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Autore: Aagainst    08/06/2021    3 recensioni
Dal sesto capitolo:
“I miei vecchi quaderni sono ancora riposti negli scaffali, come se il tempo non fosse mai passato. Ne prendo uno a caso e lo apro. Lo sfoglio, il cuore in gola. I testi di vecchie canzoni che nemmeno ricordavo di aver scritto mi travolgono, senza alcuna pietà. Ripenso a ciò che mi ha detto Bellamy qualche giorno fa. Ho perso la mia musica. Ho perso la mia casa. E, anche se mi sembrano così vicine, non sono mai state più lontane. “
Sono passati sei anni da quando Clarke ha lasciato Polis per inseguire il suo sogno e diventare cantante e quattro da quando ha tagliato definitivamente i rapporti con chiunque appartenesse al suo passato. Costretta dal suo manager a tornare a casa dopo l’ennesima bravata, ritroverà la sua vecchia vita ad attenderla, tra cui due occhi verdi carichi di domande.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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13.

 

All I want
Is a little place of my own where I can rest my head
(The Forecast-And We All Return To Our Roots)

 

 

Quando Raven mi vede arrivare allo studio accompagnata da Lexa sgrana gli occhi, incredula. È appoggiata al muro accanto al portone d’ingresso e per poco non le cade il caffè di mano. Si avvicina a noi, mentre Lexa parcheggia l’auto. La osservo mentre spegne il motore e si picchietta la punta del naso, un gesto che ho sempre trovato adorabile. 

“Grazie del passaggio.” la ringrazio. Mi sorride leggermente e mi fa segno di non preoccuparmi.

“Non è stato un problema, tanto devo andare al lavoro.” risponde e, di colpo, il suo sguardo si spegne e assume un’aria triste e più malinconica del solito. Vorrei chiederle cosa succede, ma non ne ho il coraggio. Dio Griffin, sei patetica. 

“Dì ad Abby che non riuscirò a venire a prendere Aden prima di domenica. Spero di riuscire a trascorrere un po’ di tempo con lui domani dopo pranzo, ma...”

“Ehi.” la interrompo, circondandole le mani con le mie. “Va tutto bene Lex. Se c’è qualcosa che posso fare, dimmelo.”. Scuote il capo e china lo sguardo, quasi intimidita dalla mia presenza. Non comprendo questo cambio di atteggiamento così improvviso, ma ipotizzo sia per la stanchezza. In effetti, a causa mia non ha nemmeno riposato.

“Clarke, io...” comincia a parlare, ma non riesce a terminare la frase. 

“Lexa!”. Raven, il tuo tempismo continua ad essere incredibile. “Grazie per averla riportata qui, pensavo fosse scappata a Los Angeles.”

“A piedi non penso che sarei arrivata molto lontano Rae, avrei a malapena raggiunto Rockburn.” ribatto, un po’ indispettita da quella mancanza di fiducia. 

“L’ho fatto con piacere. E poi, come dicevo a Clarke, sto andando al lavoro, sarei dovuta uscire di casa comunque.”. Di nuovo quell’aria malinconica nei suoi occhi. Che cosa mi nascondi Lexa? Cos’è che ti rende così triste? 

“Beh, io devo andare o farò tardi. Ci vediamo.” mi saluta e, aperto lo sportello, scendo dall’auto. La osservo mentre se ne va, lasciandomi sola con Raven.

“E così sei andata da Lexa, uh?”. Alzo gli occhi al cielo e la ignoro, avviandomi verso l’ingresso dello studio. Se potessi, in realtà me la darei a gambe.

“Dai Griffin, stavo scherzando!”

“Lo so Rae, lo so.” la rassicuro. “Sono nervosa per la registrazione. Tu e Bell avete già scelto una canzone?”. Raven annuisce e mi allunga un foglio di carta. 

“Abbiamo pensato che Pull The Lever potrebbe essere ciò che fa al caso nostro. Non che ci faccia impazzire, ma è orecchiabile e, tutto sommato, nemmeno così terribile.” mi spiega. Non risponde e percorro in silenzio il corridoio che conduce alla sala di registrazione. Quando entro, trovo Bellamy, Jasper e Monty già pronti, ognuno ai propri posti. 

“Clarke, sei pronta? Raven e io abbiamo optato per Pull The Lever, spero che ti convinca come scelta.” mi accoglie Bellamy.

“È perfetta.” lo rassicuro. “Ma non registrerò quella canzone.”. Bellamy sgrana gli occhi, incredulo, mentre Jasper lascia scivolare le sue bacchette per terra. Raven mi guarda sconvolta e, accanto a lei, Monty resta immobile, incapace di capire cosa mi frulla nel cervello. Accenno un sorriso nervoso, come a voler tranquillizzare tutti e far comprendere loro le mie intenzioni.

“Clarke, cosa significa?” trova il coraggio di chiedermi Raven. Mi gratto la nuca, un po’ a disagio. Sei davvero sicura Clarke? Non si torna indietro poi e lo sai. Stai davvero rischiando di perdere tutto solo per... Già, per cosa? 

“Clarke?” mi richiama Bellamy. “Senti, ho esagerato in questi giorni, ma...”

“Non c’entri nulla, Bell. Ho scritto una canzone e voglio inciderla. Manderò questa a Lightbourne.”. Raven si passa una mano sul volto. Non l’ho mai vista così pallida. Abbandona Monty e mi raggiunge velocemente, prendendomi per le braccia e costringendomi a guardarmi negli occhi.

“Clarke, hai intenzione di distruggere definitivamente la tua carriera? Che cosa stai facendo?”. Le sorrido, carezzandole un polso. “Lo sapevo che avrei dovuto dare ascolto a John e portarti da uno specialista. Diamine, è evidente che hai bisogno di parlare con qualcuno, questa vena autodistruttiva ti annienterà e...”. La interrompo.

“Rae, non mi sono mai sentita meglio di così. Ho scritto una canzone, per la prima volta dopo mesi. Non ho intenzione di incidere pezzi di altri. Voglio fare un disco mio, che mi rappresenti. In fondo, non è anche per questo che siamo venute fin qui?”. 

“Beh, ha senso.” afferma Monty e Raven lo fulmina con lo sguardo. 

“Clarke, ti prego.” prova a farmi desistere. “Non farlo.”

“Sei stata tu a dirmi che la mia nuova musica non ti dice nulla, pensavo che l’idea di registrare qualcosa che esprima ciò che realmente provo potesse piacerti.” replico, confusa da quel suo passo indietro. Non capisco, fino a ieri sera sembrava che mi invitasse a tornare a scrivere musica. 

“Clarke, fidati di me se dico che in altre circostanze sarei in prima fila a sostenerti, ma qui si parla di lavoro e di impegni contrattuali.”

“Me ne frego degli impegni contrattuali!” ribatto, irritata. “Sai che lui avrebbe voluto questo per me!”. Bob, Jasper e Monty si guardano confusi, mentre Raven china il capo, addolorata. Sono stata troppo dura probabilmente, ma non ne posso più di soddisfare pressioni e aspettative. Non sono una marionetta, ma Clarke Griffin, un essere umano con dei sentimenti e dei desideri. Sento le lacrime bagnarmi le guance, nonostante i miei innumerevoli tentativi di ricacciarle indietro. Mi appoggio alla parete e mi asciugo il viso con le maniche della camicia.

“Clarke...” mormora Raven, muovendosi verso di me. Le faccio segno di restare dov’è e di non dire una parola.

“Rae, hai vinto. Su, muoviamoci.”

“Clarke, magari...” prova a placare gli animi Bellamy, inutilmente.

“No, Raven ha ragione. Pull The Lever è perfetta, ora sbrighiamoci che voglio tornare a casa presto.”. E, mentre mi accomodo al microfono, non posso non notare gli sguardi sconvolti e carichi di domande dei miei vecchi amici.

 

________________

 

Quando arriviamo a casa, non aspetto nemmeno che Raven spenga la macchina. Apro la portiera e scendo, correndo via.

“Clarke, aspetta!” mi richiama la mia amica, disperata. Mi volto. Raven mi guarda, gli occhi carichi di lacrime. 

“Per favore, riferisci a mia madre di non aspettarmi per cena.” mi limito a dire. La vedo chinare il capo e singhiozzare e in cuor mio so che dovrei rassicurarla e dirle che andrà tutto bene, ma non ce la faccio. 

“Dove vai?” trova la forza di chiedermi. Già, dove vado? 

“Faccio un giro, tornerò prima di mezzanotte.” rispondo, senza nemmeno guardarla in faccia. È alle mie spalle e continua a chiamare il mio nome, ma io la ignoro. Non ho le forze per affrontare una discussione. So perché Raven ha fatto quello che ha fatto, non sono stupida. Ha pensato alle nostre carriere e dovrei esserle grata per un gesto simile, ma la verità è che, in questo momento, la mia carriera non mi basta più e non mi rende felice. E io sono stufa di non essere felice. Senza nemmeno accorgermene, mi ritrovo nei pressi dell’Azgeda. Per un attimo, la tentazione di entrare e scolarmi qualche birra mi assale, ma cambio idea. Sospiro, infilandomi le mani in tasca. Riprendo a camminare, senza fermarmi. Sono solo le sei e mezza di sera e il sole non è ancora tramontato. Quando mi rendo conto dove sono arrivata sgrano gli occhi, incredula. Quanti ricordi mi legano a questo campetto. È ancora esattamente come lo ricordavo, solo la vernice rossa dei canestri è un po’ scrostata. Qui si sono giocate alcune delle partite più combattute a cui Polis abbia mai assistito. È qui che io, Bellamy, Octavia e Lexa abbiamo battuto quell’arrogante di Ontari Frost e la sua banda di palloni gonfiati. Questi canestri mi hanno vista crescere, letteralmente. Mio padre mi portava qui ogni sabato pomeriggio quando ero piccola. Lui giocava con i suoi amici, mentre io e mia madre lo osservavamo subire un punto dietro l’altro. Ero qui con Octavia e Lexa quando ho ricevuto la telefonata che, più di tutte, mi ha sconvolto la vita. Ero qui, quando ho scoperto che era morto. 

“Griffin, qual buon vento.”. Mi volto e sobbalzo. Indra è di fronte a me e mi sta fissando con lo stesso sguardo di chi è sia sorpreso di vederti, sia scontento di averti davanti. Sospiro. La posso capire, nemmeno a me piace ciò che sono diventata. 

“Me ne stavo andando.” dichiaro. 

“Non mi sembra di avertelo permesso.” replica lei, un sorrisetto dipinto sul volto. Non sentivo quella frase da anni. Ce la ripeteva sempre quando battevamo la fiacca e cercavamo di sgattaiolare via dagli allenamenti prima di aver terminato gli esercizi.

“Tieni, vediamo se sai ancora tirare come un tempo.” mi dice, passandomi la palla che tiene fra le mani. 

“Non penso di essere vestita nel modo giusto.” obietto, indicando la mia camicia e i miei jeans. “In più, ho una mano fasciata.”.

“La Clarke Griffin che conoscevo sapeva fare canestro sui tacchi. Ora su, non ho tutta la sera a disposizione.”

“Agli ordini.” cedo. Faccio rimbalzare il pallone per terra un paio di volte, per poi prendere la mira e lanciare. Il rumore sordo del ferro mi annuncia il mio fallimento. L’ennesimo della giornata, a quanto pare. 

“Beh, l’avevo detto che non ero vestita in modo adatto.”

“Riprova.”. Scuoto il capo, non sicura di aver capito bene.

“Indra, non...”

“Riprova.” mi ordina lei, non ammettendo repliche. Sbuffo e tiro di nuovo. Stavolta non riesco nemmeno ad avvicinarmi al canestro. 

“Riprova seriamente.”. Alzo gli occhi al cielo. 

“Indra, non ci riesco. Non gioco da anni, ho una mano fasciata e questa camicia mi blocca i movimenti. Oltre al fatto che costa duemila dollari e rischierei di rovinarla.”

“Smettila, Griffin.” mi zittisce. “Hai intenzione di riprovarci seriamente e dimostrarmi che sai ancora mirare a quel dannato canestro, o preferisci rimanere ad autocommiserarti e raccontarti di come una camicia e un paio di jeans ti abbiano impedito di tirare un pallone?”. Deglutisco. Non capisco dove voglia andare a parare, ma non ho molta scelta se non fare come dice. Mi riposiziono davanti al canestro. Faccio rimbalzare la palla per terra. Una volta, due volte, tre volte. Guardo il canestro. Piego le ginocchia, per poi slanciarmi verso quel piccolo cerchio di ferro. La palla si libra nell’aria e io la osservo mentre sbatte contro il tabellone di metallo e, infine, si infila nel canestro, fino a ritornare nuovamente per terra. Rimango a bocca aperta, stupita di ciò che sono appena riuscita a fare. 

“Niente male, Griffin.” si complimenta Indra, dandomi una pacca sulla spalla. Mi volto verso di lei.

“Perché?” le chiedo. 

“Perché vorrei poterti sapere consapevole delle tue capacità e dei tuoi desideri, Griffin.” risponde lei, in modo criptico. “Ora scusa, ma devo tornare a casa. Quando vuoi, sai dove trovarmi.” si congeda e io non posso fare altro che osservarla andarsene, mentre mi domando che cosa diavolo mi sia appena successo.

 

________________

 

“Clarke, sei qui.” mi accoglie Marcus. Mia madre è dietro di lui e mi corre incontro non appena mi vede.

“Ti ho lasciato la cena sul fornello, spero ti piaccia. Non sapevamo che saresti tornata a casa così presto però, a saperlo ti aspettavamo per mangiare.” mi dice.

“Alla fine ho... Non importa.” resto vaga. “Dov’è Raven?” chiedo. 

“Di sopra con Aden, non so bene cosa stiano facendo. Sembrava sconvolta quando è tornata, è successo qualcosa?”. Le faccio segno di non preoccuparsi.

“Abbiamo avuto una discussione, nulla di grave.” spiego. “Vado a parlarle.”. Mia madre mi sorride e mi carezza i capelli, con affetto. Mi controlla velocemente la mano, tirando un sospiro di sollievo quando constata che è a posto, e mi lascia andare. Salgo le scale e mi avventuro per il piano superiore, alla ricerca della mia migliore amica. Seguo il suono distinto della sua voce e di quella di Aden, fino ad arrivare in camera di mia madre e di Marcus. Mi nascondo dietro alla porta e li osservo, senza entrare. Sono per terra ed Aden sta disegnando, mentre Raven è intenta a parlargli di qualcosa. 

“Tu e Clarke ora non siete più amiche?” le chiede. Trattengo il respiro, un po’ spaventata dalla risposta che Raven gli darà.

“Aden, no. A volte capita litigare, anche tu e Jordan avrete dei momenti in cui non andate perfettamente d’accordo, è normale. Non potrei mai smettere di essere amica di Clarke.”

“Perché?” domanda lui. Raven si morde il labbro. 

“Perché le voglio e le vorrò per sempre bene. È una persona speciale, che ha un sacco di qualità. Vorrei solo riuscisse ad accorgersene anche lei.”. Chiudo gli occhi, trattenendomi dallo scoppiare a piangere. “E poi, dove la trovo un’amica che si mette ad origliare pensando che non l’abbia minimamente notata?”. Ridacchio ed esco allo scoperto. Aden mi saluta timidamente e io gli carezzo il capo. Mi fa segno di sedermi con loro e chi sono io per non accontentare un bambino di cinque anni? Prendo in mano un foglio e un pennarello e scarabocchio, in cerca delle parole che possano far capire a Raven quanto mi dispiace.

“Notizie da Lightbourne?” esordisco. Annuisce.

“Il pezzo gli è piaciuto, anche se lo ritiene un po’ grezzo. Ha detto che funziona e che ha potenziale per entrare in classifica, vuole solo sentirti cantare con un po’ più di convinzione.”. Scuoto il capo. Mi massaggio il collo. Ora o mai più. 

“Rae, io... Mi dispiace.”

“No, Clarke. È colpa mia, sono la tua migliore amica e non ho creduto in te.” replica Raven. 

“Hai pensato a salvarmi la carriera e io ti ho trattata malissimo.”. Mi carezza il braccio. 

“Tu meriti di essere presa sul serio, Clarke Griffin. Ecco perché ho parlato con Bellamy prima di cena. Siamo arrivati ad una conclusione che potrebbe piacerti. O, almeno, lo spero.”. La guardo curiosa. 

“Che hai combinato, Reyes?” le chiedo, il tono scherzoso. Aden ci osserva, abbastanza confuso.

“Di giorno lavoreremo al tuo disco, ma ci riserveremo una finestra di tempo per suonare ed incidere qualunque pezzo tu voglia. Certo, questo comporterà ritmi ancora più serrati, ma...”. Non la lascio finire e la stringo in un abbraccio. 

“Ti voglio bene, Rae.” le sussurro. 

“Anche io, Clarke.” risponde. Mi accorgo solo in un secondo momento che mi ha sporcato il braccio con uno dei pennarelli di Aden.

“Ehi!” protesto. 

“Mi dispiace Griffin, sei in minoranza. Aden, all’attacco!”. Comincio a correre, inseguita dalla mia migliore amica e da un bambino di cinque anni, entrambi muniti di pericolosi pennarelli colorati. E, per la prima volta dopo tanto tempo, credo di sentirmi serena.






Angolo dell'autrice 

Capitolo a conclusione di quello precedente. Purtroppo, anche se Clarke sta raggiungendo la consapevolezza di essere più di una marionetta nelle mani di Lightbourne, non è libera di fare quello che vuole. O, almeno, non completamente. Raven è costretta suo malgrado a tarparle le ali, a fermarla, a salvare la sua carriera. Ed ecco che proprio quando Clarke sta tornando a credere di non valere nulla, spunta Indra, che le fa invece intravedere il suo valore. E poi c'è Lexa, piano piano si scoprirà cosa le sta succedendo. 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, grazie per le recensioni e per leggere la storia.

A martedì!
   
 
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