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Autore: whitemushroom    09/06/2021    3 recensioni
Da sempre Edgar è il leader non ufficiale dei guerrieri di Materia, colui al quale tutti prima o poi vengono a chiedere un consiglio. Essere re è una dote naturale, ma talvolta la sola bontà d'animo non è sufficiente.
Fandom: Dissidia Opera Omnia
Storia partecipante all'undicesimo anniversario del mitico thexiiiorderforum
Prompt: #collega
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Dissidia Opera Omnia
Genere: Introspettivo, Missing Moments
Rating: verde
Prompt: collega


Verum Rex

“Mi sembrava di avertelo già detto una volta. Stanne alla larga, Edgar”.
In realtà, se proprio dipendesse da lui, Edgar lascerebbe volentieri quell’incombenza a qualcun altro. L’aeronave dopo l’ultimo scontro è al collasso per usare un eufemismo, specie perché senza dubbio non è stata progettata per trasportare più di cento persone, men che mai garantire a ciascuno spazio e servizi igienici a sufficienza. Sono più di dieci minuti che l’interfono dalla plancia di comando implora la sua attenzione, e Sazh non è il tipo da chiamarlo soltanto per un accoppiatore guasto o un sovraccarico nel sistema di mappatura. L’ultima esplosione si è portata via il generatore di scudi deflettori, e mentre ripone cacciaviti, brugole, nastro isolante e saldatrice si appunta mentalmente di chiedere a Cid di fare un test prima del prossimo atterraggio.
Sarebbe davvero ilare sopravvivere a distorsioni spaziali, larve di draghi e divinità oscure non meglio identificate per poi morire per un sovraccarico dei deflettori.
Sistemandosi i capelli alla bene e meglio, si ricorda che qualcuno alle sue spalle gli ha rivolto la parola, il che lo riporta ad un’incombenza ancora più pressante dell’interfono. “E dimmi, Noct … come suggerisci di gestire la questione?”
Noctis Lucis Caelum, il giovane principe che sembra cadere sempre dalle nuvole, sbuffa vistosamente, facendo scorrere le dita lungo il corrimano. Il fatto che gli sia venuto a parlare di persona e senza la scorta schiamazzante dei suoi amici potrebbe essere interpretato come una presa di posizione piuttosto netta, ma purtroppo in quel momento Edgar avrebbe più bisogno dei bicipiti di Gladio per portare la cassa degli attrezzi nella plancia di comando piuttosto che dell’espressione imbronciata ed assolutamente poco minacciosa del ragazzo.
Noctis punta i piedi, frapponendosi tra lui e le scale.
Quello lì è pericoloso, Edgar. Buttalo fuori bordo, scaricalo sulla prima isola deserta, dallo in pasto ai Behemoth, fai quello che ti pare … ma il suo posto non è qui!”
“Siamo una democrazia, Noct, in caso non te ne fossi accorto. Abbiamo espresso tutti il nostro parere, quindi perché sei venuto a parlarne con me?”
“Perché guarda che non sono stupido!”
Edgar avrebbe una mezza idea di confutare l’affermazione appena uscita dalle labbra del giovane, ma con un sospiro attende e si sistema meglio il mantello sulle spalle. Ormai sono mesi che il principe di Eos si è unito al loro viaggio disperato, e forse questa è la prima volta in cui sembra davvero infuriato.
No, infuriato non è parola giusta …
“Edgar, è chiaro che tutti aspettino te per parlare. Lightning, Leo, Barret … persino Aranea! E magicamente votano sempre quello che proponi tu! Sempre! Anche se non hai la più pallida idea di cosa tu stia parlando tutti finiscono per ascoltare TE!”
Frustrato.
Noctis Lucis Caelum è frustrato.
È un istante, ma Edgar non può fare altro che sorridere. È sempre meglio quando la verità viene a galla.
“Io quel bastardo lo conosco. Viene dal mio mondo, ha scatenato la guerra in cui è morto mio padre, ci ha riempiti di menzogne, è l’incarnazione stessa dell’Oscurità … ma no, TU dici che potrebbe essere un nostro alleato e NESSUNO ascolta i miei consigli. Se quello lì apre bocca ci metterà gli uni contro gli altri e ci troveremo legati al suo dito mignolo senza accorgercene. Io voglio proteggervi, ma nessuno lo capisce!”
“Non è vero, Noct. Lo abbiamo capito tutti”. Gli appoggia una mano sulla spalla, stringendola piano. Sotto le sue dita la giacca scura del ragazzo ha un fremito, come se non si aspettasse il gesto. Lo osserva con fare interrogativo con i suoi occhi azzurri, così incredibilmente fuori posto sotto la zazzera scura dei capelli arruffati. Ci sono degli istanti in cui a Edgar sembra che il giovane abbia ancora meno dei suoi venti anni stiracchiati.
Ripensa ai suoi venti anni, e tra sé non può fare a meno di sospirare.
Con un solo passo gli scivola accanto, tenendo ancora la spalla del principe nella sua mano e la cassetta degli attrezzi nell’altra. Gli strumenti tintinnano al suo interno, e quando fa per accomodarsi sul primo gradino l’altro gli cede il passo con un movimento del tutto involontario. “Ma ci sono dei dettagli che ancora ti sfuggono”.

L’incantesimo brilla di un verde elettrico ma gentile, richiedendo agli occhi di Edgar qualche secondo per abituarsi alla luce. La barriera creata da Aerith si estende da una parte all’altra della stanza, tagliando in due la camera comune per isolare l’uomo vestito di scuro che alza gli occhi non appena la porta cigola per permettergli di entrare.
Per un attimo Edgar pensa che forse farsi scortare da Sabin sarebbe stata una mossa migliore, ma tornare indietro quando ha già gli occhi del predatore su di sé e tornare accompagnato da una guardia del corpo si tradurrebbe come un gesto di debolezza imperdonabile.
Suo padre non lo avrebbe mai fatto.
“Andiamo male, biondino. Almeno quel Jecht ha avuto il buon gusto di presentarsi con della birra!”
Sarà una lunga, lunghissima trattativa.
Il loro ospite lo fissa dal divano su cui è sprofondato, perfettamente a suo agio e con gli stivali piantati sul tavolino. Da oltre la barriera verdognola non riesce a vederne perfettamente i tratti, ma i suoi occhi gialli emanano una luce pericolosa anche a qualche metro di distanza. Vicino ai suoi piedi riesce ancora a notare le lattine accumulate nel corso della precedente visita diplomatica di Jecht.
“Edgar Roni Figaro, attuale sovrano di Figaro ma soprattutto secondo meccanico di questa nave” dice Edgar, accennando solo ad un lieve movimento con la testa. “È un piacere fare la conoscenza con la persona che ci ha concesso di uscire da quel disastro tutti interi”.
“Oh, un collega!”
Pigramente si alza in piedi, stiracchiandosi in maniera piuttosto provocatoria e con un ghigno divertito.
“Visto che è il momento di sfoderare i titoli davvero impressionanti … Ardyn Lucis Caelum, vero re di Insomnia, Cancelliere di Nifheim, flagello di Eos, incarnazione della Piaga delle Stelle, giogo dell’Infernale … gli altri non li ricordo, ho lasciato il curriculum nel mio mondo!”
“Se dovrò invitarti ad una festa di Figaro ti farò introdurre dal migliore dei miei paggi. Quello con più memoria, almeno!”
L’altro gli risponde alzando il sopracciglio.
L’idea di mandare Jecht ad ammorbidirlo è stata una delle migliori.
Avrebbe volentieri demandato l’incarico di trattare con quello spauracchio a qualcun altro -specie con la nave in panne, Mog in crisi depressiva, Materia tagliata fuori dalle comunicazioni ed i deflettori che non reggerebbero nemmeno un colpo di fionda- ma è il tipo di responsabilità che non può lasciare a nessun altro. Ashelia è sicuramente una sovrana intelligente e pratica, ma l’assenza più totale di senso dell’umorismo potrebbe rivelarsi fatale con quell’avversario. E Edward … ha il sospetto che questo Ardyn ne sputerebbe anche gli ossicini. “Ti vanno quattro chiacchiere, Ardyn?”
“Mi andrebbero di più se avessi portato quella tua amica dalle orecchie da coniglietta”
“Fran è un osso duro, amico mio. Durissimo”.
Quello alza gli occhi al cielo, si sistema il cappello sulla testa e poi si ributta sul divano, invitandolo a sedersi con un gesto della mano. “Sono un uomo sportivo. Dopo duemila anni capisco che il mio fascino sia un po’ in ribasso”.
Edgar si siede con calma sul divano dall’altra parte della barriera, osservando il fare dell’altro in maniera sottile, fingendosi più interessato al disastro lasciato dal suo predecessore che non ai movimenti dell’altro re. Quando Noctis lo aveva avvisato dell’età del suo nemico si sarebbe immaginato qualcuno più … assennato? Riflessivo?
“Dovrò essere un po’ breve, perché se non scendo di sotto tra dieci minuti il reattore rischia di esplodere e sarebbe davvero triste sapere di aver passato gli ultimi minuti della mia vita con te. Con tutto il rispetto …” sorride, accomodandosi. D’istinto la mano gli corre alla tasca, quella dove tiene la sua moneta fortunata. “Noi guerrieri di Materia abbiamo votato. Hai avuto in passato problemi con qualcuno di noi, ma da quando ci troviamo in questo mondo abbiamo deciso di lasciarci un po’ dei nostri bagagli alle spalle e di guardare avanti. Senza di te e di qualche altro guerriero di Spiritus non saremmo riusciti a tornare indietro sani e salvi, e su questo hai innanzi tutto la nostra gratitudine”.
“Invece della gratitudine avresti potuto portare la carta igienica. Entrambe sono attualmente un po’ scarsine, ma almeno della carta igienica saprei cosa farmene. Si vede che questa aeronave l’ha progettata quel minimalista di Golbez”.
Giocherella un po’ con la fedora, invitandolo con noncuranza a continuare.
Mossa sbagliata.
Ricorda suo padre alle riunioni diplomatiche con gli ambasciatori imperiali, nonché le volte in cui spiegava loro che anche nelle conversazioni davanti ad un buon calice di vino occorresse una strategia, un po’ come negli scacchi.
Un vero peccato che lui e Sabin fossero sempre stati negati per gli scacchi.
Le dita della mano sinistra toccano la sua moneta, scivolando sui profili incisi su entrambe le facce. “Richiesta della carta igienica accolta. Quello che tutti noi vorremmo chiederti, gratitudine a parte, è … ti andrebbe di unirti a noi? Una cosa seria, niente coordinate dimensionali o cose strane. Un posto a bordo, dei nuovi compagni, anche un modo per ricominciare da zero … lo ammettiamo, uno con i tuoi poteri ci farebbe davvero comodo”.
“Un tempo la gente veniva al mio cospetto sperando di ottenere i miei favori offrendomi oro, gioielli, donne, terre. Adesso il massimo che mi viene offerto è una cuccetta su una nave prossima al collasso, un pasto caldo in cui Ignis potrebbe averci sputato dentro e della carta igienica. Collega, non so come siano i corsi di diplomazia nella tua Figaro, ma c’è qualche punto su cui dovresti prendere ripetizioni!”.
Seconda mossa sbagliata.
La barriera verdognola trema, nascondendo per un battito di ciglia la sagoma del suo interlocutore. L’istante successivo Edgar lo vede seduto, stavolta sul tavolino, la punta degli stivali pericolosamente vicina allo strato di magia che gli impedisce di uscire e di saltargli alla gola. Il leggero scintillare della superficie è l’unica cosa che potrebbe impedire all’altro di vedere la frustrazione che il giovane sovrano è sicuro di non riuscire perfettamente a nascondere.
La sicurezza con cui è entrato gli sembra incredibilmente molto più sottile, ed una spaccatura si forma non appena l’altro lo invita ad avvicinarsi con un cenno del dito.
Prima che possa anche solo pensare come rispondergli, le sue gambe si muovono da sole.
E non c’è nessun incantesimo all’opera.
Arrivato a meno di un braccio da lui nemmeno la barriera riesce a nascondere la sua faccia gongolante. “Tu hai un grosso problema, Edgar Roni Figaro”
L’odore denso dei suoi vestiti gli arriva fin dentro le narici. Edgar si arresta, puntando i piedi contro il tavolino; il cervello gli guizza velocemente al COMM che i ragazzi di Orience hanno distribuito a tutti per comunicare e che come un idiota ha lasciato fuori dalla stanza, nella cassetta degli attrezzi.
L’uomo che ha davanti è un predatore diverso da Kefka. Un tipo diverso, di quelli che non ti prendono a palle di fuoco solo perché si stanno annoiando.
“E sarebbe …?”
Si dà dell’idiota non appena posta la domanda.
La terza mossa sbagliata lo porta dritto nelle fauci del re antico. “Oh, e io che pensavo che Noct ti avesse messo in guardia dal parlare con me …”
Si accorge che la moneta portafortuna gli è scivolata di nuovo nella tasca.
“Mio giovane e profumato collega, il tuo problema è che sei troppo … buono? Disponibile? Zuccheroso? Il giovane re che si fa carico di tutto e tutti solo perché … beh, è il re? Ti ci vedo proprio a girare per le strade della tua bella città a regalare sorrisi ed aiuti ai bisognosi, sai. Il re delle favole, amato da tutti, che quando passa le fanciulle sospirano e la gente benedice. Quello che spicca anche su questa nave per la sua gentilezza, la compassione la mente arguta, dico bene? In effetti più ti guardo e più mi viene sete per lo zucchero che emani!”
Si volta un attimo verso il tavolo, facendo tintinnare le lattine fino a quando non ne trova una probabilmente ancora piena e la svuota con un solo sorso, pulendosi poi le labbra col dorso della mano. “E sai cosa succede a questo tipo di re?”
Il suono dell’alluminio accartocciato è l’unica cosa che Edgar riesce a sentire.
Ciò che resta della lattina viene buttato con violenza in un angolo della stanza, e per un attimo Edgar vede un lampo d’odio in quelle iridi gialle. Lo sguardo torna faceto nel tempo di un battito di ciglia, ma il sovrano di Figaro si accorge che la mano sinistra non ha ancora smesso di tremare e non si rilassa nemmeno quando l’uomo torna a rovistare sul tavolo alla ricerca di qualcos’altro da bere. “La gente ti userà finché troverà qualcosa nella tua lattina. Dreneranno ogni parte di te, goccia dopo goccia. E la cosa divertente è che sarai anche felice, perché magari penserai pure devo farlo per il mio popolo, e altre stronzate simili” dice, senza più guardarlo in faccia. La sua attenzione adesso sembra presa dalle altre lattine, che posiziona in fila ordinata sul tavolino. “Tanto il finale è sempre lo stesso. Finita la tua utilità, ti butteranno nel secchio della spazzatura, magari tenendoti qualche migliaio di anni in catene perché il primo imbecille di turno ha pure detto che contieni i conservanti e sei nocivo per la salute. E così probabilmente faranno i tuoi nuovi amici su questa nave, fidati …”
“La gente di Figaro non è come dici tu”.
“Conoscevo un re che diceva la stessa cosa. E, indovina un po’, ha fatto una gran brutta fine!”
Gli ritornano in mente, luminosi come sono spesso nei suoi ricordi.
Si mescolano insieme ai granelli di sabbia che si depositano tra le strade di Figaro, sotto le palme e la doppia cinta di mura.
Non saprebbe dare un nome a quei visi, ma potrebbe disegnarli uno ad uno. Nel silenzio potrebbe dare loro una voce ciascuno, alte o basse, una folla di cui ama la grandezza ma allo stesso tempo i dettagli, gli abiti colorati, i sorrisi che sa abbinare a questa o quella fanciulla. La pelle chiara nonostante il sole di mezzogiorno che sfida gli abitanti dell’Impero ad avvicinarsi, le mani che stringe tutte le volte che esce per le strade con il seguito ufficiale.
Rivede la sua gente anche la notte, quando ancora era un principe senza responsabilità e si divertiva ad evadere da palazzo insieme a Sabin, sognando avventure, torti da raddrizzare e qualche serata come i ragazzi normali. Il suono della musica nelle taverne talvolta gli torna alla mente anche in questo nuovo mondo, quando la notte si affaccia sul parapetto dell’aeronave cercando di dare una forma a quell’orizzonte vasto di cui nessuno di loro conosce una mappa.
Sono i suoi ricordi più preziosi, quelli che nemmeno l’oblio imposto dalla dea Materia è riuscito a cancellare.
Si chiede, abbracciando con lo sguardo la stanza oltre la barriera, se anche l’uomo dalle occhiaie scure e le unghie distrutte abbia ancora sogni simili.
E come potrebbe sentirsi alla sola idea di vedere la gente di Figaro rivoltarsi contro lui o Sabin.
Il primo istinto sarebbe mormorargli un “mi dispiace”, ma si frena.
Non c’è niente di più pericoloso dell’orgoglio ferito di un re.
“Terrò a mente il consiglio, collega. E su una cosa hai ragione, sulla diplomazia devo ancora migliorare. Ma ti voglio lo stesso in squadra, quindi stavolta ti propongo un affare alla vecchia maniera, Ardyn”.
Tira fuori dalla tasca la moneta fortunata. Uno scintillare rapido nelle iridi dell’altro e capisce di avere almeno per un attimo la sua attenzione. “Se esce testa, ti sforzi a socializzare con noi. Non ti dico parlare con Noctis, ma almeno venire stasera a vedere uno spettacolo di danza di Yuna davanti alla cena. Se esce croce, ti abbasso la barriera e te ne puoi andare dove credi. Mi assumo la responsabilità davanti agli altri”
“Finalmente ti decidi a parlare la mia lingua, Edgar!” fa l’altro, portandosi così vicino alla barriera da poterla sfiorare con la punta del naso. “Mi piacciono i giochi. Anche se un vero re non dovrebbe basare la propria vittoria sulla fortuna”.
“Giusto. Un vero re non obbedisce alla fortuna …”
Tira verso l’alto, sforzandosi di non sorridere.
C’è l’oro della sua città in quella moneta.
C’è il loro conio battuto, il riflesso della luce nell’acqua dell’oasi.
Ci sono le partite e le scommesse vinte nelle locande, le gare di chocobo clandestine, le serate in cui Sabin doveva riportarlo a casa sulle spalle perché chiaramente aveva bevuto più vino delle proprie minuscole capacità.
C’è il sogno di tornare a casa una volta finita quella bizzarra avventura, di poter organizzare le feste meravigliose di Figaro che farebbero girare la testa a tutte le ragazze su quella aeronave. C’è il bisogno di chiamare a raccolta tutti i suoi sarti migliori e chiedere loro di fare un vestito serio per Noctis, che vestito così di nero più che un principe sembra un becchino.
C’è il ricordo della musica, di sua madre che riusciva a fare crescere le rose anche tra le volute di sabbia, di suo padre che guardava compiaciuto i due troni gemelli che aveva fatto intagliare per lui e Sabin, quasi come prevedendo la sua scomparsa.
C’è tutto ciò che di bello ama al mondo, e quando sul suo palmo compare la sagoma incisa di una testa, il sorriso che gli esce dalle labbra ha qualcosa di liberatorio. “… un vero re costringe la fortuna ad obbedirgli. Ti consiglio di metterti qualcosa di più elegante per stasera, Ardyn. Magari Setzer ha una giacca da prestarti”.
L’altro scrolla le spalle, con un’espressione quasi divertita dalla sua sconfitta. Ha la faccia di chi sta per brontolare qualcosa tra sé e sé, ma poi si stiracchia e fa un passo in avanti, attraversando la barriera come se nulla fosse, lasciando che le sottili volute di luce verdognola si dissipino lungo la superficie dei suoi vestiti. “Mi piace il tuo stile, Edgar. Magari potresti anche riuscire a trasformare quel bamboccio di Noctis in un vero re, chi lo sa” dice, spolverando il cappello con fare compiaciuto. “In effetti mi ero stancato di giocare a fare il prigioniero, ma quella Aerith ci aveva messo tanto impegno nell’erigere la barriera che mi sembrava proprio maleducato farle notare che era un po’ deboluccia. Su, andiamo a pagare questa sconfitta. Mi hai detto che c’era una ballerina, almeno!”
Edgar si trattiene dallo scoppiare a ridere, ma ha il sospetto che se non si ricomporrà prima di varcare la soglia non avrà le forze per spiegare ai membri più reticenti della loro squadra come è riuscito a estorcere quella forma di strana collaborazione.
Nella speranza che Sabin o Setzer non siano così idioti da spifferare al nuovo arrivato il piccolo segreto che da qualche tempo a questa parte sembra essere l’unico modo per costringere la cattiva sorte a farsi indietro.
Ad Ardyn potrebbe non piacere l’idea di essere stato sconfitto da una moneta truccata.
Nella tasca la moneta torna a riposare, entrambe le facce incise nell’oro che da sotto i vestiti gli inviano un silenzioso occhiolino.


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