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Autore: Justice Gundam    02/06/2021    2 recensioni
Lemina Verusia, una giovanissima nobildonna costretta all'esilio, e il suo fidato amico Slayde, un servitore mezzelfo vittima di soprusi e discriminazione. Due persone che, nella loro ricerca di un luogo a cui appartenere e di una causa a cui dedicare le loro vite, entreranno nel culto di Tiamat, la Regina dei Draghi, diventando dei soldati pronti a diffondere il suo culto anche con la forza. La loro via per l'inferno è lastricata di buone intenzioni...
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Pathfinder: I Figli della Regina dei Draghi

Una fanfiction di Pathfinder scritta da: Justice Gundam

 

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Capitolo 6 - Durante gli addestramenti

 

Nel complesso della Fortezza del Voto del Drago, in una grande biblioteca al piano terra di una delle sue costruzioni.

In quel momento, il posto non era più tanto frequentato. La maggior parte degli iniziati si stava ritirando per il rancio serale, e tra i banchi della libreria regnava un silenzio quasi perfetto. Le uniche fonti di suono erano gli inservienti che si aggiravano con calma da un tavolo all'altro, in modo da togliere quel po' di polvere che era rimasta o rimettere a posto alcuni volumi che gli iniziati un po' meno attenti avevano lasciato in giro. Come ogni cosa nell'organizzazione, tutto era adeguatamente scandito, come un meccanismo finemente oliato che operava al massimo dell'efficienza.

Tuttavia, alcuni iniziati, in particolare quelli che avevano la possibilità di usufruire di più tempo libero, si erano trattenuti più a lungo. Seduto ad uno dei tavoli più piccoli, con soltanto una candela accesa poggiata davanti a lui a fargli da luce, il dragonide Ghedrin stava continuando la sua lettura - un trattato che stuzzicava il suo interesse per la storia passata e le antiche leggende di Nexos. Il pesante volume dalle pagine ingiallite era aperto davanti a lui, e Ghedrin si stava prendendo il suo tempo per comprendere quante più informazioni possibili e integrarle con le sue conoscenze precedenti.

 

Per Ghedrin, non era soltanto una questione di sapere quanto più possibile per mettere poi in pratica la sua conoscenza, o usarla per scopi personali. Sì, era convinto che non ci fosse conoscenza che non fosse anche potere, e che tutto quello che avesse imparato qui, nel suo periodo di apprendistato, gli sarebbe poi tornato utile in futuro, quando fosse diventato un vero agente della regina Tiamat. Ma per Ghedrin, la conoscenza non era soltanto un mezzo. La conoscenza era un fine di e per sè stessa. C'era qualcosa che lo attraeva, nell'idea di sapere come andava il mondo attorno a lui, come si fosse formato, cosa avessero comportato gli eventi del passato... e magari, chissà, anche ipotizzare come sarebbero le cose adesso, se non fossero accaduti certi fatti, o se si fossero svolti in un altro modo.

 

Molti dei suoi compagni probabilmente lo consideravano pazzo. O addirittura un abominio. Nella società dei dragonidi, l'onore e la venerazione di Bahamut erano tra gli elementi più importanti. Nessun dragonide sano di mente avrebbe osato denigrare i valori di coraggio, onestà e fedeltà assoluta che ognuno di loro cominciava ad imparare dal momento in cui il suo uovo si schiudeva. Per i dragonidi, l'onore era tutto... ma per Ghedrin, era un inutile orpello che impediva alla sua gente di realizzarsi appieno. Restavano lì come tanti fossili, aggrappati a quei concetti ridicoli che non avevano alcuna applicazione alla vita reale, ad accettare supinamente il verbo di Bahamut.

 

Ma per Ghedrin, le cose stavano diversamente. Quando gli anziani e i veterani facevano i loro sermoni sull'importanza degli ideali di Bahamut, tutto quello che gli veniva da pensare era che gli insegnamenti di Tiamat fossero più sensati. Quando leggeva degli antichi miti in cui si raccontava di come Bahamut e Tiamat avessero combattuto contro i Primordiali all'alba dei tempi... si chiedeva come mai Bahamut non avesse compreso quello che Tiamat desiderava.

Ghedrin amava considerarsi una persona razionale, e soprattutto, uno che restava ancorato alla realtà, senza perdersi in inutili considerazioni su ideali astratti. Se i suoi compagni lo consideravano un folle o un sacrilego per queste sue convinzioni... beh, lui lo avrebbe preso come un complimento. Non aveva nessuna intenzione di negare quello che lui era in realtà.

 

Ghedrin voltò lentamente pagina, e il suo sguardo acuto si posò sulla rappresentazione che troneggiava sul retro della facciata che aveva appena letto. Una battaglia di cui aveva sentito parlare molte volte nei racconti dei veterani - due enormi draghi stavano combattendo fieramente contro una figura imponente e dall'aspetto mostruoso, che sembrava occultare il sole e far stendere una cappa di oscurità sulla pianura devastata che si estendeva sotto di loro. Tra le mani, la creatura più grande teneva un gigantesco maglio di pietra, abbastanza grande da dare l'impressione di poter stritolare la testa ai due draghi senza alcuna difficoltà.

 

Dei due draghi, il primo era agile e scattante, con grandi ali membranose e il corpo ricoperto di squame argentate che sembravano brillare di luce propria. Mentre l'altro aveva un aspetto più inquietante ed imperioso, con le sue cinque teste - ognuna ricoperta da squame di colore diverso - che si dipartivano dal collo.

 

"La Guerra dell'Alba..." grugnì il dragonide, le cui squame brune sembrarono per un attimo assorbire la luce delle candele davanti a lui. "Lo scontro tra gli dei e i Primordiali, per determinare chi dei due avrebbe plasmato questo mondo. Pensare che sono stati proprio Bahamut e Tiamat a dare la svolta decisiva... un momento, e questo che cos'è?"

Il suo sguardo acuto fu attratto da un'intestazione in fondo alla pagina, che Ghedrin lesse avidamente. "Hmm... sì, questo l'avevo già sentito da qualche parte... dicono che in realtà non ci furono veri e propri vincitori nella Guerra dell'Alba, e che gli dei e i Primordiali siano stati costretti alla resa da una terza fazione... ma questa non è una cosa che viene menzionata tanto spesso nei libri di storia. Come se gli dei cercassero di mettere in ombra i meriti degli Spiriti Primevi... heh, non posso dire che non comprenda le loro motivazioni. Non vogliono che si sappia che non hanno riportato una vittoria schiacciante, sminuirebbe i loro meriti."

 

Il dragonide continuò a leggere, sperando di trovare qualche menzione in più. Come immaginava, il volume faceva qualche menzione degli Spiriti Primevi... sicuramente ne parlava più di quanto non avessero fatto tutti i tomi che aveva letto sotto la tutela dei suoi superiori.

"Chiedo scusa. Voi siete uno degli iniziati, immagino." la voce di una delle inservienti distrasse Ghedrin dalla sua lettura, e il dragonide alzò lo sguardo per rivolgerla la sua attenzione. Non poteva nascondere di essere un po' infastidito per il fatto di essere stato interrotto, ma non lo diede a vedere e rimase ad ascoltare la giovane donna che si inchinava e faceva menzione dell'ora tarda. "Chiedo scusa, non volevo disturbare la sua lettura. Vedo che... l'argomento che lei ha scelto la affascina molto. Ma... temo che adesso la biblioteca chiuda agli iniziati."

 

"Hm? Aspetti un momento..." affermò il dragonide, per poi gettare un'occhiata alla pagina dopo. "Oh... sì... sì, chiedo scusa. Mi sono attardato un po' troppo, e questo argomento era davvero interessante, signorina. Non ha mai sentito parlare della Guerra dell'Alba, vero?"

L'inserviente, una ragazza abbastanza giovane, sulla ventina d'anni, con un viso pulito, un paio di occhiali e una tunica verdina che arrivava fino alle caviglie, fece un gesto di imbarazzo scuotendo la testa. "Temo... di non intendermi molto di quello di cui sta parlando, signore. Io... sono solo un'inserviente. Il mio lavoro è di tenere in ordine quanto più possibile questa biblioteca, ed è un lavoro che... per quanto non sia esattamente il più eclatante o il più prestigioso che ci possa essere... cerco di svolgere al meglio delle mie capacità."

"Certo, certo... è così che dev'essere, in fondo. Ognuno con le sue mansioni, e ognuno le svolge al meglio, secondo i suoi ordini." rispose Ghedrin grattandosi il mento. "Gli insegnamenti della regina Tiamat parlano chiaro. Il cosiddetto diritto alla libertà è diventato un alibi universale, e i bambini che crescono con questo insegnamento diventeranno soltanto degli egoisti, incapaci di vedere oltre il proprio gretto interesse."

 

Con un sorriso arguto, Ghedrin guardò nuovamente l'inserviente negli occhi, e la giovane donna indietreggiò imbarazzata. "Ehm... temo... di non sapere esattamente cosa risponderle, signore. Io... non credo di poter dare un'opinione competente su una questione così importante." rispose, cercando di non esporsi. Era un argomento sul quale sentiva di non avere l'esperienza e la cultura necessarie a dare a Ghedrin una risposta soddisfacente. "Quello che posso dirle è che... sono contenta che la regina Tiamat provveda per tutti noi e ci aiuti a comprendere il nostro percorso... e realizzare il nostro vero potenziale."

Parte di quella risposta era in effetti una tiritera imparata a memoria per accontentare i seguacci più istruiti o più zelanti, e Ghedrin se ne rese conto quasi subito. Tuttavia, non se la sentiva di sminuire la ragazza. Dopotutto, non era colpa sua se non aveva ancora avuto la possibilità di erudirsi su questi argomenti. Una volta che Tiamat avesse diffuso il suo credo ovunque, anche persone di umili natali come lei avrebbero avuto la possibilità di comprendere tutti i misteri e la filosofia della regina Tiamat.

 

"Vedo che hai compreso la volontà della grande Tiamat. Ma non voglio farti perdere troppo tempo." concluse Ghedrin con un sorriso rassicurante. "Quindi... ti lascio al tuo lavoro. Buona continuazione... e buona fortuna!"

"Grazie, signore." disse la ragazza, e ricambiò il sorriso mentre riceveva il volume e lo rimetteva al suo posto. Ghedrin fece un cenno con la testa e si allontanò lentamente dalla biblioteca, pensando distrattamente a quali altri segreti potesse celare l'antica Guerra dell'Alba... e a come sarebbe stato il rancio serale.

 

Anche un filosofo, in fondo, aveva bisogno di nutrire il corpo...

 

 

ooooooooooo

 

 

La tranquillità. L'idea di non doversi continuamente guardare le spalle. Di non avere sempre qualcuno alle spalle pronto a piantarti un paletto di legno nel cuore o di gettarti addosso dell'acqua santa nel tentativo di "esorcizzarti". Una sensazione poco familiare per lei, abituata com'era a vivere sulla strada e a guardarsi da pericoli di ogni tipo.

 

Per Cypro, questa sensazione era così inusuale che quasi la faceva sentire a disagio. Era qualcosa di assolutamente nuovo. Raramente aveva potuto godersi il privilegio di appoggiare la testa su un cuscino senza il timore che qualcuno le tagliasse la gola nel sonno.

 

Vivere per la strada non era mai stato sicuro per una bambina, e certo non per una bambina nata un mostro come lei.

Non era colpa sua se sua madre era morta dandola alla luce, e se suo padre - che lei non aveva mai visto nè conosciuto - era una sorta di predatore della notte che succhiava il sangue alle sue vittime. Non aveva chiesto lei di nascere in quel modo. Detto questo, la gente della sua cittadina si era convinta che lei fosse un abominio che non sarebbe mai dovuto nascere... e chi era lei, per discutere con loro, soprattutto quando erano armati di torce e forconi?

 

Si vede che per gente come lei, era questa la normalità.

 

Ma questo non voleva dire che Cypro si era rassegnata alla morte. Al contrario. Se il mondo aveva deciso che lei era un mostro, che non aveva il diritto di vivere... lei aveva deciso che sarebbe sopravvissuta, soltanto per disprezzo nei confronti delle cosiddette "persone per bene".

E giorno dopo giorno, lei era sopravvissuta. A costo di strisciare nelle vie più buie, di evitare la luce del sole che le irritava gli occhi e la pelle, di rubare quando poteva, di uccidere se necessario. Cypro era rimasta ostinatamente aggrappata a quella vita che tutti volevano negarle.

 

Poi, un giorno, tutto era cambiato.

 

Cypro aprì gli occhi e prese un bel respiro, poi guardò fuori dalla finestra della camera che solo da pochi giorni le era stata assegnata. Era stato un caso fortuito, quello che le aveva fatto incrociare la strada di alcuni uomini della Chiesa di Tiamat. Ed era stato uno dei più grandi colpi di fortuna della sua vita. Quando avevano visto quanto lei fosse abile a rubare, a combattere, a sfuggire alle trappole... le avevano fatto la proposta di unirsi a loro o essere consegnata alle autorità fedeli alla Chiesa di Bahamut.

La scelta era stata ovvia, e ora eccola lì, a far parte di qualcosa di più grande. A vivere per qualcosa di più che semplicemente trascinarsi giorno dopo giorno da un posto all'altro - quello non era vivere, era soltanto... non morire. Adesso lei aveva un altro scopo, e la possibilità di vivere meglio, con più soddisfazioni... e di prendersi una vera vendetta nei confronti di tutti coloro che l'avevano disprezzata e volevano negarle il diritto di essere...

 

Cypro si alzò dal suo letto con grazia felina, e si mise a posto la lunga treccia in cui erano legati i suoi lunghi capelli rossi. La giovane donna si avvicinò alla finestra, lo sguardo che puntava in lontananza, oltre le mura della Cittadella del Voto del Drago. I suoi occhi ambrati, abituati all'oscurità, riuscivano a vedere meglio di chiunque altro quel po' di attività che ancora si svolgeva nel complesso. Si trattava di servitori che si affaccendavano per mettere a posto un po' di strumenti, o di soldati che facevano la loro ronda notturna. La luce fioca di alcune lanterne era tutto ciò che rivelava la loro presenza... tranne che per Cypro, che meglio di chiunque altro era in grado di distinguere le loro figure e i loro movimenti.

 

Sicuramente un altro motivo per cui la Chiesa di Tiamat era stata così interessata a reclutarla, pensò la giovane donna, con un misto di rassegnazione ed orgoglio. A Tiamat non interessava il motivo per cui qualcuno combatteva, di che razza fosse, o quali fossero le sue inclinazioni. Tutto quello che interessava, era che fossero competenti e sapessero qual era il loro posto.

 

Cypro restò qualche minuto a guardare dalla finestra, cercando di pensare come sarebbe stata la sua vita da quel giorno in poi. Nonostante l'euforia e l'orgoglio di essere entrata a far parte di qualcosa di più che una semplice banda di strada, Cypro non era tipo da fidarsi completamente di nessuno, ed era consapevole che i suoi "benefattori" avrebbero preteso qualcosa in cambio da lei. Detto questo, la cosa non la spaventava minimamente.

 

"Saprò rendermi utile, in modo che non gli venga in mente di sostituirmi o ributtarmi sulla strada." riflettè tra sè Cypro, per poi distendersi sul suo letto, ancora vestita con i suoi abiti di tutti i giorni - una giacchetta di tessuto grigio scuro, con una mantellina gialla avvolta attorno alle spalle, e un paio di calzoni grigio-blu con stivali neri alti fino al ginocchio. Sul tavolo all'altro lato della stanza erano appoggiati alcuni pugnali, ben riposti nei loro foderi di cuoio, e alcuni strumenti da scasso, tutti ben curati e pronti all'uso. "E se poi, per qualche motivo, decidessero di tradirmi... beh, non sarebbero i primi a farlo. Riuscirò a cavarmela anche questa volta."

 

Detto questo, la giovane donna dalla carnagione pallida e dai capelli del colore del fuoco era sicura che non sarebbero arrivati a tanto. Non che sapesse molto della Chiesa di Tiamat... ma aveva sentito dire che a modo loro difendevano l'ordine e la pace. Cypro conosceva quel tipo di "clienti" - non erano certo degli stinchi di santi, ma pagavano bene e si prendevano cura dei loro seguaci, per motivi pragmatici se non altro. Se non altro, poteva contare su questo, anche se non avrebbe mai abbassato del tutto la guardia.

  

I pensieri di Cypro si rivolsero ad un'altra questione... era rimasta un po' sorpresa di scoprire che non sarebbe stata un'agente indipendente. Invece, si sarebbe trovata a far parte di un gruppo di agenti che sarebbero stati inviati in missioni importanti per conto della Chiesa. Da quanto aveva sentito, il reverendo Cadrak Dragonsworn aveva qualcosa di grosso in mente. Dei gruppi di agenti specializzati che si sarebbero occupati di importanti questioni.

 

Un'idea sicuramente interessante, ma Cypro non era del tutto convinta che le sarebbe piaciuta. Cypro non era mai stata tipo da fare gioco di squadra - non aveva abbastanza fiducia negli altri, ed era comunque abituata ad infiltrarsi nelle case e nei negozi da sola, attirando meno attenzione possibile. Essere in un gruppo voleva dire attirare più attenzione verso di lei... ma al tempo stesso, forse le avrebbe dato delle migliori possibilità di passare inosservata.

"Beh, potrei anche non fare del mio meglio, e magari non sarei scelta per far parte di uno di questi gruppi..." disse tra sè Cypro, ma scartò quell'idea quasi subito. Non era esattamente un'idealista, ma aveva un suo amor proprio, e non le piaceva l'idea di non impegnarsi al massimo ora che faceva parte della Chiesa di Tiamat. Era un questione di orgoglio personale. "Nah. Continuerò a fare come ho sempre fatto. E se verrò scelta per far parte di uno di questi gruppi... beh, sarà semplicemente un altro cambiamento a cui mi dovrò adattare. E poi... chissà, magari finirà anche per piacermi."

 

Le riflessioni di Cypro furono interrotte quando la giovane dhampir, inaspettatamente, spalancò la bocca ed emise un fragoroso sbadiglio. Spalancò gli occhi e chiuse di scatto la bocca, come meravigliata di sè stessa. Lei, Cypro, famosa per non essersi mai fatta cogliere di sorpresa, adesso si stava rilassando fino a questo punto? Era incredibile quanto più sicura e tranquilla si sentisse, e la cosa la rendeva al tempo stesso contenta e allarmata. Si impose di restare all'erta... soltanto perchè adesso le cose stavano girando per il verso giusto, non voleva dire che potesse addormentarsi. Anzi, doveva essere un motivo per aumentare la sua attenzione e impegnarsi ancora di più. Tutto quello che lei si era guadagnata lottando con le unghie e i denti... doveva restare suo!

 

"E va bene... aspettiamo di vedere cosa succederà... e nel frattempo, farò quello che faccio di solito. Solo, meglio del solito." decise infine Cypro. "Per adesso... tutto quello che voglio, è farmi una dormita. Domani devo essere ben riposata quando sarà il momento dell'addestramento..."

 

Dopo essersi alzata e sgranchita le spalle, Cypro cominciò a togliersi i vestiti e prepararsi per una lunga notte di riposo, come non ne aveva mai avute fino ad allora...

 

oooooooooo

 

Lemina fece un sospiro ansioso. Era una sua impressione, o l'aria nella stanza si era fatta più calda da quando il suo... compagno... si era accomodato a soltanto pochi passi da lei? Una cosa era certa, la sua presenza non la metteva per niente a suo agio. La sua statura ridotta non toglieva nulla al suo carisma e alla sua presenza minacciosa, che sembrava dominare la stanza senza che lui facesse alcun tentativo di imporsi.

 

Con un po' di riluttanza, la giovane ex-nobildonna controllò il piccone da guerra che teneva legato sulla schiena, passò una mano sul suo pettorale, e infine rivolse lo sguardo ancora una volta all'halfling ammantato che stava in piedi con nonchalance poco lontano da lei, la schiena appoggiata al muro.  Quel piccoletto non aveva davvero l'aspetto buffo e pacifico che normalmente verrebbe associato a quelli della sua razza - era magro e dai lineamenti affilati, il corpo avvolto da una tunica rossa orlata di giallo splendente, con delle ricamature gialle sulle maniche e sugli orli, con un cappuccio dello stesso colore che nascondeva in parte il suo volto. Aveva i capelli castani, e i suoi occhi emanavano una luce di intelligenza e feroce determinazione - un'espressione che era familiare a Lemina, visto che l'aveva riconosciuta tante volte sul volto di Slayde, ogni volta che tornava barcollante ed esausto dopo essere stato frustato per qualche mancanza reale o immaginaria.

 

Quell'halfling... non doveva avere avuto una vita facile, nemmeno lui.

 

Evidentemente, il minuto umanoide doveva essere a disagio quanto lei per quell'improvviso silenzio che era caduto sulla stanza. Con un sospiro, alzò lo sguardo verso la ragazza e la guardò negli occhi, pur restando voltato di tre quarti rispetto a lei - un modo per dire che non era lì per fare amicizia.

"C'è qualche problema, signorina?" chiese con voce calma. "Ho notato che mi sta osservando già da un po' di tempo."

 

Imbarazzata, Lemina si ritrasse di appena qualche centimetro, senza mai allentare l'attenzione. "Tutto... tutto a posto. Chiedo scusa se sono apparsa importuna." rispose rapidamente. "Mi stavo chiedendo... come mai ci abbiano convocato entrambi in questo momento. Non ricordo di averla conosciuta fino adesso."

Mentre parlava, Lemina continuava ad osservare l'halfling, notando quanti più particolari possibile. La veste rossa che indossava copriva quasi tutto il suo corpo, anche se Lemina riusciva comunque a vedere che non portava scarpe - un elemento in linea con la maggior parte degli halfling.

Detto questo, non aveva abbastanza elementi. Se quel piccoletto era lì, sicuramente doveva esserci un motivo più che valido. Ma quale potesse essere, Lemina non ne aveva la più pallida idea.

 

"Ho sentito parlare di lei." disse l'halfling, senza mai perdere il suo tono guardingo. "Lemina Verusia, immagino. Si è fatta una certa fama da queste parti... soprattutto per il fatto che ha avuto il coraggio di affrontare la famosa Dafne Lokin in un duello. Anche se si trattava di uno scontro d'allenamento."

 

Lemina non potè trattenere una breve risata a denti stretti. In effetti, non poteva dire di essere del tutto orgogliosa di come si era comportata in quell'occasione. Detto questo... a quanto pareva, non tutto il male era venuto per nuocere. Una piccola dose di popolarità in più non poteva certo farle male. "Diciamo che... me la sono cavata, in quell'occasione." rispose Lemina. "Ma... come ha detto, non ricordo di averla mai conosciuta."

"Giusto. Chiedo scusa per non essermi presentato." affermò l'halfling ammantato. Adesso aveva fatto un piccolo sorriso, che lo faceva apparire un attimo più avvicinabile. "Il mio nome è Anton Nunzio, e vengo da Tilea."

"Davvero, da Tilea? Parli bene la nostra lingua..." rispose Lemina, permettendosi di mostrare un pizzico di sorpresa. Di quel paese sì che aveva sentito parlare, e non certo in termini negativi. Da quello che aveva sentito, oppure letto nei suoi libri, Tilea era un luogo pittoresco e pieno di misteri... un paese che le sarebbe piaciuto un giorno visitare. Chissà, magari un giorno, dopo che lei avesse svolto il suo dovere nei confronti della regina Tiamat...

 

Anton alzò le spalle, e la sua espressione scostante e misteriosa tornò di colpo. "Diciamo che... quando sono emigrato qui ad Epiros, ho fatto in modo di studiare come si deve la lingua locale." affermò. Un modo di fare evasivo che poteva voler dire molte cose, notò Lemina. Ma questo non le dava esattamente una mano nel farsi un'idea della persona con cui aveva a che fare. Sicuramente, la sua impressione che fosse successo qualcosa di spiacevole nel suo passato, qualcosa di cui non voleva parlare, si era acuita... e Lemina non era così avventata da chiedere direttamente a lui.

 

Del resto, non era certo detto che avrebbero dovuto interagire ancora a lungo...

 

Un suono proveniente dalla porta più vicina a loro attirò l'attenzione di Lemina ed Anton - e da essa apparve una figura che entrambi avevano visto in precedenza. Zaltian, uno dei diretti collaboratori del Reverendo in persona, con la sua aria stranamente calma e serafica, e allo stesso tempo quello sguardo acuto che Lemina sentiva quasi penetrare nella sua mente per leggerne i segreti. Reprimendo un'espressione di timore nei confronti di un ufficiale così alto in grado (e per quale motivo, poi, uno del rango di Zaltian si prendeva la brigga di passare in rassegna due iniziati come loro?), Lemina si mise sull'attenti e si mise a posto i capelli con un rapido gesto del braccio, mentre Anton faceva la stessa cosa e cercava di appianare le pieghe della sua veste.

 

"Riposo, iniziati." disse Zaltian, tenendo gli occhi semichiusi, una mano alzata in un gesto pacificatore. Tuttavia, l'energia e l'autorità che stavano dietro quei gesti erano impossibili da ignorare, e trasparivano anche dal suo modo di fare apparentemente rassicurante. "Vi ringrazio per esservi presentati appena possibile. Immagino che vi chiediate il perchè di questo improvviso richiamo. Sarò lieto di chiarire ogni cosa. Il motivo è che voglio rendermi conto di persona delle vostre capacità magiche."

 

Lemina non fu in grado di nascondere una certa sorpresa. Capacità magiche? In quegli ultimi giorni, aveva fatto un po' di pratica sotto la guida attenta di alcuni sacerdoti di Tiamat - molti di loro avevano visto in lei il potenziale di utilizzare incantesimi divini oltre che attitudine per il combattimento, ed era anche riuscita a lanciare alcune magie basilari. Tuttavia, non si aspettava di avere già attirato l'attenzione di qualcuno così in alto nella gerarchia. Anton doveva pensarla allo stesso modo, visto che Lemina lo notò gesticolare nervosamente con le dita delle mani...

 

"Prego, signore." esordì educatamente Anton, sperando di non sembrare nè troppo baldanzoso, nè troppo servile. "Se si tratta di una prova, io posso dire di essere... relativamente preparato, almeno spero."            

 

Zaltian rassicurò immediatamente i due iniziati con un gesto della mano, e quella strana aura di calma inquietante che gli stava attorno non fece che aumentare di intensità. "Non si tratta di una valutazione. Chiedo solo di vedere cosa siete in grado di fare." affermò. "Nella nostra missione, affronterete senza dubbio vari tipi di minacce, sia magiche che mondane. E dovrete imparare ad affrontare entrambe. Come combatterle, quali sono i loro punti deboli, come prevedere le loro mosse e contrattaccare le loro strategie, se volete avere qualche possibilità di successo."

 

Si voltò verso Anton, che cercò di assumere una posizione ancora più eretta. "Il qui presente iniziato Anton Nunzio è uno stregone, già avviato nella difficile arte della magia arcana." affermò. L'halfling si mosse appena un po' per tenere a bada il suo nervosismo... ma prima che Zaltian potesse andare avanti, Lemina alzò una mano per fare una domanda.

"Chiedo scusa, signore... avrei una domanda da porle, una questione che non mi è mai stata molto chiara." chiese Lemina.

Zaltian non sembrò per nulla infastidito, e con un cenno della testa disse a Lemina di andare avanti. "Ecco... so che si tratta di una domanda sciocca, ma... che differenza c'è tra un mago e uno stregone?" chiese la ex-nobildonna.

 

Anton corrugò la fronte, ma l'espressione distaccata di Zaltian non cambiò di una virgola. "L'unica domanda sciocca è quella che non si fa quando si hanno dubbi, Lemina Verusia." affermò. "Detto questo... credo che il qui presente Anton potrà spiegarti in maniera concisa ed accurata in cosa consiste questa differenza."

"Certamente..." il misterioso halfling ebbe un piccolo scatto per la sorpresa, ma si ricompose immediatamente e si organizzò rapidamente il discorso. Non aveva certo voglia di sfigurare davanti al suo ufficiale... "La differenza è abbastanzaa semplice, in realtà. Un mago impara a lanciare incantesimi studiando i meccanismi della magia da libri, pergamene... in pratica, trattando la magia come una scienza che deve essere studiata e messa in pratica. Uno stregone, invece... beh, come posso dire... uno stregone lancia gli incantesimi in maniera totalmente istintiva, facendo semplicemente ricorso alla forza della sua personalità e al suo talento naturale. Io, giusto per fare un esempio, non so come funzionano gli incantesimi che lancio. Li uso e basta."

 

Lemina si sfregò il mento e annuì lentamente. "Capisco... quindi... questo vuol dire che uno stregone può lanciare più incantesimi, ma ha meno versatilità." affermò, comprendendo ora molto meglio come stessero le cose. Il cenno di assenso di Anton le confermò che, in effetti, aveva colto la distinzione. "Grazie per il chiarimento."

 

Zaltian riprese il discorso. "La signorina Lemina, d'altro canto... abbiamo sentito parlare, e con questo intendo me stesso, la mia collega e Sua Eminenza... del suo potenziale latente sia come incantatrica divina che come soldatessa." proseguì. "Un ottimo esempio di quello che potrebbe attendervi in futuro quando muoveremo battaglia ai nemici della nostra Chiesa. I sacerdoti di Bahamut si aspettano che i difensori della loro fede siano abili sia in combattimento che in questioni di magia divina, e questa combinazione di abilità si avvicina molto alla posizione per la quale l'iniziata Lemina ha la migliore attitudine."

 

Entrambi gli iniziati fecero dei movimenti con la testa per dire che era tutto chiaro. Zaltian si allontanò di alcuni passi, muovendosi con grazia quasi felina mentre osservava Lemina ed Anton come se volesse cercare di estrarre ogni loro segreto. In quel momento più che mai, Lemina ebbe la sgradevole sensazione che quell'uomo fosse qualcosa di più di quello che dava a vedere - c'era qualcosa di quasi soprannaturale nelle sue movenze e nel suo comportamento, anche se Lemina non era sicura di poter dire con esattezza che cosa fosse se qualcuno glielo avesse chiesto.

 

"Ora," continuò Zaltian, dopo una pausa probabilmente studiata per tenere sulle spine i suoi interlocutori. "vi chiedo di dare dimostrazione della vostra magia in uno scontro. Non vi preoccupate, non sarà uno scontro mortale. Non siamo così scriteriati da gettare al vento così dei potenziali agenti dotati della vostra abilità. Mi occuperò io stesso di curare entrambi voi alla fine dell'incontro. Prego, seguitemi... e poi procedete."

Senza neanche fermarsi a controllare che lo stessero seguendo, Zaltian tornò nella stanza da dove era venuto... e i due iniziati, ancora stupiti ed increduli, lo seguirono a breve distanza, come se fossero ipnotizzati dal suo carisma. Lemina deglutì, presa dal nervosismo... ma un istante dopo, si rimproverò per la sua esitazione. Si trattava di una prova alla quale i suoi superiori la stavano sottoponendo, assieme a quel suo confratello. E il suo dovere era fare del suo meglio.

 

La stanza in cui si trovavano adesso era un'ampia sala con il soffitto a forma di cupola, del tutto priva di arredamento a parte un paio di sedie e un tavolo posti ad un lato, e al cui centro si trovava una sorta di ring all'altezza di circa mezzo metro da terra. Ad un'occhiata distratta, Lemina stimò che misurasse circa quindici metri di lato. Non c'era bisogno di un genio per comprendere che era lì che lei ed Anton si sarebbero misurati, e senza porre ulteriori indugi, la giovane nobildonna salì sul quadrato e si voltò verso Anton, che ancora esitava.

"Beh? Cosa aspetta, signorino Anton?" chiese Lemina. "Ci hanno chiesto di dare una dimostrazione della nostra abilità."

 

"Precisamente. Più vi impegnerete, meglio saremo in grado di valutare le vostre prestazioni, e meglio sarà per la nostra organizzazione in generale." affermò Zaltian, in piedi a pochi metri dal ring con gli occhi semichiusi e le braccia abbandonate lungo i fianchi in un'espressione di apparente nonchalance. "Abbiamo in serbo qualche sorpresa per voi, quindi... fate del vostro meglio, e tutti ne godremo i benefici."

 

Anton sospirò e si massaggiò la fronte. Non poteva dire di essere convinto al cento per cento di quello che stava suggerendo Zaltian... ma visto che aveva accettato di sua spontanea volontà di unirsi alla chiesa di Tiamat, doveva anche seguirne le regole e obbedire ai suoi superiori. Così, dopo aver vinto la sua riluttanza, l'halfling stregone raggiunse il bordo del quadrato e si arrampicò su di esso, non senza un po' di difficoltà a causa della sua ridotta statura e mancanza di forza fisica. Si preparò e si mise in guardia, mentre le sue mani si illuminavano di una tenue aura azzurrina, segno che si apprestava a lanciare un incantesimo. Lemina prese un bel respiro ed estrasse l'arma che teneva assicurata sulla schiena - un piccone da guerra, come quello che aveva provato durante gli allenamenti. Certo non era un'arma molto comune, ma Lemina si trovava bene ad usarla, ed era una delle armifavorite dal clericato di Tiamat, in ogni caso.

 

"Iniziamo." disse Lemina. Si concentrò per un istante, e la sua arma venne avvolta da una luce dorata, ad indicare l'incantesimo di potenziamento che lei aveva rapidamente lanciato su di essa. Serrò gli occhi e si preparò alla battaglia... ma Anton si mosse prima di lei, e lanciò un incantesimo di attacco.

"Missile Magico!" esclamò l'halfling, la cui voce suonò per un attimo più profonda, come se stesse facendo l'eco. Tre dardi di energia argentata schizzarono via dall'indice puntato di Anton e sfrecciarono verso la sua avversaria, colpendola in pieno in punti non protetti dalla sua armatura. Lemina emise un breve grido di dolore e barcollò indietro, ma riuscì a tenersi in piedi e si preparò ad un contrattacco. Anton non perse tempo e lanciò un altro incantesimo, questa volta creando un campo di forza scintillante che assunse la forma di un pettorale sul proprio corpo.

"Armatura Magica!" Anton proclamò nuovamente il nome dell'incantesimo, poi cercò di tenersi lontano e di attaccare Lemina a distanza... ma quest'ultima non aveva nessuna intenzione di dargliela vinta tanto facilmente.

 

"Hmm... quell'incantesimo gli permette di proteggersi senza sacrificare nulla della sua velocità. Io invece devo arrangiarmi con questo pettorale fatto di autentico ferro..." disse tra sè, passando la mano libera sulla sua armatura. "Detto questo... un incantesimo Armatura Magica non è la stessa cosa di una corazza autentica. Non offre la stessa protezione. Devo cercare di avvicinarmi e poi..."

 

"Raggio di Gelo!" Anton proseguì il suo attacco, ma questa volta Lemina fu preparata. La giovane ex-nobildonna si gettò di lato quando Anton non era arrivato ancora alla fine del nome dell'incantesimo, e il raggio azzurrino che scaturì dal dito di Anton la mancò di qualche centimetro e si esaurì dietro di lei. Poi, con tutta l'agilità di cui era capace con l'armatura che indossava, Lemina si avvicinò ad Anton e sferrò un fendente con la sua arma. Il colpo non ferì l'halfling, ma riuscì ad agganciargli la caviglia sinistra... e con un rapido movimento del braccio, Lemina sbilanciò l'avversario, che cadde a terra goffamente.

 

"La magia non basta da sola. Bisogna saper sfruttare ogni elemento a proprio favore." disse Lemina con un sorrisetto. Anton si gettò di lato e riuscì ad evitare il colpo con cui la ragazza stava cercando di incalzarlo... Ma Lemina si era aspettata questa mossa, e proseguì con un'improvvisata...

 

"Scintilla!" esclamò Lemina, puntando l'indice e il medio della mano libera verso l'orlo della veste di Anton. Improvvisamente, un esile filo di fumo si levò dall'abito... e una fiammella si accese di colpo, minacciando di consumare il tessuto!

"Ah! Ma che diavolo..." esclamò Anton. Agendo rapidamente, l'halfling stregone si gettò a terra e rotolò brevemente per estinguere il fuoco. "CHe razza di trucco è mai questo?"

"Tutta questione di avere fantasia. Anche un incantesimo molto semplice può essere utile, se viene utilizzato con un minimo di ingegno." rispose rapidamente Lemina. "Forza, alzati. Non mi dirai che è tutto qui, quello che sai fare!"

"Certo che no! Scossa!"

 

L'halfling non si prese nemmeno la briga di alzarsi, e invece allungò una mano per toccare la gamba destra di Lemina. Una frazione di secondo dopo, rilasciò una piccola scarica elettrica, e la ragazza strinse i denti per l'improvviso dolore, sentendo l'arto che si intorpidiva.  

 

Ai lati del quadrato, Zaltian sorrise compiaciuto e si produsse in un breve applauso. Entrambi stavano facendo un ottimo lavoro e si stavano impegnando a fondo. Entrambi erano due emarginati, due reietti che avevano visto nella chiesa di Tiamat la loro migliore possibilità per una vita migliore. Entrambi mostravano coraggio e creatività... forse quello che mancava nella ragazza era un po' di iniziativa, ma per quello sarebbe stata solo questione di farle acquisire maggiore sicurezza.

 

Tutto stava procedendo con passo spedito. Piccoli passi, certo, ma non c'era da avere fretta... ogni cosa sarebbe andata al suo posto col tempo e l'ordine e la vera giustizia avrebbero man mano preso il sopravvento, per la gloria di Tiamat e della specie dei draghi...

 

 

oooooooooo

 

La mazza si abbattè sul manichino di allenamento con potenza inaudita, frantumando il legno nuovo come se fosse stato quello di un relitto, e lasciando ben pochi dubbi su cosa sarebbe successo ad ossa umane che fossero state colpite da una tale arma. Ciò che rimaneva del fantoccio ormai diroccato si afflosciò al suolo, e Brian tirò un sospiro soddisfatto. I suoi allenamenti stavano dando frutto.

 

"Niente male, Brian. Davvero niente male." affermò Dafne, mentre si ritirava di due passi da un altro manichino di paglia ormai privo di braccia e di testa. "Ma se posso darti la mia opinione, prendere a fendenti questi pupazzi non potrà aiutarci che fino ad un certo punto. Che ne dici se facciamo un allenamento un po' più serio, adesso?"

 

Brian si sgranchì i muscoli e ripose la sua mazza nel fodero, per poi agguantare una lunga spada da allenamento dalla lama smussata. "Sì, immagino che tu abbia ragione." affermò. "Prendi la tua arma quando vuoi. Io sono pronto."

"Un momento. Aggiungiamo qualcosa a questo allenamento speciale." rispose Dafne. Con un movimento lento e deliberato, infilò una mano in una fessura del suo pettorale e ne estrasse un fazzoletto di tela,che piegò accuratamente e si legò attorno agli occhi in modo che facesse da benda.

 

"Hm. Ho capito. Non è male come idea." disse Brian. "Basta che tu sappia cosa stai facendo."

"Solo uno sciocco assume che in ogni combattimento avrà il vantaggio della vista o di condizioni ottimali." continuò Dafne. Tutto quello che riusciva a vedere era un cupo susseguirsi di rosso e nero che occupava tutto il suo campo visivo, e la costringeva a tendere al massimo i suoi sensi per orientarsi. Vicino a lei, Brian seguì il suo esempio e si legò a sua volta un fazzoletto di tela attorno agli occhi, in modo da restare completamente cieco. "Molto bene, Brian. Vediamo se riesci a trovarmi usando gli altri tuoi sensi."

 

Brian si concentrò, cercando di stimare la direzione da cui provenivano i passi della sua amica. Non era cosa facile, in effetti... doveva tendere l'orecchio e prestare la massima attenzione ai suoni che sentiva, per capire da dove venissero e farsi un'idea della distanza. Il vantaggio era che anche Dafne era nella stessa condizione...

 

Appena in tempo, Brian sentì qualcosa che si avvicinava e alzò la sua spada da addestramento, intercettando per miracolo un colpo che proveniva dalla sua destra, e che gli fece tremare la spada nella mano! Dando prova di presenza di spirito, il giovae soldato sferrò un fendente nel punto da cui gli sembrava che provenisse l'attacco... e riuscì a sentire, giusto per un momento, di aver colpito qualcosa, anche se non era nulla di solido e consistente. Forse aveva raggiunto i capelli di Dafne, o soltanto una piega del suo abito, ma se non altro si era avvicinato.

 

Brian riuscì a prevedere la mossa successiva dell'avversaria, che sferrò un fendente cercando di dirigerlo verso di lui. Per fortuna, il colpo non era stato sferrato con precisione, e Brian non ebbe difficoltà ad evitarlo basandosi semplicemente sulle sue sensazioni. Immaginando di avere la possibilità di colpire, il giovane sferrò un colpo, guidato unicamente dalla percezione di dove poteva trovarsi Dafne... e questa volta, sentì con chiarezza il colpo che raggiungeva l'avversaria al pettorale! Tuttavia, accecato com'era, finì per incespicare... e la sua avversaria colse l'occasione per sferrare un colpo che raggiunse Brian sopra la spalla destra.

Il giovane emise un breve grugnito di dolore e barcollò indietro di qualche passo. Il suo braccio destro rimase intorpidito per un istante, e la spada gli cadde di mano... e un attimo dopo, Dafne riuscì a chiudere le distanze, e costrinse il giovane con la schiena a terra.

 

"Attento a te! Anche se colpisci il nemico, potresti non riuscire ad ucciderlo subito." esclamò Dafne, il cui tono di voce si era fatto di colpo più scherzoso... anche se non aveva certo abbassato la guardia. "Assumi sempre che il nemico lotterà fino all'ultimo, anche se sa di essere spacciato. I seguaci di Bahamut venderanno a caro prezzo le loro vite, quando finiremo per confrontarci con loro."

"Heh... non posso darti torto, Dafne." rispose Brian, sentendo ora il peso della sua compagna di allenamento che lo costringeva a terra. Dafne aveva una forza enorme... quasi inumana... e per quanto Brian fosse un giovane robusto e prestante, anche lui aveva difficoltà a liberarsi dalla sua presa. "Ugh... so bene... che lotteranno con tutte le loro forze per difendersi. Ma non credi di esagerare un po'?"

 

Dafne rise brevemente. "Esagerare? Quando si combatte in una guerra, non c'è nulla di 'esagerato'. Alla fine, quello che conta è vincere o perdere." affermò, e con un rapido movimento della mano, si tolse la benda dagli occhi per parlare con più naturalezza al suo amico. "Come soldati di Tiamat, dobbiamo avere le capacità di superare qualsiasi ostacolo e compensare ogni singolo svantaggio potremmo trovarci ad avere, pur di portare a termine la nostra missione."

 

"In una battaglia tra eguali, la vittoria spetta a colui che è disposto a sopportare di più e resistere più a lungo, giusto?" chiese Brian, finalmente riuscendo a divincolarsi dalla presa di Dafne e scivolare via. Pur essendo ancora accecato dalla benda attorno agli occhi, riuscì ad afferrarla e a metterla con la schiena a terra, per poi tenerle stretto un polso. "Non importa quanto doloroso o degradante, vero?"

 

Dopo un istante di tempo passato a guardare stupita il suo amico dritto negli occhi, come se non si fosse aspettata che fosse diventato così abile, la giovane donna chiuse gli occhi e fece una breve risata a denti stretti, mentre Brian si toglieva a sua volta la benda dagli occhi. "Bene, Brian. Vedo che hai imparato bene le tue lezioni." affermò. "La compassione è una debolezza, una distrazione fatale. La rabbia non è che una perdita di controllo. E l'avidità, il desiderio di possesso offuscano la mente e intaccano la nostra devozione. Per vincere, bisogna essere pronti a sacrificare tutto ciò che non sia l'essenza della vittoria. Solo allora si avrà la necessaria chiarezza mentale."

 

"Lo so bene. Mia madre mi ha inculcato questo concetto... fin da quando ero piccolo." rispose il moro, la cui espressione di solito stoica e concentrata si fece per un attimo cupa. Era un ricordo sul quale non gli piaceva restare troppo a lungo... ma uno del quale non riusciva a liberarsi, non importa quanto ci provasse. E in effetti, c'era qualcosa che Brian non era in grado di sacrificare... questo cos'avrebbe voluto dire, per un antipaladino al servizio della Regina dei Draghi? Sarebbe stato in grado di fare il suo dovere fino in fondo, o si stava semplicemente incamminando verso un disastro?

 

Inutile starci tanto a pensare, decide infine. Se ci fosse stata anche soltanto mezza possibilità di cambiare strada... gli piaceva pensare che ne avrebbe approfittato. Ma alla fine, il suo percorso nella vita era già stato deciso, fin da prima che lui nascesse.

 

Dafne, tuttavia, non aspettò che il suo amico si risvegliasse dai suoi pensieri. Con un gesto agile e deciso, liberò il polso dalla presa di Brian, e si produsse in una spettacolare proiezione che fece cadere a terra di schiena il ragazzo e lo lasciò stordito per il tempo sufficiente a Dafne per salirgli sopra e tenerlo fermo dov'era! "E non restare ad ascoltare i discorsi del nemico, potrebbe usarli per distrarti e riprendersi il vantaggio!"

 

"Heh... lo ammetto, mi hai colto di sorpresa. Un punto per te." affermò Brian. Dafne si alzò e gli tese la mano per farlo rialzare. "Allora, che dici? Riproviamo? Questa volta, però, cerchiamo di tenere gli occhi chiusi un po' più a lungo."

 

"Per me va bene." rispose Dafne, e si legò nuovamente il fazzoletto sugli occhi...

 

 

oooooooooo

 

"Accidenti... non credevo che sarebbe stato così faticoso..." mormorò Slayde, mentre si dirigeva lentamente, strascicando i piedi, verso la sua camera. L'allenamento era stato particolarmente duro... e adesso, si sentiva come se avesse lavorato tutto il giorno. L'unica differenza era che questo allenamento, se non altro, non lo faceva sentire a terra e privo di valore... ma la fatica, quella si sentiva lo stesso, e Slayde non vedeva l'ora di lavarsi e poi buttarsi sul letto per qualcheora di meritato sonno.

I corridoi del dormitorio erano immersi in una semioscurità che dava a quel luogo un aspetto un po' più confortevole. Grazie alla sua visione crepuscolare, uno degli elementi del suo retaggio elfico di cui andava più fiero, Slayde era in grado di vedere bene anche ad una certa distanza, usando semplicemente una candela per farsi un po' di luce.

 

Il silenzio regnava sovrano, interrotto soltanto dal flebile suono dei suoi passi. Per certi versi, il biondo mezzelfo amava questa sensazione di calma e distensione - in una vita turbolenta e difficile come la sua, erano stati pochi i momenti che aveva potuto definire tranquilli, e ancora meno quelli felici, e quella sensazione di pace lo aiutava a distendere i nervi.

D'altro canto... era una sensazione talmente inusuale per lui, che quasi si sentiva a disagio, e sembrava aspettarsi un attacco da un momento all'altro. Era qualcosa di irrazionale, e il giovane mezzelfo lo sapeva bene... ma non riusciva a togliersi dalla testa quel condizionamento che lo aveva acompagnato praticamente tutta la vita.

 

Mentre si avvicinava alla sua stanza, il biondino si accorse di una figura dall'aspetto familiare che lo attendeva lì accanto, la schiena appoggiata al muro, vestita con l'uniforme degli iniziati. Vedere la familiare figura di Lemina, e ritrovare quel punto di riferimento, quell'ancora di salvezza che era sempre stata con lui, gli diede un'iniezione di fiducia, soprattutto quando la vide alzare una mano e salutare garbatamente.

 

"Hey, Slayde." disse Lemina, con voce calma ma stanca. Anche per lei, non doveva essere stata una giornata facile. "Com'è andata? Ti hanno fatto lavorare duro, immagino."

"Fanno bene. Dopo che ci hanno dato un posto che possiamo chiamare casa, questo è il minimo che possiamo fare per ripagarli. E quando avremo finito l'addestramento..." disse Slayde, tenendo la frase in sospeso.

 

Lemina guardò in lontananza, ripensando a quello che avrebbe voluto dire per loro. Ma ormai era decisa, e non sarebbe bastato un momento di riflessione a farla tornare indietro sui suoi passi. Quanto tempo ancora, prima che fossero pronti? Lemina sospettava che ci sarebbero volute alcune settimane, prima di essere pronta per una missione vera e propria.

 

"Lady Lemina... non si faccia problemi." disse Slayde, ancora troppo abituato a tenere le distanze e a ricordare il suo posto per mettere del tutto da parte i modi che gli erano stati inculcati. "Avevo detto che l'avrei seguita, vero? E' il momento di mantenere la promessa. Io sono disposto a seguirla ovunque, non importa dove le nostre scelte ci porteranno."

 

"E io ti ringrazio per questo, Slayde." rispose la ex-nobildonna, permettendosi un sorriso sollevato. Allungò gentilmente una mano verso Slayde, che arrossì di colpo ma ricambiò il gesto e strinse timidamente la mano della sua signora. Quando Lemina proseguì, il suo tono di voce era tranquillo ma convinto, come se cercasse di convincerlo a non arrendersi "Resisti, amico mio. So che non è facile. Anch'io faccio molta fatica, in certi giorni. Ma mi dico sempre che devo sopportare e poi... beh, senza fatica non c'è ricompensa, giusto?"

 

"Lo so..." rispose Slayde. Ripensando ai suoi primi passi, da quando da ragazzo aveva descritto, si sentiva emozionato e coinvolto all'idea che ci sarebbe sempre stato qualcuno a sostenerlo e ad affiancarlo. Aveva detto che avrebbe seguito Lemina in capo al mondo, contro chiunque si fosse messo contro di lei... e sarebbe andato avanti per questa strada. "Chissà quando finirà l'addestramento... e quando potremo cominciare ad andare in missione per il Reverendo."

 

"Neanch'io vedo l'ora..." affermò Lemina. "Ma sono sicura che alla fine, la nostra fatica sarà premiata."

"Se non altro, almeno qui so di stare lavorando per qualcosa di più che la comodità di qualche nobile dalle carni bianche." rispose Slayde. Temendo di aver detto senza volerlo qualcosa che avesse offeso la sua compagna, il giovane mezzelfo si corresse rapidamente. "Senza offesa."

"Nessuna offesa. Tanto, non mi sono mai riconosciuta nella famiglia Verusia." rispose lei.

Per un attimo, il giovane mezzelfo rimase in silenzio, pensando che senza dubbio le autorità di  Svodia stavano ancora dando loro la caccia, o magari stavano cercando di fare pressione per ottenere il permesso di entrare nel territorio di Epiros. Ma finchè erano lì, non c'era molto che Svodia o la famiglia Verusia potessero fare per riprenderli.

 

E se avessero cercato di fare qualche colpo di testa... Lemina e Slayde  dalla loro parte la Chiesa di Tiamat.

 

Ma a Slayde questo non bastava. Non voleva limitarsi ad essere protetto. Doveva diventare abbastanza forte da proteggersi da solo. No, non proteggere solo sè stesso. Anche Lemina... anche tutti coloro che si affidavano a Tiamat per avere un po' di ordine e giustizia nelle loro vite.

 

E magari, anche per avere la sua rivincita.

 

Questo pensiero accese un fuoco nell'animo del mezzelfo. Perchè no? Se fosse diventato abbastanza forte... perchè non mostrare a quei maiali che l'avevano schiavizzato, cosa si prova quando si passa da carnefici a vittime? Sicuramente, avrebbe fatto piacere anche a Lemina...

 

Ma per adesso, meglio mettere da parte simili idee. Quello che dovevano fare era completare il loro addestramento. Il resto sarebbe venuto più tardi.

 

"Ora è meglio che ti ritiri, Slayde. Domani sarà un'altra giornata dura." affermò Lemina, riuscendo a fare un sorriso rassicurante. "Mi raccomando, riposati bene."

 

Il mezzelfo fece un segno dell'okay. "Anche lei, Lady Lemina."

 

La giovane donna scosse la testa e ridacchiò. Ci sarebbe voluto del tempo, prima che Slayde si ricordasse di omettere quel titolo ormai insignificante...

 

 

oooooooooo

 

 

Due mesi dopo...

 

L'altare era in effetti abbastanza semplice, poco più di un blocco di marmo rosso finemente cesellato, con il volto di un drago scolpito sulla faccia frontale, e un candelabro di bronzo a tre braccia sul quale erano poste delle candele accese. In quella stanza semi-oscurata, il Reverendo Cadrak Dragonsworn, alto sacerdote di Tiamat in Epiros, era inginocchiato con la testa chinata, in un atteggiamento di preghiera, con addosso una robusta armatura. Il calore della stanza era notevole, e la fronte del nano era bagnata di sudore, ma Cadrak non mostrava alcun segno di sconforto... e i suoi due servitori, Lyzin e Zaltian, ognuno inginocchiato accanto al loro signore, sembravano addirittura non sentire nemmeno la temperatura.

 

Finalmente, dopo qualche minuto passato in silenziosa preghiera, Cadrak si alzò lentamente, tenendo la testa abbassata in segno di umiltà, e si avvicinò all'altare. Si sfilò uno dei suoi guanti di ferro, poi tirò fuori una piccola lama con la quale si inflisse un taglio sul palmo, e lasciò gocciolare un po' di sangue sulla testa di drago scolpita. Per un attimo, non accadde nulla... poi, gli occhi della statua si accesero come due luci rosse in quello scenario inquietante, e un rombo lontano riecheggiò nella sala, come un ruggito che proveniva dai più profondi abissi della terra. I due servitori aprirono di scatto gli occhi, ma le loro espressioni non cambiarono di una virgola, e si limitarono ad osservare il reverendo che si ritirava di un passo dall'altare. Con un suono inquietante, una fiammata si accese sopra l'altare... e prese la forma del volto di un drago che ruggì fragorosamente.

 

E il reverendo Cadrak Dragonsworn alzò lo sguardo, con un sorriso soddisfatto.

 

"Ammirate." affermò con voce possente. "Tiamat ci dà la sua benedizione. Possiamo cogliere i frutti del nostro operato."  

 

   

 

 

oooooooooo

 

 

CONTINUA...

 

  
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