Eccoci alla fine…. ora
è rimasto soltanto
l’epilogo che uscirà tra pochi giorni.
Non
nego che mi
dispiace lasciare il mio giovane Sherrinford, ma potrebbe tornare per
nuove
avventure. Vedremo.
Saluto e ringrazio chi mi ha seguito,
discreto o sollecito ad
avvisarmi degli errori.
Grazie, anche a chi invece non ha
apprezzato. Va bene lo
stesso, perché mi ha aiutato a crescere.
Se volete, lasciatemi un commento, lo
apprezzerò.
See you soon…
Mi sveglio intontito,
non so dove sono, l’ultima cosa che mi ricordo e aver visto
l’immagine di mamma,
è lei che mi ha tenuto in vita.
Sono
in una stanza ingombra di macchinari, che emettono
cicalii fastidiosi. Non posso muovermi molto, il braccio destro
è attaccato
alle flebo. E la parte sinistra è bloccata dalla spalla
ferita.
Mi
sorprendo di essere ancora vivo, ma sono stanco e fatico
a respirare anche attaccato all’ossigeno.
Vedo
la mia famiglia sulla porta della stanza e sento la
voce di mio padre che parlotta con Greg, il dottore che mi ha in cura.
Il
camice sgualcito parla di una notte insonne. Ha la voce bassa, ma sento
lo
stesso, mormora che ho perso troppo sangue e il cuore ha sofferto. Parla di una ablazione
cardiaca a causa di un
difetto congenito che hanno riscontrato facendo la tac, per controllare
le
lesioni della spalla.
Non
è una cattiva notizia, papà si rasserena, si tira
dritto
in tutta la sua altezza, perché se la supero potrei avere
una vita normale.
John, annuisce scuote la testa castana e anche lui mi sembra sollevato. Sherlock, è
concorde con John, e rivolge uno
sguardo solidale e gentile al fratello, e questo mi rassicura.
Ma
un problema c’è. Greg ora sembra più
teso, le mani
sprofondate nelle tasche. Non hanno molto tempo, il cuore potrebbe
cedere e ho
bisogno di sangue per affrontare l’operazione. Lo sento
titubare mentre dice
che il mio gruppo è raro e devono trovare un donatore,
perché ho ereditato il
sangue di mia madre. Papà borbotta, si gira a guardarmi con
gli occhi scuri.
Greg
continua, la sua voce è calma e decisa. Guarda Mycroft
che ha le mani strette lungo i fianchi. L’unica soluzione
è contattare i
familiari di Virginia. Forse la sorella gemella ha il mio stesso
gruppo. L’ablazione
cardiaca non può essere fatta senza sangue di scorta e il
tempo è poco.
Di
per sé la ferita non è grave. Greg prende tempo,
riesco a
scorgere papà che si appoggia a Sherlock, lo tocca sul
braccio, come a
chiedergli qualcosa. Ora sono uniti, ora sono fratelli solidali.
Sherlock lo
consola a suo modo e lo scuote. John prende l’iniziativa e
parlotta veloce con
loro. Lì vedo annuire tutti insieme, poi si avvicinano al
mio letto, mentre il
dottor Greg esce e ci lascia soli. Mi regalano uno sguardo rassicurante
e mi
sorridono.
“Ci
vediamo presto, Hayc, vedi di non fare scherzi. Lo sai
che Rosie ti sta aspettando.” È John che mi
incoraggia, è sempre lui, pieno di
voglia di fare.
Non
riesco a dire nulla, ma faccio segno di aver capito, la
maschera dell’ossigeno mi impedisce di parlare. Watson si
mette davanti agli
altri e mi sgrida con dolcezza.
“Non
pensare a niente, Sherrinford, stai tranquillo. Ora
troviamo il sangue che ti serve. Lo so che hai sentito
tutto.” Sorride, come sa
fare solo lui, lo stesso sorriso che dona alla figlia. Mi allunga un
bacio
sulla fronte e mentre si china mormora trepidante.
“Ti
dobbiamo la vita, Rosie e io. Farò di tutto per
riportarti a casa.” Se ne va seguito da Sherlock che tentenna
e prima di
andarsene mi scompiglia i capelli.
“Sta
attento a Mycroft, giovane Holmes.”.
Myc mi è subito vicino, si siede sulla
vecchia poltrona, prende la mia mano libera e la tiene. La sua
è calda e
delicata, mi riempie di serenità.
“Andrà
tutto bene, figlio mio.” Stringo la mano, perché
non posso
fare altro, mentre una lacrima mi scende lenta. Temo di essere al
capolinea.
Non
riesco a sorridergli, anche se ci provo, se mi muovo
troppo la spalla fa male e quindi devo rimanere immobile. Ma mi
aggrappo alla
sua mano più forte e lui lo avverte e mi ricambia.
Si
fa serio, come se pensasse a qualcosa, poi si decide.
“Ci
sono due persone che vogliono vederti. Ma se non te la
senti sarà per un’altra volta.”
Il
mio sguardo è interrogativo. Lui sospira profondamente,
quasi non avesse potuto evitarmelo, ma faccio di sì col capo.
“Sono
i tuoi nonni, Violet e Sieger Holmes.” Si alza
faticosamente e li chiama.
Entrano,
e finalmente quando sono già al limite, riesco a
conoscerli.
La nonna ha i capelli
bianchi raccolti, assomiglia in alcuni gesti a papà. Il nonno ha
l’aria gentile, preoccupata e
sorpresa, quasi non sembra nemmeno il padre dei fratelli Holmes.
Certo non ho
conosciuto la loro figlia Eurus, ma se torno a casa voglio vederla e
andare con
loro alla prigione che porta il mio nome.
Violet
Holmes ha gli occhi lucidi, so che non sono un grande
spettacolo in queste condizioni, papà ha il volto tirato,
gli occhi grigi pieni
di dispiacere.
Lei allunga la mano
magra, e mi accarezza lenta e dolce, prima le guance e poi i capelli. E
mi
piace, mi sciolgo un po', finalmente una donna nella mia vita.
“Sherrinford,
sono orgogliosa di essere tua nonna, presto ti
voglio vedere a casa nostra.” Guarda suo figlio
rimproverandolo con gli occhi,
di non averglielo detto subito.
“Se
almeno quello stupido di Myc, mi avesse detto quanto di
bello aveva. Che ero nonna di uno splendido ragazzo.”
Brontola, ma sorride e mi
dà un buffetto sulla fronte.
Papà non regge e
si
volta di spalle. Tento di trattenergli la mano, ma si scosta.
“Mycroft
girati, ha bisogno di te.”
Violet
è decisa, perentoria, ma allo stesso tempo benevola. Il
nonno avvicina papà, lo prende per il braccio e lo fa girare
con gentilezza.
Mycroft,
ha il viso solcato da due lacrime che gli scendono
sulle guance ispide, e non si nasconde, stavolta mostra tutto il suo
dolore,
tutto il suo sentimento. Mio padre mi ama, lo so.
Ci
riprendiamo la mano e lo tengo, ma è solo per poco
perché
la stanchezza mi sale improvvisa e tremo disperato, mentre sprofondo
nel buio
lamentandomi del troppo rumore che è solo nella mia testa.
Chissà
dove sta il confine quello che ti fa tornare indietro
o passare e andare oltre.
Ma il posto dove mi
trovo è bellissimo, sereno e luminoso da sconvolgere tutte
le regole umane.
Un prato verde
sconfinato, il più bello che abbia mai visto, pieno di
fiori, alberi e
costeggiato da un ruscello quasi impetuoso come è stata la
mia vita.
In
lontananza il drago della favola di Rosie, vola felice,
senza le sue fiamme pericolose. E nell’ immensa prateria un
cavallo bianco
galoppa veloce con la sua principessa gioiosa. Assomiglia a Rosie
quando sarà
grande. E si dirige verso un castello, sulle alture, che assomiglia
all’istituto dove sono cresciuto, ma molto, molto
più accogliente.
Sento il calore di
qualcuno che si avvicina, ma la luce che la circonda mi abbaglia.
Scorgo dei
capelli castani, lunghi, che ricadono sulle spalle, sento che
è parte di me. Mi
invade di dolcezza. Fino a quando la scorgo in volto ed è
quello che ho sempre
voluto vedere. Mia madre Virginia.
“Ciao,
figlio mio. Sei un uomo ormai. Non devi disperarti
per me.”
“Mamma…sei
tornata.” Forse il cuore non mi batte più, mentre
lei è così vicina da sentirne l’amore.
Mi
prende per mano, ed è come se tutta la tristezza degli
anni passati lontano da lei non fossero mai esistiti.
“Non
è qui che devi stare figlio. Non è ancora la tua
ora.” Mi
porta vicino al ruscello e mi indica
l’acqua, ora è ferma, e rispecchia il cielo
azzurro. “Guarda
quanto ti amano. Quanto amore hai
seminato.”
Si
scosta e li vedo, riflessi nell’acqua, come se stessi
sopra di loro.
È la clinica
governativa, sento che siamo tutti riuniti lì. In una stanza
vuota, di un
bianco abbagliante, c’è papà disperato,
percepisco il suo dolore, gli anni
della sua solitudine, del peso portato per proteggere la sua famiglia,
ma
Sherlock gli è vicino e lo abbraccia muto, ora sa cosa vuol
dire emozione e
sentimento, sento l’amore che passa tra loro.
Violet e Sieger
Holmes si tengono per mano teneramente, seduti sulle rigide sedie della
sala di
aspetto. La nonna ha dentro una dolcezza di donna, mai avvertita prima,
che mi
passa attraverso, e mi prende il cuore.
John
nella stanza più appartata, gioca con Rosie, la mia
principessa, che non ne vuol sapere di leggere le favole con lui. Vuole
me, ha
capito che sono tutti in attesa del mio ritorno.
“Dorme
Rosie, ora non può.” Le dice premuroso. Ma lei lo
fissa triste. “Ma l’ha promesso papà!
Deve tornare!” John la coccola,
stringendola a sé. Sento il suo smarrimento.
“Lo farà piccola, lo farà
perché è forte, ma ora lasciamolo
riposare.”
Non
sento dolore, ma il loro amore mi avvolge così tanto che
mi dà forza. “Mamma, soffrono per me.”
Lei
si scosta dal lato opposto e vedo Anthea appoggiata alla
porta della stanza, sembra smarrita. Il cellulare nella mano, ma non lo
guarda,
fissa il vuoto, e le lacrime le scendono fino a coprirle il volto. Dio,
mi
sembra tutto così strano.
“Mamma,
soffrono.” La afferro e la stringo.
“Non voglio…”
“E
per questo che devi tornare, guarda dove ti trovi ora...”
Indica l’acqua stagnante, con un sorriso caldo e mi tiene per
mano.
Sono
lì, pallido e immobile, steso nel lettino in chirurgia
mentre mi operano al cuore. Ci sono molti macchinari collegati al mio
esile
corpo, ma c’è Greg con me che lavora senza
fermarsi, con attorno altri medici
che non smettono di adoperarsi. Il mio stupore è forte, mi
guardo il petto che
sembra trasparente e vedo il mio cuore battere appena. Ma non sento
nulla, solo
una serenità totale.
Mamma
mi porta con sé, la sua stretta si fa più forte,
mi
mostra un’altra
stanza.
“Guarda,
figlio mio, quelli sono i miei genitori e tua zia,
mia sorella Vittoria.” Quell’unica volta che li ho
avvicinati, non li ho visti
bene. “Perché sono qui?”
“Perché
ti hanno dato il sangue di cui avevi bisogno. Ti
hanno salvato, ti stanno ripagando del male che ti hanno fatto, quando
anch’
io, ti ho abbandonato.” Sento il suo rimorso sulla mia pelle,
e le concedo il
perdono, la bacio sul volto e le restituisco tutto l’amore
che posso.
Lei
mi sorride appagata. “Vittoria sarà una zia
premurosa, i
miei genitori ora hanno capito l’errore che hanno fatto. Perdonali, solo
così vivrai sereno.”
“Mamma,
ero molto arrabbiato, ma ora mi accorgo che era
tutto così stupido. Non sento più il rancore, non
sento tristezza, perché ora
mi sento avvolgere del loro amore.” Mi abbraccia.
“Sono
orgogliosi di quello che sei. Mycroft
è un padre attento, ma ha bisogno di
te Sherrinford, non pensava che avresti dato la tua vita per salvare
quella di
Rosie e John.”
“Mamma...
io non so…. vorrei stare con te, se torno ti
perderò ancora…”
“No,
figlio, li hai visti!
Devi tornare! Io
ci sarò sempre
dentro al tuo cuore guarito, nel sangue che scorre dentro le tue vene.
. sarai
coraggioso e diventerai la loro roccia.”
“Mamma…”
sono incerto, ma lei è serena e decisa.
“Vai! Vivi figlio
mio! Abbi cura di Myc e digli che l’ho amato
moltissimo… baciali tutti per me.”
Il
risveglio è più duro di tutti gli altri. Il
dolore, la
nausea, l’agitazione mi devastano. Mentre con mamma ero
così sereno, così in
pace con me stesso.. Vorrei tornare da lei, ma vedo papà
affranto ai piedi del
letto, sorretto da zio Sherlock, non me la sento proprio di lasciarlo
solo, non
se lo merita.
Mi
muovo appena e subito va in allarme tutto il monitoraggio,
papà sussulta e mi è immediatamente vicino.
“Sherrinford…” mi
prende la mano e sento il suo calore, il suo amore che mi prende.
“Figlio sei
qui, sei tornato con noi…io pensavo di averti perso.
Virginia ti ha riportato
indietro.”
Cerco
di parlare, ma mi esce un rantolo. “Non sforzarti, ora
arriva Greg.” Sono solleciti, mi tolgono il respiratore, mi
controllano, mi
osservano. “Bravo giovane Holmes, ce l’hai fatta a
farci preoccupare
tutti. Sei un
mascalzone.” Ride
Greg e mi accarezza i capelli. “C’è una
processione lì fuori.”
Vede i miei occhi
dubbiosi. “Sono tutti in attesa di sapere come stai. Hai
seminato amore Sherrinford,
e ora ne raccogli i frutti.”
Si
scosta e fa un cenno a Mycroft e allo zio, che ora hanno
il volto sereno e sembrano ringiovaniti.
Sherlock
esce ad avvisare gli altri. Greg allunga una botta
benevola sulla spalla di papà.
“Forza Holmes,
penso
dovrai dire qualcosa a tuo figlio.”
Esce
mentre papà si fa vicino si siede accanto. “Mi hai
fatto penare, figlio, temevo
volassi da tua madre, non hai fatto altro che chiamarla.”
Deve
fermarsi per respirare, ha gli occhi lucidi, scuri,
addolorati. Cerco di prendere tutta l’aria che posso, mi esce
una voce sottile
e bassa. “Papà, la mamma, l’ho vista, ma
ha voluto che tornassi, mi fa fatto
capire quanto siete importanti, mi ha detto di baciarvi
tutti.”
Lui
abbassa la testa, piange in modo discreto, senza
sussulti. Gli accarezzo la guancia ruvida, la barba gli è
cresciuta, il vestito
sciupato, la cravatta slacciata, lui che odia così tanto
essere trasandato, si
è perso senza di me. “Ti ha amato,
papà, e devo darti il suo bacio...
Avvicinati...”
Lo
vedo tremare, le spalle un po' curve che ondeggiano,
l’uomo di potere, il cuore di ghiaccio, si lascia alla mia
cura. Mi porge il
suo viso, lo afferro con le mani e gli regalo il dono di mamma, su
quella
guancia che nessuno bacia da tempo. Sento che siamo vicini, come uno
scambio di
amore che passa da l’uno all’altro.
“Sherrinford
sei la cosa più bella che Virginia potesse
regalarmi. Imparerò a diventare il padre che
meriti.”
Mi
restituisce il bacio, in fronte e sulle guance. È in
difficoltà,
perché trema e fatica a trattenere l’emozione che
prova, ma lo fa e mi sento
felice. “Papà, ora rimani con me, voglio starti
vicino, recuperare tutto il
tempo perso.”
So
che guarirò, che il mio cuore starà bene, che
avrò una
famiglia, dei nonni e degli zii.
Una
piccola schiera di amici e una piccola cugina pestifera.
Avrò
tempo adesso, tutto il tempo che voglio. Per crescere e
per portare con orgoglio il cognome degli Holmes.