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Autore: Ivy001    17/06/2021    2 recensioni
Quando la felicità di una famiglia viene distrutta da un evento inaspettato e inspiegabile...qualcuno scompare, la Banda si riunisce
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bogotà, Nairobi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SALVE A TUTTI. DOPO UN PO’ DI GIORNI RIECCOMI CON UN NUOVO CAPITOLO.

PRIMA DI AUGURARVI BUONA LETTURA, CI TENEVO A CONDIVIDERE CON VOI UN VIDEO/TRAILER CHE HO REALIZZATO (PERDONATE MA E’ UN ESPERIMENTO, QUINDI NON SARA’ PERFETTO) PER QUESTA FANFICTION.

https://www.youtube.com/watch?v=aL8gHG7O8Pg

PERCIO’ NON MI RESTA CHE AUGURARVI BUONA LETTURA, E STAVOLTA ANCHE BUONA VISIONE! J

xoxo

 

E’ da poco terminato il pranzo, quando una ragazzina dai capelli neri come la pece e la carnagione olivastra, si sistema sul divano, di fronte ad una tv accesa, esattamente di fianco ad una donna, all’incirca di quarant’anni.

“Hai pulito tutto?” – chiede la grande.

“Sì, lucido come uno specchio” – precisa l’altra osservandosi le mani consumate dall’ormai routinario lavaggio di piatti e pavimenti.

Intenta a rattoppare, con ago e filo, una vecchia maglia, l’adulta, soddisfatta, ha incaricato la minore delle mansioni domestiche, per l’ennesima volta e ha giustificato quello sfruttamento con tali parole - “Sappi che la mia intenzione è solo quella di educarti al meglio così da essere una perfetta moglie!”

Udire tali parole, spiazzano la ragazzina che, risponde – “Dovrei sposarmi?”

“Beh, mi pare ovvio. Cosa credi?! Che rimarrai sotto il mio tetto tutta la vita? Non farai la mantenuta, tesoruccio. Dovrai sposarti, occuparti di tuo marito e della vostra casa. Io ho smesso di darti il pane gratuitamente, Agata!” – le parole dure che la quarantenne usa dimostrano quanto quella povera moretta, di appena tredici anni, sia diventata un enorme peso gravoso sulle sue spalle.

“Mamma, come puoi dirmi queste cose? Non mi vuoi bene?” – con le lacrime agli occhi, la ragazzina, non trova spiegazione al comportamento della persona che l’ha messa al mondo.

E la risposta della madre non tarda ad arrivare.

“Non dire sciocchezze! Perché mai avrei stabilito per te un buon matrimonio se non volessi il tuo bene? Tesoro, è ora di crescere!”

“Ma io non voglio sposarmi, vado ancora a scuola!” – ribadisce Agata.
“Appena compirai diciotto anni, e chiuderai la tua carriera scolastica, celebreremo le nozze. Niente No e niente Ma. Sei grande abbastanza per capire il tuo ruolo nel nostro mondo!” – a quel punto la donna opta per temprare la corazza di sua figlia preparandola psicologicamente ad accettare il suo destino. Così continua – “Quando dico che sei diventata grande è perché hai avuto il primo ciclo, un mese fa”

“Ti riferisci a quando ho perso sangue da…?” – chiede la tredicenne, indicandosi il basso ventre, spaventata dal ricordo di un’esperienza che la scosse, di cui non fu mai informata da nessuno e che le creò anche malessere fisico - “Non mi accadrà più, vero?”

Di fronte tale domanda, la signora esplode in una rumorosa risata, quasi beffarda, che umilia la giovane sedutale di fianco.

“Ma cosa insegnano in quella specie di scuola? Dovrebbero informarvi su questo, e non a ribellarvi contro il sistema” – sostiene la donna, alzando gli occhi al cielo.

Così, non avendo scelta, rende cosciente Agata delle esperienze che il suo corpo avrebbe vissuto da lì in poi.

“Quella è stata la prima di tante altre, figliola!” – le comunica, turbando la ragazzina che, esclama, incredula - “Dio mio, io non voglio”

E’ la madre a rivelarle il destino di ogni donna, soprattutto di una zingara come lei.

“E’ qualcosa che accade a tutte … e non mi riferisco solo al ciclo!”

“Anche al matrimonio?”

“Esattamente. E’ la regola che vige da noi, da quando ho memoria. Così fecero per me i tuoi nonni, così ora tocca a te! Appena arriva la prima mestruazione, puoi dire addio alla tua infanzia, ed entrerai nella vita dei grandi. Questo mi raccontò mia madre, quando anch’io alla tua stessa età, mi trovai davanti ad un matrimonio combinato!”

“Tu, però, puoi salvarmi. Vero? Puoi risparmiarmi una vita così! Sei mia madre!”

“Proprio perché sono tua madre, so che devo fare la cosa più giusta. Ho trovato un pretendente perfetto! Mi è costato caro, lo ammetto. Ma ne varrà la pena”

A quanto pare, la zingara adulta, con a carico una figlia da crescere da sola, ha optato per la salvezza di Agata da una vita pessima, costretta in un barrio orrendo e sporco, con delinquenti in ogni dove.

“Andrai via da questo postaccio. Sai quanto è dura campare e io non riesco con quei miseri spicci racimolati qui e lì. Non posso mantenerti più. La famiglia che ho scelto per te è benestante, nonostante tutto”

“Io voglio stare con te, non m’importa del denaro, mamma!”

“Ora parli così; un giorno piacerà anche a te circondarti di soldi e fare la bella vita”

In quell’istante, nella mente di Agata si accede una lampadina e le sembra di aver trovato l’escamotage perfetto per salvarsi da un matrimonio non voluto.

“Io sono brava a falsificare la tua firma, e anche quella degli zii e dei cugini. Potrei tentare con altro”

“Cosa vuoi dire?” – le chiede, confusa, la madre.

“Imparerò a falsificare denaro. Potremmo diventare ricche. Ricchissime”

La donna, spiazzata da tale idea, resta in silenzio. Sa benissimo quanto sia assurdo pensare di arricchirsi con soldi finti, per di più falsificati da una ragazzina.  Eppure non le dispiacerebbe riempirsi le tasche di bigliettoni e lasciare quell’orrido quartiere in cerca di fortuna.

“Provare non costa nulla” – commenta l’adulta, cedendo alla proposta di sua figlia.

Ed è allora che Agata precisa – “Io ti rendo ricca, tu mi rendi libera. Che ne dici? Ci stai?” – le porge la mano, speranzosa in un ok immediato.

Però la zingara esita, sospettosa che l’accordo non sia chissà quanto vantaggioso.

“Cosa invento con quella famiglia per annullare il vostro vincolo?”

“Ci penseremo quando sarà il momento. Ora ho tredici anni e fino ai diciotto perfezionerò al massimo la mia abilità. Le banconote da 50 euro saranno il nostro salvacondotto”

Ciò che accade dopo quel patto madre-figlia ha dell’incredibile.

La ragazzina imparerà realmente a falsificare denaro. E alla vigilia del suo quindicesimo compleanno, sperimenterà un pagamento con soldi finti.

“Allora? Ha funzionato?” – le domanda, agitatissima, sua madre, accogliendola rientrare in casa, in tarda serata.

E dopo istanti di suspense, cattivo segno per la gitana adulta, l’adolescente le conferma di avere delle doti speciali e che nulla è andato storto.

L’euforia è incontenibile e sarà la loro rovina.

“Signora Jimenez, sono Jorge Gonzales. In giro circola una voce allettante sul suo conto, mi piacerebbe scambiare quattro chiacchiere con lei”

Un uomo, sconosciuto, si presenta alla porta di casa delle due e allaccia con la capofamiglia un rapporto che persisterà fino a quando Agata, messa al corrente da pettegolezzi di quartiere, si trova costretta a chiedere spiegazioni.

“Gli hai rivelato i nostri piani? Come hai potuto”

“E’ il mio compagno. Abbiamo una storia ormai! Non può non sapere nulla”

“Io non voglio casini, mamma!”

“Non ne avremo. Lui ci darà una mano!”

“E come? Sfrutterà come meglio può le mie capacità da falsificatrice e appena possibile, ci metterà alle strette”

“Mi credi così stupida? Sbaglio o tra noi c’era un patto? Vuoi ancora la  libertà?”

L’espressione dell’adulta ha tutti i tipici tratti di un ricatto.

“Minacci di farmi sposare se non sostengo la tua storia d’amore, giusto?”

La donna non risponde, eppure è chiara l’intenzione.

Da quel momento in poi qualcosa nel loro legame si sgretolerà. Un legame che, in realtà, è sempre stato unilaterale: era Agata ad amare sua madre; sua madre non teneva a lei come avrebbe dovuto fare.

E così Agata continua il suo lavoro segreto con le banconote, costantemente  soggetta ai cambi d’umore e d’idea di sua madre, la quale continua a ricattarla con la questione “Nozze”.

“Non posso vivere così” – la ragazza, ormai sedicenne, sfoga con un’amica il suo malessere durante una lezione di matematica.

Quella è l’amica il cui fratello diventerà speciale per la figlia della signora Jimenez e sarà lui che conquisterà presto il suo cuore.

“Ti stai frequentando con Juan? È un morto di fame!” – la accusa sua madre, messa al corrente della realtà dei fatti dal suo compagno.

“Chi ti dice queste cose?”

L’adulta non rivela nomi ma continua – “Non è la persona che devi avere accanto. E poi, tu un uomo già ce l’hai!”

“Non più, mi pare!” – e Agata si riferisce all’accordo che la libera dal matrimonio combinato. La sua determinazione e gli artigli tirati fuori al momento giusto, spiazzano totalmente la mamma, che rimpiange i piagnistei e le paure da ciclo della ragazzina di qualche anno prima.

“Sei diventata cazzuta in un battibaleno. L’influenza di quel Juan non mi piace”

Agata non ha intenzione di rinunciare a qualcosa di bello che sta vivendo e scoprendo.

Sarà Juan il suo primo amore. Sarà Juan a cui darà il suo primo bacio e a cui cederà la sua verginità. E proprio quella notte magica, Agata rientrerà a casa in tarda ora ricevendo una punizione esemplare non da sua madre, bensì da Jorge.

“Tu non sei mio padre, non puoi chiudermi qui in camera!”

“Non rischieremo di perdere soldi e ricchezza per colpa dei tuoi colpi di testa” - su consenso della compagna, l’uomo decide della sorte della sedicenne.

Un appuntamento organizzato con Juan…una fuga studiata nei dettagli… va in fumo! E in fumo vanno anche i sogni di libertà di una giovane zingara innamorata.

Chiusa in se stessa, rancorosa verso due persone adulte che si comportano da prepotenti, la Jimenez decide di sottostare per salvezza. Appena possibile lascerà casa per sempre.

Questo è il suo piano.

Stanca di vivere soffocata dalle oppressioni di chi la tiene in bilico tra castigo e libertà, la ragazza ormai prossima alla maggiore età, scappa.

Senza meta, senza nessuno accanto, commette la mossa sbagliata.

“Appena tornerà, perché stai sicuro che lo farà, beh… si sposerà con il pretendente che scelsi per lei. Basta fare la buona. Mia figlia deve sottomettersi, deve capire chi comanda davvero” – le parole forti e arrabbiate di sua madre suonano come una vendetta personale: ai suoi occhi, Agata è fuggita e fuggendo ha portato via la sua abilità da falsificatrice.

E niente falsificatrice, niente denaro.

Agata viene acciuffata da alcuni scagnozzi di Jorge, noto per avere amicizie poco affidabili in tutta Madrid.

Ricondotta al suo nido, la maggiorenne non ha più scelta. Sposerà un ragazzo subito dopo il rientro a casa, un ragazzo di cui a stento conosce il nome.

“Questa è la punizione che meriti. Ad un uccello che vuole volare, l’unico modo per impedirgli di farlo è tarpargli le ali per sempre!” – ridacchia Jorge quando, con aria soddisfatta, l’accompagna all’altare.

Un matrimonio destinato a finire presto.

“Incinta? Sei incinta?” – esclama entusiasta la madre, in attesa di ricevere questa notizia da tempo ormai. La gravidanza mette un freno, a suo avviso, al temperamento esuberante della ragazza.

Così, a soli 23 anni, Agata scopre di aspettare un bambino. Ma non solo. Il tradimento di suo marito metterà la parola fine ad una relazione mai consolidatasi, se non sul piano meramente sessuale.

“Se c’è una cosa che io odio è il tradimento. Così fece tuo padre con me, così ha fatto quel verme del tuo sposo. Sai che ti dico? Ora abbiamo i soldi per campare da sole il piccolo Axel! Vivrete sotto il mio tetto e con me e il tuo patrigno il piccolo non avrà problemi.  Mai!”

Ciò che accade da lì in poi è storia, una storia che Nairobi sa bene, che ricorda come fosse accaduto ieri, che pesa gravemente sul suo cuore.

E tutti quei flashback di un passato fatto di turbolenti rapporti con la madre, con il patrigno, con un ruolo da moglie che non voleva, con un bebè strappatole per mera ingiustizia, ripiombano nella sua memoria proprio adesso, ora che ha di fronte a sé un automobile e un conducente difficile da dimenticare.

Molto di quello accaduto sembra trovare spiegazione oggi!

“Chi era quel tipo, Nairo?” – chiede Hanna, mentre, saliti in auto, si accingono a seguire il veicolo.

“Il suo nome è Jorge… Jorge Gonzales, il mio patrigno!” – confessa, faticando a pronunciare quel nome.

“Il tuo…cosa?” – esclama, spiazzato, Yerevan.

“Sai qualcosa sul suo conto? Non lo vedevi da molto, giusto?” – domanda Vienna.

“Sono andati in galera sia lui che mia madre, poco dopo la mia cattura per spaccio”

“Pensi siano qui per vendicarsi?”

“Non lo so! Sta di fatto che loro mi odiano per aver preso decisioni sbagliate, per avergli ingarbugliato la vita. Temo seriamente che abbiamo perduto lucidità da quando hanno assaporato l’euforia del denaro finto”

“Ok, però cosa c’entra Ginevra in questa faccenda?” –la finlandese non sa spiegarsi il nesso tra presunti criminali e un’innocente bambina.

“Ginny è esattamente come me e se conosco mia madre, se è coinvolta anche lei in tutta la storia, vorrà vendicarsi su mia figlia facendo con lei ciò che non è riuscita a fare con me…”

Parole agghiaccianti che tagliano l’aria e che mostrano l’ennesima, forse la più grande, fragilità della Jimenez.

   
 
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