Film > Il gobbo di Notre Dame
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Autore: Angelica Cicatrice    08/06/2021    0 recensioni
Per chi ha seguito la mia storia " Se ci fosse qualcuno come me " allora vi annuncio che questa è una serie di momenti sfuggiti, o scene eliminate, dei vari capitoli. Alcuni riguardano i sentimenti della nostra coppietta di giullari, ma altri descrivono anche alcuni dettagli sulla tradizione gitana, sulla famiglia di Clopin e di Roxanne, e molte curiosità che di sicuro non vi dispiaceranno.
Consiglio a chi non abbia ancora letto la storia di base di recuperarla, per godersi appieno queste piccole chicche.
Buona lettura!
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clopin, Nuovo personaggio
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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            Un giorno da ricordare

Nel cuore del boschetto, dove scorreva il ruscello cristallino, in mezzo alla schiera d’alberi dalle fronde rigogliose, si ergeva in tutta la sua massiccia forma il teatrino mobile del “Sole” e della “Luna”. I due giullari di Parigi, re e regina dei gitani, si stavano per svegliare al primo chiarore dell’alba. Ma per essere precisi, la bella violinista era già in piedi in largo anticipo.  Il motivo? Quello era un giorno molto speciale. Roxanne non perse neanche un secondo. Euforica ed eccitata, indossò la vestaglia color vinaccio, quella che le donava di più. Si lavò la faccia con l’acqua del catino, pettinò i lunghi capelli e infine usò un olio profumato per spalmarlo sulla pelle. Aveva un gran desiderio di farsi bella, per lei stessa, e per lui. Proprio in quel momento, forse avvertendo il dolce aroma di rosa selvatica, il re dei giullari emise un grosso sbadiglio. Sua moglie si precipitò subito sul giaciglio di cuscini, elettrizzata e sorridente. Clopin aveva ancora gli occhi chiusi, ma lei lo baciò dolcemente sulle labbra, come una principessa delle favole intenta a risvegliare il suo principe.
-Bonjour, mon Roi- sussurrò Roxanne, dolce e sensuale al tempo stesso. Suo marito fece un mugugno, con la voce ancora impastata dal sonno. Incredibile, come quel tono vellutato capace di far incantare persino gli angeli, potesse risultare anche roca come un grugno. Ma Roxanne lo trovava adorabile. Finalmente il giullare schiuse gli occhi, stropicciandoli un po’.
-Bonjour- rispose infine, con poco entusiasmo. Lei, allora, gli accarezzò i capelli e disse:
-Sai che giorno è oggi?-.
La violinista, emozionata come non mai, attese trattenendo quasi il respiro. Lui aggrottò la fronte per un breve istante, poi si rilassò emettendo un lieve sospiro.
-Certo- rispose, con la voce ancora strapazzata –è il giorno del nostro spettacolo di inizio estate-.
Il viso della regina gitana si rabbuiò di colpo. Non era possibile che se ne fosse dimenticato…

8 giugno. Nonostante fosse ancora presto per festeggiare l’arrivo dell’estate, al re del piazzale piaceva troppo organizzare spettacoli ed eventi. Forse un po’ troppo. Era quello che stava pensando sua moglie mentre lo vedeva andare avanti e indietro, con addosso il suo costume variopinto, in mezzo alla piazza tra festoni e bandierine. Sembrava così preso e impegnato. Peccato che aveva tralasciato una cosa tanto piccola quanto importante.
-Auguri, cherì- fece all’improvviso una voce, calda e amichevole. Roxanne subito la riconobbe e aprendo un sorriso accolse il suon buon amico campanaro.
-Mercì, Quasi – gli rispose cercando di sembrare felice –Sei stato così carino a ricordartene-.
Se da una parte la bella violinista fosse davvero commossa da quel gesto, dall’altro si sentiva così amareggiata. Il gobbo di Notre Dame,  per via della sua forte sensibilità, percepiva qualcosa di strano nella sua amica. Nonostante sorridesse con le labbra scarlatte di rosso, il campanaro sapeva che dietro alla maschera in merletto bianco si celasse qualche sorta di dispiacere. La conosceva molto bene.
-Qualcosa non va?- le chiese, prendendola contropiede- non mi sembri così entusiasta-.
Roxanne si irrigidì all’istante, ma non voleva confessare nulla. Non poteva far preoccupare Quasimodo e rovinargli quel momento che doveva essere di buon augurio. Così scosse la testa.
-Va tutto bene. Sono solo un po’ stanca. Sai, questi ultimi mesi sono stati sfiancanti- rispose infine.
Quasimodo seguì lo sguardo della giullare e scorse Clopin che correva da una parte all’altra per terminare i preparativi. Sembrava un grillo saltellante e vivace.
-Oh, beh, sì immagino. In fondo siete tornati solo di recente dal vostro ultimo viaggio, per gli spettacoli di Luigi XI-.
Infatti, da quando Rozanne e Clopin erano diventati i giullari personali del re di Francia, la loro vita era diventata più movimentata e caotica. Ma anche quel genere di stile, per quanto potesse sembrare pieno di soddisfazioni e benefici, aveva il suo rovescio della medaglia. Non per lamentarsi, ma la giullare dagli occhi vermigli sentiva che qualcosa era cambiato, almeno negli ultimi periodi. Suo marito, specialmente. Non sapeva come spiegarlo, ma lo sentiva così distante e distratto. Si chiedeva spesso, ogni volta che terminavano uno spettacolo alla corte reale, se fosse solo per il troppo lavoro accumulato o forse ci fosse sotto qualcosa.
-Ora devo andare- fece Quasi, richiamando l’attenzione della sua amica –Tra poco inizierà la seconda messa mattutina e devo correre al campanile per suonare la Grand Marìe. Ci vediamo più tardi alla Corte dei Miracoli. A bientò!-.
-Cert0, a stasera!- lo salutò lei, con un cenno della mano. Solo dopo che il campanaro si allontanò la violinista spense il sorriso e tornò ad essere cupa, mentre i suoi pensieri tornarono a vagare nei meandri dell’incertezza. Purtroppo, il re dei giullari era troppo occupato per rendersene conto.

La metà della giornata passò in un lampo. Lo spettacolo fu un gran successo, grazie all’abilità e alla creatività dei due regnanti della piazza. Dopo aver viaggiato in altri paesi e città della Francia, ormai la loro fama si era sparsa in tutto il territorio. I giullari di Luigi “il prudente”, così venivano chiamati. Forse per Clopin quello era motivo di vanto. Una carriera che mai aveva sognato nella sua umile vita da gitano. In quei tre mesi aveva speso tutto, tempo ed energie, per concentrarsi sul suo nuovo ruolo. Ma per Roxanne, che fino a quell’ultimo periodo aveva condiviso con gioia e soddisfazione i traguardi raggiunti col suo amato sposo, tutta quella situazione le sembrava “troppo” oramai.  E lei ne stava pagando le conseguenze. Come quello stesso giorno che stava vivendo così diversamente da come se lo era immaginato.  Poi, una coppia di volti a lei familiari la fece destare dal suo triste torpore.
-Bonsoir, carissimi- disse Esmeralda che portava in braccio il piccolo Zephyr, suo figlio.
-Come va, piccioncini?- fece Febo con i suoi soliti modi per stuzzicare il cognato.
Roxanne li salutò entrambi con calore. Inoltre, il visino dolce e paffuto del nipotino era riuscito a rallegrarla. Anche Clopin, dopo essersi cambiato d’abito fu lieto di vederli.
-Che bello ricevere la vostra visita- disse tutto ad un fiato il giullare – ma scusate devo assentarmi-.
-Eh, perché tutta questa fretta?- gli chiese sua moglie, stranita e incredula. Non era da lui andarsene così, specialmente quando c’era sua sorella Esme e il piccolo Zephyr. Senza offesa per Febo, ovvio.
- Ahm, devo scappare da Marcell. Deve consegnarmi alcune cose, per conto del Re – rispose lui, con un tono freddo e distaccato. Senza dare molta importanza  alla sua amata regina, il gitano salto giù dal carretto e corse via sparendo in mezzo alla folla. Roxanne avvertì una pugnalata al petto.
-Ehm, va tutto bene, cherì? – le chiese Esme mentre cercava di decifrare quella strana scena.
A quel punto, la violinista dovette raccogliere tutto il suo coraggio per nascondere il dispiacere.
-Certo. In questi giorni Clopin è molto indaffarato. Sapete com’è?- disse, giocherellando con le ciocche dei capelli.
-L’abbiamo notato. Caspita, non si è nemmeno innervosito quando ho aperto bocca – aggiunse Febo, con tono incredulo. Esme dal canto suo era molto perplessa. La cosa non la convinceva.
-Comunque, auguri. Cento di questi giorni! – esclamò Febo – pronta per la cena di stasera? Esme ha organizzato una cena coi fiocchi. Ci sarà anche la torta di mele -.
A quella notizia Roxanne ne fu contenta, soprattutto per il dolce, il suo preferito. E quello di Clopin.
La giullare fece un cenno col capo deciso, e in cuor suo sperò che almeno quella sera il suo amato re del piazzale si sarebbe ricordato di lei…

Quella sera, alla Corte dei Miracoli, l’atmosfera era festosa e gioiosa. Giustamente si trattava pur sempre del compleanno della Regina degli zingari. Da quando Roxanne aveva sposato il capo di quel rifugio, si era presa una grande responsabilità. Essere la moglie di Clopin Trouillefou significava prendersi cura di un’intera popolazione. Ma la giullare di origini veneziane non ne fu mai spaventata. Avendo Clopin accanto era certa di superare qualsiasi prova. Lei lo amava tantissimo. E anche lui l’amava. O almeno, lei sperava che fosse ancora così…
Dopo essersi esibita, accompagnata dal suo inseparabile violino, Roxanne accolse i suoi affezionati sudditi che la ricoprirono di doni di ogni tipo. I bambini le ornarono i capelli con fiori di campo e gli anziani la benedirono con solenni preghiere. Tutto era meraviglioso. Il calore della sua gente, dei suoi amici, le riscaldava il cuore. Ma in mezzo a tanti volti sorridenti, lei non riusciva a vedere quello che tanto cercava. Era tremendamente in ritardo. Ormai la cena stava per cominciare. E infatti, nell’arco di pochi minuti, un suono di flauto avvisava che era pronto in tavola.
-Roxanne, dov’è Clopin? – chiese Quasimodo guardandosi intorno. La giullare scosse la testa, non sapendo cosa rispondere. In effetti, nella tenda violacea dove ci si radunava per i pasti, del re della Corte non vi era la minima traccia. La cena non poteva incominciare senza di lui. A un certo punto apparve un sottoposto di Clopin. Portava con sé un messaggio personale per la Regina.
La giullare, scossa dalla curiosità e dall’ansia, lesse in silenzio il messaggio. Diceva semplicemente:
“Mi dispiace, mia Regina, ma non posso essere presente stasera alla Corte. Sono stato trattenuto da un impegno urgente. Ci vediamo dopo”.
Un messaggio inaccettabile. Una sterile giustificazione. Il cuore della giullare si stava increspando dal dolore. Era insopportabile. Tristezza, delusione e rabbia si stavano mescolando dentro di lei.
-Roxanne…?- fece la voce cauta di Esmeralda, mentre le poggiava una mano sulla spalla. Ma la regina dei giullari non emise un lamento. Si limitò a stringere la pergamena tra le mani. I suoi occhi erano offuscati, ma la sua mente era ancora lucida. Alla fine, prese una decisione, anche se un po’ drastica.
-Perdonatemi, ma dovrete continuare senza di noi – disse fermamente la regina. Alzandosi dal suo posto, lasciò senza fiato tutti i commensali. La sorpresa fu così grande che nessuno osò proferire parola. La violinista si scusò nuovamente con un profondo inchino, per poi uscire dalla tenda senza dare altre spiegazioni.
-Ma cosa sta succedendo…?- chiese a bassa voce Febo, rivolgendosi a sua moglie Esme. Ma presto tutto fu chiaro, quando lo stesso uomo che aveva portato quel messaggio, tese la mano verso la zingara dagli occhi smeraldo. Era un altro messaggio. Esme lo lesse in silenzio e poco dopo un sorriso beffardo si curvò sul viso.
-Che pazzo…!-.

La giullare, spinta da una forza interiore, si allontanò e si lasciò alle spalle la Corte dei Miracoli. Da sola uscì fuori dal cupo cimitero. Percorse le stradine di Parigi e infine arrivò alle porte della città. Il sole era da poco tramontato, e le splendide fiamme rosso arancio si addensavano con il viola indaco della sera imminente. Era uno spettacolo da mozzare il fiato. Ma lei non aveva tempo da perdere. Non era certa di trovare il suo sposo già a “casa”, ma era stanca di indugiare oltre. La rabbia la stava spingendo verso quel luogo a lei tanto caro. Avrebbe fatto sentire la sua voce, avrebbe chiesto spiegazioni, esigeva la verità. Il suo cuore non poteva più sopportare l’incertezza, ingabbiato nell’ignoto. Ma quando arrivò a destinazione per un attimo rimase allibita. Davanti ai suoi occhi si presentava una scena stupefacente, ancor più bella ed emozionante del tramonto sulla Senna. Il teatrino mobile era stato addobbato esteriormente con bandierine e drappi di colore rosso. Le lanterne appese ai ganci vicino alle finestre erano accese e creavano giochi di luce, in pieno contrasto con il crepuscolo della sera. Infine, una scia di petali rossi scorreva lungo il terreno fino ai gradini del carretto. Era come se la invitassero a entrare. Col cuore colmo di emozione, si fece coraggio e aprì la porta del teatrino. Appena entrò nella stanza, i suoi occhi si spalancarono dallo stupore. Anche l’interno del carretto era stato decorato nei minimi particolari. Come ad esempio il giaciglio di cuscini che era stato sostituito con un “letto” di rose rosse. La luce delle candele sfumava i contorni donando un’atmosfera sognante e nell’aria vi era un penetrante profumo floreale. Roxanne non potè che rimanerne affascinata.
-Bentornata, ti stavo aspettando- fece una voce pacata e soffice. Girandosi verso il separè, vide un’ombra e l’immagine chiara del suo giullare si presentò al suo cospetto. I loro sguardi si incrociarono per un lungo momento. La giullare conosceva così bene quei occhi color carbone, ma dopo tanto tempo, e non capiva da quanto, le sembrava di incontrarli per la prima volta. E il suo cuore si infiammò di nuovo. Alla fine fu lo zingaro a rompere quel pesante silenzio.
-Hai ricevuto il mio messaggio- fece lui, smorzando un mezzo sorriso –sapevo che mi avresti raggiunto subito -.
In quel momento, alla violinista le venne in mente il motivo per cui era lì. La rabbia e l’orgoglio tornarono a infuriare come una tempesta nel suo animo.
-Perché, Clopin?- chiese lei, arrabbiata- perché hai fatto tutto questo? Che c’è, vuoi farti perdonare per aver dimenticato un giorno così importante per me?-.
Il giullare scosse il capo.  Fece qualche passo avanti verso sua moglie.
-Non l’ho dimenticato- disse senza timore –non voglio farmi perdonare per questo. Ma per come ti ho trattata nell’ultimo periodo -.
Le candele nella stanza tremolarono leggermente. Clopin si stava avvicinando ancora di più.
-Lo so bene. So che di recente sono stato troppo concentrato su me stesso, sugli spettacoli, su tutto quello che re Luigi ci ha offerto. Ed ero felice, non solo per soddisfazione personale. Ma perché c’eri tu al mio fianco-.
Clopin fece una pausa. Roxanne era rimasta chiusa nel suo mutismo. Sentiva ancora il rancore bollirle nelle vene, ma aspettò con pazienza.
-Ma sai, anche io mi sono accorto che stavo sbagliando in qualcosa. Ti ho dato per scontata. Ho dato tutto per scontato. E così sono diventato freddo, distaccato, assente. Non mi ero accorto che ti stavo trascurando, anche nelle più piccole cose-.
Fermandosi a metà strada, al centro della stanza, Clopin sospirò inerme. Era molto dispiaciuto.
-Lo so che non merito subito il tuo perdono, ma volevo a tutti i costi che questa serata fosse perfetta per la donna più bella, la regina più coraggiosa, la creatura più splendente che abbia mai conosciuto-.
A quel punto tutto fu chiarito. In realtà, Clopin aveva pianificato fin dal quel mattino la sua sorpresa per il compleanno di Roxanne. Lo spettacolo, Marcel, e soprattutto “l’impegno” era tutto un pretesto. La giullare, nonostante il dispiacere che aveva subito, ripensò a ciò che aveva ascoltato.
-Prima che mi cacci via da questo teatrino a calci, lascia che ti faccia gli auguri- disse e fece un inchino degno di un principe di un grande reame. Il viso della violinista arrossì. I suoi occhi celavano lacrime trattenute. Il suo cuore stava scoppiando di una felicità soffocante. Lo amava tantissimo. E, ora lo sapeva, anche lui l’amava altrettanto.
-Hai rinunciato alla cena…alla torta di mele, per fare tutto questo…per me?-.
La voce tremolante, scossa da un leggero risolino di Roxanne era dolce come il miele.
-Mon cher, per te rinuncerei a tutte le torte del mondo per renderti felice-.
Senza dargli il tempo di aggiungere altro, la violinista lo raggiunse correndo. Si tuffò tra le braccia del suo unico amore. Si strinsero con un trasporto come se si fossero persi durante una lunga battaglia.
Il loro bacio fu un esplosione di passione e tenerezza. Poi si guardarono negli occhi.
-Ha fame, mon Roi?...- chiese lei sottovoce, come per nascondere un segreto. Lui rise e le rispose.
-Molto…mia signora…-.
Senza ulteriori parole, i due giullari si svestirono di ogni incertezza, dubbio, e ogni drappo superfluo che li divideva. Si unirono su quel giaciglio che avevano condiviso da sempre, ma che quella notte appariva così nuovo. Si amarono come non avevano fatto da tanto tempo. E fu meraviglioso. Nella loro frenetica danza si sussurrarono parole mai udite, mentre negli sguardi traboccava un amore morto, ma rinato sotto spoglie ancor più belle. Infine, stanchi e soddisfatti si concessero un attimo di pace. Non avevano bisogno di confermare il loro amore con le parole, bastava la dolcezza dei loro gesti.
Roxanne sollevò la testa dal petto di lui e gli solleticò il pizzetto come al suo solito. Ma prima che potesse dire qualcosa, Clopin le accarezzò il viso armonioso e con occhi ammaliati disse:
-Buon compleanno, ma Reine-.
     

   
 
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