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Autore: Louis Agreste    09/06/2021    1 recensioni
Sarebbe possibile concedere una seconda possibilità a qualcuno come Gabriel Agreste dopo tutto quello che ha fatto?
Un modo esiste per tutto, ma come potrebbe venirne a capo Marinette, una ragazza normale come tante, che come unica differenza ha sulle proprie spalle il peso di tutte le persone che ama?
Finirà tutto con un semplice sorriso?
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Plagg, Tikki
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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In tutta la sua vita, l’ultima cosa che non avrebbe mai pensato di affrontare era proprio quella che, alla fine, si era rivelata vera e questo l’aveva distrutta. Aveva visto tutto con i suoi stessi occhi, eppure faticava ancora ad accettarlo.
 
“Fai il sentimentale per un sentimostro?”
 
Quelle parole, quelle dannate parole che Papillon aveva osato formulare. Questo subito dopo che Mayura aveva fatto scomparire, in letteralmente uno schiocco di dita, quella che, per quel lasso di tempo così breve, si era rivelata solo un’anima innocente che non aveva nemmeno idea di cosa fosse giusto e cosa sbagliato. Parole che, adesso, non facevano altro se non risuonare nella mente di Marinette, ora che aveva di fronte a sé la realtà dei fatti: Chat Noir era un sentimostro, Adrien era un sentimostro.
Il suo viso era allagato dalle lacrime e la sua espressione mostrava chiaramente quanto venirlo a sapere l’aveva sconvolta, più di qualsiasi altra cosa al mondo. Nemmeno lo scoprire l’identità di Gabriel, poco prima, l’aveva ridotta così.
 
«Sto ancora aspettando una risposta… ragazzina.»
 
Quella voce non provocò alcuna reazione da parte sua. Il suo sguardo era fisso sulla figura di Adrien: immobile come una statua di fronte al genitore, quest’ultimo con la mano pronta a schioccare le dita. Quel singolo gesto e… lui sarebbe…
 
«Ho una pazienza limitata, Ladybug. Consegnami il tuo miraculous e lo lascerò andare!» tuonò l’uomo con quel sorriso maligno, che si rigirò l’attimo dopo, al non ricevere la benché minima reazione: «Rispondimi!»
 
Lei aveva le orecchie tappate, non riusciva a sentire nulla, nemmeno quelle minacce urlate a squarciagola da quell’uomo ormai privo di ragione. Il suo corpo tremava e non riusciva a stare in piedi. Lo yo-yo le era caduto da un pezzo e ancora si era piegata a raccoglierlo. Non le usciva un filo di voce dalla bocca e stava provando dolore alla mascella per quanto stava stringendo forte i denti. Temeva di poter svenire da un momento all’altro: la testa le doleva in una maniera insopportabile. Il venire a conoscenza di così tante informazioni in nemmeno mezz’ora l’aveva letteralmente uccisa, tutti i suoi sensi avevano finito per svanire all’improvviso, lasciandola sola in quel limbo di incoscienza.
 
«La-Lady-Ladybug…» cercò di chiamarla Adrien, tendendo anche una mano nella sua direzione, ma crollando a terra in ginocchio quando Papillombre mosse appena il medio sul pollice.
 
«Non intrometterti! Il suo miraculous deve essere mio…» lo avvertì l’uomo con veemenza, sorridendo al vederlo stringersi il petto con la mano sinistra: «Non sei neanche mio figlio… non ho motivo di preoccuparmi per te…»
 
Quella frase colpì il ragazzo dritto al cuore e cominciò a piangere anche lui, in silenzio, mentre la giovane supereroina non si era ancora mossa, nemmeno di un millimetro.
 
«… Si sente solo il piccoletto qui.» parlò ancora l’uomo, facendo riferimento al kwami del gatto nero che, controvoglia più che mai, svolazzava al suo fianco con la bocca cucita, senza la minima possibilità di ribattere in qualsiasi modo: «Fagli rivedere la sua amichetta!»
«N-No! Ladyb- AH!»
«Zitto tu!» lo avvertì nuovamente il nemico, ritrovandosi a ridere con il capo leggermente abbassato: «Cosa mi hai costretto a fare, ragazzina…» disse prima di rialzare la testa, sgranando gli occhi al non incrociare nuovamente la figura a pois della supereroina: «Dov’è andata?!»
«… Non ti hanno detto che non si gioca con i miraculous… Gabriel?» domandò a sua volta la ragazza, riapparsa esattamente nello stesso punto, con il capo chino e una mano chiusa a pugno.
 
L’uomo rivolse lo sguardo sulla propria, sgranando gli occhi al non vedere più il miraculous del gatto nero.
 
«Come hai-?!»
«… Ripeti ciò che hai detto…» lo sfidò lei, evitando completamente la sua risposta: «… Provaci a ripeterlo!» urlò a sua volta la corvina, rivolgendo gli occhi azzurri in fiamme verso il suo peggior nemico, che lei giurò di aver visto sobbalzare appena: «Costretto… tu costretto?! Costretto a fare cosa?! Non l’hai mai trattato come meritava e nessuno ti ha mai obbligato a farlo! Hai fatto tutto da solo!»
«Non parlare di argomenti che non ti riguardano, ragazzina!»
«… Non mi riguarda…?» domandò lei con calma e un sorriso nervoso, riuscendo a mantenere la sua attenzione sul proprio volto piuttosto che sulla mano: «… Chiunque si metta contro il mio gattino, se la prende con me!» tuonò ancora lei mettendosi in posizione da attacco, guardando l’uomo arretrare al vedere la sua espressione, che descriveva a malapena il suo vero stato d’animo.
 
Il suo più acerrimo nemico, poi, si accorse finalmente dell’anello che lei adesso portava all’anulare destro, e un brivido freddo gli attraversò tutta la schiena.
 
«NO!»
«Tikki…»
«Marinette, no!» la pregarono anche i due kwami in coro, inutilmente.
 
«… Plagg…» continuò appunto lei, con le lacrime agli occhi: «… Concedetemi il potere assoluto.»
 
Gabriel si ritrovò scaraventato all’indietro da una forza invisibile, oltre che senza più l'anello di Emilie in mano. Non fece in tempo a sedersi a terra e mettersi a cercarlo: il suo sguardo venne subito catturato dalla figura in volo sopra di lui, circondata da un’aura viola che formava una specie di sole alle sue spalle. Incuteva timore oltre ad una leggera beatitudine - quest’ultima emozione insensata dal suo punto di vista.
 
«No… Marinette…» mormorò ancora Adrien con la mano stretta al petto e la vista offuscata, che gli permetteva di distinguere a malapena i suoi occhi da tutto il resto: «Ti prego…»
«Sparisci!» tuonò Gabriel un attimo prima di schioccare le dita.
 
La figura del ragazzo scomparve in una nuvola di fumo nero e blu. L’amok sbucò fuori dall'anello e tornò bianca in volo, sotto lo sguardo compiaciuto dell’uomo, che ormai credeva di avere la situazione in pugno. Nel vedere l’iride ricomparire per un attimo, negli occhi completamente bianchi della figura, sorrise, liberando poi l’akuma dal proprio bastone e rimanendo, subito dopo, impietrito al vedere come la ragazza, semplicemente sfiorando la farfalla, l’aveva purificata.
 
«… Credevi davvero che avrebbe funzionato…?» domandò quest’ultima con una voce angelica e sdoppiata.
 
«E allora cosa avresti intenzione di fare adesso, eh?!» le domandò a gran voce con un inquietante sorriso a incorniciargli il volto: «Quel sentimostro è sparito! Non hai più motivo per eliminarmi!»
«… Smettila di chiamarlo così.» lo riprese lei, facendolo trasalire: «Adrien aveva un cuore, un’anima, respirava e parlava proprio come te, non ti permetto di trattarlo così. Sei tu il mostro qui, lui non lo era!»
 
Alle orecchie di Gabriel quelle parole non avevano il minimo senso. Come poteva provare ancora qualcosa per quell’essere che di umano aveva solo l’aspetto? Come?!
 
«… Ho un piano in mente…» parlò ancora lei, incurante della lacrima che le rigò la guancia sinistra in quel momento.
 
Lei non si era mossa in alcun modo e lui si era ritrovato a fare lo stesso. Negava a se stesso di provare un’immensa paura, continuava a credere di essere lui più forte, invincibile, seppur, di fronte a lui, ci fosse una figura praticamente paragonabile a una divinità, che con la sola imposizione della voce riusciva a farlo immobilizzare.
Non aveva senso, tutto quello che stava succedendo non aveva il minimo senso!
 
«Vuoi restare lì a guardarmi per l’eternità?!»
«… Non basterebbe comunque per scontare la tua pena… Gabriel Agreste…»
«Pena? Aha, non farmi ridere!»
«… Non è mia intenzione farlo…» disse, rispondendo finalmente a quella che era stata una sua affermazione: «… E presto non riderai più» aggiunse una volta uniti i palmi di entrambe le mani.
 
«COSA?!»
«… Wish…» sussurrò la ragazza prima di chiudere gli occhi, costringendo l’uomo a coprirsi gli occhi quando un’accecante luce candida la avvolse completamente.
 
Marinette si ritrovò in una specie di piano astrale, circondata da un infinito spettro di colori che continuava a girarle attorno. Sentiva la testa pesante e faticava a mantenere la concentrazione, ma l’udire una voce nella propria mente la sconvolse non poco.
 
- Qual è il tuo desiderio…? - le chiese questa, che aveva un non so ché di familiare alle sue orecchie: le ricordavano vagamente quelle di Tikki e Plagg, come se si fossero fuse in una.
 
«Io…» riuscì a dire dopo diversi secondi, per l’immensa fatica che provava solo nel mantenere a contatto i propri palmi: «… I-io…»
«Ferma! Chiudi quella bocca!»
«… Io desidero…» alla mente le tornarono tutti i momenti belli che aveva vissuto lungo quei tre anni, passati a combattere contro un uomo codardo, ma anche contro i sentimenti provati durante quella che era la vita adolescenziale.
 
Da una ragazza normale con una vita normale, si era ritrovata a fare la supereroina al fianco di un ragazzo della sua stessa età, oltre che condividere con lui un enorme segreto. E quel ragazzo, con e senza maschera, era sempre stato al suo fianco, senza mai abbandonarla.
 
«Stai commettendo un grosso errore!»
- Ehi Marinette! -
- Bonjour, milady… -
- Non è bello spiare le persone. -
- Lucky Charm! Lucky Charm! Lucky Charm! -
- Non mi dispiace rimanere bloccato in un posto come questo con un’amica come te… -
- Lo sai, milady, conoscermi vuol dire amarmi… -
- C’è qualcosa che dovrei dirti… -
- Grazie per il “semplice”. -
- Non sono mai andato a scuola, non ho mai avuto amici… Tutto questo… è una novità. -
- Fidati di te stessa come io mi fido di te, milady. -
 
Sorrise, con un’altra lacrima che, questa volta, scendeva lungo la sua guancia destra.
 
«È una battaglia persa, Ladybug!»
«… Non serve uno scontro incredibile per concludere una battaglia inutile…» sussurrò prima di riaprire gli occhi e rivolgere un triste sorriso a Gabriel.
 
«Cos’hai da ridere?!»
«… Desidero che i miraculous non siano mai stati creati…»
«NOOO!»
 
E il tutto, in un secondo, svanì.
 
 
«Marineeette! Svegliati o farai tardi a scuola!»
«Mhhh… Cinque minuti…»
«Marinette!» la richiamò Sabine dal piano di sotto, sospirando al vedere la figlia precipitarsi giù dalle scale con ancora indosso il pigiama: «Ho sentito io la tua sveglia suonare, vuoi fare tardi perfino il primo giorno di scuola?»
«Ho fatto un sogno strano…» mormorò lei con ancora la voce impastata dal sonno e con una mano occupata a massaggiarle la testa, che aveva involontariamente sbattuto dopo essere volata giù dal letto.
 
Sua madre cercò di smuoverla ulteriormente per impedirle di fare tardi, ma, arrivata alla boulangerie del piano di sotto, la figlia perse ancora tempo nel tentativo di non far cadere una scatola di macarons appena consegnatale dal padre. Corse fuori dalla porta come un fulmine e scattò anche oltre le strisce, mettendo in mostra i denti stretti quando sentì la campanella suonare.
 
«Oh no!»
«Ehi, attenzione!»
«Eh? Cosa?»
 
Subito dopo aver detto quelle parole si ritrovò a terra, con un forte dolore alla testa.
 
«Ahio…» disse all’unisono con, molto probabilmente, la stessa persona che le era venuta addosso.
 
Si voltarono l’uno verso l’altra e, una volta incrociati i rispettivi occhi, rimasero lì a fissarsi per diversi secondi, ritornando alla realtà quando entrambi sentirono il rombare del motore di un’auto.
 
«Oh no… Stavi andando a scuola per caso?»
«Eh… sì, perché?»
«Ti prego, portami con te…» le chiese il ragazzo supplicante, con anche i palmi uniti poco distanti dal viso.
 
Marinette rimase a guardarlo qualche istante, poi si accorse dei dolcetti caduti al suo fianco e allungò le mani per recuperarli, finendo per sfiorare anche la mano di quel ragazzo.
 
«… Sì, comunque. Vieni!» esclamò subito dopo essersi tirata su, con la scatola in una mano e, subito dopo, nell’altra quella di lui: «Tu chi sei comunque?»
«Adrien, Adrien Agreste.»
«Piacere di conoscerti allora. Io sono Marinette Dupain-Cheng!» si presentò anche lei con un grosso sorriso.
 
Adrien sorrise di rimando, senza però essere visto dalla ragazza, della quale vedeva solamente le spalle mentre salivano velocemente le scale.
In lontananza, all’insaputa di qualsiasi essere vivente presente sulla Terra, due figure avevano assistito a quel loro scontro.
 
«… Ma guarda un po’… Si sono incontrati davvero.»
«Sono destinati a stare insieme, non te lo ricordi?»
«Bleah, sempre a ricacciare questi discorsi sdolcinati…»
«Ehehe, sei sempre il solito Plagg…»
   
 
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