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Autore: Lady R Of Rage    17/06/2021    1 recensioni
Anno 2001: una donna nuda e furiosa emerge dall'oceano da qualche parte sulla costa della Gran Bretagna.
A trovarla è Cyrus Kriticos, eccentrico collezionista di rarità, delle quali la più rara sono gli undici fantasmi che tiene prigionieri nel sotterraneo della propria magione. Il dodicesimo sulla lista, noto come Lo Sciacallo, è un assassino feroce e spietato, ma nemmeno lui ha scampo contro la rabbia di una guerriera millenaria.
Quynh si trova così reclutata nelle fila di Cyrus. Lotterà per lui contro il Moloch, l'ultimo spettro nella lista, in cambio di vitto, alloggio e vendetta contro il mondo che l'ha fatta soffrire per secoli – a cominciare dall'amata Andromaca.
Ma nessuno sta bene da solo. Quynh lo sa bene, e il dolore dell'immortalità è paragonabile solo a quello della non morte.
In attesa di trovare la sua vecchia famiglia ha tutto il tempo di crearne una nuova.
[Quynh!Centric | Crossover The Old Guard (2020) e I Tredici Spettri (2001)]
Genere: Angst, Drammatico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
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La Bara E La Gabbia



Frantumato.

Accorre alla sua mente come la marea e le riempie i polmoni come un grido silenzioso. Il mare si era frantumato quando la sua testa l’aveva trafitto, una massa grottesca di umidi capelli neri e corde vocali sfilacciate; il metallo si era frantumato in un'ultima, crudele spinta, la sua vita che si muoveva attraverso il metallo come una lumaca fuori dal suo guscio; la sua pelle si era in qualche modo frantumata, mentre la superficie la reclamava come una mano accogliente, i muscoli tesi si erano rimodellati in una forma tutta sua. E anche quegli ultimi annegamenti, mentre galleggiava verso la luce crescente, sembravano una carezza. Presto, solo una questione di istanti – da qualche parte.
La strada le è estranea: sia nella direzione che nel materiale di cui è fatta, grigio e denso come lava fusa. Una città che aveva visto, al fianco di lei come erano solite fare in un'altra vita, era rivestita di quel materiale fino all'orlo, e camminarci le sembrava un sogno come tutto quel giorno.
Ricorda di aver indossato un vestito quando era stata imprigionata: ora tutto ciò che può coprire il suo corpo sono i capelli lunghi fino al petto, aggrovigliati in un disordine che nemmeno le sue dita riescono a districare. La sabbia le gocciola ancora sulla schiena e sulle gambe, dopo che ci è rotolata dentro sotto le stelle. La prima cosa che aveva toccato, con cui si era plasmata, le era para nuova e unica, solida e calda.
Quynh era sdraiata sulla sabbia quando lei e Andy si erano incontrate, e per alcuni brevi e dolci momenti può immaginarla che accorre da lei per un abbraccio, una mano di bentornato nella vita a cui è stata rubata. È così dolce, troppo dolce, e probabilmente le farebbe vomitare se vi fosse in lei del cibo.
È troppo poco e troppo tardi. Quynh percorre la strada a piedi nudi, senza preoccuparsi dei sassolini e della sporcizia che si mescolano alla sua pelle ancora salata. Andromaca e gli altri, il francese e la nuova ragazza e Nicky e Joe, sono da qualche parte che non è là, e possono rimanervi ancora per un po' se hanno fatto così bene durante il tempo che è passato. Deve... deve...
Ha davanti un cartello, in un metallo piatto e lucido che non riconosce. Quynh strizza gli occhi per leggerlo, tesa ed eccitata: le prime parole, in cinquecento anni.
Quello che legge, “Ospedale di Borehamwood, un miglio", non significa nulla per lei. Ma ci va lo stesso, perché non si butta via quello che si trova, soprattutto quando non si ha avuto niente da secoli.

Non aveva pensato a cosa dire se avesse incontrato qualcuno. Non aveva pensato affatto, gli occhi aperti e i sensi spinti fino all'orlo: aveva già pensato un po' troppo in cinquecento anni. La violenza è una costante nella storia, e i modi per ferire una donna e lasciarla a pezzi sono un'abbondanza; ma per ripercorrerli deve ripensare ad Andy, e quei pensieri restano in fondo al mare dove lei era stata.
Dove l'hanno lasciata.
La vista umana, dunque, la coglie di sorpresa, smorzando per un attimo i suoi sensi e perdendo di vista ciò che vede e dove si trova. I particolari tornano uno dopo l'altro: l'erba, la notte di stelle delle quali ricorda ancora i nomi, la forma lontana dell'edificio più alto che abbia mai visto, e ad ognuno si aggrappa così disperatamente che teme che le sue unghie possano sanguinare.
La luce della luna le regala una forma minuta, che corre verso di lei attraverso il bosco – e potrebbe parlarci se sapesse cosa dire. Non ha voce in gola quando tenta una chiamata, ma quello si avvicina comunque a lei, come attratto dalla sua presenza.
Le lampade notturne – diverse da come le ricordava, storte e bianche ed eccessivamente alte – illuminano una cosina di abiti bianchi stracciati, dalla forma che non ha mai visto in nessuno dei loro viaggi. E l'uomo al di sotto la fissa con gli occhi di una bestia – uno marrone, uno blu, entrambi circondati da borse grandi come le sue. Occhi che brillano attraverso le sbarre di una gabbia di metallo, saldati intorno alla testa e lacerati davanti.
E i suoi capelli sono lunghi, neri e umidi. Per un momento, di nuovo, Quynh riesce a malapena a respirare.
Spesse corde di cuoio pendono dalle braccia e dalle gambe dello sconosciuto mentre si avvicina a lei con passi incerti, e Quynh si avvicina con tremante entusiasmo. Un prigioniero come lei... se l'Inquisizione è ancora al lavoro, potrebbero esserci chissà quante bare di ferro ad aspettarla ancora una volta. Barcolla verso un albero vicino, reggendosi sulle gambe scosse.
Quegli occhi. Quynh li vede attraverso le sbarre rotte della gabbia mentre sbatte le palpebre avidamente nella sua direzione. Un braccio tende verso di lei, storto come un serpente, e la sua mano è un artiglio.
Una voce profonda e ringhiante risuona dalla sua bocca, attraverso i denti anneriti e storti. Quynh trema ma non corre, perché i suoi piedi sono incollati al suolo e ricoperti di sudore. Un braccio tende verso di lei, storto come un serpente, e la sua mano è un artiglio: come quella di un lupo o di uno sciacallo.
Apre la bocca mentre lo pensa, e le mani artigliate le raggiungono la gola, mentre una risata soffocata – o era un urlo, è difficile da dire, tutto si mescola insieme come acqua e sabbia – risuona dalla cima della fossa. L'ultima cosa che vede è un familiare e debole crepitio di ossa.

E poi è di nuovo viva.

Un collo rotto è stato una delle sue prime morti: la prima con Andy al suo fianco, che le massaggiava la parte posteriore del cranio con la mano stracciata di una guerriera, ma soffice come la seta allo stesso tempo. Si sente sprofondare ancora una volta, giù e giù in un abisso, scintille di fiamma tra le sue braccia e il suo cuore. Il fuoco della vita, così profondamente mancato.
Anche l’uomo con la testa in gabbia la guarda con soggezione, indietreggiando a piedi nudi. Probabilmente sente l'odore del pericolo, perché si gira abilmente dall'altra parte, ma il pugno di Quynh lo raggiunge prima che possa correre.
Quando cade a terra è indifeso quanto lei, bloccato sotto il suo corpo e una scarica di pugni. Le sue mani artigliate corrono nell'aria un paio di volte, una le sfiora il viso e strappa una ciocca di capelli; lì si incastra quel tanto che basta perché lei gli afferri i polsi e gli blocchi le braccia a terra con le gambe. Lo sente storcersi e tirare nella sua presa, urlando e ringhiando nella notte. Nessuno verrà, pazzo e sciocco. Non vengono mai.
L’uomo contorce il corpo prono a terra, rigirandolo come una tartaruga, e Quynh sente la sua rabbia diventare la propria. E quando riesce ad afferrare la gabbia intorno alla sua testa, preparando un assalto di calci e pugni al suo ventre morbido, non si è mai sentita più libera.
Quando finalmente lo lascia andare, tremante e senza fiato, i capelli appiccicati al viso, ancora una volta bagnati di sudore caldo, i muscoli tremanti, lui si rannicchia lontano da lei come se fosse la sua stessa persona che sta annegando.
Sono tornata da così poco, e il primo che incontro è un pazzo. Coprendo la sua intimità con le mani, si siede nell'erba e strofina il palmo nel fango. Aveva fatto lo stesso con la sabbia della spiaggia e lo strano materiale sassoso di cui era fatta la strada. Tutto ciò che non è metallo e acqua è gentile come un bacio.
Fissa l’uomo-bestia, prono e sconfitto, che ansima impotente al cielo, e accarezza il punto in cui gli artigli hanno colpito. È già guarito.

Luci. Bianche come quei lampioni storti, che si muovevano nel bosco come occhi più avidi. Un’imperiosa voce maschile, il cigolio di macchinari. Ovunque si giri, la foresta è in fiamme. L'uomo a terra si copre la testa ingabbiata con le mani e urla nel fango; come una liberazione, o per dimenticare che la sua probabile prossima vittima ha appena scaricato secoli di dolore sul suo soffice corpicino.
-…il cubo…- Ma cosa c'entra la geometria, di tutte le cose? -...e la torcia, prima che quello...-
-Ne ha aggredita un'altra, poveretta.- Li circondano da tutti gli angoli, ed è difficile vedere i loro occhi nel buio. Ma è abbastanza luminoso da vedere che nessuno di loro indossa un dannatissimo crocifisso, e le sfugge un sospiro di sollievo.
-C'è una donna con lui,- dice qualcuno. -Una donna nuda, vicino allo Sciacallo. Avrebbe potuto...-
Ma non ce l’ha fatta. Il piccolo uomo trema e ansima sul terreno e a Quynh non interessa più. Si asciuga la bocca fradicia e si raggomitola a palla, cercando dei lineamenti nei lucidi volti incappucciati. Una folta barba nera le fa ricordare Joe, un bagliore di mani pallide riporta l'immagine di Nicky. Ringrazia qualcosa che sono tutti maschi.
-Le ha rotto il collo. L'ho vista.- Una nuova voce da dietro della folla. -E poi è ritornata su, come se niente fosse. Ma non è un fantasma, vero? Sembra di carne.-
-Lascia stare, non importa ora. Porta dentro il cubo prima che lo perdiamo.-
Tre persone le si avvicinano: quella che parla, un uomo anziano con in mano un bastone da passeggio, indica una donna con gli occhiali non dissimili dai suoi. L'uomo in gabbia striscia prono nell’erba, tenendosi il petto con la mano artigliata, la testa pallida contorta in quello che sembra dolore. Quynh, invece, si rannicchia con entusiasmo. Vestiti a parte, sembrano abbastanza umani. Le pizzicano gli occhi.
-…no. No, quello no. No.- L'uomo in gabbia ha un forte e sfacciato accento cockney, ma in un tenore delicato, come un bambino non ancora cresciuto. -Non osare toccarmi.-
-Chiudi la bocca, mezza bestia.- L'uomo con il bastone ha parlato giusto a tempo, perché quelle parole troppo familiari la fanno scoppiare come se la pressione le fosse tornata addosso. Guarda lo sconosciuto sfilare una spada dal suo bastone e posare la punta sulla schiena dell’uomo a terra, spingendo nel terreno la sua faccia ingabbiata. -La tua fortuna doveva finire prima o poi.-
-Ti masticherò il cuore. Te ne pentirai, segaiolo. Ammazzo gli uomini bene come ammazzo le donne.-
-Non sarei d’accordo, considerando le prove. Prendetelo.-
Quynh si raggomitola ancora di più, asciugandosi la fronte e la nuca. Qualunque cosa sia quell'uomo, lei non ha nulla a che fare con il suo aggressore. Il suo corpo è già troppo pesante per sopportare anche il dolore di un’altra persona. Andromaca: lei non gli avrebbe permesso di ucciderla, nemmeno una volta. Un gruppo di persone in tute lucide di materiale mai visto e occhiali trasparenti circondano l'uomo con la gabbia in testa e lo afferrano da dietro. Uno regge in mano quello che sembra un petardo – ha visto la produzione di polvere da sparo nella vecchia Cina, un'arte molto più antica di lei – dinnanzi ai suoi occhi, e l'uomo urla come un cane preso in una tagliola.
-NON TOCCAR- NO! NOOO!-
Lei non avrebbe avuto bisogno di niente di tutto ciò per metterlo a posto. Eppure non è venuta. Si è arresa o si è trovata qualcun altro. O semplicemente deciso che non ne valeva la pena, e che anche i grandi guerrieri possono fallire: e qualcun altro deve sopportare il dolore del loro fallimento, per i secoli dei secoli.
Quindi si gira dall'altra parte mentre l'uomo viene afferrato per i polsi, la vita e la gabbia, le braccia tese dietro la schiena come se fosse costretto ad abbracciarsi da solo, le gambe corte che scalciano impotenti in aria, strillando nella notte senza nessuno che lo ascolti – tranne i suoi aguzzini e colui che lo ha sconfitto. Lascia che accada: è uno spettacolo lontano e niente di più.
-…le mie braccia! NON FARLO! NO! NON VOGLIO...-
L'uomo con il bastone: deve essere lui il capo, quindi è lì che si posano gli occhi di Quynh. I nobili della sua era portavano a volte dei bastoni come quelli per mostrare il loro status. Non porta una corona, ma trasuda comunque autorità: si gira verso di lei e sorride come se il suo corpo tremante, i capelli spettinati e il viso accigliato fossero la vista più attraente di tutta la terra.
-Questa è un’Immortale. Allora esistono…-
Non dovrebbero saperlo: Quynh fa un passo indietro, alzando il pugno come se anche loro volessero scagliarlesi contro. Allora Andy e i ragazzi si sono resi noti al mondo, e lei non è più un'anomalia. Anche questo, a quanto pare, non è bastato a risparmiarle il mare.Rifiuta anche solo di pensarlo.
-Ho letto molto sulla tua specie. Non devi nascondermi nessun segreto. Sono onorato di entrare in tuo contatto, gentile fanciulla. Non vogliamo recarti alcun danno. Come ti chiami?-
L'uomo con il bastone si avvicina a lei come un vecchio amico, offrendole una mano vuota e guantata, lei non la tocca: si sposta invece all'indietro come se quella mano fosse un serpente.
-Parli inglese, cara ragazza?- chiede il nobile, e si rivolge alla donna che è con lui. -Di che secolo sarà questa?-
-Non vogliamo farle del male,- dice l'altro uomo. -In realtà siamo in debito con lei, signorina. Io sono in debito con te. Non abbiate paura. Siamo noi quelli che dovrebbero essere spaventati, in realtà.-
-Dennis.- L'uomo con il bastone alza una mano. -Sta 'zitto. Lasciami…-
Ma Quynh non sente più le sue parole – la sua mente è bloccata su cosa significhi non aver paura, come se potesse significare qualcosa in un mondo straniero. Ha sconfitto l'uomo in gabbia, ma se ne arrivassero altri? Nei suoi precedenti combattimenti non era mai tutta sola. Ogni volto è un duro colpo per lei, i ricordi si contorcono su sé stessi, e girano e riaffiorano in un modo che non è indolore, non questa volta.
Si strofina gli occhi e guarda il buco nel fango dove aveva trascinato il suo aggressore, l’uomo che chiamavano lo Sciacallo. Scintille di adrenalina pulsano ancora dentro di lei, ricolmano la sua pelle, e il lontano bagliore di Venere è un occhio vigile e materno.
Alla dannazione il vostro Dio, sono libera.
-Quynh,- deglutisce. -Mi chiamo Q-Quynh.-
È così strano sentirlo di nuovo, da una voce che non è la sua, ma potrebbe passare per essa con appena un po' di tentativi. Non che loro potrebbero saperlo.
-Quynh.- L'uomo con il bastone assapora ogni lettera mentre pronuncia il suo nome. -Piacere di conoscerti, Quynh l’Immortale. Io sono Cyrus Kritikos, e queste brave persone sono i miei associati.-
-Sono Dennis,- dice l'altro. -Sembri avere freddo…-
Si toglie la sopravveste, una cosa grossa e larga come un mantello, e gliela offre: Quynh vi si avvolge come un abbraccio amichevole, dando appena uno sguardo al tessuto estraneo e morbido. Il caldo la fa quasi piangere.
-In che anno siamo?-
-2001,- dice di nuovo l'uomo. -E siamo ancora vivi.-
Cinquecento anni... Quynh cade in ginocchio, avvolgendosi tra le proprie braccia e la stoffa appena ricevuta. Dovrebbe urlare, ma la sua gola è ruvida come una pietra.
E Andromaca… scuote la testa, i capelli ormai appiccicati al viso, e si concede un morso nella stoffa. Il suo benefattore non la guarda nemmeno.
-Sa camminare, signorina?- chiede invece.
-Può combattere,- dice Cyrus Kriticos. -Certo che può camminare. Andiamocene via, prima che qualcuno ci veda.-
Quynh barcolla di nuovo in piedi e chiude i bottoni dell'indumento. Si tira all’impiedi e annuisce una volta. Dopotutto, camminare è stata la sua introduzione alla libertà. Forse riuscirà a camminare di più e sentire addosso un po' di fibre.
-Vieni con noi, Immortale Quynh.- dice Cyrus. -Dalle una mano, Kalina. Potrebbe preferire la compagnia di una signora.-
La donna, che non ha detto una parola, le dà un braccio a cui aggrapparsi. Non è muscoloso, e a Quynh fa molto piacere.

Lo rivede in fondo alla scogliera: è in un cubo di vetro trasparente, graffia le pareti con le sue strane mani simili ad artigli, e gli occhi di colore diverso sembrano brillare nella penombra
-VI FARÒ A PEZZI, TESTE DI CAZZO! FATEMI USCIRE!-
Kalina conduce Quynh a sedersi su una sedia di stoffa e le porge una sciarpa. La tiene stretta a sé, strofinandosi le dita sulla testa. Cinquecento anni: urlerebbe di più se non fosse così stanca.
Concentrati: la realtà. La nuova me, qualunque cosa lei possa volere. L’uomo-sciacallo, ora doppiamente ingabbiato, è passato al prendere a pugni i muri, e il rumore le dà il mal di testa.
-Chi è quell'uomo?- sussurra.
-Questo,- Cyrus indica la gabbia di vetro, dove l'uomo imprigionato si contorce e geme. -Questo è il nostro Sciacallo. Una cosina unica nel suo genere.-
Cane dorato, è così che li chiamano. Ma non c'è niente di splendente in quel piccolo uomo tremante, nei capelli neri sparsi intorno al viso pallido, nei lunghi artigli sfilacciati che si arrampicano inutilmente contro la parete cristallina. Quynh si gira dall'altra parte e guarda in faccia il suo carceriere. -A me sembra umano.-
-Questo è quello che pensavano le sue vittime,- dice Dennis. Quynh si allontana dal bicchiere: sta per sputare tutto.
-Ne ha uccise sei prima di consegnarsi. O sette, a meno che tu decida di non contare te stessa.-
-Non importa. Nessun essere vivente dovrebbe essere,..-
-Beh, allora non importa davvero. È un fantasma.-
La sciarpa scivola dalla mano di Quynh, ora scivolosa come il fango su cui ha combattuto. Era fin troppo ovvio, se esistono degli uomini immortali... eppure trova più aria solo dopo vari secondi, tremando e ansimando sul suo strano sedile. Le persone non dovrebbero essere così pallide, immortali o mortali, e quella gabbia che ha in test...

-Fantasmi.- Scivola via dalla sedia fino a terra, assaporando l'umidità dell'erba. Altre scintille di vita, e altre ancora. -I fantasmi esistono.-
-E questo fantasma è davvero notevole.- Kalina alza le spalle stancamente. -Sei stata davvero incredibile a batterlo da sola. Da dove vieni, Immortale Quynh?-
-Esiliata.- Si concede un secondo per respirare prima di rispondere alla domanda: chissà come si chiama oggi la sua patria. -Per secoli. Noi siamo in Inghilterra, non è vero?-
-Feccia del mondo, carcassa marcia di civiltà. È proprio l’Inghilterra.- risuona la voce dell’uomo-sciacallo. -E io mi chiamo Ryan.-
-Sta’ zitto, bastardello.- Cyrus colpisce la gabbia con il suo bastone, e lo spettro ingabbiato barcolla verso la parete opposta. Anche attraverso il vetro, lo scricchiolio dei suoi denti risuona forte e chiaro. -Insegnerò a questo cane le buone maniere quando sarà il momento. Ma non badare a lui, cara Quynh. Qualcosa mi dice che ti serve aiuto.-
-…aiuto. Sì, sì.- È tutto quello che riesce a dire, i suoi occhi che sfrecciano all'impazzata dall'uno all'altro, dovunque tranne che sul vetro. È troppo bello per essere vero. Se queste persone sanno che lei è immortale non le faranno del male per sbaglio, come aveva fatto quel prete che pensava di ucciderla; e se Cyrus è un nobile del nuovo mondo potrà aiutarla a rimettersi in piedi. I nobili venerano il piacere, dopotutto, e a lei è mancato per così tanto tempo.
-Puoi venire con noi, allora,- continua Cyrus. -Avrò cura io di te. Sarai ospitata, riparata, rivestita e rifornita con tutto ciò che desidererai. Basta una parola e ogni tuo desiderio sarà realizzato. Hai molto da recuperare, vero?-
Quynh annuisce con calma, come se provasse vergogna per quella dura verità. Indossa la sciarpa in modo corretto e fa un cenno di ringraziamento. Le sue palpebre stanno iniziando ad abbassarsi, la sua bocca è troppo secca per i suoi ricordi e Venere risplende luminoso e chiaro.
-Dennis e Kalina,- ordina Cyrus, -portate lo Sciacallo sull'aereo.-
-Mi chiamo Ryan, miserabile serpente! FAMMI USCIRE!-
Cyrus geme. -E mettete una coperta sul vetro. Lasciatelo al buio. Questo cagnaccio potrebbe aver bisogno di un po' di disciplina.-
Quando le grida dello Sciacallo, di Ryan, si sono calmate in lontananza, Quynh si concede un sospiro di sollievo. Cyrus si siede di fronte a lei come fanno i nobili, appoggiando il bastone sulla gamba e fischiettando tra sé come se non la vedesse nemmeno. A lei non dispiace, e si aggrappa invece alle sue parole: rivestita, riparata, ospitata. Come le persone meritano di stare.
-Hai fame, Immortale Quynh?- chiede Cyrus, ed è un salto nel mondo dei vivi. -Abbiamo cibo e acqua per tutte le tue esigenze.-
-Ho bevuto abbastanza acqua, grazie mille. È una storia abbastanza assurda. Ma i cibo mi va.-
Più sembra indifesa, più sarà al sicuro: una verità che era giunta ad accettare quando il pericolo che doveva rappresentare era stato sigillato lontano da tutto e tutti. Andromaca si trova il Diavolo sa dove e non condividerà quel pasto con lei: l'aveva immaginato un sacco di volte, annegando e sognando e urlando in cerca di qualunque scia di gioia potesse esserci laggiù. Le offrirebbe dolci e frutta e miele e baci, e quello non farebbe male, sarebbe facile e accogliente come quando si sono incontrate…
Si spinge in alto per seguire Cyrus verso una tenda, un pugno pronto dietro la schiena e passi lenti come il tempo stesso. Andy non è un suo problema, nessuno lo è tranne lei stessa. È andata avanti così per cinque secoli: un giorno di più non farà male.
 

A.A.
Com'è che con tutto il successo di The Old Guard sono la sola che scrive di Quynh?
Aspetta, lo so perché... ma almeno metterla in lista personaggi? Che è, la feccia?
Comunque vada ci sta, ora provvedo io. 
Da un po' di tempo volevo realizzare un crossover tra I Tredici Spettri e qualche altro film. Il mio primo pensiero era un crossover con The Umbrella Academy con protagonista Klaus Hargreeves, ma chi mi conosce sa quanto poco sopporti quel personaggio, che avrei scelto solo perché medium. Poi ho pensato a Quynh e mi sono detta "ma sì, diamole una gioia".
Per chi non conoscesse i Tredici Spettri, è un film horror del 2001 diretto da Steve Beck, a sua volta remake di 13 Ghosts di William Castle (1960). La storia è incentrata su Arthur Kriticos, un padre di famiglia depresso e in strettezze economiche dopo la perdita della moglie Jean in un incendio. Un giorno lui, i figli e la tata Maggie ricevono una notizia inaspettata: Cyrus, zio di Arthur, è morto lasciandogli in eredità una lussuosa casa di vetro. Nella casa c'è però una simpatica sorpresa: dodici fantasmi incazzati neri. 
Ryan/Lo Sciacallo è l'undicesimo sulla lista: potete vederlo qui in questa dignitosissima rappresentazione fatta da me. Mi raccomando le precauzioni del caso, è sempre un horror.
Come tutti gli spettri del film ha un passato triste: nacque da una prostituta nella Londra del primo novecento e in età adulta, a causa di una lussuria incontrollabile, divenne un prolifico aggressore e serial killer di donne di strada. Egli era però desideroso di guarire dal suo "tainted love" e si consegnò a un manicomio per essere curato dalle sue voglie animali. Anni di isolamento in una cella imbottita, in una camicia di forza legata così stretta da deformargli le braccia, riuscirono solo a renderlo ancora più pazzo. Il personale gli sigillò attorno alla testa una gabbia di ferro per impedirgli di mordere e lo rinchiuse in uno sgabuzzino buio, dal quale riuscì ad uscire solo con la morte, lasciandosi bruciare quando un incendio distrusse il manicomio. 
Secondo la lore del film servono occhiali speciali per vedere gli spettri, ma Quynh è Immortale, dunque "non morta" a modo suo e riesce a trapassare le regole – dunque vede Ryan senza bisogno degli occhiali. Non è la persona che vorreste incontrare dopo anni di prigionia, ma tant'è: Quynh l'ha battuto e ha trovato un nuovo scopo nella sua vita. 
Se volete altre informazioni sui personaggi de I Tredici Spettri conoscete qui le loro storie, oppure qui, dove io stessa vi sono entrata in contatto. 
Questa storia è un mezzo esperimento: spero davvero funzioni. 
Lady R

  
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