La
serata a Baker Street fu rilassante. Cercai
di non pensare a quello che era
accaduto, anche se provavo un sottile dispiacere. Non raccontai nulla a
John,
invece Sherlock credo sapesse già tutto. Rimase silenzioso
nella sua poltrona osservandomi
di tanto in tanto. Io mi limitai a coccolare la piccola Rosie, e
sfinita andai
a letto presto.
Unica
nota positiva: trovai la sorpresa di un sms di
Mycroft, che mi chiedeva come stavo. Gli risposi un laconico
“Sto bene.” E mi
infilai sotto le coperte brontolando all’indirizzo dei
fratelli Holmes.
L’indomani
trovai Molly che mi aspettava, voleva mettere in
chiaro la situazione in cui mi ero trovata, così parlammo di
quello che era
successo.
Lei
si scusò per tutto il trambusto provocato
dall’arrivo di
Mycroft, ma mi fece capire che grosse pressioni erano state fatte al
san Bart
per appoggiare l’MI6. Non protestai e cercai di capire il suo
punto di vista.
“Molly
va bene così, l’importante è che tutto
sia regolare.
Non voglio problemi con lui.” Hooper acconsentì
che mi fermassi fino a tardi ma
comunque protetta da una scorta invisibile.
Holmes arrivò
più
tardi, lo vidi entrare con la solita flemma, mi sbirciò da
lontano mentre ero
occupata al microscopio.
“Buongiorno
Laura.” Fu titubante, rigirava involontariamente
il manico del suo amato ombrello.
Sollevai
la testa e gli lanciai un’occhiataccia.
“Buongiorno
anche a te, spero sarà una giornata tranquilla.”
Ironizzai, ma vidi il suo volto cambiare, arrossì
brevemente. Si ricompose
subito e annuì, ma poco convinto.
“Che
c’è? Non mi nasconderai qualcosa?” Mi insospettii, ma non
replicò, strinse
l’ombrello e se ne andò nel suo ufficio.
Ecco
la nostra conversazione era tutta lì, mi sentii
sopraffatta dal suo modo di fare, ma ero assuefatta a quel
comportamento
altalenante. Forse lui era semplicemente una perdita di tempo.
Mi rassegnai e
sbrigai il lavoro di Molly.
Il
British Government passò la mattinata nel suo piccolo
ufficio, non si mosse mai, non sollevò nemmeno la testa.
Lavorò alacremente, fece
chiamate al cellulare dove parlava fitto, probabilmente muoveva le sue
pedine
al governo.
Mentre
io sprofondavo per essere così platealmente messa da
parte, un buco enorme mi si formò dentro al cuore.
Hooper mi chiese di
pranzare con lei e accettai di buon grado. Avevo bisogno di uscire e
prendere
aria.
“Vediamo
se Mycroft vuole venire, cerchiamo di essere
gentili.”
Molly
si avvicinò al suo ufficio e lo interpellò, ma lo
vidi
scuotere il capo, e lanciarmi una debole occhiata.
Me lo immaginavo, era guerra aperta fra
noi. Ritornò
a lavorare, e io non ci
provai nemmeno a sollecitarlo, lo lasciai lì, meglio
rimanere lontani per un
po'.
“Mi
sa che Holmes ha una giornata difficile. Mi ha detto di
lasciarlo in pace per almeno due ore.” Rise e mi prese
sottobraccio.
“Gli piace
digiunare.
Lo sai che da piccolo era piuttosto tondo? Poi Sherlock mi
raccontò che si mise
a dieta. Ora lo vedi com’è diventato.”
“Già
però ne ha perso in simpatia.” Grugnii divertita
pensando a come potesse essere, paffuto e brufoloso.
“Laura,
so che ci tieni a lui, non negarlo. Però ti sei
presa a cuore l’uomo più difficile di tutta
Londra. Forse di tutta la terra.”
“Vero,
la mia stupidità è stata totale, non mi riesce di
stabilire un rapporto soddisfacente. Anche se me lo ritrovo sempre
intorno.”
“Il fascino dei
fratelli Holmes! Mia cara Laura, devi tenere duro, lui ci tiene a te a
quanto
vedo, fa di tutto per tenerti lontana. Credo abbia semplicemente paura
per
te. Forse quando
finirà questa storia,
il vostro sentimento si sistemerà.”
Annuii
silenziosa. “Oppure si affosserà del
tutto.” Mormorai
avvilita.
Raggiungemmo a piedi
un piccolo pub di fronte al san Bart. E parlammo d’altro.
Hooper ricevette una
chiamata e dovette andare via prima, al San George, un ospedale
dall’altra
parte della città.
“Ti
lascio Laura, mi dispiace, tu continua pure il tuo
lavoro.” Nessuna
delle due si era
ricordata del consiglio di Mycroft, di non ritornare prima.
Rimasta
sola, non sapendo come passare il tempo rientrai, e
fu l’inizio di un incubo.
Dovetti
usare il pass per entrare, le porta era chiusa. Mi
insospettii pensando al motivo per il quale Myc si fosse chiuso dentro.
Forse
se ne era semplicemente andato.
Camminai
fino alla scrivania, notai l’ufficio di Mycroft
chiuso mentre mi toglievo la giacca, con la strana sensazione di essere
osservata.
Sussultai quando
seduto sulla mia sedia ci trovai un tipo poco raccomandabile con una
pistola in
pugno.
Vestito
di scuro, capelli neri e due occhi cattivi che mi
fissavano.
“Eccola
di ritorno la nostra dottoressa! Ora faremo quattro
chiacchiere.” La
sua voce era un misto
di ironia e rabbia.
“Chi
sei? Cosa vuoi?” Cercai di capire cosa fare e
soprattutto scoprire se ci fosse Mycroft da qualche parte.
Lui
capì.
“Il
tuo capo è di là, ora andiamo a trovarlo.
Così quando ti
vede gli si scioglie la lingua e stavolta parla. Visto che ultimamente
vi
vedete spesso.” Fu sarcastico e disgustoso e mi spinse
malamente dentro
l’ufficio di Holmes.
Era
legato, due fascette di plastica gli serravano le
braccia alla poltrona e gli aveva infilato un fazzoletto in bocca.
“Lo
soffochi così!” Gridai appena lo vidi.
“Levagli quel
bavaglio.” Lui
rise velenoso, mentre Myc
socchiuse gli occhi e vidi la fronte solcata da due rughe profonde.
“Come
sei premurosa. Vediamo quanto lo sarà lui con te.”
Fu rapido, mi
afferrò
la mano e la torse dietro la schiena, sussultai per il dolore e mi
ritrovai a
fissare Mycroft che stringeva con forza le mani sui braccioli e mi
fissava in
un misto di dispiacere e rabbia.
Il bastardo si era
liberato della pistola, aveva una lama affilata stretta alla mia gola.
Cercavo
con la mano libera di proteggermi il braccio che dolorava. Mi spinse
vicino a
Holmes.
“Prendi
il bavaglio e non essere gentile, mia cara. Guarda
Holmes, che bella sorpresa ti ha fatto la dottoressa a tornare durante
il
nostro colloquio.”
Lo
fissai dispiaciuta e tirai la stoffa con delicatezza
cercando di fare il più presto possibile. Tossì,
ma riprese subito fiato,
strinse le labbra e sibilò rapido.
“Lei
è soltanto una dipendente, non vale il prezzo che
chiedi!” Le sue parole furono taglienti, precise, senza
alcuna inflessione, se
mascherava inquietudine lo faceva bene.
“Davvero
Holmes? Da come la frequenti non si direbbe.
Saresti disposto a parlare o le devo lasciare un segno del tuo
cinismo?”
Lui
era cinereo, potevo vedere la sua rabbia contenuta.
Cercava di dominarla come meglio poteva cercando una indifferenza che
non
aveva, lo conoscevo bene e sapevo cosa provava.
“Dì a
Malvest, che
pagherà tutto questo.” Rimasi sorpresa che lo
nominasse. Sir Edween era
coinvolto.
“Non
c’è che dire, sei bravo a capire come vanno le
cose
Holmes! Ma ora devi parlare.” Indicò il laptop che
stava appoggiato di fianco
alla libreria dietro di me.
Il
tizio mi mormorò all’orecchio. “Brutta
cosa stringere
amicizia con Holmes.”
Il suo fiato sul
collo fu forse peggiore della lama che mi penetrò bruciante
alla base del collo,
sentii il calore del sangue colare lento. Strinsi i denti, non emisi
nessun
suono. Socchiusi gli occhi cercando di mantenere la calma. Anche se ero
in
tumulto.
“Ti
piace quello che hai visto British Government? Ora parla
perché sennò te la restituisco
sfregiata.”
Riaprii
gli occhi, Mycroft mi fissava con la faccia tirata,
i suoi occhi erano neri come pece.
“Lasciala,
avrai quello che vuoi! Fammi copiare il file dal
laptop, e avrete le vostre risposte.”
La
sua voce sembrava piatta, ma una piccola inflessione mi fece capire che
allarmato.
Mi spinse sulla
sedia, pulì il sangue sulla sua manica e ripose il coltello.
Non riuscivo a
reagire per dolore, e lui fu rapido a legarmi alla sedia con due
fascette di
plastica. Tenni duro, la testa bassa le fitte acute sul collo e alla
spalla, ma
non volevo che Myc cedesse per me.
“Non
fare qualcosa di cui ti pentirai Myc, non cedere per
me.” Mi uscì un soffio di voce, lo vidi aggrottare
la fronte e si adirò.
“Zitta,
ora pensa per te. Questo è il mio lavoro. Ne hai
già
fatti di guai Lorenzi.”
Quel cambiamento
improvviso mi lasciò senza parole, chinai il capo, gli occhi
mi divennero umidi
per il suo rimprovero.
“Sei
un uomo di ghiaccio come dicono Holmes! Meglio non essere
tuo amico.” Gli
liberò le mani, lui si
alzò per raggiungere la libreria per prendere
il laptop e mentre passò vicino mi
sfiorò con la mano la guancia.
Allora compresi e mi
sentii stupida, cercava di allontanarmi, perché non
infierisse su di me, io ero
il suo “pressure point” e questo non era un bene
per entrambi.