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Autore: ClostridiumDiff2020    19/06/2021    0 recensioni
Nella grande casa gialla in soffitta Micaela aveva sempre visto una gran confusione, tanti mobili vecchi e tanta polvere. Non pensava che al richiamo di un tintinnante campanello potesse dischiudere e liberare una stravagante creatura, chiusa in un innocuo cassettone, qualcosa di imprevisto. A creature immaginarie che prenderanno forma e consistenza: folletti, demoni e cacciatori. Infinite realtà di cui fino a quel momento ignorava l'esistenza.
Genere: Angst, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Billy Russo, Nuovo personaggio
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 22 – Do you can feel?


 
 
“Credi che dovremo vagare ancora a lungo in questo incubo di ombre in cui il sole non tramonta mai?”
“Ti prego vuoi tacere? Detesto il suono della tua voce e tu mi costringi a sentirla continuamente… Capisco, tu devi esserne innamorato… Ma ti imploro metti fine alle mie sofferenze.” Ringhiò la fata con voce esasperata. Il suo occhio morto dardeggiò verso William quando lui scoppiò a ridere. William si sentiva soddisfatto dall’irritazione che percepiva nella voce del Cacciatore.
Si muovevano continuamente ma si ritrovavano sempre in quel parco giochi per bambini. Il girello continuava a girare su se stesso, le altalene oscillavano. Tutto in perfetto equilibrio in un ciclo perpetuo.
“Mi stai chiedendo di ucciderti?”
Il Cacciatore scosse le ali e si voltò per fulminarlo nuovamente con lo sguardo.
“Se gli sguardi potessero uccidere…”
“Se fosse…” sibilò il Cacciatore tra i denti “Ti stavo solo suggerendo di fare un favore a tutti i mondi esistenti e eliminarti dall’equazione del mondo… Voland e Azazello mi perdoneranno e l’equilibrio dell’Universo sarà ripristinato, basta che tu sia un po’ razionale…”
“Che peccato…” borbottò William sedendosi sull’altalena e molleggiando sulle sue lunghe gambe.
La fata disegnò in aria dei segni, parole di una lingua dimenticata nel tempo e il suolo si lacerò con un boato. 
William lo osservò con sguardo annoiato e si protese verso il bordo del precipizio. “Sarei più impressionato, se non sapessi che non sei più un reale pericolo per me…Lo hai detto tu stesso… sono un tuo simile, non puoi uccidermi”
La fata rise folle mentre il suolo sotto ai loro piedi si ricomponeva, e la loro prigione immutata riprendeva il suo ciclo perpetuo. “Non posso ucciderti, ma posso farti soffrire… Non lascerò che Voland ti cancelli, quell’onore deve sperare a me. Quando sarà il momento… spazzerò via ogni anomalia… tu Micaela… ogni essere che ha osato muoversi in un territorio che non gli spettava…” La fata sorrise quando lo sguardo di William si indurì. “Non riesci nemmeno a raggiungere la tua Micaela…” ma le parole della fata svanirono al sorriso di William. “Cosa accidenti hai da ridere” sbottò furente.
“Tu… Tutte queste minacce, questo tuo adorabile modo di sputare veleno verso di me… Sono abbastanza certo che nasconda altro… Ho visto un frammento del tuo passato, di te e quando usavi il tuo nome e aspettavi fremente … Mick… strano come il suo nome sia così simile a quello di Micaela… Per questo ti irritiamo così tanto? Perché io e lei avremo quello che tu e il folletto non avete mai osato tentare di costruire assieme?”
“Non nominarlo… Non… Non sei in grado di gestire il dono di Pixie… la tua patetica esistenza non acquisirà mai valore...”
“Sicuro?” Ti ho imprigionato qua, mentre Micaela veniva da me… e tu, non te ne sei neanche accorto…Voltati, puoi dirle in faccia cosa vuoi fare. Pixie mi ha insegnato qualcosa, mi ha detto che qualunque cosa gli altri custodi possano fare, finché percepirò in cuore di Micaela, niente potrà mai fermarci…” 
Quando William sollevò lo sguardo non fece a tempo a dire altro, Micaela gli saltò tra le braccia. Lui la strinse con forza. 
La fata ringhiò frustrata, la sensazione che le parole di William bruciassero nella sua mente, guardandoli sapeva che aveva ragione. Loro avevano quello che un tempo avevano condiviso lui e Pixie é che aveva perduto ormai da tempo. 
 
….
 
 
Bill dischiuse di nuovo gli occhi al nuovo giorno, sorpreso di essere ancora vivo. Un letto morbido bende sulle sue ferite, un odore di aria rafferma e polvere.
“Sta fermo”
Una voce brusca gli intimò di non muoversi.
Bill Si guardò attorno. Ricordava la Madani, le pallottole e il drago… Ricordava di aver sentito la vita scivolare via da sé eppure… Allo stesso tempo ricordava anche di esser stato raccolto dal grande drago nero, i suoi artigli che lo afferravano con un’inaspettata delicatezza. Era tutto così confuso nella sua testa, ancora una volta. Si strinse la testa tra le mani, cercando di raccogliere i propri pensieri confusi. Micaela… William… Frank… Era morto? Micaela lo aveva consumato con le sue fiamme. E lui come si sentiva a riguardo? Voleva vederlo morto? Non ne era più così sicuro. Prima di Micaela parte di lui ancora sperava di riavere indietro il suo migliore amico, ma adesso si chiedeva se addirittura quel rapporto fosse mai davvero esistito, se non in frammenti di un passato fittizio. Perché quello era, una storia scritta e mai davvero vissuta. Allora perché faceva così male pensarci… chissà cosa provava a riguardo William, il suo sé che Micaela aveva scelto, quello che lei riteneva migliore. Si lasciò cadere sbuffando frustrato.
Una donna dal volto rotondo lo stava osservando, i suoi occhi dorati impazienti.
I lunghi capelli corvini raccolti dietro la nuca. “Il tuo drago ti ha depositato qua davanti, non è stato difficile sentire il suo richiamo. Eri messo uno schifo, ma non è stato difficile rimettere assieme le parti di te… I custodi ti hanno lasciato proprio un vero straccio bucherellato…”
Bill si impietrì, la osservò sbigottito “Tu… Sei come… Tu sei come Micaela…”
La donna scosse la testa “No, non esattamente… Lei è, mentre non doveva… Eppure esiste… Mentre io dovevo essere… Ma le cose non sono esattamente andate secondo i piani…”
“Perché mi hai aiutato…” farfugliò Bill ritraendosi
“Vedo nella tua storia… Così tante sensazioni condensate in una sola essenza… Lo trovo interessante.”
Quando la donna si sedette Bill trasalì notando un pugnale conficcato in profondità nella gamba di lei.
“Stai… sanguinando…”
Lei abbassò lo sguardo e alzò un sopracciglio, sbuffò osservando il pugnale, si sollevò e si allontanò con una placida calma.
Bill la osservò incredulo rimuovere il pugnale e iniziare a medicarsi senza minimamente scomporsi.
“Ma come…”
“Te l’ho detto… Sono quasi come loro, i custodi… Ma non del tutto. Risultato una vaga quantità di potere e un’inutile incapacità di provare qualunque cosa… dolore, interesse… calore, freddo… niente… Buffo, sento invece che tu riesci a provare così tanto… Sarà interessante studiarti”
Bill deglutì lentamente.
Come se la donna avesse percepito i suoi pensieri con voce apatica aggiunse “non intendo sezionarti…”
Forse non ancora… Pensò Bill.
“Come dovrei chiamarti…”
“Puoi chiamarmi Ké’Mal”


 
 
Voland osservava nascosto nel suo mantello le storie che scorrevano oltre la sua dimora, immagini che scorrevano del cielo che circondava la torre di tutte le storie.
Aveva confinato l’anomalia, ma per prelevarli aveva dovuto riavvolgere le storie danneggiate. Quell’azione era stata come un veleno, iniettato nel tessuto della realtà stessa. Generando altre anomalie. Quel Bill… Ma quella vita ne stava richiamando altre. Le storie si stavano ingarbugliando tra loro, attratte dall’energia di William, cresceva esponenzialmente. Se non contenuta avrebbe alterato ogni storia. Era questo che quel dannato folletto aveva voluto creare? Il caos, spezzare tutte le trame mescolandole tutte assieme?

 
   
 
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