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Autore: AlnyFMillen    06/06/2021    1 recensioni
"Sta tranquilla, Ladybug. Va tutto bene. I miei occhi sono sempre rimasti chiusi, non ho visto nulla"
Desiderava più di qualunque altra cosa sapere chi in realtà si celasse dietro la maschera a pois neri che tanto lo aveva conquistato, credeva fosse quello lo scopo più grande cui bramava. Eppure solo ora... Solo ora capiva quanto si stesse sbagliando.
"Non sei pronta e va bene. Sono qui, ci sarò sempre: quando e se mi vorrai, resterò al tuo fianco"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Quanto di più chiaro

[Marinette]

 

 

 

 

«Ti affiderei la mia stessa vita, l'ho già fatto. Questa volta però devi fidarti di me. So quel che dico».

E lei aveva acconsentito, per una volta senza fare storie. Glielo doveva, in fondo.

Si era già ritrovata in una situazione simile, la sera della battaglia, quando Chat le aveva proposto di avviarsi verso l'ospedale prima che i soccorsi arrivassero. Ovvio che Marinette fosse ancora della stessa opinione: non voleva far saltare sui tetti di tutta Parigi un ragazzo completamente cieco, con qualche ammaccatura di troppo e un abbastanza consistente peso morto a gravargli sulle spalle.

Tuttavia, aveva lasciato decidere lui. Non soltanto perché le mancavano le forze, ma soprattutto perché glielo doveva e la mente sembrava intenzionata a ripeterglielo all'infinito.

Perciò eccoli, un apparente duo molto mal assortito a spasso per la fortunatamente addormentata Ville Lumière.

Tikki, con la sua vocina appena percepibile, illustrava alla ragazza quale percorso avrebbero dovuto intraprendere per arrivare sin dal Maestro Fu; Marinette, a sua volta, dava indicazioni al giovane supereroe, comunicandogli quando fosse opportuno andar dritto, svoltare verso destra, verso sinistra, fermarsi.

Non si prospettava un viaggio facile, pareva ovvio a tutti men che meno a Nooroo, addormentato in una delle tasche della giacca che Marinette si era premurata d'indossare. Più e più volte erano costretti a fare pause non richiese, causa i pochi passanti a cui non potevano mostrarsi, la stanchezza, il dolore d'un tratto troppo persistente.

Fu proprio durante uno di quei momenti di stasi che la giovane iniziò ad illustrare al compagno quanto avesse scoperto, o meglio ipotizzato, riguardo gli ultimi avvenimenti.

Raccontò lui i fatti subito successivi alla perdita di coscienza, soffermandosi sulla trasformazione in Ladybug e sul kwami di Papillon. Quando tentò un accenno a Gabriel Agreste, tuttavia, Chat liquidò la questione, esprimendo l'intenzione di parlarne più ampiamente solo dopo essere arrivati dal Maestro. Marinette continuò il resoconto, convinta nel voler mantenere salda la voce come meglio potesse e nel riuscire a concentrarsi sugli indizi puramente logici che l'avevano portata alle conclusioni ancora ignote all'amico.

«Non avevo compreso», disse una volta ripreso il cammino, «come era possibile che, senza Tikki, fossi riuscita nella trasformazione. Non mi appariva chiaro nemmeno con quale criterio fossi tornata in vesti civili e neppure dove fosse finito il kwami subito dopo la trasformazione. Il mio cervello sembrava aver smesso di funzionare.

Lo stesso avrebbe dovuto essere per il corpo, eppure mi accorsi di non avvertire nulla più di una leggera debolezza. Ignorai la cosa: avevo intenzione riflettere meglio sulla questione in un secondo momento, con mente più lucida. La variante di colore del costume, però, assieme con la scomparsa di Nooroo, avevano fatto sì che avessi modo di ipotizzare quel che poi ritengo sia stato confermato. Nel momento in cui... Ecco, mentre io...».

Marinette tentennò, attardandosi nel ricordare cosa esattamente avesse fatto scattare in lei l'illuminazione. Lanciò un'occhiata al volto affaticato del ragazzo, soffermandosi sulle labbra schiuse.

Sarebbe stato il caso di confessare a Chat – proprio in quel momento, proprio in quel contesto – ciò che neanche lei era ancora riuscita ad accettare?

Arricciò il naso, pensando alle parole che fosse più opportuno utilizzare.

Lo aveva osservato, era certo. Tuttavia, un termine come "osservare" non le sembrava adatto a descrivere le sue azioni. Da un lato lo reputava fin troppo incline a fraintendimenti: Chat avrebbe potuto trovare nelle sue attenzioni ciò che in realtà non esisteva. D'altra parte, non era più così fermamente convinta – come invece era sempre stata – che quel qualcosa di inesistente fosse davvero tale. Le appariva sbagliato ridurre le emozioni ad un semplice dardeggiare di pupille, tanto che si sarebbe sentita in colpa a descriverle così.

Sospirò seccamente. 

A farla breve, la sua mente stava elaborando le più misere riflessioni pur di evitare di concentrarsi sul vero e proprio problema. Era confusa, i suoi pensieri lo erano con lei.

Cercò di concentrarsi sul senso che il discorso avrebbe dovuto assumere, poi continuò: «Subito prima che avvenisse l'esplosione ho avuto come l'impressione che tutti i tasselli stessero tornando al loro posto. Analizzando i fatti, l'ultimo mio ricordo di Nooroo la sera della battaglia lo vede gettarsi a capo fitto verso di me. Questo perché un istante dopo stringo gli occhi, attendendo l'impatto, che tuttavia non avviene. Da lì in poi, nessuna traccia del kwami ed ecco che riesco a trasformarmi nuovamente. Non ho pronunciato una sola parola, ma il costume si è avvolto attorno al mio corpo, riportando alcune sostanziali modifiche».

«Sembra quasi che...», azzardò Chat, poggiato pesantemente sul muro di un'abitazione.

Si erano fermati da poco e lei aveva preso le distanze dal supereroe sin da subito, in modo tale che potesse riprendere fiato adeguatamente. O almeno era ciò che continuava a raccontarsi.

«Sia stato assorbito dagli orecchini? Per quanto appaia inverosimile, è quello che penso anch'io».

Marinette vide il ragazzo stringere le labbra fra loro. Poteva quasi percepire il rumore metallico degli ingranaggi muoversi nella sua mente, mentre tentava di capire se fosse possibile arrivare a una simile conclusione. Attese che si schiarisse vagamente le idee, poi fece per chiedergli cosa ne pensasse.

Gli ultimi avvenimenti le fornivano un insieme fin troppo bizzarro di coincidenze. Ci aveva riflettuto abbastanza e si sentiva tanto certa delle sue elucubrazioni da esporle, ma non da estraniarle da dubbi o critiche. Voleva perciò discutere la questione con l'amico.

Chat la batté sul tempo. «Come hai fatto a tornare in abiti civili?», chiese.

«Non so bene come sia accaduto. Mi sentivo immensamente stanca, sebbene percepissi il dolore fisico in minima maniera. Merito della trasformazione, immagino. Poco dopo che siamo entrati in casa mia, la vista si è offuscata per un attimo. Nello stesso istante, ho percepito chiaramente il potere del Miraculous scivolar via e un indolenzimento più persistente colpire ancora la caviglia e il braccio.

Nooroo deve essere rimasto rinchiuso negli orecchini fin quando, entrando in contatto con il tuo anello, non si è sprigionata tutta quell'energia». La voce le si bloccò in gola quando Chat le fece nuovamente cenno di avvicinarglisi per continuare il percorso.

Si trovavano, a detta di Tikki, ormai nelle prossimità dell'abitazione del Maestro. «Ancora una traversa o due», li aveva incoraggiati prima che si fermassero. «Manca poco».

Eppure a Marinette sembrava un'infinità, forse proprio perché sapeva che avrebbe dovuto trascorrere quel lasso di tempo a stretto contatto con il compagno. Erano stati vicini fin a poco prima, ma ad ogni passo, ad ogni respiro, sentiva lo stomaco attorcigliarsi e il cuore battere forte. Distrarsi pareva un'impresa impossibile e pensare a come imbastire il resoconto degli ultimi avvenimenti si era rivelata l'unica sua fonte di salvezza. Ora, però, non poteva più contare su nulla, nemmeno sulle domande senza senso che le affollavano la mente.

«Una specie di sovraccarico, quindi», volle sincerarsi il ragazzo sovrappensiero, invitandola a guidare le sue braccia affinché potessero stringerla senza inconvenienti.

La ragazza tacque. Chat Noir non sembrava aspettare una qualche risposta, perciò lei non dovette preoccuparsi di fornirgliene. Non le rimaneva che concentrare la propria attenzione sulle dita affusolate che, esitanti sotto il suo tocco, le avvolgevano l'avambraccio e la coscia sinistra. Avrebbe dovuto provare dolore, quando la caviglia si sollevò da terra e quando la spalla entrò in contatto con il petto del giovane, eppure non se ne lamentò. Non c'era nessun Miraculous ad alleviare i suoi sintomi, il merito doveva essere tutto della sua immancabile capacità di viaggiare sulle nuvole.

«My Lady?». Un sussurro, così dolce da darle i brividi.

Notando il suo silenzio prolungato, Tikki si schiarì la voce e disse qualcosa piano, nel tentativo improvvisato di attirare l'attenzione su di sé prima che fosse troppo tardi. Il tono oscillava fra l'irritato e il condiscendente, tipico di quando la kwami si ritrovava a fare i conti con le debolezze adolescenziali della giovane portatrice.

Marinette deglutì, il palato improvvisamente viscoso e la gola secca. «Sì?», ebbe la forza di fiatare. Cosa diamine le stava succedendo?

«Ehm... Dovresti dirmi dove andare».

La ragazza sgranò gli occhi – quando, esattamente, li aveva chiusi? – e posò veloce lo sguardo sul viso del compagno. Quello spostava il peso da un piede all'altro, in evidente disagio. La bocca corrugata, il sopracciglio alzato, l'espressione perplessa: attendeva.

Ancora una volta, fu grata che lui non potesse vederla. Altro che coccinella, al momento poteva solo somigliare a un pesce fuor d'acqua! Le era capitato molte volte di balbettare, ma mai di boccheggiare. Ci mancava solo che sbavasse. La situazione le stava sfuggendo di mano, poco ma sicuro.

Controllati! Ti sembra il luogo, il momento e la situazione per lasciarti andare a simili fantasticherie? Non sei mica in camera tua davanti a un poster di Adrien!

«Certo. Subito. Ma che dico, subitissimo! È a questo che servono gli amici, no? I buoni amici, intendo», rise nervosamente. Un dolore alla spalla, causato da quel suo distintivo gesticolare, la fece rinsavire: doveva calmarsi. «Tutto dritto».

Chat Noir rimase fermo ancora un'istante. 

Una sensazione di disagio l'avvolse e pregò che lui non decidesse di dire alcunché di troppo compromettente. Aveva davvero il terrore di guardarlo nuovamente in volto, ma azzardò una sbirciatina. Si sarebbe aspettata di vederlo interdetto,lui  invece sorrideva. 

«E dritto sia, Principessa».

 

   
 
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