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Autore: Challenger    26/05/2021    0 recensioni
Un uomo comune, una donna sprezzante e un omicidio a sangue freddo. Niente è come appare.
Genere: Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Signore...? Signore mi sente? Accidenti! Dobbiamo fare in fretta o lo perderemo!», era la voce di una donna giovane, sui trenta, trentacinque forse? Non saprei – so solo che era una donna giovane dai capelli castani – è l’ultimo ricordo prima di perdere di nuovo i sensi in ambulanza. Mi chiamo Marco Pastrani, ho 42 anni, vivo in Via dei Mille 107 e sono un ordinario impiegato d’ufficio. Vi chiederete cosa ci fa un uomo comune come me in un vicolo malfamato, semplice: sono testimone di un omicidio. Tutto ebbe inizio quando conobbi Laura, la mia collega. Lavoravo come contabile nella ditta del signor Mattei quando Gianni, il vecchio responsabile della sicurezza informatica, morì in un incidente d’auto. Avevamo bisogno di un nuovo responsabile, venne quindi assunta Laura. Oh…era uno splendore! Bionda, occhi azzurri come il cielo di primavera, corpo mozzafiato, gambe lunghe e dritte come un fuso e un culo pazzesco! Era bella come una dea. Fin dal primo momento che la vidi desiderai farla mia. Piena di fascino e sensualità come poche donne sanno essere, Laura amava scherzare e flirtare con tutti gli uomini dell’ufficio e spettegolare su di noi con le colleghe. Era una sorta di «femme fatale», bella, sicura di sé, travolgente. Tutti la volevano, tutti la desideravano, ma era lei a scegliere te; non era una volgare puttana, era una pantera vogliosa e fiera. Dopo circa due mesi di battutine e flirt, decisi di invitarla fuori a cena. Cena ottima, conversazione non banale, scopata soddisfacente. Una delle migliori scopate della mia vita, cazzo! Iniziò così la nostra storia. Non era una storia d’amore, l’aveva chiarito fin da subito che non voleva impegnarsi in tal senso ed io ero totalmente d’accordo. Io e Laura ci vedevamo di nascosto per evitare pettegolezzi sgradevoli, se chiedevano un mio parere su di lei mi limitavo a rispondere che era «una gran bella figa» e a volte mi abbandonavo a qualche battuta sconcia per alimentare i desideri perversi di quegli stronzi, così, giusto per prenderli per il culo alle loro spalle. Fottuti idioti! Non avevano la benché minima idea che l’unico a scoparsi davvero Laura ero io. So che ho detto che la nostra storia era basata solo sul sesso, fantastico a proposito, però dopo otto mesi d’incontri clandestini era scattato qualcosa in me, un sentimento nuovo, mai sciupato, non avevo provato mai cose del genere per una donna: mi piaceva scopare e basta, l’amore non era cosa per me. Ne parlai con Laura una sera dopo un coito. Rise. Ridendo mi disse «cosa? Dici sul serio? Tu non mi piaci in quel senso Marchi, mi piace il tuo cazzo e come mi scopi, ma non provo altro per te. Mi dispiace, ma se provi qualcosa per me…dovremmo finirla qui. Te l’ho detto fin dall’inizio, per me è solo sesso, il resto non mi interessa». La mandai a fanculo, le dissi che era una puttana e che doveva sparire dalla mia vista; se ne andò come se nulla fosse successo. Preferì prendere un paio di giorni di ferie per far sbollire la rabbia; quando tornai a lavorare non la degnai nemmeno di uno sguardo e se capitava di incontrarci la trattavo come la merda che era. Continuammo con questo atteggiamento passivo-aggressivo per circa due mesi, alla fine decisi di affrontarla e le dissi «Laura, io ti amo, non posso continuare così. Ti voglio, bramo le tue curve calde e morbide; non riesco più a fare a meno di te, sei la mia droga. Voglio passare il resto della mia vita con te». Mi guardò sprezzante, poi parlò «oh…povero Marchi. Quanta pena che mi fai! Sei davvero patetico mio caro. Sapevi fin dall’inizio che non volevo una storia seria, specie con un omuncolo come te. Ti ho scopato solo perché mi avevano detto che ce l’hai grosso, tutto qui. Tu per me non sei niente. Ora lasciami in pace e non rivolgermi più la parola se non per questioni di lavoro, mi sono stancata del tuo atteggiamento petulante da cane bastonato. Va’ a farti una doccia, puzzi di sudore rancido!». PUTTANA SCHIFOSA! È SOLO COLPA TUA SE SONO RIDOTTO COME UN BARBONE! TROIA DI MERDA! Avrei tanto voluto sputarglielo in faccia, ma non ci sono riuscito. Forse aveva ragione Laura, ero un uomo patetico. Da quel momento lei diventò un’ossessione. La seguivo in ufficio, fino a casa, la spiavo quando usciva, quando faceva sesso con uomini diversi (a volte anche con qualcuno dei nostri colleghi) ogni sera…e nessuno di loro ero io. Non dormivo, non mangiavo, non scopavo con nessuna, non mi prendevo cura del mio aspetto, stavo uscendo fuori di testa. Litigavo praticamente tutti i giorni con gli ambulanti, i passeggeri dell’autobus, i miei colleghi, con Laura. Cominciavo ad essere considerato il pazzo della situazione per via dei miei continui sbalzi d’umore, soprattutto quando vedevo Laura parlare con altri uomini; mi sono inimicato tutti, non avevo nessuno dalla mia parte. A causa dell’insonnia avevo allucinazioni durante il giorno, vedevo cose che non c’erano. Pensai di andare da uno psicologo —anche su consiglio dei colleghi preoccupati per il mio stato: ormai era nota in ufficio la storia tra me e Laura—, ma non mi fidavo di quegli strizzacervelli ficcanaso; non sono una femminuccia che ha bisogno di confidarsi con un estraneo per sentirsi meglio, avevo bisogno di Laura soltanto. Una sera, dopo l’ennesimo litigio con la troia, invece di tornare a casa entrai in un bar e bevvi fino a sentirmi stordito. Uscito da lì mi incamminai verso casa, una lunga passeggiata mi avrebbe fatto bene. Barcollavo tranquillamente verso la mia abitazione quando udì delle urla femminili. «Lasciami! Lasciami subito!» diceva la donna, dalla voce sembrava sexy. Lui la minacciava bisbigliando. Sbirciai dietro il vicolo buio, appena illuminato da un lampione che ronzava come una mosca, vidi un uomo alto che reggeva un ombrello rosso. Sovrastava la donna di almeno 10-15 centimetri tenendola saldamente per un braccio. Sarò anche uno sciupafemmine, ma non ho mai messo le mani addosso ad una donna e odio gli uomini prepotenti che lo fanno, così gli gridai «ehi tu, stronzo! Per caso sei sordo? Non hai sentito quello che ti ha detto la signora?! Lasciala stare!». Quello mi guardò in tralice con la sua faccia da cazzo, almeno l’ho immaginata così perché la penombra non mi permetteva di vederlo chiaramente. Ciò che mi sconvolse di più fu che la donna stretta nella morsa era...Laura! Porca troia! Ma che cazzo ci faceva in un quartiere schifoso come questo? «Marchi, vattene via! Non ti intromettere!». Odiavo quel cazzo di soprannome — Marchi — mi faceva sembrare uno stupido moccioso. «Laura?! Ma cosa..? Dai forza andiamo, ti riaccompagno a casa», intanto quello non si muoveva di un millimetro; era davvero ridicolo con quell’ombrello! Stronzo! Mi voltai verso lei. Laura non mi aveva mai guardato così…fredda come il ghiaccio. «SPARISCI! NON HO BISOGNO DEL TUO AIUTO!». Bene…non voleva il mio aiuto, se la sbrigasse da sola. Me ne andai senza dire una parola.
   
 
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