima Nasuada avrebbe dovuto come prima cosa parlarne con noi ed ottenere un assenso, cosa che non ha fatto, per poi emanare un atto di successione. E anche se l’avesse fatto, la cosa sarebbe risultata illegale, perché noi ricopriamo ruoli amministrativi in un altro Stato, ed in funzione di ciò assumerne altri in un Paese estero costituirebbe alto tradimento verso il re, mio padre».
Una volta finito il suo discorso emise un sospiro soddisfatto, evidentemente compiaciuta di sé stessa. Sebbene le sue argomentazioni fossero state giuste, valide e parecchio convincenti, non riuscirono però a fare presa sul messaggero.
«Ma la regina Nasuada vi ha nominati come suoi successori» lui insistette, con il tipico sguardo sconvolto e smarrito di chi non sa più cosa fare. Oggettivamente, non potevo fargliene una colpa; lui era solamente stato inviato a Lionsgate per dire a me e Kate che eravamo i nuovi sovrani dell’Impero, e di sicuro aveva avuto aspettative ben diverse su come sarebbe andato quel colloquio. Chiunque avrebbe fatto i salti di gioia nel venire a sapere di essere appena diventato non re, ma imperatore; ma Katherine ed io, con quattro figli piccoli, due draghi ed un’intera area del Nord – l’Ovest – da gestire? No, grazie.
«Ed io ti sto dicendo che devi trovarti degli altri candidati!» Katie sbottò.
Il messaggero controllò qualcosa su un foglio, e poi alzò lo sguardo verso di noi – beh, soprattutto verso Katherine, visto che stava parlando con lei. Io non avevo ancora praticamente aperto bocca, e mi guardavo molto, molto bene dal farlo.
Nel frattempo, però, un’idea si stava formando nella mia mente.
Sebbene non nutrivo dubbi sul fatto che Nasuada, nominandoci suoi successori, non avesse fatto altro se non cercare di garantire al proprio popolo dei governanti seri e legittimi, non aveva tenuto conto di un dettaglio di discreta importanza; né io né Kate eravamo benvoluti, nell’Impero. Effettivamente, sarebbe stato più opportuno dire che eravamo le persone più odiate del paese, e con noi, come Eragon mi aveva detto, i nostri figli.
«Grazie per avercelo riferito» dissi dunque al messaggero, attirando immediatamente gli sguardi sconvolti di Katherine e di mio padre. «Saremmo lieti se ti fermassi per la notte».
Il poveretto mi guardò con tanto d’occhi. «Io … ehm … grazie, milord, cioè, Argetlam, cioè … Vostra Maestà».
Cercai di non dimostrarmi troppo disgustato da quell’ultimo appellativo e gli rivolsi un rapido sorriso di circostanza.
«La cena sarà servita alle otto» mio padre gli disse a denti stretti.
«Certo, Vostra Grazia» il messaggero si inchinò e corse fuori dalla sala. Papà lo seguì poco dopo, lasciandomi solo ad affrontare la mia bellissima ed inviperita moglie, che mi guardava con le braccia conserte.
«Cosa diavolo era quello?» sibilò, pretendendo spiegazioni.  
Castigo ridacchiò; non disse niente, ma era tremendamente divertito dalla prospettiva di vedermi subire le ire di Kate.
Tu ti rendi conto che il tuo ruolo sarebbe quello di essere sempre dalla mia parte, vero?, sbuffai.
Ruoli, ruoli, ruoli, lui sbuffò. Sono cose da umani. Io, se ben ricordi, non lo sono.
Come potrei mai dimenticarmi del fatto che condivido la coscienza con un enorme rettile volante?
«Beh, ti aspettavi davvero di poter discutere di politica estera con un semplice messaggero?» obiettai. «Lui non ha alcun potere decisionale … è qui per conto di qualcun altro, ovvero il consiglio privato di Nasuada».
Kate annuì, inspirando profondamente. Era palese che fosse scossa da ciò che era appena accaduto; quando la abbracciai, mi resi conto di quanto i suoi tremori fossero forti.
«Ma perché non possiamo avere almeno una giornata normale, senza casini?» sussurrò; faticava a trattenere il pianto, e aveva la voce gonfia. «Non voglio … non voglio diventare imperatrice. Murtagh, se dovessi davvero tornare lì io …»
«Non accadrà» le promisi, stringendola più forte. Mi spezzava il cuore vederla così terrorizzata alla sola idea di rivedere Uru’Baen … più che altro perché capivo benissimo quel sentimento, e mi ricordava che tutto il dolore e la sofferenza che avevo patito io in quella città, lo aveva esperito anche lei. Non auguravo un destino simile al mio peggior nemico; figurarsi a mia moglie, l’amore della mia vita. «Non dovrai mai più rimettere piede in quel posto. Una cosa è certa; i nobili del Consiglio vogliono che la corona cada sulle nostre teste tanto quanto noi … quindi non sarà troppo difficile sottrarsi a questa spiacevole situazione».
Lentamente, lei annuì e sciolse la stretta, asciugandosi rapidamente due lacrime che non voleva che vedessi. Una volta che se la sentì, le presi la mano e ci avviammo verso i giardini; visto che Lionsgate era costruita alle pendici della Dorsale il buio arrivava molto più in fretta, dunque gli esterni del palazzo erano già stati illuminati con i lampioni. Quand’era stata l’ultima volta che ci eravamo concessi una passeggiata serale, noi due soli? Non me lo ricordavo più. Probabilmente prima dell’arrivo di Belle … o forse, quando Kate mi aveva annunciato quella gravidanza. Non avevo nemmeno bisogno di chiudere gli occhi per rivederla, felice e sorridente fra le rovine del tempio, immersa nella luce della luna, mentre mi diceva che di lì a qualche mese saremmo stati in tre.
Ed ora, quattro anni dopo, siamo in sei. Sostanzialmente abbiamo fatto un bambino all’anno, osservai. Non eravamo ancora ai livelli del conte e della contessa di Sevirya, che di figli ne avevano avuti dieci in sei anni di matrimonio, ma c’era da dire che loro avevano avuto quattro gemelli la prima volta e due poi; avevano giocato sporco.
«Come stai?» Kate domandò improvvisamente. Sul suo viso erano scritti a chiare lettere il cruccio e la preoccupazione.
«Tu chiedi a me come sto io? Sei tu quella che ha avuto una crisi di nervi, se non sbaglio» le ricordai. Avevo capito benissimo dove voleva andare a parare con quella domanda, ma volevo evitarla il più possibile.
Katherine sospirò. «Nasuada era una tua amica» puntualizzò. «Ho visto che faccia hai fatto quando il messaggero ci ha dato la notizia, amore. Non deve essere stato facile».
Ovvio che l’aveva notato. Era Katherine.
«No» ammisi. «Ma non c’è bisogno che ti preoccupi. È morta onorevolmente, nel modo in cui voleva. Mi basta sapere questo».
«Mmh».
Fortunatamente, non tornò più sull’argomento; avrei detestato dire o lasciar trapelare qualcosa che lei potesse interpretare come una sorta di ritorno di fiamma postumo che non c’era. Dopo mezz’ora, quando la torre campanaria segnò le otto, ritornammo nel castello e raggiungemmo gli altri nella sala da pranzo.
 
 
 

La nostra prima notte da redivivi non andò esattamente come io avevo previsto … anche se, dopo quattro figli, mi sarei dovuto immaginare che saremmo stati in piedi tutta la notte dietro l’ultima arrivata. Vicky decise di mettersi a dormire sul serio solamente alle tre di notte, e come tutti i suoi fratelli scelse come letto il mio stomaco.
Era così piccola che sotto le coperte quasi spariva; se non fosse stato per la testolina che sbucava fuori sarebbe stata invisibile.
Sospirai, accarezzandole la schiena mentre dormiva tranquilla. Nonostante il nome che aveva non fosse esattamente quello che avrei scelto io, soprattutto riguardo alle circostanze della sua nascita, non potevo negare che le stesse bene. Era una cosina minuscola, ma aveva già dimostrato ampiamente di saper tenere testa ai propri fratelli egregiamente.
Inevitabilmente, tuttavia, pensare a lei e com’era nata mi portò a pensare a cos’era accaduto immediatamente prima; Katherine, incinta di otto mesi, si era messa fra me e Galbatorix, prendendo in pieno il colpo che era destinato a me. Forse avrei dovuto avercela con lei; dopotutto, aveva messo a rischio la sua vita e quella della bimba. Se non fosse stato per l’intervento di suo nonno e degli altri morti, sarebbero sicuramente morte … anzi, saremmo morti tutti e tre, e con noi Antares e Castigo. Nonostante ciò, non potevo dire di non sapere perché l’aveva fatto; era stata una reazione istintiva, impulsiva, la stessa che avrei avuto io nei suoi confronti.
L’essere quasi morto, mi ero reso conto durante quella giornata, aveva cambiato le mie prospettive e anche il modo in cui mi rapportavo, in generale, alle cose di tutti i giorni; l’essere stato così vicino al perdere tutto – la mia famiglia, i miei bambini, Castigo – mi aveva permesso di capire quali erano le cose veramente importanti. Avevo capito che, nonostante fossi un Cavaliere, il mio tempo era limitato; lunghissimo, forse, ma limitato.
Non valeva la pena sprecarlo a rimuginare, o ad irritarmi. Kate si era sacrificata per me e avevamo avuto l’immensa fortuna di uscirne praticamente indenni; non avrei sputato in faccia a quella fortuna, né al suo sacrificio.
Stavamo bene, eravamo a casa, e questo mi bastava.




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Eccomi di nuovo a chiedere venia :( lo so, è passato quasi un mese, ma sono stata veramente presissima tra studio ed esami. Non ho veramente avuto un minuto per fermarmi e scrivere! Spero di riuscire ad essere più costante, ora che ho il prossimo capitolo quasi pronto. 
Mi dispiace veramente tantissimo! Però almeno vi ho sganciato un capitolo bomba, ahahah. 
Spero vi sia piaciuto! Fatemi sapere che ne pensate. 
Alla prossima (spero il prima possibile)! 

 
   
 
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