Anime & Manga > D'Artagnan
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Autore: zorrorosso    29/05/2021    1 recensioni
la mia rivisitazione personale delle avventure di D’Artagnan in capitoli liberamente ispirati alle avventure dell’anime e alle novelle (e un po’ di tutto).
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aramis, Athos, Duca di Buckingam, Porthos
Note: Missing Moments, Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Mostri (redraft)

_________________________________________

Prologo

 

Venezia

 

“Narra la leggenda di tre menti ingegnose, di due cuori innamorati, una casa e una tempesta. 

 

Non di una casa qualunque, ma di un palazzo, con torri e gradinate. E la tempesta, non è una tempesta con pioggia e vento: é un cielo dipinto sullo sfondo di un corpo nudo di donna.

Gli occhi bruni sono sempre fissi su quelli di chi li osserva. Al suo fianco, di guardia, un soldato.

 

È un ritratto senza nome, il ritratto della donna contesa tra due uomini incendiati di passione. L'altro, consumato dalle fiamme dell'amore, perí. La sua anima per sempre rinchiusa tra le mura di quella casa che tanti artisti e geni del suo tempo ospitó. 

 

Tra questi, lo spettro di un uomo che un tempo perse l’amore proprio tra quelle mura. 

 

L'anima di un uomo in pena che, privandosi della vita, non poté mai raggiungere i cieli.” 

 

La voce di lei era quasi un sussurro.

 

Era notte, lei lo guardò con occhi verdi e lucenti, labbra rosee e sensuali. Fuochi d’artificio brillavano all’orizzonte dell’acqua del canale. La torretta del palazzo appariva ormai lontana, proprio come un sogno, un ricordo lontano, una bella storia da raccontare. 

 

Una luce bianca apparve e tra le colonne leggere, la gabbia per grilli che avevano cercato per tutto quel tempo e che ora stavano abbandonando. Forse il fantasma del 

Morto da Feltre o il riflesso del fuoco sull’acqua.

 

La gondola oscillò ai remi del gondoliere, distratto dal baccano che proveniva proprio dall’edificio e i due caddero allegri uno nelle braccia dell’altra. 

 

Sarebbe presto arrivata l’alba e avrebbero dovuto fare ritorno.

 

“Non state sicuramente parlando di noi!”- sorrise l’uomo, stringendola a se.

 

Lei accennò un sorriso e lo baciò all'ombra di un bel ventaglio.

 

Era estate. 

 

Allora, era felice.

 

***

 

La cattedrale era quasi del tutto buia, talmente grande da poter sentire una lieve brezza quando i portoni venivano aperti. Di giorno i ceri venivano spenti, ma in quella mattina buia, priva di un sole nascente il cielo rimase coperto dalle tristi nuvole. 

 

Solo qualche raggio di luce grigia traspariva dalle feritoie strette ed allungate. 

 

Alcuni passi riecheggiarono dalle navate più in ombra, verso il sacerdote immerso nelle sue letture. L'uomo alzò lo sguardo verso l’ombra, fece il segno della croce, cominciando a pregare.

 

«Deus meus,

ex toto corde poenitet me omnium meorum peccatorum, eaque detestor,

quia peccando, non solum poenas a Te iuste statutas promeritus sum,

sed praesertim quia offendi Te,

summum bonum, ac dignum qui super omnia diligaris.

Ideo firmiter propono, adiuvante gratia Tua,

de cetero me non peccaturum peccandique occasiones proximas fugiturum.

Amen.»


“Amen?”- chiese il sacerdote a quelle parole, che sembravano essere pronunciate da una donna.

 

“Amen” - rispose la voce nell’ombra. 

 

Questa volta, invece, la voce sembrò quella di un uomo.

 

Il sole sorgerà un altro giorno, il sole tramonterà un altro giorno, la vita proseguirà senza che questo segreto venga mai svelato...



 

Capitolo 1

 

Noli obsecro istum disturbare!

 

 

La taverna riluceva di raggi offuscati: quell’estate non era delle più calde, ma il fuoco acceso nelle cucine e gli ampi candelabri, riscaldava l’aria rada, tanto da far bruciare gli occhi, affannare leggermente il respiro ed asciugare le bocche, dissetate con grossi calici e rinfrescate dall’acqua di un pozzo.

 

Alcuni musicisti aprirono le danze e molti degli astanti cominciarono pigramente a ballare.

 

D’Artagnan alzò un’altra volta la sua coppa in onore dei compagni e delle loro rare imprese, un guizzo di luce brillò negli occhi pieni di entusiasmo giovanile, questa volta cominciando ad argomentare:

 

“Avete sentito le voci che girano a Corte? Sua Maestà vorrebbe organizzare una grande festa in onore dei moschettieri!”. 

 

Gli altri si interruppero sorpresi: l’ordine dei moschettieri era stato disciolto un paio d’anni prima e i tre combattenti allora vivevano nell’imprevedibile oscurità di quell’area di Corte dove i nobili usavano arrivare e partire. Non ufficialmente spie o mercenari, messaggeri di altri nobili, nella speranza di non essere chiamati al fronte e vivere di favore in favore. 

 

Qualche mese prima erano stati raggiunti e avevano fatto conoscenza del ragazzo, che coltivava ancora il sogno di diventare un moschettiere, ma aveva lentamente scoperto che le schiere di Richelieu non erano ciò che lui pensava.

 

I tre uomini si voltarono verso di lui come se avesse detto una nuova mai udita prima di quel momento.   

 

“State scherzando? E perché mai?”- si sorprese Porthos.

 

“Da quel che sembra, è nelle sue intenzioni ricostituire un nuovo ordine, seppur modesto, di guardie reali: non sembra affatto contento della condotta attuale delle guardie cardinalizie...”- cercò di spiegare D’Artagnan.

 

“Non è solo il Re a decidere le sorti della Francia, D’Artagnan! Sicuramente ci saranno ragioni che continuiamo ad ignorare...”- lo ammonì severo Aramis.

 

“Allo stesso tempo il Cardinale sta contando i giorni che lo separano dallo spedirci al fronte! Potrebbe essere tutta una trappola che lui stesso sta cercando di tramare”– constatò Athos sorseggiando un altro bicchiere di vino.

 

“In quale fronte vorreste combattere? Asburgo o La Rochelle?”- chiese Porthos.

 

“Asburgo! Che possa almeno decidere se scappare o morire...”- esclamò Aramis.

 

“La Rochelle! Che possa almeno decidere se morire o scappare...”- rise Porthos.

 

“Però prima che sorga l’alba di quel giorno, voglio aver svuotato le botti e le cucine di questa taverna! Ed amato almeno cento donne!”- continuò lui.

 

“Amico mio di tante battaglie! Lasciate che vi aiuti nel vostro intento!”- sorrise Athos riempiendo nuovamente i bicchieri dei suoi commensali.

 

D’Artagnan notò il terzo combattente in silenzio guardare il suo boccale con sospetto ed evitando, così sapientemente, i rimandi dei suoi amici.

 

“Non ci seguireste alla Rochelle, Aramis?”- chiese Porthos.

 

“Piuttosto la morte”- rispose lui.

 

“D’Artagnan! Adesso vi siete fatto un nome a Corte! È una fortuna per voi essere tra le amicizie reali. Tutto questo potrebbe un giorno tornarvi davvero utile!”- continuò.

 

“Il giorno in cui Sua Maestà vi chiamerà a corte chiedendo chi di noi verrà spedito contro gli Asburgo o alla Rochelle, mi auguro che vi ricorderete di noi: di me e dei miei sontuosi aiuti, di Athos, della sua arguzia, degli insegnamenti che vi ha offerto... Non di Aramis! Lui potrebbe sempre fingersi un prete e sopravvivere comodamente!”- ribadì Porthos.

 

“Credete davvero che sia mia abitudine sfruttare la fede per i miei comodi? Come vi permettete di insinuare una cosa del genere! Non sono mica come voi!”- esclamò immediatamente Aramis, battendo la mano sul tavolo.

 

"È la verità! È con le vostre scuse che vi insinuate ovunque!”- ribadì Porthos alzando il tono della voce ed avvicinandosi aggressivamente all’altro moschettiere, affatto intimorito.

 

"Se mai i vostri sospetti si dimostrassero fondati, non mi dimenticherò di voi!”- li interruppe D’Artagnan.

 

"Se di danze si tratta, dovreste praticare di più i vostri passi, Porthos!”- incalzó nuovamente Aramis.

 

“Badate alle vostre, di gambe!”- ribatté nuovamente lui prendendo il braccio della donna che stava servendo le vivande e convincendola ad una veloce giravolta.

 

“Sta a voi, D’Artagnan, giudicare con quali modi conquistare le vostre dame. Se i vostri interessi sono ancora per quella dama di Corte, Constance, vi consiglio, tuttavia, un approccio diverso dalle cortesie del nostro amico!”- suggerì Athos, indebolito sia dall’aria chiusa che dalla bevanda.  

 

“Aramis! Aiutatemi voi qui, dimostrate al nostro D’Artagnan come aprire le danze con una dama di corte!”- il moschettiere più magro del suo compagno, ma all’incirca della stessa altezza si guardò attorno.  

"Non vedo dame di corte con le quali aprire sontuose danze, amico mio!”- rispose.

 

“Non siate puntiglioso: ci sarà una donna in tutta la locanda che attira le vostre attenzioni?!”- chiese nuovamente Athos, puntando i suoi occhi di un blu profondo su di una dama dai folti riccioli biondi, accompagnata però da un altro cavaliere.

 

“Va bene, seguite allora attentamente”– pronunciò nuovamente Athos dopo essersi guardato attorno un’ultima volta.  

 

L’uomo prese in mano un piatto, lo pulì con la manica della giacca ed incominciò a volteggiarlo come fosse un ventaglio:  

“Vedete, una vera dama non vi inviterà mai a danzare con lei, ma si farà notare!”- disse guardando Aramis e sbattendo vistosamente le ciglia, lui incrociò i suoi sguardi con imbarazzo.

 

 “Athos, avete bevuto un po' troppo stasera, forse è arrivato il momento di rincasare”- continuó distratto.

 

“Voi non siete come me, sapete come ammaliare una donna! Mostrate a D’Artagnan come avvicinarvi!”- continuò Athos  muovendo le spalle ed allungando la mano libera.

 

Aramis trasse un lungo sospiro rassegnato, indossò il suo cappello e si allontanò dal tavolo di qualche passo, si tolse di nuovo il cappello per ritornare inchinato ai piedi nell’amico e prendergli la mano.

 

“Mi concede questo ballo, damigella?!”- disse incrociando velocemente i suoi occhi, d'un azzurro chiaro, verso quelli più intensi dell’amico. Athos sorrise divertito, si alzó facendo finta di scostare delle ampie gonne, pronto per aprire le danze.

 

I due cominciarono a ballare assieme, tra le risate degli altri due commilitoni ed una grazia dubbia.

 

“Siete rosso in viso, siete per caso affannato?”- chiese Aramis rallentando il passo di danza.

 

“Sarà il vino...”

 

“Non dovreste essere la mia dama, Athos, dovreste trovarne una tutta vostra... E lasciare che io trovi la mia per stanotte!”

 

“Ah! Aramis... Una donna diversa ogni sera e mai un rimorso la mattina dopo! Alle volte vi invidio!”

 

“In un certo senso, la vostra devozione fu ammirabile, Athos. L’amore è un sentimento nobile che va rispettato nella gioia e nel dolore. Non dovreste invidiarmi, sono io che dovrei invidiare voi!”- commentó il giovane.

 

Gli occhi del moschettiere esile si inumidirono leggermente, senza che l’altro lo notasse, però senza lasciare la presa della danza. La mano che poggiava sulla sua spalla si contrasse leggermente, Athos potè percepire la sua stretta, che interpretò come una distrazione o mancanza di equilibrio.

 

“Mi dispiace Aramis, in questo periodo sono stato miserabile e patetico...”- mormorò lui fermandosi.

 

“Sarà l’estate...”- sussurrò l’altro di risposta.

 

Il giovane fermò le danze, lo strinse più forte.

 

“Come tutti quelli che hanno visto il loro amore svanire, anche voi siete stato miserabile e patetico, Athos. Porthos ve lo confermerà. Ma a che servono gli amici, se no?”- Aramis interruppe le sue parole, la sua stretta sulle spalle dell’uomo non si allentò. 

 

Di poco più basso di lui, il giovane alzò le punte dei piedi, i loro sguardi si incrociarono ancora, i loro respiri più irregolari, in quella strana vicinanza. 

 

“Badate bene: avete dato la vostra parola!”

 

Athos, affatto intimorito da quella stretta, lo strinse con la stessa forza verso di lui ed annuì.

 

A quel cenno, il volto serio del giovane si distese, tranquillizzato da quella risposta, Aramis si allontanò, gli fece fare un’ultima giravolta e, sorridendo, lo lasciò andare con una spinta.

 

***

 

Bastò poco.

 

Un acquazzone estivo. Una fontana.

 

Quando ricadde in avanti, nell’acqua, non ebbe altra scelta che rimanere lì, immobile, senza respiro.

 

Non potevano vederla in quello stato.

 

Di sicuro non gridò eureka

 

Quella non era una scoperta, certo come l’oro che da quel tuffo non ne avrebbe mai ricavato un teorema, ma una constatazione, affatto interessante, di una realtà che quasi nessuno sapeva e lei non voleva cambiare. 

 

Eppure, da quando si era arruolata nei moschettieri, da quando si era dimessa, da quando viveva a Parigi sotto falso nome, qualche cosa, in lei, era cambiato. 

 

Divina provvidenza

 

Dapprima le rondini cominciarono a volare basso, poi il cielo d’improvviso grigio e pesante, l’aria faticava ad entrare nei polmoni, i primi tuoni, qualche lampo ed infine una lunga serie di fitte gocce pesanti che si infrangevano a terra a tutta velocità creando immediatamente grandi pozzanghere. 

 

Anche la Regina Madre lo sapeva. E, con lei, chi altro? 

Forse avrebbe dovuto prendere del tempo, come le nuvole, lasciare i pensieri fare il loro corso, battere la loro pioggia, per ritornare ad essere poi il cielo terso prima del temporale, essere chiunque fosse stata prima, la persona pratica, conseguente e razionale che fu prima di quella caduta.

 

Constance si affrettava ad aiutare la Regina Anna verso la carrozza reale quando, dall’alto di un cornicione, qualche cosa si tuffò in una fontana non molto distante. Subito rinvenne una figura coperta da cappuccio e mantello, completamente fradicia.

 

"Nom de Dieu!"- gridó, tremante.

 

"Non scappate così! Non ho ancora finito con voi!"- esclamó qualcun altro di risposta, la sua voce profonda riecheggió per la contrada.

 

La figura, si guardó goffamente indietro e, uscendo il più velocemente possibile dall’acqua, cominció a correre verso la carrozza inseguito da altri tre personaggi. 

 

Le due donne erano già entrate e pronte a dare ordine di partire quando, osservando la scena, riconobbero facilmente le figure di Athos, Porthos e D’Artagnan ridacchiare ed avvicinarsi. 

 

I tre si inchinarono velocemente di fronte alla carrozza in simbolo di reverenza, ma altrettanto di corsa si rialzarono e cercarono con lo sguardo quella figura che adesso sembrava essersi dileguata nel nulla.

 

“Cosa vi spinge con tanta fretta a catturare quell’uomo? É forse un criminale? Ha una taglia sulla sua testa?”-  chiese la Regina suggerita dalla curiosità di Constance.

 

“No, Vostra Maestà. Si tratta semplicemente di Aramis! Ci stavamo allenando ed é caduto in acqua...”- si giustificó velocemente Porthos.

 

“Se con l’allenarvi, intendete dire pagare il conto all’oste...”- suggerí Athos.

 

"Non preoccupatevi! Questa volta offro io! I suoi conti con me li sta già ben pagando... E profumatamente"- rise Porthos ricordando un lontano episodio dei tempi passati.

 

“Non credevo che anche dei validi moschettieri come voi avrebbero avuto bisogno di allenamento... Anche sotto questa pioggia battente!”- si stupí la Regina sorridendo.

 

“Essere pronti in un momento come questo è un dovere! Mai essere colti impreparati!”-  rispose Athos con un ritrovato spirito combattivo e una punta d’ironia.

 

“Ne terró conto”- la Regina annuí e sorrise, facendo cenno al cocchiere.

 

La carrozza lasció i tre e partí velocemente verso il palazzo del Louvre, fu solo una volta uscite, mentre stavano scendendo aiutate da un paggio, che le due donne videro quello spettacolo a prima vista particolare: al posto del precedente, cocchiere, vi era quello che sembrava un uomo ricoperto da un mantello ed un cappuccio nero, completamente fradicio. 

 

Constance si spaventò e provò a gridare, ma l’essere riuscí ad interromperla prima che l’attenzione fosse portata su di loro. 

 

“Constance!”- disse il giovane con una chiara voce mascolina che lei riconobbe facilmente. 

 

Poi, come una sorta di magia, lo ripeté una seconda volta.

 

“Constance!”- e questa volta suonava chiaramente femminile, lasciando le due donne a bocca aperta.

 

“Aramis?!”- chiese la ragazza in modo incerto.

 

“Si, sono io”- rispose Aramis inchinandosi alle due donne.

 

Nuovamente con la voce che suonó a loro più familiare, continuó:

 

“Come moschettiere che fui e servo reale, chiedo l’aiuto di Sua Maestà, consiglio e protezione”- la sovrana si voltò verso Constance e di nuovo verso Aramis.

 

“Devo rendere a voi moschettieri un favore, chiedete e vi sarà dato”- rispose.

 

“Grazie a voi la reputazione della Regina è salva, di conseguenza la mia, lo stesso vale per me!”- aggiunse Constance.

 

Le due donne allontanarono la servitù e mantennero stretto riserbo sulla sua identità: lo accompagnarono velocemente in un salone privato, lontano da occhi indiscreti.

 

Aramis si tolse il mantello, i pesanti vestiti di lana e le camicie di lino, anch’essi intrisi, grondavano d'acqua. Si tolse il cappello, la piuma un tempo morbida e leggera all'aria del vento, ora appariva sottile e pesante.

 

Sotto il copricapo, nascondeva dei lunghissimi capelli biondi e presto si asciugó il volto, sotto lo stupore e la meraviglia delle due donne: quello che avevano da sempre creduto un moschettiere, un combattente, un nobile Cavaliere era in realtà una donna.

 

Per quanto alcuni tratti del volto potessero risultare più mascolini, altri erano definitivamente femminili, ma senza mai essere accentuati dal belletto o dal rouge. Come la voce riusciva a camuffare perfettamente il genere o la sua altezza avesse potuto mettere un osservatore in dubbio, una volta tolte le vesti, ciò che rimaneva mostrava forme chiaramente distinguibili.

 

“Beh Aramis, per lo meno non vi manca la salute!”-  disse la Regina con aria distaccata.

 

“Il vostro travestimento è impeccabile! Se non foste caduta in quella fontana, poco fa, probabilmente nessuno lo avrebbe mai scoperto!”

 

“Cosa vi ha spinto a mascherarvi da uomo per tutto questo tempo?”- chiese Constance.

 

“Vendetta. Giustizia.”- disse la giovane con un tono secco e senza trapelare sentimenti.

 

Tuttavia, nell’aria di Corte, la Regina era sempre stata considerata come uno strumento: da principio, avrebbe dovuto portare pace e giustizia nel regno, avrebbe dovuto portare con se un erede al trono. 

Mentre la pace della sua unione veniva a meno, tutto ciò a lei richiesto ancora mancava e questo non faceva che creare impazienza e abusi nei suoi confronti. Così, trattata come uno strumento, aveva imparato a trattare chiunque allo stesso modo. 

 

Le parole di Aramis non passarono indifferenti alle orecchie della Regina Anna, abituate alla cattiveria e ai sotterfugi degli altri ministri. Lei accettò l’offerta di Aramis ad occhi stretti e sguardo dubbio, in un senso di compassione per quella vendetta non ancora spiegata. 

Mentre cercò di capire il significato dietro alle parole della combattente, la sua educazione le aveva però insegnato a trattare i suoi sudditi come tali. 

 

Oggetti, strumenti: aveva imparato a trattare le persone attorno a lei allo stesso modo in cui la Corte continuava a trattarla.

 

Una mano lava l’altra: così pensò al modo in cui quella dama e cavaliere, in qualche modo le sarebbe tornata utile.

 

Incrociò le braccia e la sua espressione cambiò, si voltò verso Constance e le chiese di lasciare le due donne sole.

 
  
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