È
suonata la campanella e le lezioni sono
cominciate da appena dieci minuti quando, alla porta
dell’ufficio della
presidenza, bussa qualcuno.
“Avanti”
– risponde una donna sulla
cinquantina, con i capelli corti e neri, gli occhiali da vista adagiati
sulla
punta del naso e lo sguardo fisso su innumerevoli documenti.
“Mrs.
Williams, c’è qualcuno che vorrebbe
parlarle” – spiega il bidello Lucas, trattenendosi
sull’uscio della porta.
“I
genitori di qualche studente? Dovrebbero
sapere che il ricevimento non è previsto prima delle
dieci” – commenta la
dirigente, ribadendo le regole imposte da lei stessa alle famiglie.
“In
realtà è una giovane ragazza e ha una
proposta da farle” – aggiunge l’uomo.
Incuriosita,
la donna da il
consenso e ,adagiando cartelle
varie e fogli da compilare su una cattedra accanto, si pone
all’ascolto della
persona appena entrata nella aula.
“Buongiorno,
mi chiamo Hanna Virtanen, grazie
per la sua disponibilità” – mostrandosi
quanto più sciolta e garbata possibile,
la finlandese consegna, in primis, il curriculum alla dirigente
scolastica.
“Vorrebbe
essere assunta qui, deduco” –
accerta l’adulta scrutando un profilo degno d’onore
della fanciulla.
“Lei
viene da Turku e ha appena ventitre
anni. Mi complimento per le esperienze che ha vissuto e per le
capacità che
possiede” – Mrs Williams è piacevolmente
colpita dalla preparazione di una così
giovane ragazza.
E
Vienna di questo è soddisfatta
ed è ben di essere giunta rapidamente al
traguardo, visti gli apprezzamenti ricevuti.
Ma
si sbaglia, e le sue certezze crollano
quando la signora precisa – “Però al
momento abbiamo raggiunto i numeri di
docenti disponibili. Anche se la mia è una struttura
privata, non sono previste
assunzioni su concorso, abbiamo selezionato con cura il personale e non
necessitiamo di ulteriori professionisti”
“Ha
insegnanti di musica?”
“Certo,
il signor Turman lavora qui da oltre
vent’anni” – spiega la preside.
“Con
tutto il rispetto signora Williams, ma
non le sembra che dei bambini per essere coinvolti abbiamo bisogno di
novità?”
– le parole di Vienna, nota per non contenersi specialmente
nel dire cose
scomode, spiazzano l’adulta.
“Insinua
che ci sono persone anziane
qui?” -
la donna si pone subito sulla
difensiva.
“Assolutamente
no, intendo dire che io ho
studiato e sono una violinista professionista. Avrei tanto da dare dai
bambini,
aiutarli ad apprezzare la musica vista da un lato diverso da quello
dell’
“Imparare a memoria” ciò che viene
spiegato! Mi dia un’opportunità, non se ne
pentirà”
Dopo
qualche secondo di silenzio, Mrs Williams
esprime la sua opinione, non cambiando idea in merito –
“Al momento non è
un’urgenza per la scuola. Semmai avrò bisogno di
lei, la contatterò”
Senza
dar modo alla ventitreenne di
insistere, la dirigente la invita ad uscire dalla stanza.
“Cazzo”
– pensa tra se e se Hanna, che sente
come un macigno il fallimento della missione.
Raggiunto
l’esterno della struttura, la
giovane, appartandosi, si appresta a raccontare tutto ai
Dalì.
“Abbiamo
visto tramite la microspia” – commenta
Erik - “Che si fa adesso?”
“Calma
e sangue freddo! Sbaglio o c’è un tipo
anziano che lavora lì?” – fa notare
Denver.
“Esatto” – risponde Hanna.
“Bisogna
semplicemente farlo licenziare”
- spiega Ramos.
“Ma
cosa dici?” – il tono di rimprovero di
Monica mostra il suo diniego – “Perché
mai dovremmo recare danno a terze
persone?”
“Amore,
sei sempre troppo buona e dolce. Non
abbiamo altre chance, giusto prof?” – a quel punto
Daniel si rivolge a Sergio.
“C’è
sempre un’altra opzione da considerare,
Denver, quella di mettere la preside di fronte alla fama di Hanna.
Dovrà capire
che perdere un diamante prezioso come una violinista di grande talento
equivarrebbe ad una grossa perdita per la scuola che, invece, ne
potrebbe
aumentare di prestigio” – riflette Marquina,
camminando avanti e indietro, nel
salone.
“Tornare
lì ed insistere non è il caso”
–
sostiene la finlandese. Così, carica di dubbi, chiede
–“ Come faccio a renderli
consapevoli del mio talento?”
E
a fronte del silenzio dell’intera
Banda, è Axel a prendere parola.
“Aspetta,
ho un’idea” - tira fuori un
computer, da un borsone dei tanti che ha portato con se fino a Perth,
lasciato
casualmente sul divano.
“Io
posso fare in modo che i tuoi video, il
tuo nome, le tue esperienze, arrivino alla scuola, o meglio, alla
visione della
preside! Mi basta sapere solo l’indirizzo email della
dirigente”
Tutti
sorpresi dal talento tecnologico del
gitano, si complimentano.
“E
pensare che il genio della rete dovevo
essere io” – ridacchia Rio, cedendo il plauso al
nuovo Dalì.
“Chi
ti ha insegnato queste cose? In che modo
farai quanto hai detto?” – il professore
è scioccato mentre lo osserva
smanettare al PC.
“Questi
sono i segreti del mestiere” –
risponde Axel, concentratissimo sul compito assunto.
E,
se a casa qualcosa si smuove, all’esterno
della scuola dei gemelli Vienna chiede supporto e aiuto su come agire.
“Allora?
Cosa devo fare? Datemi segnali. Non
posso restare qui in eterno”
“Ti
consiglio di non allontanarti troppo.
Potrebbero contattarti quanto prima”-
Axel è certo e quando schiaccia il tasto Invio,
sa che le sue previsioni
non sbagliano.
“Caspita,
un giorno dovrai insegnarmi” –
Ivana è rimasta impressionata dal giovanotto dai capelli
nero corvino che si
mostra un genio, superiore
perfino, al
professore.
“A
te, forse, potrei raccontarlo” – risponde
il ventunenne, volgendo lo sguardo sulla bionda, di cui gradisce i
complimenti.
E, guardandola meglio, adesso gradisce proprio averla di fianco.
“Caspita,
non ti avevo messa bene a fuoco
prima” – commenta, toccandosi, imbarazzato , la
nuca. La bellezza di quella
ragazza è qualcosa di paradisiaco.
“Come?”
– chiede lei, non avendo afferrato il
senso.
“No,
nulla! Piuttosto, concentriamoci su
Vienna!” – tornano così a centralizzare
l’attenzione della “inviata” del
gruppo.
Nei
minuti che seguono, Hanna si siede su una
panca di fronte la scuola, studiando ogni movimento di gente che entra
e esce,
mentre gli amici l’ascoltano commentare, di tanto in tanto, e
visualizzano
quello che la microspia mette a fuoco.
Se
in un primo momento tutto sembra essere
piatto e inutile, ecco che accade qualcosa, inaspettatamente, che
colpisce la
finlandese: trattasi della figura di una donna con la coda alta, i
capelli
chiari, e gli occhiali da vista, che ha con se una borsa da lavoro, e
varie
cartelle alla mano.
“L’ennesima
docente” – dice la giovane ai Dalì,
rispondendo a Tokyo che ha appena domandando chi fosse la persona
appena
giunta.
Eppure
qualcosa spiazza la finlandese circa
quella donna sconosciuta, ovvero l’appellativo con cui un
bambino, di passaggio
con la sua mamma, si rivolge alla tipa.
“Maestra
Honey, ciao”
Ecco…
è questo che sciocca la figlia di Bogotá.
“Mio
Dio” – esclama la ventiduenne, alzandosi
dalla panca per avvicinarsi quanto possibile all’ingresso
dell’istituto per
visualizzare la famosa Maestra Honey.
“Che
succede adesso Hanna?” – domanda il
professore, guardandola muoversi confusamente ed agitarsi.
“Ho
scoperto chi è la maestra che cercavamo!”
– comunica, felice che, dopo un’iniziale sconfitta,
ha ottenuto un minimo
successo.
“Descrivila
bene, così possiamo ricordarla” –
interviene Nairobi, seduta sul divano, di fianco ad Emilio e Alba.
E
la sua posizione e vicinanza con Yerevan
viene notata da Tokyo, rimasta ad osservare i due tutto il tempo,
piuttosto
sospettosa.
La
faccenda della maestra Honey colpisce
Mykonos che solleva un quesito importante- “Possibile che
Seba non sappia chi
sia? Sbaglio o siete nella stessa classe?”
“Mi
dispiace non potervi aiutare. Io non
conosco questa maestra Honey” – si scusa il
piccolo, accolto subito tra le
braccia di zia Tokyo.
“Quindi,
non tutti gli alunni la chiamano con
quell’appellativo, mi pare di aver capito”
– riflette Lisbona ad alta voce.
“E’
che Seba non presta molta attenzione a
queste cose, e sicuramente solo alcuni si rivolgeranno a quella donna
con quel
nomignolo affettuoso” – precisa Bogotà,
consapevole che il suo bambino non è
attento a particolari come quello.
“Esatto,
per me le maestre sono tutte uguali.
Mi danno i compiti, mi rimproverano per gli errori, parlano, parlano,
parlano e
mettono voti” – spiega, elencando con le dita della
mano, le caratteristiche
che riconosce alle insegnanti. E nel farlo,si mostra esattamente come i
classici alunni che odiano la scuola e non vorrebbero mai metterci
piede.
“Mi
domando da chi lui possa aver ereditato
“l’amore” per lo studio!”
– l’osservazione di Erik, tra i più
secchioni dei
sette nuovi Dalì.
“Sicuramente
non da te” – la battutina di
Julian, fa ridere i presenti e distoglie per qualche istante dalla
preoccupazione inerente la donna misteriosa.
“Ebbene?
Cosa devo fare? Attendo che esca di
scuola?” – Vienna torna a ricercare il supporto
della squadra.
“No,
veniamo noi lì”- Nairobi è decisa ad
agire e sceglie di farlo raggiungendo la figliastra.
“Bisogna
essere prudenti, Agata” – la
trattiene Sergio, temendo possa agire in maniera sconsiderata.
“Non
andrò da sola!”- lo tranquillizza la
gitana.
A
quel punto tutti pensano che la Jimenez
sarebbe uscita, scortata dal marito. Chi più di lui
può accompagnarla nelle
ricerche sul campo.
E
invece…
“Yerevan
verrà con me!” – senza averlo
interpellato, Nairo prende per mano il venezuelano e si avvia alla
porta.
Inseguita
da altri Dalì che provano a farla
ragionare sul da farsi, Bogotá resta in silenzio, seduto al
suo posto.
Ma
ad essere rimasto accanto all’uomo c’è
qualcuno.
“Che
succede tra te e mia madre?” – chiede Axel,
sospettoso.
Il
saldatore fa spallucce, nascondendogli la
crisi.
“Inutile
che menti o che fingi che non sia
accaduto nulla! C’è freddezza tra voi, non vi
guardate mai e i vostri occhi
sono spenti!”
“Cazzo,
che osservatore che sei” – commenta
l’adulto,
mantenendo lo sguardo basso.
“Adesso
che sono qui con voi, farò di tutto
per dare una mano…che voi siate d’accordo o meno,
non potete distruggere il
vostro matrimonio”
“Siamo
messi malissimo, figliolo! La cosa
peggiorava sempre più e ho messo un punto!”
“In che senso?”
Il
brusio di persone che rientrano nel salone
interrompe la conversazione.
È
la Oliveira a prendere Bogotá in disparte,
con fare molto nervoso, e a separare i due uomini che conversavano.
“Cosa
cazzo state facendo tu e Nairobi?”
“Cosa
intendi dire?”
“Che
state mandando a puttane tutto”
Il
saldatore evita di rispondere e cerca di
andare via, per evitare il discorso e possibili liti con la compagna di
squadra.
“Fermo
lì” – è Selene a bloccarlo,
facendogli
notare un dettaglio di cui si è accorta.
“Ti
sei reso conto che Agata ha portato con sé
Emilio e non te?”
“Si,
e allora?”
“E
allora? Ho visto come lui la guarda, come
arrossisce e non ho dubbi Bogotá!”
“Senti
Tokyo, piantala con questi giri di
parole. Se devi dire qualcosa, dillo, o me ne torno in salone”
“Svegliati
o rischierai di perderla per
sempre!”
Quell’affermazione
colpisce diretto il cuore
dell’uomo che, inarcando il sopracciglio, perplesso, ascolta
le parole
conclusive.
“A
me è sembrato che Yerevan la guardasse come
la guardavi tu dodici anni fa… spero di sbagliarmi,
però, se così fosse, e
soprattutto, se lei alla fine cedesse… avresti dei seri
problemi”
Con
quella confidenza, la Oliveira lascia da
solo l’amico, perché chiamata da Rio. Non immagina
minimamente quale dilemma ha
appena scatenato nella mente di Bogotá.
“Dove
vai adesso?” – Sergio richiama all’ordine
il saldatore, guardandolo apprestarsi ad abbandonare la villa.
“Cavolo,
ma sono tutti impazziti!” – esclama,
in panico, Marquina, seguendolo per riportarlo sulla diretta via.
“Penso
sia colpa mia!” – sussurra Tokyo a Rio
– “Ho agito, come al solito,
istintivamente” Probabilmente rivelargli i suoi
sospetti è stata la cosa peggiore che potesse mai fare.