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Autore: Kimando714    02/06/2021    0 recensioni
Giulia ha solo quindici anni quando impara che, nella vita, non si può mai sapere in anticipo che direzione prenderà l’indomani. Questa certezza la trova durante una comune mattina di novembre, quando il suo tragitto incrocia (quasi) del tutto casualmente quello di Filippo, finendo tra le sue braccia.
E cadendo subito dopo a causa dell’urto.
Un momento all’apparenza insignificante come tanti altri, ma che, come Giulia scoprirà andando avanti nel suo cammino, potrebbe assumere una luce piuttosto differente.
“Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi” - (Italo Calvino)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
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CAPITOLO 75 - THIS IS HOW YOU FALL IN LOVE




TW//omofobia interiorizzata




Nonostante stesse per arrivare la sera le calli di Venezia brulicavano ancora di turisti, intenti a fotografare ed ammirare ogni più piccolo dettaglio della città. Sembrava che mezzo mondo si fosse rifugiato proprio a Venezia, per niente scoraggiato dal caldo e dall’afa estiva nelle visite e nelle passeggiate per le calli.
Pietro schivò appena in tempo una giovane coppia di turisti, che in una qualche strana lingua asiatica con ogni probabilità dovevano essersi scusati per la loro disattenzione nell’avergli tagliato la strada. Pietro non ci fece nemmeno caso: camminava velocemente lungo le calli, non prestando davvero attenzione a quel che gli succedeva intorno.
Conosceva a memoria la strada di casa, e nonostante gli rimanesse ancora un po’ da camminare in quella giornata afosa e troppo calda di metà agosto, si sentiva bene. Così bene che gli sembrava di star volando, leggero come una piuma, e l’anima finalmente fiduciosa e positiva.
Era passata poco più di un’ora da quando aveva lasciato la redazione de Il Mattino di Venezia, e sebbene quella fosse stata solo la seconda volta che vi metteva piede, si sentiva già a casa in quell’ambiente.
Doveva ancora realizzare di essere riuscito a farsi assumere come praticante. Era un’idea che gli vorticava in mente da diversi mesi, ed era altrettanto tempo che cercava una redazione disposta a dargli un posto per imparare. Le ultime due settimane, il tempo passato dal colloquio che aveva avuto con il direttore, gli avevano un po’ cambiato la vita.
Non era stato come cercare un lavoro normale – di certo il posto da cameriere che aveva trovato da luglio in un ristorante della città non gli era costato neanche la metà della fatica fatta per trovare un posto da praticante-, ed era stato estenuante, e probabilmente quello del giornalismo sarebbe rimasto solo un hobby, almeno per diversi anni, ma Pietro si sentiva come volare.
Si rese conto, mentre quasi correva per le calli per far prima, che la sua vita stava davvero cambiando: aveva un lavoro che poteva garantirgli uno stipendio minimo per le spese che doveva affrontare, ed ora aveva anche qualcos’altro, qualcosa di più simile ad un sogno che aveva tenuto nel cassetto troppo a lungo e che ora necessitava di uscire allo scoperto.
Quella era la prima cosa davvero positiva che gli capitava dopo mesi e mesi. In quel momento perfino il fatto di essere andato piuttosto bene agli esami universitari nella sessione estiva passava in secondo piano.
Sapeva di avere un sorriso ebete stampato in faccia, ma non gliene importava: si sentiva talmente bene che non gli importava del giudizio altrui.
L’unica cosa che voleva fare ora, per concludere quella giornata, era arrivare il prima possibile a casa. Avrebbe dato qualsiasi cosa per vedere la faccia sorpresa e soddisfatta di Alessio a quella notizia.


 
-Stasera ci si ubriaca!-.
Alessio aprì una bottiglia nuova di prosecco, non aspettando nemmeno un secondo per versarne generosamente nel bicchiere di Pietro.
-Guarda che dovrei essere io quello ad ubriacarsi, non tu- gli fece notare lui, non smettendo di ridere.
Alessio si limitò a fare spallucce:
-Festeggiamo entrambi, altroché. Non sono cose che succedono tutti i giorni-.
Pietro non riuscì a trattenere una risata esasperata, nel notare che Alessio aveva già fatto fuori metà bottiglia di vino, e che ora si stava apprestando a bere anche il prosecco. Sembrava quasi più entusiasta lui, tra loro due.
Quando un’ora prima Pietro era finalmente rientrato, non era riuscito a trattenersi nemmeno un secondo dal dare la notizia ad Alessio. Il secondo dopo si era ritrovato abbracciato dall’altro, il suo corpo completamente appiccicato al suo. Pietro aveva faticato a rimanere impassibile, e avrebbe mentito se avesse negato che era stato difficile non dare la parvenza di essere molto più contento per quel contatto, che non per il suo nuovo lavoro.
Avevano preparato la cena con allegria e spensieratezza, in un modo che Pietro sentiva diverso dal solito: vedere il sorriso di Alessio, ricevere le sue attenzioni, lo aveva fatto sentire ancor meglio – ed altrettanto turbato.
Anche in quel momento, nonostante l’esaltazione causata dall’alcool e dall’allegria generale, sentiva dentro di sé come se qualcosa non fosse al suo posto. Avrebbe voluto attirare ancora a sé Alessio, abbracciarlo senza per forza aver un motivo valido. Gli sarebbe bastato averlo accanto a sé, respirarne a fondo il profumo, poggiare la guancia contro quella ruvida di barba di Alessio.
-Dovresti essere più contento- Pietro lo sentì dire, dopo aver preso un altro sorso di prosecco, andando a sedersi accanto a Pietro sul divano – Sembri piuttosto pensieroso-.
-Forse devo ancora realizzare il tutto- sospirò Pietro, buttando la testa indietro, fino ad appoggiarla sullo schienale del divano.
-Comunque non mi avevi detto di questo tuo progetto-. Forse fu solo una sua impressione, ma a Pietro parve quasi di vedergli un velo di delusione attraversargli gli occhi azzurri.
Pietro sorrise timidamente:
-Non l’ho detto a nessuno per scaramanzia-.
-Beh, sembra abbia funzionato alla fine-.
Pietro sorrise, gli occhi chiusi: ricordava bene le prime incertezze che aveva avuto, due settimane prima. Aveva passato un’intera giornata a pensare a come presentarsi al meglio a quel colloquio, in preda all’ansia.
Un po’ si sentiva in colpa per averlo nascosto a tutti – Alessio compreso. Aveva la sensazione che se glielo avesse detto lo avrebbe perlomeno incoraggiato, quasi convinto a potercela fare.
Gli erano mancate quelle possibili sue parole di cui si era privato consapevolmente, ma ormai non aveva più importanza. Gli potevano bastare quelle che gli stava dedicando ora.
Quasi gli pareva strano star riuscendo a scrollarsi di dosso, almeno temporaneamente, quell’apatia che l’aveva assalito in quei mesi.
 
Deliver me, out of my sadness
Deliver me, from out of the madness
Deliver me, courage to guide me
Deliver me, strength from inside me
 
-Prossimamente cercherò più seriamente un lavoro pure io- Alessio continuò a parlare, con fare pensieroso – Avrei dovuto già farlo da mesi, ma tant’è … -.
Sembrava già un po’ brillo, e Pietro immaginò già che sarebbe toccato a lui, stavolta, fargli da infermiere quando sarebbe stato completamente ubriaco. Per una volta tanto avrebbe ricambiato il favore.
-Così, quando lo avrai trovato, avrai un’altra buona scusa per sbronzarti-.
Pietro rise sguaiatamente, nel notare lo sguardo minaccioso dell’altro; rise ancor di più nel ricevere su una spalla un pugno poco convinto di Alessio, che ancora lo guardava come se avesse appena detto qualcosa di oltremodo offensivo.
-Non mi serve certo una scusa per bere- Alessio lo borbottò imbronciato – Se mi va, lo faccio e basta-.
-Lo so, lo so- Pietro scosse la testa divertito, portando una mano ai capelli biondi di Alessio e arruffandoli ancor di più – Amante del prosecco che non sei altro-.
 


Non c’era da stupirsi se, come Pietro aveva previsto, fu sul serio Alessio quello che a fine serata si ritrovò con un’ubriacatura in piena regola. Dopo aver bevuto qualsiasi cosa alcolica avessero trovato in casa, riusciva a malapena a tenersi in piedi. Pietro dovette mettersi il cuore in pace e prendere coscienza che avrebbe dovuto trascinarlo di peso per tutto lo spazio che separava il salotto dalla sua stanza.
Non l’aveva mai visto ubriaco, almeno non a quel livello, rifletté Pietro: non era la prima volta che nell’ultimo mese Alessio aveva toccato bottiglie varie, anche quando restava in casa. Non esagerava mai, e lo faceva con moderatezza, ma ricordava ogni singola volta che l’aveva visto bere. Si era sempre chiesto se quella sua nuova quanto pessima abitudine, di bere alcune volte alla settimana un bicchiere di qualcosa di alcolico alla sera, fosse una sorta di meccanismo di difesa verso quel che era successo a luglio. Non aveva mai preso sufficiente coraggio per chiederglielo.
Quella sera sperava fosse un po’ diverso, che l’ubriacatura fosse davvero dovuta – almeno per la maggior parte- alla contentezza che poteva provare verso di lui. Sperava comunque che quella dovesse anche essere l’ultima volta nel vederlo in quello stato: Alessio non sembrava per niente in vena di voler dormire, e anzi, appariva piuttosto incontrollabile. Non faceva altro che parlare, anche mentre lo trasportava quasi in braccio verso la sua stanza, Pietro che  rispondeva a malapena e a stento lo stava ad ascoltare. Per tutta risposta Alessio gli si era aggrappato addosso come se non volesse più staccarsi, impedendogli di camminare decentemente. Avevano rischiato di cadere entrambi sul pavimento per così tante volte in così pochi metri che Pietro rimase del tutto stupito nel constatare, una volta arrivati alla soglia della camera di Alessio, che in realtà erano riusciti a mantenersi in piedi entrambi.
Pietro lo buttò sul materasso senza troppa grazia, approfittando dell’improvviso silenzio in cui Alessio era calato. Sperò che non si rialzasse subito dopo, mentre si stendeva a sua volta di fianco a lui. Non voleva fermarsi lì: voleva stendersi giusto il tempo per riprendere un po’ di fiato e per aspettare che la testa smettesse di girare almeno un po’.
-Dormi qui, vero?-.
La voce impastata di Alessio lo distrasse. Sembrava la prima domanda vagamente sensata che gli faceva da un bel po’ di tempo, anche se Pietro non riuscì ad afferrarne il senso fino in fondo.
-Certo che no. Perché dovrei restare qui?- replicò Pietro, scandendo le parole e sperando che Alessio recepisse il messaggio, nonostante l’ubriacatura – Ci stiamo a malapena-.
-Ma io voglio che resti qui!- Alessio si dimenò un po’, fino a che non riuscì a portarsi sull’altro fianco in modo da osservare Pietro accanto a sé. Aveva il broncio e la fronte aggrottata in maniera comica, e Pietro, nonostante la situazione che sembrava sempre più ingestibile, si trattenne dal ridere a stento: gli sembrava di avere a che fare con un bambino capriccioso che aveva appena adocchiato un giocattolo, e che cercava di convincere inutilmente il proprio genitore a farglielo avere.
-Ma ti ho appena detto che … -.
Pietro non fece nemmeno in tempo a concludere che, con suo stupore, vide Alessio alzarsi appena dal materasso; pur mancando completamente di agilità o velocità, non gli ci volle molto per riuscire a mettersi a cavalcioni su di lui, guardandolo con un sorriso malizioso che raggelò Pietro, lasciandolo nell’imbarazzo più totale.
È ubriaco, completamente ubriaco”.
Pietro si irrigidì completamente, gli occhi sgranati e la bocca completamente secca. Si rese conto che stava respirando decisamente più veloce di prima, ma non più per la fatica.
“È ubriaco. Non si rende conto di quel che sta facendo”.
Cercò di respirare a fondo, in un tentativo ultimo di ritrovare un minimo di lucidità e calma che, in quel frangente, sembrava star perdendo pure lui.
“Domani non se ne ricorderà nemmeno. Forse”.
-Adesso non te ne vai- lo canzonò Alessio, prima di scoppiare in una risata sommessa.
Pietro deglutì a fatica, cercando di pensare ad un modo qualsiasi per togliersi da quella situazione prima che degenerasse. Prima che potesse fare qualsiasi cosa, Alessio gli appoggiò le mani sul torace come per bilanciarsi meglio e per non perdere l’equilibrio – Pietro non metteva in dubbio che dovesse avere dei giramenti di testa dovuti alla sbronza-, e in quel momento si sentì letteralmente avvampare.
Continuò a fissare Alessio, pur con la consapevolezza di dover essere arrossito oltremodo: ricambiava lo sguardo lucido che gli occhi azzurri dell’altro gli stavano riservando, per poi concentrarsi più in basso – sulle sue labbra socchiuse, rese lucide per tutto quel che aveva bevuto.
In quel momento di silenzio, teso come se potesse succedere qualcosa da un momento all’altro, come se mille pensieri fossero sul punto di essere pronunciati a voce, Pietro non si stupì poi molto nel rendersi conto che baciare Alessio sarebbe stato facile come respirare. Gli sarebbe bastato alzarsi solo di poco, facendo leva sui gomiti, avvicinarsi a lui, accarezzargli il viso, e poggiare le labbra sulle sue.
Sarebbe stato un bacio veloce come un respiro, o magari sarebbe finto per volerne sempre di più, per approfondirlo senza stancarsi mai. Sarebbe stato il sigillo ideale per quella giornata, l’ultima cosa che avrebbe voluto e che gli si stava presentando davanti agli occhi, pronta ad essere presa.
E sarebbe stata altrettanto sbagliata, perché Alessio era ubriaco, e perché, anche se fosse stato perfettamente sobrio, sarebbe stata sbagliata in qualsiasi caso.
Pietro si alzò un po’, poggiando prima un gomito sul materasso, e piegando le gambe per reggersi meglio; quel movimento inatteso fece barcollare Alessio, facendolo spostare. Nonostante i riflessi lenti, riuscì in ogni caso ad aggrapparsi alla maglietta di Pietro, scivolando più indietro e sistemandosi meglio sul suo bacino.
Pietro trasalì appena, come se si fosse scottato di nuovo: avvertiva il corpo di Alessio sopra il suo inguine, e non riuscì ad ignorare la scarica di adrenalina ed eccitazione che lo percorse a quel contatto.
Sperò che Alessio fosse davvero troppo ubriaco per accorgersi razionalmente di qualsiasi cosa: sarebbe stato ancor più imbarazzante e ancor più arduo spiegare perché il suo corpo stesse reagendo in quel modo.
-Mi gira la testa- borbottò Alessio, socchiudendo per un attimo gli occhi. Sembrava che finalmente la stanchezza e il sonno necessari per farlo dormire fossero giunti in aiuto.
-Allora forse è il caso che ti stenda- Pietro cercò di parlare in maniera calma, come se non si sentisse affatto a disagio. Alessio annuì piano, senza dire nulla, lasciandosi aiutare nel scendere e coricarsi nella parte restante del letto, accanto a Pietro.
Non dovettero passare molti minuti da quando Alessio si stese a quando si addormentò. Nell’osservarlo chiudere gli occhi, e percependo il respiro regolare tipico di chi si sta per addormentare, Pietro tirò un sospiro di sollievo.
Non aveva idea di che sarebbe potuto accadere, se Alessio non si fosse spostato da lui, né era altrettanto sicuro che sarebbe riuscito a trattenersi dal baciarlo.
Attese che l’eccitazione che sentiva ancora in corpo sfumasse lentamente, prima di coricarsi meglio, ormai rassegnato a rimanere lì per quella notte. Aveva la testa che scoppiava per l’alcool e per i troppi pensieri, e sperò di non dover passare le ore seguenti insonne, ripensando a tutto quel che era successo.
Si augurò che Alessio, al risveglio, non ricordasse assolutamente niente. Pietro, di quei ricordi, ne avrebbe fatto segreto fino a quando avrebbe potuto.
 
*
 
All of my life I’ve been in hiding
Wishing there was someone just like you
Now that you’re here, now that I’ve found you
I know that you’re the one that pulls me through
 
Pietro si stropicciò gli occhi con movimenti lenti, alzando appena le palpebre per abituarsi ai raggi di sole che entravano dalla finestra. Aveva un gran mal di testa, e non aveva idea di che ore potessero essere: non aveva sentito alcuna sveglia suonare, ma a giudicare dal sole già alto in cielo di certo non poteva essere mattina presto. Faceva già caldo, e per i primi secondi rimase interdetto nell’accorgersi che aveva ancora i pantaloncini e la maglietta addosso dal giorno prima, senza essersi cambiato per andare a dormire.
Si dette un’occhiata in giro, non riconoscendo la sua stanza e poi, quando i suoi occhi scorsero la figura di Alessio ancora addormentato, steso disordinatamente accanto a lui, si ricordò finalmente tutto.
Ebbe un tuffo al cuore nel riportare alla mente gli ultimi attimi di lucidità di qualche ora prima: nonostante l’alcool bevuto non faticò a ricordare piuttosto bene di Alessio e la fatica per portarlo fin lì, e poi di nuovo Alessio sopra di lui, e la voglia pazzesca che aveva avuto di mandare tutto a quel paese e baciarlo.
Arrossì al solo ricordo di quei pensieri, la vicinanza al corpo di Alessio che non lo aiutava a calmarsi neanche in quel momento di tranquillità.
Pietro rimase ad osservarlo, pur sapendo che avrebbe fatto meglio ad andarsene di lì il prima possibile.
Gli sarebbe bastato sporgersi di qualche centimetro, fino al viso dell’altro, per ridurre la distanza e lasciargli un bacio all’angolo della bocca. Con la sola differenza che, se lo avesse fatto in quel momento, Alessio si sarebbe svegliato e se ne sarebbe accorto, e ancor peggio, se ne sarebbe poi ricordato.
E poi sarebbe tutto caduto in rovina.
Pietro buttò fuori l’aria, stanco e arrabbiato con se stesso.
Non ricordava di essersi mai sentito allo stesso modo – in gabbia e in pace quando aveva Alessio accanto come si sentiva in quel momento-, mai con nessun altro: era la prima volta che gli capitava una cosa simile, la prima in cui riusciva a vivere ogni emozione così intensamente da rimanerne scottato ogni volta. Le ragazze con cui era stato in passato non si sarebbero neanche potute avvicinare al modo in cui Alessio lo faceva sentire. Anche in quel momento, dopo anni, poteva ricordare come con loro fosse sempre mancato qualcosa.
Con Alessio non mancava nulla. Si sentiva pieno, ed allo stesso tempo immancabilmente sull’orlo del precipizio.
Era sempre Alessio che lo mandava in confusione, che lo faceva sentire in difficoltà e inadatto. Lo attirava a sé, probabilmente senza volerlo davvero, per poi illuderlo ogni volta. Riusciva a farlo sentire dannatamente bene, ed altrettante altre volte riusciva a farlo sentire come l’ultimo degli idioti. Anche in quel momento il suo umore viaggiava tra quei due estremi, incessantemente: avrebbe voluto stringerlo a sé, non lasciarlo nemmeno più andare, e allo stesso modo avrebbe solamente voluto andarsene il più distante possibile da lui.
Negli ultimi mesi ogni sensazione si era fatta più grande e più tangibile, e tutto era risultato più chiaro ed evidente: la gelosia, la rabbia, l’inadeguatezza. E quella voglia di avere Alessio, in ogni senso possibile, che a poco a poco si era fatta incessante. Era diventata il cardine delle sue giornate, dei suoi pensieri, di qualsiasi cosa. Lo aveva completamente destabilizzato.
Era tutto così assurdo, e tutto così chiaro ed altrettanto difficile da ammettere, da renderlo incommensurabilmente spaventato. 
Venne distratto da un movimento accanto a sé, e ancor prima di girare la testa, Pietro seppe che Alessio si stava svegliando. Si voltò verso di lui, e lo osservò mentre apriva gli occhi con lentezza, l’aria stanca e stravolta del volto a dar l’impressione che non dovesse passarsela troppo bene.
-Che ore sono?- Alessio sbadigliò, la voce ancora impastata dal sonno, coprendosi gli occhi con un braccio.
-Non ne ho idea, non ho controllato- replicò semplicemente Pietro, sistemandosi meglio l’estremità del cuscino sotto la testa: avevano dormito entrambi solo con quell’unico cuscino, e Pietro si era meravigliato, al risveglio, di essersi addormentato comunque, nonostante il collo che gli doleva.
-Ma perché sei qui?- domandò ancora Alessio, massaggiandosi le tempie e tenendo ancora gli occhi chiusi, la fronte terribilmente aggrottata – Ho un mal di testa atroce, e non mi ricordo proprio come diavolo siamo finiti qui-.
Pietro tirò un sospiro di sollievo tra sé e sé: era una gran consolazione sapere che Alessio non aveva ricordi di come si era conclusa la serata, anche se ciò non voleva per forza dire che non l’avrebbe ricordato in seguito.
-Eri un tantino ubriaco, ieri sera- iniziò a spiegargli – Ti ci ho portato io qui, praticamente di peso-.
Evitò accuratamente di spiegare anche come mai anche lui avesse dormito lì, sperando che Alessio non insistesse nel saperlo. Le sue furono speranze vane:
-E come mai tu sei rimasto qui? Ci stiamo a malapena in questo letto-.
-Quel che ti ho detto anch’io ieri- sbuffò ironicamente Pietro, scuotendo il capo con fare sarcastico – Ma hai un po’ insistito per far sì che rimanessi-.
-Davvero?- Alessio sembrava sinceramente stupito nell’apprendere quella verità – quella mezza verità, pensò Pietro, per nulla intenzionato a fornirgli altri dettagli.
-Eri sbronzo, è ovvio che non stessi facendo o dicendo cose con molto senso- Pietro si morse il labbro, pentendosi di aver detto quelle parole: se Alessio non aveva agito ragionevolmente, allora anche lui stava per farlo. Baciarlo sarebbe stato un suicidio, una cosa insensata e dettata solo dall’istinto e dai fumi dell’alcool, e si sarebbe pure approfittato di Alessio, rendendo il tutto solo più difficile.
-Sono stato tanto terribile?-.
“Oh no, mi sei solo salito a cavalcioni come se volessi scopare con me”.
-Non così tanto-.
 
*
 
Lo sbattere della finestra lo svegliò di soprassalto, lasciandolo per i primi attimi ancora stordito ed incapace di riconoscere la realtà intorno a lui.
Pietro si mise a sedere mollemente, facendo leva con il braccio sul materasso: fuori si era alzata una brezza fresca, e doveva essere stata quella a far aprire ancor di più la finestra, facendola sbattere non troppo violentemente contro il muro esterno. Si stiracchiò svogliatamente, rimettendosi steso con un braccio appoggiato alla fronte. Dette un’occhiata veloce di fianco a sé, come se una parte di sé stesse ancora cercando qualcun altro. Insieme a lui, nel letto della sua camera, stavolta non c’era nessun altro.
Aveva sperato che dormire qualche ora nel pomeriggio avrebbe potuto fargli bene, rilassarlo un po’, ma a quanto pareva la sua era stata solo una speranza vana, di chi sa già in partenza di avere torto.
L’ultimo sogno in cui la sua mente lo aveva trasportato era ancora vivido, talmente tanto che ancora in quel momento, con gli occhi ben aperti e ormai decisamente sveglio, faticava a non reputarlo reale.
Aveva sognato la notte precedente, quando Alessio lo aveva sovrastato mettendosi a cavalcioni su di lui. Ricordava ancora ogni singolo particolare, perfino le sfumature della luce accesa nella camera. Concentrandosi riusciva perfino a sentire nelle narici il profumo di Alessio, mischiato a quello dell’alcool che aveva bevuto.
Pietro richiuse gli occhi, seguendo il fiume di pensieri e ricordi ancora intensi di quel sogno: rivedeva il volto di Alessio, così vicino al suo. Riusciva a sentire ancora una volta la sensazione delle sue labbra sulle sue, un po’ umide e morbide. Sentiva il calore dentro di sé crescere ancora, mentre rivedeva il se stesso del sogno prendere tra le mani il volto di Alessio, e accorgersi con sua somma sorpresa che approfondire quel bacio non sarebbe stato un problema. Sentiva ancora l’eccitazione del momento scorrergli in tutto il corpo, mischiata alla gioia e alla liberazione.
Ricordava che nel sogno aveva sorriso sulle labbra di Alessio, sentendosi completo per la prima volta in vita sua. Anche se quella non era la realtà, sentiva che con lui accanto tutto sembrava essere stato messo in ordine, come se più nessun elemento della sua vita stonasse.
Era un vero peccato che quell’ordine appartenesse solamente ad un sogno, a qualcosa che nella vita reale era irrealizzabile ed irraggiungibile, e che faticava persino ad ammettere.
Pietro scosse appena il capo, rassegnato, riaprendo gli occhi e alzandosi di scatto dal letto. Ormai era quasi sera, i raggi del sole cominciavano già a tingere del consueto color rosso il cielo.
Rimase fermo per alcuni secondi, cercando di captare qualsiasi rumore o movimento proveniente da qualche altra stanza dell’appartamento. Tutto ciò che riuscì a recepire fu un calmo silenzio, segno che doveva ancora essere da solo in casa.
Non aveva idea di quando Alessio sarebbe rientrato, anche se, prima di uscire con Alice quel pomeriggio, lo aveva avvertito che sarebbe tornato prima di cena. Sbuffò al pensiero di quanto la realtà che lo circondava fosse diversa da quella del suo sogno: Alessio non era lì con lui, non erano in un letto qualsiasi a baciarsi e ridere insieme. Non era nemmeno in casa, e Pietro sentì il cuore farsi più pesante nel rendersi conto che, invece, era Alice quella che probabilmente stava ricevendo quelle stesse attenzioni.
Se ne andò in cucina, la gola secca e l’umore ancor più a terra di quanto non lo fosse già quella mattina.
Era passato un mese dal primo sogno che aveva fatto. Non ne ricordava i particolari, ma era facile sapere cosa aveva sognato, e lo era perché tutti i sogni che faceva incentrati su Alessio erano simili tra loro. Si risvegliava sempre con l’immagine del suo viso stampata nella mente, e con la sensazione illusoria di aver baciato le sue labbra.
Non si era ancora abituato a quei messaggi che il suo inconscio gli mandava. Gli faceva ancora strano pensare a come sarebbe stato baciare Alessio – baciarlo per davvero, e non per qualche stupido scherzo come durante l’estate dell’anno prima-, assaggiarne il sapore e tenerlo stretto, vederlo steso sotto di sé a morire dal piacere, stretti in un unico corpo, o tenerlo semplicemente abbracciato, sfiorarne con le labbra ogni lentiggine del viso. Forse gli sarebbe bastato anche solo quello.
 
Deliver me, loving and caring
Deliver me, giving and sharing
Deliver me, the cross that I’m bearing
 
Quei sogni erano diventati una dolce tortura: erano l’unica realtà in cui poteva immaginare senza sentirsi disgustato da se stesso di poter vivere Alessio al di là dell’amicizia che c’era tra di loro, ed era anche una realtà che non sarebbe mai diventata tangibile, non nel mondo reale.
Poteva anche fare a meno di domandarsi cosa significassero quei sogni, se tanto sarebbero sempre rimasti solo tali.
Dopo aver bevuto un bicchiere d’acqua tutto d’un fiato, Pietro rimase per un po’ in piedi, appoggiato al tavolo della cucina. Fu in quel momento di apparente quiete che sentì la porta d’ingresso aprirsi, udendo due voci parlare allegramente tra di loro: non gli ci volle molto per riconoscere quella di Alessio, e non aveva dubbi che l’altra voce femminile, sebbene sconosciuta, fosse di Alice.
Pietro si bloccò sul posto, raggelato e incapace di compiere qualsiasi movimento: la porta non venne richiusa, e sperò che si fossero fermati sulla soglia per un ultimo saluto. Non aveva la minima voglia di conoscere Alice in quel momento, e sapeva di certo che, se Alessio gliel’avesse presentata, non sarebbe minimamente riuscito a nascondere il malumore e il livore che provava verso di lei.
“Sei un idiota”.
Sbuffò tra sé e sé, adirato con se stesso. Non conosceva davvero Alice, non davvero per poter dire che persona era, visto che l’aveva unicamente vista di sfuggita solamente alcune volte più di sei mesi prima. Non poteva giudicarla in base a quello.
Pietro azzardò qualche passo, muovendosi con movimenti felpati, verso l’ingresso: non riusciva a sentire che si stavano dicendo, e probabilmente nemmeno voleva saperlo davvero. Si mosse comunque, sperando che nessuno dei due captasse i suoi passi, e sperando di non farsi vedere.
Si avvicinò lentamente, sporgendo appena il viso oltre l’angolo del muro: Alessio era di spalle, appoggiato alla porta ancora aperta. Anche se non poteva vederlo in volto, Pietro era sicuro che stesse sorridendo allegro. Di fronte a lui, nascosta in parte dalla figura di Alessio, riconobbe Alice: non ricordava quasi più i tratti precisi del viso delicato, ma era comunque facile poterla identificare nella figura dai capelli rossi e dal corpo magro che gli si presentava davanti agli occhi. Era bella, lo doveva ammettere. Lo era nei tratti eleganti e fini, come quelli di un’aristocratica inglese. Anche il sorriso era armonioso, ed era un sorriso che raggiungeva anche gli occhi verdi dal vago tratto orientale.
In un certo senso, Alice gli ricordava un po’ Alessio, l’Alessio di quando si erano conosciuti. Gli ricordava il sorriso vivace che aveva anche lui, stampato sulle labbra e che gli illuminava gli occhi chiari, la stessa bellezza delicata e fresca. E il sorriso sincero di Alice, allo stesso modo, gli faceva percepire calore. Probabilmente, se l’avesse conosciuta in una qualche altra maniera, gli avrebbe anche ispirato simpatia.
La stessa simpatia che non poteva accordarle in quel momento, quando la vide sporgersi verso Alessio e lasciargli un bacio a fior di labbra. Vide con la coda dell’occhio Alessio trattenerla a sé, cingendole i fianchi, probabilmente per baciarla di nuovo ed approfondire quel contatto.
Sentì qualcosa crescere dentro di lui, qualcosa che gli teneva stretto il petto e lo faceva bruciare d’invidia. Pietro non attese oltre: percorse il corridoio in fretta a ritroso, non facendo più attenzione al rumore dei suoi passi, allontanandosi il più possibile dal punto in cui era rimasto fermo per quei lunghi secondi.
Avrebbe voluto tirare un pugno contro la parete, urlare per sfogarsi, e buttarsi di nuovo sul letto, lasciando scivolare le lacrime di esasperazione e rabbia verso se stesso.
Respirò a fondo, fermandosi appena fuori dalla sua camera, cercando di calmarsi; ascoltò distrattamente le voci di Alessio e di Alice provenire dall’ingresso, fino a quando non calò il silenzio, interrotto solamente dal chiudersi della porta d’entrata. Tirò un sospiro di sollievo, pensando che Alice doveva essersene finalmente andata via.
Eppure la consolazione fu fugace: si sarebbe ritrovato Alessio davanti in meno di due minuti, e sapeva già che non sarebbe stato in grado nemmeno di guardarlo in faccia.
Prima che Alessio potesse anche solo vederlo, nell’imboccare il corridoio, Pietro si infilò velocemente nel bagno, richiudendosi a chiave lì dentro.
Il silenzio che lo avvolse lo fece sentire al sicuro, la solitudine una vecchia compagna che non gli avrebbe chiesto spiegazioni per ciò che gli stava succedendo – al contrario di come sarebbe successo se avesse incrociato Alessio.
Aveva bisogno di una doccia, di sentire l’acqua fresca sul corpo, per cercare di scacciare almeno in parte i pensieri che gli riempivano la mente, per distrarsi da ciò che stava rifuggendo per l’ennesima volta. Mentre si spogliava velocemente, i gesti nervosi e bruschi, Pietro ascoltò i passi di Alessio dall’altra parte della porta: doveva essere appena entrato nella sua stanza, accanto al bagno.
Li ignorò, cercò di tenere lontani i pensieri che tentavano di affluirgli nella mente mentre si infilava nella doccia, aprendo il getto d’acqua tiepida: si rilassò solo un po’, mentre le gocce d’acqua gli scorrevano addosso, lasciandogli anche i capelli umidi e appiccicati alla fronte.
Tenere gli occhi chiusi, le palpebre abbassate, non gli impediva di rivedere nella sua mente l’immagine del bacio tra Alice ed Alessio. Si sforzava di non sovrapporre all’immagine di Alice l’immagine di sé, ma ogni tentativo gli stava risultando vano.
Sospirò forte, di nuovo teso e in collera con se stesso, perché non poteva essere colpa di nessun altro se non sua quella di ritrovarsi nelle situazioni peggiori, in cui pur sforzandosi non riusciva a trovare una via d’uscita. Era in un labirinto in cui non riusciva ad orientarsi e a districarsi.
Pietro si scostò i capelli bagnati dal viso, lo sguardo vacuo perso davanti a sé; gli tornarono in mente tutte le volte in cui Giulia e Caterina l’avevano preso in giro bonariamente, con le loro battute ed allusioni sul suo rapporto con Alessio. Era quasi ironico che forse, in fondo, quelle burle scherzose non fossero andate poi così distanti dalla realtà in cui si trovava ora.
Era un destino, ne era certo, che era toccato solo a lui.
Era solo lui a dover fare i conti con quei sogni, a cercare di reprimere sentimenti che ancora faticava a comprendere.
Era solamente lui a struggersi per qualcosa che non avrebbe portato a nulla di buono e a nulla di vero.
Ed era sempre lui, di questo ne era sicuro, che aveva cercato di negare fino all’ultimo ciò che era successo, qualcosa che non avrebbe mai creduto possibile – almeno prima di Alessio.
Non poteva più scappare dall’evidenza, perché anche se credeva di non essere mai stato innamorato sinceramente in vita sua sapeva, in cuor suo, che stavolta era successo davvero. Non c’era più solo amicizia, quello era un confine che aveva già oltrepassato da chissà quanto tempo, quando ancora non se ne rendeva conto, quando ancora si confondeva e cercava di ripetersi che era tutto nella norma.
Non aveva nemmeno idea di quando fosse davvero iniziato tutto quello. Era stato qualcosa che era cresciuto in lui pian piano, quasi impercettibilmente. Non ricordava nemmeno quando aveva cominciato esattamente ad avere delle certezze maggiori riguardo a ciò che provava: forse era stato quando aveva iniziato a provare quella gelosia e quell’ostilità verso Alice, o forse quando aveva iniziato a chiedersi come sarebbe stato baciare Alessio, stare con lui non solo come amico.
Forse non era per nessuno di quei motivi, o forse per tutti, ma non gli importava davvero.
L’unica cosa che gli importava, e che sapeva, era che essersi innamorato di Alessio era il più grande passo falso che avesse mai fatto in tutta la sua vita, perché Alessio era un ragazzo, esattamente come lo era lui.
Forse quella era la cosa che più lo destabilizzava – ancora più che pensare che la persona in questione fosse proprio Alessio-, perché non si era mai posto in vita sua l’interrogativo che potesse essere un ragazzo a suscitargli emozioni del genere.
Era qualcosa di più grande di lui, che non sapeva gestire, che neanche riusciva a chiamare con il suo nome qualunque esso fosse.
Era un vicolo cieco in cui si ritrovava da solo, e in cui sarebbe sempre stato solo.
Forse in fondo ancora una parte di sé sperava di essersi sbagliata, che quello non fosse davvero amore – anche quando nemmeno se la riusciva ad immaginare la sua vita senza Alessio.
Non  poteva fare niente, se non provare a reprimere tutto ciò che aveva dentro di sé.
Pietro sbuffò, mollando un pungo contro la parere di piastrelle: non fu forte, anche se sentì dolore alle nocche. Il dolore gli percorse la mano fino al braccio, facendogli strizzare gli occhi, le labbra chiuse in un tacito imprecare,  mentre si sentiva vacillare sempre di più.
 
All of my life I was in hiding
Wishing there was someone just like you
Now that you’re here, now that I found you
I know that you’re the one that pulls me through
 
-Pietro? Va tutto bene?-.
La voce di Alessio lo raggiunse pochi attimi dopo, da dietro la porta chiusa del bagno: doveva aver sentito il suo pugno contro la parete, ed essersi allarmato. Sentire la sua voce in quel momento, però, fu un po’ come ricevere un pugno in faccia lui stesso.
-Sto bene!- Pietro sbottò con irruenza.
Aveva lasciato trapelare tutto il nervosismo che ancora si teneva dentro, e sperava solamente che Alessio non ci desse troppa importanza. Non lo sentì rispondere alcunché, né si fermò per ascoltare se si fosse allontanato dalla porta; se ne uscì velocemente dalla doccia, trattenendo a stento le lacrime di rabbia che ancora premevano agli angoli degli occhi.
Si sentiva così stupido, in quel momento, e così solo che non riusciva nemmeno a sopportare il suono della voce di Alessio. Non voleva vederlo, sapendo che una volta uscito da lì non sarebbe più potuto scappare, non voleva aprire la porta per uscire e trovarselo davanti.
Si asciugò in fretta, e con gli stessi movimenti repentini si rivestì. Prese un respiro profondo, prima di afferrare la maniglia della porta e abbassarla, rimanendo per i primi secondi stupito e innervosito nello scoprire che Alessio non si era mosso di un solo passo: gli era di fronte, in quel momento, lo sguardo interrogativo e come in attesa di una spiegazione migliore da parte di Pietro.
Doveva aver fatto caso al suo sguardo torvo e per nulla conciliante. Pietro lo vide abbassare per un attimo gli occhi, prima di prendere parola ancora una volta, per nulla convinto:
-Ehi, sei sicuro di stare bene? Ho sentito dei rumori … -.
-Non ho niente- Pietro si trattenne a stento dall’alzare la voce, oltrepassando Alessio con rapidi passi e raggiungendo così la sua camera – Quanto ti ci vuole a capire che non ho niente?-.
Prima che Alessio potesse anche solo pensare di rispondergli, sbatté la porta dietro di sé, richiudendola con un tonfo sordo. Si buttò sul letto ancora sfatto, il groppo in gola sempre più fastidioso e impossibile da ignorare.
-Sì, come no, stai proprio benissimo!- Alessio sembrava ancora non voler demordere: aveva alzato la voce a sua volta, più per voler farsi sentire al di là della porta chiusa, che non per la rabbia – Si può sapere che ti è preso?-.
“Tu”.
Pietro non rispose, rimanendosene in silenzio: non voleva parlare con la voce spezzata, né tantomeno voleva parlare di ciò che realmente lo stava pian piano uccidendo. Non riusciva nemmeno ad immaginarsela, la faccia di Alessio, se gli avesse raccontato tutto quel gli stava passando per la testa: probabilmente, in un caso simile, sarebbe anche stata l’ultima volta che avrebbe potuto rivedere il suo viso.
Nascose la faccia sul cuscino, in un pianto silenzioso.
Avrebbe voluto urlare, ma poteva farlo solo dentro di sé.
 


L’amore era crudele.
Riaprì la porta della sua stanza con quella consapevolezza a fargli compagnia.
Era passata più di un’ora da quando si era rinchiuso lì dentro; Pietro rimase per qualche attimo fermo sulla soglia della camera, chiedendosi se avesse gli occhi rossi o il volto così tramortito da non lasciare dubbi sul fatto di aver pianto per la maggior parte del tempo.
Aveva soffocato i singhiozzi sprofondando nel cuscino, bagnandolo di lacrime salate e mordendolo per costringersi a non farsi sentire. Fortunatamente Alessio l’aveva lasciato stare in fretta: dopo aver bussato ancora un paio di volte aveva rinunciato. Si era allontanato, e in quel momento Pietro aveva sentito come qualcosa incrinarsi dentro di lui: in un certo senso si stava allontanando da lui non solo fisicamente, ma in ogni senso possibile.
E lui non avrebbe fatto nulla per impedirglielo.
Pietro prese un respiro profondo, mordendosi il labbro inferiore: era consapevole di non essere ancora pronto per rivedere Alessio quella sera, ma non poteva nemmeno evitarlo ulteriormente. Immaginava già come potesse essere preoccupato, e combattuto nell’insistere ancora nel chiedergli che gli fosse successo.
Fece un passo in avanti, seguito da pochi altri. La luce della cucina era accesa, segno evidente che Alessio doveva essere lì, e non nella sua camera: ancora pochi passi e si sarebbe trovato addosso gli occhi azzurri e apprensivi di colui che, pur inconsapevolmente, era la reale causa di tutto quel suo malessere.
Pietro barcollò un po’, nel compiere gli ultimi passi che lo separavano dalla cucina; non era nemmeno riuscito a trovare una scusa decente per giustificare quel suo comportamento, e a quel punto poteva solamente sperare che Alessio si fosse messo l’anima in pace, e che non insistesse di nuovo nel volere sapere cosa gli stesse capitando.
Arrivò sulla soglia della cucina, e in meno di un attimo individuò la figura di Alessio: se ne stava in piedi, la fronte corrucciata e lo sguardo pensieroso, intento a prendere da un cassetto la tovaglia da mettere sul tavolo per la cena. Doveva aver sentito la porta della camera di Pietro aprirsi, e poi i suoi passi, perché non parve affatto sorpreso nel vederlo lì, di nuovo fermo sulla soglia. Sembrava solamente impensierito, rabbuiato in volto e forse indeciso sul da farsi.
-Che preferisci per cena?-.
Alessio fu di nuovo il primo a parlare dopo diversi attimi di silenzio, e Pietro rimase inizialmente interdetto: sembrava una domanda buttata lì, come se la situazione fosse stata una delle più banali e normali possibili. Sembrava quasi che un’ora prima non fosse successo nulla, anche se lo sguardo di Alessio tradiva ancora una certa inquietudine.
Pietro si sentì sollevato: se quello di Alessio era un tentativo per lasciarsi tutto alle spalle, e fare finta di nulla, gli andava bene così. Doveva aver capito da solo che insistere non lo avrebbe portato ad alcuna risposta da parte sua.
-Per me è lo stesso- borbottò finalmente Pietro, con voce rauca, avanzando a passi lenti verso l’interno della cucina ma mantenendosi a una certa distanza dall’altro – Decidi tu cosa, e poi cucino io-.
Aveva parlato nel modo più indifferente possibile, senza trovare il coraggio per ricambiare lo sguardo di Alessio, che l’aveva seguito senza staccare gli occhi da lui nemmeno per un attimo.
Pietro aprì la credenza, prendendo un bicchiere da poter riempire con un po’ d’acqua fresca: sentiva la gola tremendamente secca, e voleva togliersi il sapore salato delle lacrime dalle labbra. Fece per afferrare la bottiglia dell’acqua accanto al rubinetto, e in quel momento vide con la coda dell’occhio che Alessio si era fatto maledettamente vicino.
Si girò verso di lui, curioso e incapace di capire cosa volesse fare: non voleva contatti fisici con lui, non in quel momento. Voleva essere solo lasciato in pace, eppure non si divincolò, né fece nulla per evitare che Alessio gli passasse un braccio attorno alle spalle, cingendolo in un timido ed alquanto impacciato abbraccio. Lo sentì appoggiare il mento sulla sua spalla, e Pietro si costrinse a rimanere immobile, lo sguardo avanti ed abbassato, deciso a non voltarsi indietro per non ritrovarsi troppo vicino alle labbra di Alessio.
“Perché non puoi essere una ragazza?”.
-Se è successo qualcosa me lo puoi dire, se vuoi- la voce di Alessio era appena udibile anche a quella distanza, delicata e gentile come poche volte Pietro l’aveva sentita – Forse prima o poi ne vorrai parlare. Ci sono anche io per te-.
Pietro dovette lottare contro se stesso per non voltarsi verso l’altro. Avrebbe voluto ricambiare l’abbraccio di Alessio, dirgli che gli dispiaceva per come l’aveva trattato, dirgli che fino a quando lui gli sarebbe stato vicino sarebbe potuto andare tutto bene, che forse la sua presenza avrebbe potuto anche rendere più sopportabile il ribrezzo che provava per sé. Non riuscì ad articolare nessuno di quei pensieri, rimanendosene in un silenzio che sembrava poter parlare più di qualsiasi frase o parola.
“Sarebbe tutto più facile se lo fossi”.
Lasciò che Alessio lo abbracciasse, con la consapevolezza che quei gesti d’affetto sarebbero stati il massimo che avrebbe potuto ottenere da lui.
Gli sembrava di essere precipitato in un inferno, dal quale non sarebbe riuscito a liberarsi per molto tempo.
 
Deliver me
Oh, deliver me
Won’t you deliver me?[1]
 
*
 
Sin da quando aveva aperto gli occhi quella mattina, Pietro aveva pensato che quella fosse la giornata ideale per restarsene a poltrire in spiaggia. Era una giornata abbastanza ventilata ma faceva caldo ugualmente, anche non in maniera esagerata nonostante fosse solo il 6 di settembre. Gli sarebbe bastato prendere un traghetto, arrivare al Lido veneziano, affittare un ombrellone e buttarsi a capofitto su una sdraio. Dormire, abbronzarsi, restarsene lì senza pensieri.
Avrebbe potuto farlo benissimo, ma per quella giornata i piani sembravano dover andare in tutt’altro modo.
Il fatto che Alice fosse partita giusto una settimana prima per l’Inghilterra, dove sarebbe rimasta altri dieci giorni, non avrebbe cambiato poi molto a Pietro. Non gli avrebbe cambiato nulla neanche il fatto che in quel periodo Filippo si fosse ripromesso di passare praticamente tutti i giorni da Giulia, a Borgovento, o che Nicola continuasse a vedersi con Caterina, offrendosi volontario per aiutarla a sistemare l’appartamento a Venezia prima dell’inizio dell’anno accademico. No, davvero, non gli sarebbe cambiato davvero niente, se non fosse che già da qualche giorno Alessio aveva cominciato a prendere in considerazione l’idea di fare una scampagnata da qualche parte, prima di rimettere mano ai libri, e non trovando nessun altro da bersagliare con quella proposta se non lui – visto che nessun altro era disponibile a fargli compagnia, ovviamente, la scelta era ricaduta sull’unico che non aveva altri impegni.
Pietro non sapeva perché gli fosse venuta in mente l’idea di un’escursione ad Asiago. Alessio non gli era mai sembrato il tipo da montagna. Mai nominata, mai espresso il desiderio di andarci, eppure eccolo lì a buttargli l’amo praticamente ogni giorno da una settimana a quella parte. Aveva insistito ugualmente per organizzare quell’uscita.
Pietro aveva accettato perché una parte di sé agognava un viaggio da soli loro due come nessun altra cosa. Ciò non toglieva il fatto che si sarebbero trovati da soli, per tutto il giorno, e che ciò lo spaventava altrettanto a morte.
Sarebbe stato diverso da quando erano a casa, insieme: almeno, lì, poteva cercare rifugio in un’altra stanza, o rinchiudersi direttamente nella sua camera con una qualsiasi scusa.
“E forse sarebbe stato meglio così”.
-Pronto per la partenza?-.
Pietro fu costretto a scrollarsi di dosso quei pensieri quando lo raggiunse la voce di Alessio. Erano appena usciti di casa, zaini sulle spalle, diretti a piedi verso la zona della stazione di Santa Lucia, dove lì vicino avrebbero recuperato un’auto a noleggio. Anche quella era stata un’idea di Alessio, e Pietro non aveva avuto nulla da obiettare – forse perché si era tenuto parecchio in disparte anche nell’organizzare quel viaggio.
Impossibilità di scappare dal finestrino dell’auto o di far perdere le sue tracce in giro per Asiago: cominciava ad abituarsi a quella consapevolezza che ormai aveva da giorni, a tal punto che cominciava quasi a considerarsi tranquillo di fronte alla prospettiva di quel sabato – anche se continuava ad essere dell’idea che il mare, anziché la noiosa montagna, gli avrebbe reso più facile accettare il tutto.
-Chiedimelo quando avremo recuperato l’auto- bofonchiò Pietro, gli occhiali da sole calati a proteggergli gli occhi. Udì la risata sommessa di Alessio, e il suo cuore fece un tuffo.
Gli bastò quello per ricordare che, nonostante tutto, sarebbe stato comunque tempo passato insieme a lui. Poteva avere l’illusione, almeno durante quella giornata, di poterlo avere totalmente per sé, senza doverne rendere conto a nessuno, forse anche senza dover pensare a tutta la vergogna che provava per se stesso.
Arrivarono alla meta in meno tempo del previsto: recuperarono l’auto noleggiata, Alessio pagò, e ci si avviarono in silenzio.
Pietro si costrinse costretto a sedersi al posto dell’accompagnatore. Quando si azzardò a lanciare un’occhiata all’altro, Alessio sembrava così contento che quasi Pietro si sentì quasi colpevole nell’aver pensato a quanto potesse essere una pessima idea: Alessio ne era entusiasta, e si vedeva. Sembrava tenerci particolarmente a quella scampagnata, per ragioni che a Pietro continuavano a sfuggire.
-Non sono ancora riuscito a capire cosa tu ci trovi di così fantastico in Asiago, comunque- si lasciò scappare, cercando di non incrociare lo sguardo di Alessio, con la scusa di dover buttare nel sedile posteriore lo zaino con le scorte che sarebbero servite loro durante la giornata.
Gli risultava ancora fin troppo difficile rivolgersi normalmente ad Alessio. Non riusciva ancora a cercare quegli occhi azzurri quando gli parlava, troppo timoroso che l’altro potesse leggere negli occhi di Pietro ciò che si era accorto di provare per lui.
La mancanza di quel contatto tra di loro gli aveva fatto crescere dentro una nostalgia che, a tratti, si faceva sentire più di qualsiasi altra cosa.
-Mi mette allegria- rispose semplicemente Alessio, con tono vivace, mentre accendeva il motore, girando la chiave – E poi è anche per cambiare. Andiamo sempre negli stessi posti … Facciamoci un’ora e mezza di strada, e andiamo da un’altra parte, no? Che sarà mai-.
-Ai vostri ordini, maestà- disse ironicamente Pietro, ottenendo così una leggera pacca sulla gamba dall’altro. A quel contatto, anche se durò pochi secondi, sentì salire dei brividi lungo la schiena, mentre il punto in cui la sua mano lo aveva toccato sembrava aver preso fuoco.
Pietro respirò a fondo, cercando di dissimulare quell’effetto che gli aveva causato Alessio: ormai si stava abituando a fare finta di niente quando l’altro lo toccava, o lo guardava troppo, anche se ogni volta stava diventando sempre più difficile ignorare le reazione del suo corpo e della sua mente.
Cercò di distogliersi da quei pensieri: se già appena partiti cominciava ad avere problemi, non osava pensare cosa sarebbe potuto succedere prima di sera.
Quando giunsero quasi all’autostrada, Pietro già sentiva la testa girare. Non aveva dormito molto la notte precedente, ed ora, tra il rombo del motore e la guida tranquilla di Alessio, cominciava ad essere provato dalle ore di sonno perse. Cercò di non lasciare che le palpebre si chiudessero, nonostante la loro pesantezza si facesse sempre più grande ed evidente. Stava facendo sempre più fatica a rimanere sveglio, mentre i pensieri di facevano più confusi, meno razionali.
Non voleva addormentarsi, non lì con Alessio, ma dovette cedere non molto tempo dopo, quando, dopo aver chiuso gli occhi pensando di tenerli così solo per pochi secondi, quelli non divennero parecchi minuti, mentre il rumore dell’auto si faceva sempre più distante e sfumato.
 


Una melodia.
Una melodia dolce, lenta, le note sempre meno sfocate e la musica sempre più percettibile.
Pietro dovette aspettare più di qualche secondo, e socchiudere appena gli occhi, prima di rendersi conto che doveva essersi addormentato, e che Alessio doveva aver acceso la radio, lasciandola a volume basso.
Mosse appena il capo, guardando fuori dal finestrino: avevano appena girato per l’uscita dell’autostrada del Valdastico.
Pietro si dette dell’idiota; doveva aver dormito per parecchio tempo, visto che avevano già fatto metà del tragitto. Doveva essere passata quasi un’ora, un’ora di sonno in cui aveva sognato ancora Alessio.
Il nervoso che gli salì fu molto meno intenso rispetto al senso di colpa che lo attanagliò, il vuoto che sentì dentro di sé.
Sognare Alessio mentre lo baciava, così, senza un reale motivo, rendeva il tutto più difficile. Come se la realtà non potesse essere già abbastanza dura, come se pensare a lui ogni notte ed ogni giorno non fosse sufficiente.
 
When the day is long, and the night
The night is yours alone
 
Non poteva neppure scendere dall’auto ed allontanarsi per un po’. La scusa di fermarsi in qualche auto grill non sarebbe servita altrettanto a nulla: dopo dieci minuti sarebbe dovuto tornare di nuovo lì, con a fianco Alessio.
Pietro girò quasi impercettibilmente il capo, per non farsi scoprire sveglio, mentre dalla radio continuava la canzone con cui si era svegliato. Con gli occhi socchiusi, non completamente girato verso di lui, Pietro lasciò vagare lo sguardo sulla figura di Alessio.
Era così vicino a lui che gli sarebbe bastato allungare una mano e lasciargli una carezza sul braccio, su una gamba, o sul viso. Sulle labbra. Le aveva appena dischiuse, inumidite. Neppure Pietro si rendeva conto di quanto poco gli sarebbe servito per allungarsi verso di lui, e baciarlo, su quelle stesse labbra, sfiorando appena le guance ispide coperte dalla barba scura, e proseguendo verso il neo proprio vicino al labbro superiore.
Quelle labbra erano le stesse che lo avevano fatto stare male durante tutti i loro litigi, urlandogli parole sprezzanti; ma tutte le altre volte, ogni giorno, d’altra parte, erano pronunciate proprio da quelle labbra non particolarmente carnose tutte le parole che rendevano migliori le sue ore.
Lo sguardo scivolò altrove, attirato dal movimento delle mani di Alessio mentre ruotava appena il volante verso sinistra. Poteva dire almeno di conoscere il tocco delle sue mani: gentile, delicato. Anche quando gli dava quelle pacche scherzose, c’era sempre qualcosa in Alessio che rendeva quei contatti come delle carezze.
Gli piaceva essere toccato da lui, anche se, probabilmente, Alessio non dava lo stesso significato ai suoi gesti come Pietro era costretto a farlo da un po’ di tempo. Di certo non si accorgeva del tutto dell’effetto che gli causava, dopo che le sue mani lo avevano sfiorato.
Pietro si sforzò di non sbuffare: si sentiva ridicolo nel formulare quei pensieri. Sperò con tutto se stesso che gli occhi di Alessio non incrociassero i suoi, scoprendolo sveglio. E soprattutto, sperava di non incrociarli dopo aver pensato a come sarebbe stato baciarlo, ad essere accarezzato da lui.
Gli facevano quasi paura, gli occhi di Alessio. Era irrazionale pensare che potesse intuire qualcosa solo così, lo sapeva, ma il dubbio era sempre lì.
Si chiese, di nuovo, come avrebbe potuto reagire Alessio scoprendo la verità. Pietro non riusciva davvero ad immaginarlo: la sola idea di vederlo andarsene lo faceva stare male. Il pensiero di non rivedere più quegli occhi azzurri lo soffocava, lo mandava in crisi completa.
Ma poi, come avrebbe reagito chiunque altro nel venirlo a sapere?
Pietro rabbrividì di paura e terrore al solo pensiero.
 
When you're sure you've had enough of this life
Well hang on
 
“Non riuscirò mai a farmene una ragione”.
Una ragione su cosa – su di sé che si riscopriva innamorato di un ragazzo, qualunque cosa volesse significare, o su Alessio e tutte le implicazioni che ciò comportava- non lo sapeva ancora nemmeno lui.
Non aveva idea del perché doveva essersi innamorato proprio di lui, del perché proprio di Alessio. Non aveva una risposta precisa, non ancora, perlomeno. Riusciva a malapena ad ammetterlo a se stesso.
Forse c’erano solo troppe ragioni per cui era successo.
Sapeva soltanto che con lui stava bene, meglio più di quanto non fosse stato con chiunque altro – forse non solo negli ultimi anni, ma in tutta la sua vita fino a quel momento. Si sentiva se stesso, anche se ora doveva nascondere quella parte di sé di cui non poteva più ignorare l’esistenza.
Nonostante tutte le loro differenze, nonostante la pensassero in modo diverso sulle più svariate cose, c’erano così tanti motivi per cui si sentiva come attirato dall’essenza di Alessio.
Gli piaceva il modo in cui Alessio gli parlava, il modo in cui gli si avvicinava. Lo trovava tremendamente dolce, nella sua insicurezza e nel suo modo di agire sempre defilato come se sotto la corazza vi fosse uno strato di vulnerabilità e di paura. Pietro avrebbe voluto dirgli ogni volta che poteva sostenersi a lui ogni volta che ne aveva bisogno, che per lui l’avrebbe fatto sempre.
E poi c’erano i sorrisi e i momenti di contentezza quotidiana, come quando quella stessa mattina erano partiti. Forse era quello il vero motivo per il quale Pietro aveva accettato di seguirlo: vederlo sorridere, sapere quanto stesse bene, dava già molto più senso alle sue giornate.
Ed era anche tutto così dannatamente melenso, Pietro se ne rendeva conto. Eppure, mentre lasciava il viso di Alessio, spostando lo sguardo verso l’esterno del finestrino, non poté fare a meno di pensare che, alla fine, non era poi così strano pensare quelle cose, non più.
Ci si sentiva così ad essere innamorati per davvero?
Pietro sentì una fitta: poter pensare che anche l’altro potesse sentire lo stesso era pura utopia, forse anche per il fatto che non credeva avrebbe mai trovato anche solo la forza per riuscire a dirlo ad alta voce senza sentirsi sprofondare nella vergogna più nera.
Era incredibile come certe volte il nemico più grande è rappresentato da noi stessi.
Per qualche istante lo sfiorò la possibilità che un giorno Alessio potesse provare lo stesso per lui. A quella prospettiva si sarebbe sentito meno disgustato, avrebbe preferito affrontare il mondo intero piuttosto che perdere Alessio? Come avrebbe reagito di fronte alla possibilità di stare con la persona di cui era innamorato?
Pietro non ne aveva alcuna idea. Forse perché sapeva che, in fondo, non sarebbe mai successo nulla di simile.
 
Don't let yourself go
‘Cause everybody cries and everybody hurts
Sometimes
 
-Vorrei proprio sapere dove certa gente ha preso la patente, tipo questo demente davanti a noi!- sbottò d’un tratto Alessio, distraendo Pietro dai suoi pensieri – E muoviti, cretino!-.
Pietro non riuscì a trattenersi dal girarsi verso di lui, e scoppiare a ridere subito dopo aver notato la smorfia nervosa dipinta sul volto di Alessio.
La risata di Pietro lo fece girare, stupito: a quanto pareva  non si era davvero accorto che fosse sveglio già da un po’.
-Oh, ti ho svegliato- Alessio lo guardò con fare pentito, arrossendo appena, e tornando a puntare gli occhi davanti a sé, sulla strada subito dopo – Scusami. Colpa del tizio che abbiamo davanti. Con l’auto è più pericoloso di me quando tento di cucinare qualcosa-.
-Allora è davvero un kamikaze- replicò abbastanza tranquillo Pietro, sicuro di essersi guadagnato una terribile occhiataccia, ma non trovandone conferma perché aveva già distolto lo sguardo – Comunque ero già sveglio, più o meno-.
-Meno male- Alessio riprese un ritmo di guida tranquillo, voltandosi in un secondo verso Pietro – Ormai manca poco. Qualche tornante in salita, e dovremmo esserci. Nulla di che-.
-Qualche tornante?- Pietro riuscì a stento a trattenere una risata amara, al pensiero della strada tortuosa che li attendeva. Aveva sempre odiato la montagna proprio per tutti quei maledetti tornanti che bisognava fare ogni volta, e che inevitabilmente gli causavano una nausea pazzesca.
-Lo sai, vero, che non ci saranno giusto due tornantini da niente per arrivare ad Asiago?- continuò,  osservando con disappunto che Alessio non sembrava per niente turbato da quella prospettiva – Cerca almeno di andare piano, o giuro che ti vomito in auto-.
-In quel caso ti farò da infermiere, ma solo perché mi stai simpatico- Alessio rise appena, il sorriso allegro stampato in viso – Anche se in pratica mi hai dato del kamikaze-.
Non sembrò fare caso allo sguardo perso di Pietro, né al fatto che rimase in silenzio; probabilmente doveva aver pensato di averlo offeso in una qualche maniera, dato che Alessio non lo prese di nuovo in giro, né aggiunse altro a sua volta.
Pietro si voltò di nuovo verso il finestrino, stringendosi nelle spalle e soffocando il singhiozzo che gli si stringeva in gola.
Gli era simpatico.
Certo, nulla di strano o di sorprendente: erano amici, erano coinquilini, si conoscevano da anni. Era ovvio che Alessio lo trovasse simpatico, ma cos’altro poteva pensare di lui, oltre a quello? Alessio aveva parlato senza implicare qualcosa di più, nelle sue parole: di certo non l’aveva detto per farlo sentire ancora peggio di quel che si sentiva già, ma quella sottolineatura lo stava facendo sprofondare nella delusione.
Una lacrima solitaria sfuggì al suo controllo, andando a rigargli la guancia arrossata; cercando di muoversi il meno possibile per non dare nell’occhio, Pietro si passò una mano in viso, cancellando quell’unica traccia visibile della sua debolezza.
 
Sometimes everything is wrong
Now it’s time to sing alone
 
Sperò che quella giornata potesse finire il prima possibile – e allo stesso tempo, in un dissidio interiore che sembrava destinato a proseguire ancora per molto, quanto sperava che ogni giorno potesse essere così: lui e Alessio soli, insieme, da qualche parte in giro, o anche semplicemente nel loro appartamento. Senza più confini che li relegassero ad un’amicizia che a Pietro, ormai, andava fin troppo stretta. In quel momento quella gli parve solo una realtà irrealizzabile, qualcosa che poteva esistere solo nei suoi pensieri, perché sapeva che anche così non se la sarebbe mai vissuta tranquillamente.
Chiuse gli occhi, appoggiando la fronte alla superficie del finestrino, beandosi del calore riflesso del sole alto in cielo: era una giornata splendida, quella, una di quelle in cui la luce solare pareva in grado di illuminare anche gli angoli più scuri e nascosti del mondo.
Dentro di sé, invece, Pietro si sentiva inevitabilmente appassire, come un bel fiore lasciato senza cure e senza acqua vitale.
 
Well, everybody hurts sometimes
Everybody cries
Everybody hurts sometimes
And everybody hurts sometimes
 
*
 
L’aria frizzante e pura della montagna gli riempì i polmoni in un respiro profondo e liberatorio. Pietro si guardò intorno, accorgendosi che non c’erano poi tante auto a percorrere quella strada in mezzo ai tornanti e ai prati verdi di quella montagna.
Non si trovavano distanti dalla loro meta, ma in un certo senso Pietro era contento di quella sosta temporanea: non ne poteva più di starsene seduto in auto, al caldo, con la nausea sempre più forte.  Quella pausa sul ciglio di una strada lievemente in salita lo stava decisamente aiutando. Alessio non aveva resistito, e pochi minuti prima aveva accostato l’auto, scendendo con l’intento di fare qualche foto; Pietro si era ritrovato a seguirlo comunque, giusto per respirare un po’ d’aria fresca e per sgranchirsi le gambe, non certo per scattare foto a ripetizione come stava facendo l’altro.
Lasciò però il proprio sguardo vagare per il paesaggio sperduto e rigoglioso che gli si presentava davanti agli occhi, le montagne più alte che li circondavano. Quel posto era davvero bello: gli sterminati prati verdi, dove una piccola mandria di mucche stava brucando poco più in là da dove si trovavano loro, e la sagoma azzurra delle montagne all’orizzonte gli donavano la sensazione di tranquillità eterea che, in quel frangente, gli serviva. Non era mai stato amante della montagna in vita sua, eppure in quel momento non avrebbe voluto essere da nessun altra parte se non lì, a respirare a pieni polmoni sotto il sole di settembre, appoggiato con la schiena conto l’auto e sorridendo appena verso l’orizzonte.
-Fosse per me rimarrei qui steso al sole tutto il giorno- Alessio gli si rivolse dopo interminabili minuti di silenzio, dopo aver scattato l’ennesima foto –Qui, sul prato a non fare nulla, smettendo di pensare a qualsiasi cosa … Niente problemi, niente pensieri, niente ansie. Sarebbe il paradiso-.
-L’aria di montagna ti rende un vero poeta, noto- replicò Pietro, portando lo sguardo su Alessio, poco distante da lui.
-Magari mi arriva meglio l’ossigeno al cervello, e così penso in maniera migliore- Alessio si voltò verso di lui, il sorriso stampato sul viso e ancor più luminoso del solito. Pietro non riuscì a non ricambiarlo: sotto la luce del sole i capelli biondi di Alessio sembravano più chiari, quasi dorati, e le lentiggini del viso si facevano più visibili. Sarebbe potuto sembrare un ragazzino, visto così, se non fosse stato per la barba incolta sulle guance.
-Hai finito di fare foto, o hai intenzione di farne un altro centinaio?- riprese a parlare Pietro, prendendolo in giro. In tutta risposta Alessio riportò il telefono in alto, scattandogli una foto in meno di un secondo, e lasciando Pietro completamente disorientato.
-Mi mancava solo una foto fatta a te-.
Alessio rise di nuovo, di fronte allo sguardo impietrito dell’altro. Fece un passo indietro, per mirare meglio al paesaggio che si estendeva alle loro spalle, ma appena mise giù il piede, Pietro lo vide ruzzolare giù, in un grido sorpreso. Doveva aver beccato l’unico punto in cui doveva esserci una buca o un leggero smottamento nel terreno.
-Non ci posso credere- Pietro si staccò dall’auto, facendo qualche passo avanti: Alessio era lungo disteso sul prato, un braccio alzato per impedire al telefono di cadere e sbattere a terra. Sembrava illeso, e alquanto irritato per la sua stessa caduta.
-Davvero, se avevi voglia di stenderti sull’erba potevi farlo anche in maniera meno plateale- Pietro trattenne a stento le risate, fino a quando non riuscì più a fermarsi dall’incrociare lo sguardo minaccioso dell’altro.
-Sto morendo dalle risate per la tua splendida battuta, sul serio- replicò piccato Alessio, cercando di rialzarsi velocemente e con nonchalance, come se non fosse successo nulla.
Pietro si lasciò sfuggire un altro sorriso nell’osservarlo alzarsi e tornare verso l’auto: se solo avesse aspettato ancora qualche secondo, di certo sarebbe andato lui stesso a dargli una mano per tirarlo su. Aveva preso un colpo quando l’aveva visto ruzzolare in quel modo, e una sorta di istinto di protezione l’aveva inevitabilmente invaso. Ora, nel guardarlo corrucciato e con i capelli del tutto in disordine, invece, avrebbe solamente voluto stringerlo a sé, senza un motivo in particolare.
-Come mai mi stai guardando così?-.
La voce di Alessio lo riportò con i piedi a terra, nel momento stesso in cui se lo ritrovò ad affiancarlo. Pietro corrugò la fronte, d’un tratto sul chi va là:
-Così come?-.
-Dolcemente, direi- Alessio gli rispose con un sorriso sghembo a increspargli le labbra. Pietro sbuffò, sollevando gli occhi al cielo: non avrebbe potuto sempre trovare delle scuse per giustificare certi sguardi, certi gesti. Già in quel momento si trovava in difficoltà, e sperò che Alessio attribuisse il rossore delle sue guance al caldo, e non all’imbarazzo che l’aveva appena colto.
-Per prima cosa: non ti stavo guardando così- iniziò a dire, distogliendo lo sguardo – E poi temevo solamente che saresti finito male, dopo essere inciampato. È stato un sollievo sapere che non avrei dovuto chiamare un carro funebre per riportarti indietro-.
-Se fossi finito così tanto male come minimo ti saresti disperato- replicò Alessio, ancora con lo stesso ghigno astuto rivolto al volto serio di Pietro – Come faresti a vivere senza di me?-.
Pietro rimase per qualche attimo attonito, a quelle parole.
“Sta solo scherzando”.
Sapeva che Alessio non era serio, glielo leggeva in faccia, ma si sentiva strano ugualmente. Sperava solamente che Alessio non intuisse di avere detto qualcosa di assolutamente vero.
Di fronte all’improvviso silenzio prolungato di Pietro, si mise a ridere sommessamente.
-Non prendere fuoco, mi raccomando- Alessio lo provocò di nuovo, ridendo più forte nel notare le gote di Pietro arrossate come non mai – Nemmeno io voglio chiamare un carro funebre per riportare il tuo corpo a casa-.
Alessio gli diede una pacca sulla spalla, che Pietro recepì più come una carezza affettuosa. Si morse il labbro inferiore, impedendosi di fare qualsiasi gesto istintivo come fiondarsi sulle sue labbra; doveva sforzarsi di fare finta di nulla, agire come avrebbe fatto mesi prima, quando ancora tutto sembrava normale.
-La vuoi piantare di prendermi per il culo?- sbottò, fintamente offeso. Alessio, in tutta risposta, scoppiò in una risata fragorosa, che si fece ancora più forte quando Pietro, per ricambiare la pacca ricevuta,  fece finta di dargliene una sulla schiena. Nel movimento troppo veloce per scostarsi Pietro vide Alessio perdere di nuovo l’equilibrio, facendo appena in tempo ad aggrapparsi al suo braccio. Fu questione di pochi secondi prima che si ritrovassero a terra entrambi, lunghi distesi sull’erba.
Pietro imprecò a labbra serrate, i fianchi che gli dolevano, e la vicinanza al corpo di Alessio che lo faceva sentire come in fiamme per davvero.
-Mi vuoi spiegare come mai oggi non riesci a stare in piedi per più di cinque minuti di seguito?- borbottò, vagamente irritato. Si spostò in meno di un secondo da Alessio, stretto tra lui e il terreno.
Non arrivò alcuna risposta, mentre Alessio si metteva a sedere goffamente, massaggiandosi la schiena. Pietro sbuffò nuovamente, lasciandosi cadere di fianco all’altro, le spalle e le braccia che si sfioravano inevitabilmente. Sentiva il cuore martellargli in petto, il respiro corto e la voglia di tornare sopra il corpo di Alessio. Aspettò qualche secondo prima di girarsi verso di lui:
-Stai bene?-.
L’aveva sussurrato piano, con il viso vicino a quello di Alessio più di quanto gli sarebbe stato consentito. Si alzò l’attimo dopo, senza nemmeno aspettare una risposta dall’altro, e tendendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi.
-Potrebbe andare meglio, ma sono ancora tutto intero- mormorò Alessio.
-L’aria di montagna ti fa male, davvero- replicò Pietro, ricevendo in risposta il sorriso dell’altro. Non sembrava per niente in imbarazzo, Alessio, al contrario suo. Si beò per pochi altri secondi del suo sorriso, prima di girarsi ed aprire la portiera dell’auto. Non appena si sedette, attendendo che Alessio lo raggiungesse, Pietro tirò un sospiro lungo, chiudendo gli occhi.
Era come essere in trappola, senza alcuna via d’uscita. Non aveva idea di quanto ancora sarebbe potuto resistere, andando avanti a fingere in quella maniera. L’unica cosa che sapeva era che, al di là del dolore che tutto ciò poteva provocargli, era l’unica cosa da farsi.
 
So hold on, hold on
Hold on, hold on, hold on, hold on, hold on, hold on
Everybody hurts[2]





 
[1] Sarah Brightman - "Deliver Me"
[2] REM – “Everybody Hurts”
*il copyright delle canzoni appartengono esclusivamente ai cantanti e ai loro autori.
NOTE DELLE AUTRICI
Innanzitutto vogliamo augurare un buon Pride Month a tutti (ma soprattutto a Pietro che ha avuto la sua personale illuminazione, e ovviamente anche ad Alessio) 🏳️‍🌈! 
Ma torniamo al capitolo: non che con un titolo del genere ci fossero ormai molti dubbi (ma c'era davvero qualcuno che non l'aveva ancora capito, a parte Pietro e Alessio?😂), però ora è del tutto ufficiale, e ci è voluto molto tempo e molta fatica, ma Pietro ha finalmente capito e dato una spiegazione a tutto.
Ma andiamo con ordine, perché in questo capitolo ci sono diverse novità: un nuovo lavoro per il nostro amato Pietro (in un giornale inventato da noi autrici, se non si fosse notato), un “nuovo” amore… Che altri non è Alessio.
La consapevolezza dei sentimenti romantici che Pietro prova non è facile da accettare, e non a caso emerge una certa repulsione per se stesso. Omofobia interiorizzata e allo stesso tempo paura di essere rifiutato: un mix tutt'altro che semplice da affrontare!
E poi c'è un salto temporale con la seconda parte del capitolo: è passato infatti un mese, e sebbene siano passate alcune settimane e la situazione si sia un po' assestata, Pietro non sembra ancora passarsela bene: tra la sua non accettazione e i contemporanei sogni di felicità con Alessio, le cose sono piuttosto complicate.
Nonostante tutto la scampagnata in quel di Asiago sembra essersi rilevata più tranquilla del previsto, fatta eccezione per un po' di disagio di Pietro verso certe frasi di Alessio, frasi alle quali non sapeva bene come reagire ... O almeno questo è quello che ci è dato sapere finora! Nulla esclude, infatti, la possibilità che emergano nuovi interessanti dettagli. Quindi, mi raccomando, occhi aperti e sempre allerta! Nel frattempo, però, potete godervi le straordinarie avventure di Raggio di sole e il suo splendido equilibrio (🤭) prima di un nuovo capitolo. Chi saranno i protagonisti? L'anno accademico sarà già iniziato e con esso tutte le novità che ne conseguono?
A mercoledì 16 giugno per scoprirlo!

Kiara & Greyjoy
 
 
 
 
   
 
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