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Autore: Dalybook04    02/06/2021    0 recensioni
Il vasto impero dei Vargas un tempo si estendeva su metà del globo. L'intero Westeros, da Grande Inverno al mare, era proprietà di un unico uomo.
Romolo Augusto Vargas. Un re che, con le sue forze e la sua intelligenza, era riuscito ad assogettare tutto il mondo conosciuto, ad eccezione giusto della sconfinata Essos.
Un uomo che poi era stato brutalmente ucciso dal suo stesso amante, insieme a tutta la sua famiglia.
Tutta la sua famiglia, tranne due bambini, che furono portati via, lontano, dove neanche il loro nonno grande e forte era riuscito ad avventurarsi.
Ora il maggiore dei due fratelli si ritrovava sulle sue spalle di giovane uomo appena sedicenne il compito di riprendersi ciò che era suo. E per farlo doveva fare dei sacrifici.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La sposa era stupenda.
Bionda, capelli lunghi fino a metà della schiena, sorriso cordiale e due occhi verdi in grado di stregare chiunque.
L'unica cosa a cui riusciva a pensare Arthur, però, era a quanto sarebbe stato bene Francis con il vestito che stava indossando lei.
Era azzurro, lungo, con le maniche così fini da lasciar intravedere la pelle candida oltre il tessuto e ricoperto di pietroline preziose bianche.
Non le donava l'azzurro. Non c'era niente di azzurro in lei: né gli occhi, né l'atteggiamento. L'azzurro era il colore di Francis, dei suoi occhi, era il colore perfetto per lui: pacato, elegante e mai banale. Vederlo addosso a qualcun'altra, un'altra che di lì a poco avrebbe dovuto sposare, gli fece salire il vomito.
-lasciamo che i futuri sposi si conoscano- propose suo padre. La voglia di vomitare di Arthur crebbe, magari di farlo su quel sorriso gelido che aveva stampato in faccia il genitore. Il fratello della sua... della ragazza annuì, lanciando un'occhiata piena di significato alla sorella. Peccato che Arthur non lo sapesse, il significato.
Non gli piaceva quel tipo. Era biondo e aveva gli occhi azzurri anche lui, ma non aveva un briciolo dell'eleganza di Francis. Era lì per l'affare, nulla di più.
La porta si chiuse e lo stomaco di Arthur si rifiutava di fare altrettanto e di lasciarlo quietare. Si sforzò di fare il gentleman e baciò la mano della dama.
-è un piacere conoscervi- no. No, non lo è, non lo è per niente, vorrei solo che Francis fosse al tuo posto per poter flirtare e scherzare e litigare e baciarlo e baciarlo e cazzo se mi manca
La dama sorrise. Aveva un sorriso quasi felino -il piacere è tutto mio. Potete chiamarmi Belle.
Belle. Era innegabile che fosse bella, Arthur avrebbe mentito se avesse detto di non trovarla attraente, ma Francis lo era semplicemente di più. Lei era attraente per tutti, Francis era irresistibile per lui.
-allora presumo che possiate chiamarmi Arthur.
Belle annuì -voglio essere franca con voi.
-ditemi pure.
-non pretendo di essere amata, né apprezzata da voi. So benissimo che voi non mi amate e probabilmente non mi amerete mai. L'unica cosa che vi chiedo è un po' di rispetto e di sincerità.
Arthur annuì -certamente.
-allora ho una domanda, e vi chiedo di dirmi la verità.
-va bene.
-siete già innamorato di qualcun altro?
Arthur annuì -sì.
-e... ho qualche possibilità di farvi dimenticare questa persona?
-no.
Gli dispiaceva essere così schietto, ma Belle gli aveva chiesto la verità. La ragazza annuì, senza mostrarsi particolarmente turbata -va bene. Vi ringrazio per l'onestà.
-mi dispiace.
-no, non dovete. Funzionano così i matrimoni.
-meritereste di sposare qualcuno che vi ami.
-temo che il mondo non funzioni come nelle favole. E se anche funzionasse in tal modo, non potrei comunque sposare chi desidero davvero.
-sì...- il suo sguardo si perse oltre la finestra. Chissà come se la stava cavando Francis, al freddo e al gelo su nel Nord.

Francis stava morendo di caldo. Si asciugò la fronte con la manica della veste, brontolando.
-è peggio di una sauna questo posto- si lamentò.
Gilbert, che essendo albino doveva restare all'ombra imbaccuccato dalla testa ai piedi per non rischiare ustioni, sospirò -a chi lo dici. Appena torniamo a casa mi butto sulla neve e non mi tolgo più. Ci faccio il bagno, cazzo.
Francis sbuffò una risata -da un estremo all'altro. Non so se odio più il freddo o il caldo.
Vennero raggiunti da Feliciano, con addosso solo un paio di pantaloni -ciao! Che ci fate tutti imbaccuccati? Ci credo che avete caldo.
Gilbert sospirò -se scoprissi anche solo le caviglie mi ustionerei all'istante. Già tenendo la faccia scoperta sto rischiando.
-oh, mi dispiace. Anche tu hai lo stesso problema, Francis?
-no.
Feliciano aggrottò la fronte -e allora perché sei...
-hai idea di quanto costi questa camicia? L'ho portata, ora me la metto. E poi non sono il tipo di ragazzo che si denuda davanti a degli sconosciuti.
Feliciano non sembrò cogliere la frecciatina e sorrise -oh, va bene. Contento te... comunque visto il caldo stiamo andando a fare un bagno qui in un fiume qui vicino, anche per abbeverare i cavalli eccetera. Venite?
-oh, finalmente- Francis si alzò -un'ottima idea. Vado a mettermi dei vestiti più comodi- e tornò nella sua tenda.
Gilbert ne approfittò per agguantare Feliciano per un braccio -sai mica dov'è mio fratello? Non l'ho ancora visto.
-l'ho incontrato a colazione poco fa- mentì Feliciano, sorridendo -è molto mattiniero, no?
-uhm, sì... ho notato che siete molto uniti- continuò, sogghignando -dimmi, c'è qualcosa tra voi?
Feliciano continuava a sorridere -solo una sincera amicizia.
-ma dai, a chi vuoi darla a bere? Puoi dirmelo, non lo dirò a nessuno.
Feliciano scrollò le spalle -be', mi piace Ludwig. Anche in senso amoroso, penso. Ma dubito che mi ricambi.
-stai scherzando?- Gilbert scosse la testa -è cotto marcio!
Feliciano alzò le spalle -è timido. Non saprei come approcciarlo senza farlo scappare- era esilarante. Altro che timido, Ludwig ci sapeva fare, bastava incoraggiarlo nel modo giusto.
-devo fargli un discorsetto da fratello maggiore- rimuginò Gilbert -non può lasciarsi scappare un'occasione così. Dovrà pur trovarsi qualcuno!
Feliciano ridacchiò, senza dire niente.
Francis ritornò, con una camicia in lino molto sottile -eccomi! Andiamo, sto morendo di caldo.

Due giorni dopo erano a Qarth. Qarth era una città grande, una delle più ricche, e soprattutto era quella con il porto più ampio e più vicino a Westeros. Se volevano arrivare dall'altra parte con un grande esercito, dovevano per forza partire da lì, e per partire da lì, magari facendosi prestare anche qualche nave, dovevano avere il benestare del governo della città.
Dalla loro parte c'era un po' di storia. Durante il governo di Romolo, Qarth era un centro fondamentale, il collegamento tra Oriente e Occidente, e la regina di Qarth in persona era stata un'amante dell'imperatore. Gli stessi Lovino e Feliciano, nella loro fuga, erano sbarcati lì e per qualche tempo erano stati ospitati presso la corte, sebbene in via ufficiosa.
Invece da quando i Kirkland erano al potere Qarth aveva perso il suo collegamento con l'Occidente, in quanto i nuovi reali preferivano commerciare con dei loro alleati che durante la rivolta li avevano aiutati. Era quindi presumibile pensare che i sovrani di Qarth fossero ben felici di favorire un cambio di governo, e in ciò speravano i nostri eroi.
Lovino, sul suo lupo, strinse la mano a suo fratello osservando le mura delle città. Alcuni anni prima da quelle mura erano usciti due bambini, senza sapere cosa avrebbero fatto di lì in poi. Feliciano ricambiò la stretta, evidentemente se lo ricordava. Come avrebbe potuto dimentircarlo, d'altronde.

Il palazzo era magnifico. La sala del trono era incredibile: dal soffitto alto, dalle pareti dorate, tutto quanto era opulento, quasi esagerato. Sul trono però non c'era una regina, ma un re.
Lovino sentì un brivido. Sì, conosceva il nuovo sovrano. No, non era contento della sua presa di potere.
Sadiq era il figlio adottivo della vecchia regina, Elena. Lovino aveva sentito voci sulla morte della sovrana, ma aveva sperato che fosse andato al potere il figlio biologico, l'erede di sangue, ovvero Heracles, più saggio e pacato. Tuttavia Heracles aveva appena diciotto anni e per legge ne servivano ventuno per governare, mentre Sadiq ne aveva venticinque, quindi aveva preso temporaneamente lui il potere. Quando temporaneamente non era dato saperlo.
Antonio salutò il sovrano con un piccolo inchino -salve. Vi ringraziamo per l'ospitalità. Siamo qui per...
-lo so perché siete qui, re del sole- lo interruppe Sadiq, freddamente -e siamo disposti a darvelo, insieme ad una dozzina delle nostre navi migliori.
Antonio sorrise -vi ringraziamo infinitamente. Non so come esprimere la gratitu...
-ma ad una condizione- continuò il sovrano -vedete, è nostra tradizione che un capitano, prima di partire, debba riflettere per bene sul passato, sul presente e sul futuro.
-naturalmente il vostro futuro prevede grandi ricompense, non appena...
-fammi finire- sembrava irritato. Lovino strinse la mano a suo marito per intimargli di tacere -per far sì che ciò accada, deve superare una prova. Deve entrare nel tempio sacro, dove gli dei gli mostreranno ciò che gli dei vorranno mostrargli. Se, uscito dal tempio, sarà ancora intenzionato a partire, potrà andare.
-oh, va bene, nessun problema. Direi che vado io, se nessuno è...
-deve andare lui- con un cenno del mento indicò Lovino -il figlio della lupa.
Antonio sembrò sul punto di protestare, ma Lovino annuì -certamente.
-Lovi...- Antonio gli strinse la mano -non sei costretto a fare nulla, lo sai vero?
-non è una costrizione. Mi va bene farlo.
Antonio non sembrava convinto, ma Sadiq sorrise come se tutto fosse a posto -molto bene. A mezzogiorno manderò un mio servo a venirti a prendere. Nel frattempo potete riposarvi nelle stanze a voi affidate.

-è pericoloso- esordì Antonio non appena furono da soli nella loro camera. Lovino sospirò e si sedette sul letto.
-abbiamo altra scelta?
-sì. Li costringiamo ad aiutarci. Abbiamo la cavalleria migliore del mondo, possiamo attaccarli e...
-questa è la cosa più stupida. Pensi che non si siano preparati? E poi siamo entrati solo noi due, gli altri sono fuori, e le mura sono impenetrabili. Se anche tu riuscissi a dare l'ordine di attaccare, non li farebbero entrare e ammazzerebbero noi nel frattempo.
-scappiamo nella notte con delle navi e ci incontriamo con gli altri più avanti.
-supponendo che arriviamo al porto senza farci ammazzare, potremmo al massimo prendere una barchetta a testa.
-allora vado io. Se...
-vogliono me- gli prese le mani e lo fece sedere al suo fianco -senti, neanche a me piace l'idea, ma devo farlo.
Antonio gli abbracciò la vita, nascondendo il viso contro il suo petto -odio l'idea che tu vada da solo. Potrebbero farti del male e non potrei fare niente.
Lovino prese ad accarezzargli i capelli, lentamente. Antonio sembrava davvero un bambino certe volte -se avessero voluto farmi del male, sarei già morto, non credi?
-che ne so...- bofonchiò -vorranno divertirsi un po'.
-cos'è, non ti fidi di me?
-ti affiderei la mia vita- rispose, sincero -è di loro che non mi fido.
Lovino lo baciò tra i capelli -su, non fare i capricci- lo strinse -andrà bene. Entro in quel tempio, mi faccio dire due stronzate dagli dei ed esco.
Antonio sospirò, con il battito del cuore di suo marito nelle orecchie -lo spero, mio sole e stelle. Lo spero proprio.

Il tempio era piccolo.
Lovino non c'era mai stato nel breve periodo in cui era stato lì, ma si aspettava che la cerimonia sarebbe stata nella grande cattedrale centrale. Invece le guardie li avevano scortati sul retro del palazzo, nel bosco, fino a un piccolo tempietto che più che un tempio sembrava un capanno delle scope.
-non mi piace- mormorò Antonio, che aveva insistito nell'accompagnarlo. Lovino sbuffò.
-non mettermi più ansia di quanta non ne abbia già.
E Antonio tacque.
Davanti al tempio c'era Sadiq, vestito con abiti cerimoniali, che vedendoli sorrise affabilmente e allargò le braccia -eccovi! Prego Lovino, entra.
-tutto qui? Niente cerimonie?
-niente cerimonie. Entra e basta.
-e quando posso uscire?
-lo saprai.
Lovino imprecò mentalmente, quanto odiava quelle rispose del cazzo. Lasciò la mano del marito -be', allora vado.
Fece per entrare nel tempio, ma Antonio lo fermò e lo fece girare verso di sé, baciandolo sulle labbra con dolcezza. Lovino rimase senza fiato: un altro bacio perfetto, da favola, che lo rincoglionì di botto.
-buona fortuna- gli sussurrò Antonio sulle labbra, lasciandolo andare. Lovino balbettò qualcosa, poi tossì, si girò verso l'ingresso ed entrò nel tempio, immergendosi nell'oscurità.

"LI VOGLIO TUTTI MORTI"
"DARÒ FUOCO AI LORO PALAZZI E APPENDERÒ LE LORO TESTE IN GIRO PER ROMA"
"CHE CI PROVINO A UCCIDERMI. VINCERÒ SEMPRE IO"
"IO SONO L'IMPERATORE"
"IO VINCO"
"IO"
"Mio signore... ci sono i bambini"
"CHE IMPARINO COSA SUCCEDE A METTERSI CONTRO DI ME E CONTRO LA MIA FAMIGLIA"
"Nonno... nonno calmati"
"Per favore nonno"
"NO CHE NON MI CALMO. MI CALMERÒ QUANDO QUEI DUE TRADITORI SARANNO MORTI"
"QUANDO LA MIA SPADA SARÀ NEL LORO CUORE"
"QUANDO DOMINERÒ IL MONDO"
"QUANDO TUTTI NEL MONDO MI RISPETTERANNO E MI TEMERANNO TROPPO PER RIBELLARSI ALLORA SARÒ CALMO"

Suo nonno. Avevano deciso di mostrargli lui per il passato.
Lovino osservò il piccolo sé, che tremava terrorizzato e scosse la testa.
Fatemi vedere dell'altro.

Un ragazzo biondo osserva il mare. Tiene tra le dita un bigliettino stropicciato, lo legge e lo rilegge bevendo dalla sua fiaschetta.
"Je t'aime" recita il bigliettino. Sotto, la firma è inequivocabilmente quella di Francis.
Il biondo sospira.
"Mi manchi, darling"
"Signor Kirkland" interviene una voce esterna.
"Dimmi"
"Sua maestà vi chiama"
"Dite a mio padre di aspettare, sto arrivando"
"È urgente"
"Ho detto che sto arrivando"
Si infila il biglietto in tasca e tira un altro sorso dalla sua fiaschetta.
"Che palle" guarda in direzione di Lovino, come se lo vedesse, e per qualche secondo è come se si stessero guardando negli occhi. Poi il biondo sospira e si incammina nella direzione opposta, verso un grande palazzo con gli stendardi reali e il simbolo di un leone un po' ovunque.

Il mare sarà in tempesta, una tempesta furiosa come mai se ne sono viste fino ad allora.
Due flotte si scontreranno in quel casino, una con lo stemma del leone e una con uno stemma che Lovino non riconosce.
Un fulmine squarcerà l'aria, il mondo tremerà.
La flotta dallo stemma sconosciuto perderà.
Dai relitti ne usciranno alcuni superstiti.
Tra questi ci sarà Antonio, fradicio e furioso, con una luce malata negli occhi.
Lovino non si vede. Ha come la sensazione che il conflitto lo riguardi, ma non vede se stesso da nessuna parte.
Arretra, terrorizzato.
Inciampa e cade. Il mare distrutto s'è trasformato in una pozzanghera, e in quell'acqua ancora in tempesta Lovino dovrebbe vedere il suo riflesso.
Dovrebbe.
In teoria quello che ci dovrebbe essere è il suo riflesso.
Si vede quello nell'acqua, no? Quello.
Ma al suo posto vede solo un grande lupo scuro.

Lovino corse fuori, terrorizzato. Nella testa gli rimbombavano delle voci.

"IO LO AMMAZZO"
"LO UCCIDO"

Ma la voce non era quella di suo nonno. Qualcuno lo chiamò, suo marito cercò di abbracciarlo ma Lovino arretrò.
-io...- non riusciva a respirare -devo... devo pensare- corse via. Il bosco gli sussurrava cose, tre milioni di voci, tre miliardi, mille miliardi, e Lovino non riusciva a fermarle, non riusciva, non ce la faceva, voleva solo che tacessero.

LO UCCIDO
  i lupi
    puttana
      se ci scoprissero
        il mio erede
          amore mio
            il mio Lovino
               dove sei finito
                 lo riporterò a casa
                   QUEL FIGLIO DI PUTTANA
                   ti amo
                 UNA FAMIGLIA DI TRADITORI
               la prossima volta non sarò così buono
              sei vivo
            stammi lontano
         sei qui
      la collana
    stanno ululando
il nonno è morto

-Lovino?
Lovino sollevò lo sguardo e sentì gli occhi riempirsi di lacrime -Heracles...
Si abbracciarono. Silenzio, finalmente.
-cosa ti hanno detto gli dei?
-non lo so.
-sì che lo sai. Sforzati di dirmelo.
Lovino espirò -prima mi hanno fatto vedere mio nonno. Aveva appena saputo della rivolta dei Kirkland e dei Bonnefoy ed era... era come impazzito. Continuava a sbraitare e a urlare e... e...- sbatté le palpebre. Una, due, tre volte -quella fu la prima volta che ebbi davvero paura di lui.
Heracles annuì -per il presente? Cos'hai visto?
-c'era un... un ragazzo biondo. Credo fosse un Kirkland, quella alle sue spalle mi sembrava la capitale. Aveva un bigliettino in mano.
-che diceva?
-era un biglietto d'amore- disse -ma non saprei dire da parte di  chi fosse- mentì.
-potrebbe essere uno dei figli del re. E per il futuro?
Lovino deglutì. Quella era la parte più spaventosa -c'era una battaglia, con le navi. Vincevano i Kirkland e... e dalle altre navi usciva mio marito. Io non c'ero ma... ma ho come la sensazione che c'entrassi qualcosa. Forse ci morirò, in quella battaglia.
-non credo- Heracles era stato forse il primo e l'unico che avesse definito amico. Lo conosceva fin da quando erano piccoli, per via dei rapporti tra le loro famiglie. Dopo la morte del nonno, era stato Heracles a consolarlo e a consigliargli come fare da lì in poi. Lovino non aveva voluto farsi vedere debole da suo fratello, Heracles era stato l'ideale per sfogarsi un po'.
-secondo te dovrei partire comunque?
Heracles si sedette affianco a lui, all'ombra di un albero, e sembrò pensarci su.
-da quel che ho imparato, non conviene mai opporsi a una profezia. Quello che hai visto accadrà, che tu lo voglia o meno.
-quindi mi stai dicendo di partire.
-se anche non partissi, che cambierebbe? Prima o poi quelle navi affonderanno, ma se ti opponi potresti peggiorare le cose.
-e quindi cosa? Antonio potrebbe morire?
-non credo. Se l'hai visto lì vuol dire che lì è vivo. Ma forse sarai tu quello morto, se non parti. Hai detto che non ti sei visto.
-sì.
-allora sei uno dei punti di domanda. Da dove guardavi la scena?
-dall'alto.
-forse guardavi la scena da una montagna, quindi eri lì ma da un'altra parte.
-no. Era come se lo guardassi dal cielo- sentì improvvisamente freddo -dici che significa che sarò morto? Potrebbero uccidermi e allora Antonio vorrebbe vendicarsi e...
-non credo. Perché mostrarti qualcosa che non vivrai?
-per avvertirmi?
-non è una cosa che farebbero gli dei. Non gli interessa avvertirti.
-e allora che ne so io?
Heracles si fece pensieroso -non saprei dirti, gli dei sono sempre misteriosi.
-ma pensi che dovrei andare- sospirò, tirandosi le ginocchia al petto e posandoci il mento sopra -che cazzo di casino.
Heracles abbozzò un sorriso -il prezzo di volere il potere.
-smettila di insinuare cose- distese le ginocchia, con un minuscolo sorriso -e tu? Non lo vuoi il potere?
-no.
-e non ti dà fastidio che sia Sadiq a governare?
-non sai quanto. Ho provato a convincerlo a ritornare a una democrazia, come faceva mamma, ma non vuole sentire ragioni.
-oh be', buona fortuna- si rialzò, spolverandosi i pantaloni -meglio andare. Antonio starà uscendo di testa.

E aveva avuto ragione. Antonio sembrava davvero sul punto di uscire di testa per la preoccupazione. Lovino ebbe appena il tempo di salutare prima di venire investito dall'abbraccio del ragazzo, che lo stritolò controllando contemporaneamente, solo gli dei sapevano come, le sue condizioni fisiche senza distaccarsi di un millimetro.
-tutto a posto? Stai bene? È successo qualcosa? Vuoi qualcosa? Dimmi che cosa vuoi e lo avrai. Ero così preoccupato...
Lovino sospirò, appoggiandosi alla sua spalla e socchiudendo gli occhi -voglio che stai zitto. Sto bene- chiarì -ho solo mal di testa.
Antonio si mise ad accarezzargli la schiena, dolcemente. Screanzato -torniamo nella nostra stanza? Che ne dici?
-uhm...- allacciò le braccia intorno al suo collo quando quello lo sollevò, quasi come una sposa, senza mostrare il minino sforzo -se insisti...
-mi dispiace interrompervi- intervenne Sadiq, con l'aria ben poco dispiaciuta -ma ho bisogno di sapere se Lovino è ancora intenzionato a partire.
Antonio incenerì il sovrano con lo sguardo. Forse non una grande idea, ma non gli importava -non vedi che è stanco?
-partiamo- rispose Lovino, sistemandosi meglio tra le braccia di suo marito -il prima possibile.
Sadiq sorrise -molto bene. Vado a occuparmi dei preparativi- e se ne andò. Heracles sospirò.
-meglio che lo controlli. Ciao Lovino, a dopo- e se ne andò, brontolando a mezza voce.
Antonio inarcò un sopracciglio -"ciao Lovino"? Conosci quel tizio?
-mh? Sì- si mise a sistemargli i capelli distrattamente. Mai una volta che si pettinasse... -eravamo amici da piccoli.
-gli piaci?
-non dirmi che sei geloso.
-non cambiare argomento.
Lovino alzò gli occhi al cielo, sporgendosi a baciarlo.
-a me piaci tu- chiarì, accarezzandogli la guancia -Heracles è solo un amico. E poi sono anni che ha una cotta per Sadiq ma non vuole ammetterlo, quindi dubito di interessargli più di tanto.
-non devi interessargli proprio- brontolò Antonio. Lovino rise e lo baciò.
-come ti pare, rompicazzo. Ora mi porti in camera che ho sonno?

   
 
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