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Autore: Demy77    20/06/2021    3 recensioni
Cornovaglia, 1783. Dopo aver combattuto per l’esercito inglese durante la guerra di indipendenza americana Ross Poldark ritorna in patria e convola a giuste nozze con il suo grande amore, la bellissima Elizabeth Chynoweth, che lo ha atteso trepidante per tre lunghi anni.
Due giovani innamorati, una vita da costruire insieme, un sogno che sembra realizzarsi: ma basterà per trovare la felicità?
In questa ff voglio provare ad immaginare come sarebbe stata la saga di Poldark se le cose fossero andate dall’inizio secondo i piani di Ross.
Avvertimento: alcuni personaggi saranno OOC rispetto alla serie tv e ai libri.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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La sorte non era stata generosa con Tom Carne: la sua prima moglie era morta nel dare alla luce il loro settimo figlio, il misero salario percepito come minatore era appena sufficiente a sostentare la numerosa nidiata e l’uomo, dedito all’ubriachezza, spesso sfogava la sua rabbia in famiglia. Molti anni dopo però aveva conosciuto una vedova di religione metodista, si era  risposato e grazie alla donna aveva abbandonato ogni dissolutezza. Non solo Tom aveva cambiato vita seguendo i dettami della Bibbia, ma sulla spinta di lei era diventato predicatore. Ogni giovedì teneva i suoi sermoni in un prato appena fuori Illugan; vi si radunavano di solito una trentina di persone, a volte anche di più.
Nonostante non fosse un uomo particolarmente istruito, Tom aveva una discreta parlantina e metteva molta enfasi nei suoi discorsi, impegnandosi con convinzione nella sua missione di riportare tante pecorelle smarrite sulla retta via, proprio come era accaduto a lui.
Anche quel giorno, come ogni giovedì, aveva tenuto la sua predica, soffermandosi in particolare sul brano del Vangelo che invitava a vegliare e pregare, perché lo spirito è forte, ma la carne debole. Al termine del sermone notò un uomo che non aveva mai visto prima di allora – robusto, ben vestito, con lunghe basette rossicce – che lo squadrava da capo a piedi.
Il resto dei fedeli si era allontanato e Tom era rimasto solo con i due figli maggiori, Sam e Drake, che avevano rispettivamente diciotto e sedici anni, a riordinare i libri e gli altri oggetti del culto. Poiché lo sconosciuto continuava a restare lì impalato il metodista gli chiese, non avendolo mai visto prima di allora, come mai fosse lì e se aveva qualche chiarimento da chiedere in merito al sermone.
L’altro non rispose e si limitò ad un risolino sarcastico.  Il vecchio Tom Carne non avrebbe perso tempo a prendere a pugni quel pallone gonfiato, ma il nuovo Tom Carne si armò di pazienza e ripetè nuovamente la domanda. L’altro si decise finalmente a parlare e disse: “Mi stavo solo chiedendo come mai una persona come voi sia capace di scagliarsi con tanto fervore contro i vizi altrui, senza prima cercare di correggere quelli di casa propria…”
“Cosa intendete dire? – rispose Carne – forse voi non lo sapete poiché siete nuovo qui, ma non ho mai nascosto di aver trascorso numerosi anni nel peccato, prima che la grazia del Signore mi toccasse e mi inducesse a cambiare vita…”
Lo sconosciuto scosse la testa. “Non mi riferivo a voi, ma a vostra figlia. Siete il padre di Demelza Carne, giusto?”
Tom confermò, ma aggiunse che era quasi un anno che non aveva notizie della sua primogenita.
“Ah, ora comprendo! Evidentemente vostra figlia non ha voluto darvi un dispiacere informandovi degli ultimi avvenimenti scandalosi che la riguardano… come definireste una donna che genera un figlio senza essere sposata? E che concupisce un uomo coniugato, inducendolo così a commettere adulterio?”
Tom, Sam e Drake sgranarono gli occhi per la sorpresa. Il predicatore vacillò per un attimo, poi chiese all’altro chi fosse e come si chiamasse.
“il mio nome non è importante: consideratemi semplicemente un amico. Vi consiglio di fare un giro, quando avrete tempo, dalle parti della tenuta di Killewarren. È lì che vostra figlia ha trovato riparo, ospite di una ricca dama di nome Caroline Penvenen, dissoluta al pari suo. Dicono che non riesca a trovare marito perché incapace di accontentarsi di un solo uomo… voi mi capite…magari è il caso di portare vostra nipote lontano da quel luogo di perdizione, prima che sia troppo tardi…”
Tom Carne si carezzò la barba meditabondo. Demelza aveva avuto una figlia e per di più induceva in tentazione un uomo sposato! Forse il demonio intendeva colpire lui in questo modo, ma non avrebbe ceduto ed avrebbe usato ogni mezzo per riportare la grazia divina ove regnava il peccato.
***
A Killewarren intanto era passato un mese dalla nascita di Julia Grace.  
La bambina aveva ereditato dal padre solo il colore dei capelli, biondi come il grano, ma i suoi lineamenti delicati erano identici a quelli di Demelza. Era una neonata tranquilla, cresceva a vista d’occhio ed era amata e coccolata da tutti, in particolare dalla madrina Caroline, che benchè non fosse stata dotata dalla natura di un profondo senso materno non perdeva occasione per vezzeggiare la figlioccia.
Nell’arco di quel mese Ross era passato da Killewarren varie volte. Dopo che aveva appreso della relazione segreta tra Caroline e Dwight ed il suo amico medico gli aveva confidato delle difficoltà con lo zio della ragazza, Ross aveva provato ad intercedere in suo favore con il vecchio giudice. In realtà non si era esposto in maniera palese perché dissuaso dai due innamorati, tuttavia - forte dell’antico affetto che Ray provava per il figlio del suo vecchio amico Joshua e giovandosi del suo innato carisma, che gli aveva sempre conferito grande capacità di persuasione - aveva avuto più di un colloquio con il signor Penvenen e lo aveva convinto a non far sposare Caroline con Unwin Trevanaunce, lasciando che fosse lei a decidere il momento giusto per maritarsi. Era ancora prematuro introdurre l’argomento Dwight, ma per il momento un primo risultato era stato ottenuto e Caroline poteva tirare un sospiro di sollievo.
In occasione di tali visite al padrone di casa Ross aveva chiesto anche di Demelza e di Julia; più Ross però cercava di avvicinarsi a loro, più Demelza lo teneva a distanza. Non che le dispiacesse la sua vicinanza, tutt’altro; dopo l’esperienza delle doglie vissuta insieme a lui Demelza si era resa conto di quanto desiderio avesse della compagnia di Ross, anzi aveva avuto l’ennesima conferma che era l’unico uomo che avrebbe voluto avere accanto a sé per sempre.
Il pensiero di una vita insieme, lui, lei e Julia, era qualcosa di troppo ardito anche solo da immaginare, eppure spesso la sua mente vi indugiava. Quante volte, mentre conversavano del più e del meno, avrebbe voluto gettargli le braccia al collo ed unire le labbra alle sue in un bacio appassionato; ma a cosa sarebbe servito, se entrambi sapevano che una storia d’amore tra di loro non era possibile? Ross era un uomo sposato, aveva assunto un impegno davanti a Dio e davanti agli uomini, aveva delle responsabilità come marito e come padre alle quali non poteva sottrarsi.
Demelza sapeva, perché lui glielo aveva confessato, che Ross non era felice con sua moglie, ma non per questo poteva ambire a prendere il posto di Elizabeth. Il divorzio non esisteva e per quanto quella donna fosse altezzosa, piena di sé e poco attenta ai bisogni di Ross non poteva essere da lui ripudiata solo perché si era reso conto della loro incompatibilità caratteriale.
Ross ne era consapevole al pari di Demelza e viveva il suo stesso tormento interiore, con l’aggravante di sapersi il principale responsabile di un giogo dal quale non poteva liberarsi.
In occasione del loro primo incontro dopo la nascita di Julia Demelza aveva cercato subito di ristabilire le distanze, scusandosi con Ross per aver perso il controllo quel giorno alla Grace dandogli del tu, ma lui le aveva fatto capire che gradiva quel tipo di confidenza e, con un ampio giro di parole, tirando in ballo la loro comune amicizia con Dwight e Caroline, le aveva detto che gli avrebbe fatto piacere essere considerato da lei un amico ed altrettanto poter fare con lei. La giovane però aveva rotto l’incanto rispondendogli che avevano una posizione troppo diversa per poter essere amici, aggiungendo che Elizabeth non avrebbe mai approvato quel tipo di legame tra di loro. Ross aveva istintivamente cercato di replicare, ma in fin dei conti ciò che Demelza affermava era ovvio: essere amico della donna che aveva scoperto di amare era un modo per non perderla, ma non poteva mancare di rispetto a sua moglie trattando Demelza come una loro pari. Elizabeth era come una presenza ingombrante che aleggiava tra di loro in ogni istante e che non poteva essere dimenticata solo in virtù della loro evidente complicità.
Nel frattempo la moglie di Ross sembrava ottenere un trionfo dopo l’altro. Innanzitutto George, il cui aiuto era stato da lei sollecitato per risolvere una volta per tutte la faccenda di Demelza, aveva avuto la brillante idea di mandare un proprio scagnozzo, Tom Harris, a cercare il bigotto Tom Carne allo scopo di trovare un inconsapevole alleato; in tale modo i due complici avrebbero trovato il modo di molestare la fanciulla senza esporsi in prima persona. Inoltre Elizabeth aveva trovato un ottimo pretesto per allontanare Ross dalla Cornovaglia e da Demelza: i medici di Londra che assistevano sua madre le avevano prospettato l’esistenza di una cura sperimentale per le gambe di Valentine, con buone probabilità di successo, che comportava però la necessità di trasferirsi per almeno tre o quattro mesi a Londra.
Quando Elizabeth ne parlò a suo marito egli non ne fu entusiasta, perché lasciare la miniera – che solo allora iniziava a riprendersi – per vari mesi, quando c’era il debito da ripagare a Caroline e l’ipoteca sulla casa da riscattare non era affatto prudente; tuttavia la salute di suo figlio veniva prima di tutto e così, dopo essersi consultato con Dwight, diede - sebbene a malincuore - tutte le disposizioni per la gestione della miniera in sua assenza. Durante il periodo di permanenza londinese la madre di Elizabeth sarebbe stata con loro, ed in tal modo avrebbero potuto risparmiare sulle parcelle dei dottori che venivano appositamente dalla Capitale per curarla. Anche per l’aspetto economico Ross non poté obiettare nulla perché, sempre a sua insaputa, George si era offerto di pagare anche le cure di Valentine, contrabbandate da Elizabeth sempre come generoso dono di una lontana parente dei Chynoweth. L’unica spesa imprevista era quella dell’alloggio a Londra, ma grazie alle conoscenze di George era stato possibile trovare un grazioso appartamentino a buon mercato. Elizabeth aveva insistito affinchè Ross fosse presente a Londra durante tutto il tempo della cura di Valentine, facendo leva sui suoi sensi di colpa per non essere stato molto presente nella vita del bambino fino a quel momento; inaspettatamente non aveva dovuto faticare molto per ottenere il risultato voluto. Anche Ross, dopo l’ultima conversazione avuta con Demelza, riteneva che allontanarsi fosse l’unica soluzione per cercare di trovare un equilibrio e non ferire i sentimenti della ragazza. Sperava che, rimasto finalmente solo con sua moglie in un contesto diverso, avrebbe potuto parlarle a cuore aperto, farla riflettere sull’insuccesso della loro unione e cercare insieme a lei una possibile soluzione, magari una separazione discreta e senza scandali, come quella che di fatto si era realizzata da quando lei era rimasta a vivere a Cusgarne.
Non poteva però partire senza nemmeno salutare Demelza, così verso la fine del mese di giugno Ross si recò nuovamente a Killewarren. Demelza si trovava con Julia in giardino, sulla panchina antistante il laghetto dei cigni in cui Caroline e Dwight si erano dichiarati. Ross le spiegò il motivo per cui si trasferiva a Londra e Demelza si disse contenta che Valentine avesse una speranza di poter camminare autonomamente come tutti gli altri bambini. Ross confermò che aveva accettato di partire solo nell’interesse di Valentine: sentiva di averlo trascurato e di non essere stato un buon padre per lui. Demelza lo rassicurò dicendo che, per quanto aveva constatato a Nampara, egli era stato sempre un padre amorevole per Valentine ed era certo che quei mesi insieme a Londra avrebbero cementato il loro rapporto; in realtà si sentiva morire al pensiero che non lo avrebbe più visto per mesi e mesi.
Venne il triste momento dell’addio, e Ross chiese di poter prendere un’ultima volta in braccio la piccola Julia; dopo averla depositata nella culla girò le spalle per andare via, ma dopo qualche passo si voltò, restò fermo per un istante a guardare Demelza, che si sforzava di non piangere, e non resistette più: in due balzi la raggiunse e la strinse tra le braccia. Demelza restò interdetta, ma si lasciò avvolgere dal calore di quel gesto inatteso. Il volto leggermente ispido di Ross era vicino, troppo vicino al suo e Demelza sentiva che sarebbe bastato un lieve movimento di uno dei due affinchè le loro labbra si incontrassero: un contatto dal quale poi sarebbe stato troppo difficile staccarsi… fu così, per evitare ogni tentazione, che la ragazza voltò il viso all’esterno, appoggiando la guancia sinistra sulla spalla di lui, abbracciandolo a sua volta, mentre Ross respirava a fondo il profumo dei suoi capelli, ad occhi chiusi. Era il massimo che potessero concedersi, un abbraccio da buoni amici; si lasciarono così, con Demelza che gli augurava buona fortuna e Ross che raccomandava alla fanciulla di avere cura di sé e di sua figlia. 
Mentre Ross si accingeva a trascorrere l’estate a Londra un’altra persona aveva compiuto il tragitto inverso. Qualche giorno prima che Ross desse addio a Demelza era arrivato in visita a Killewarren un vecchio amico di infanzia di Caroline, o, per meglio dire, il suo migliore amico e compagno di giochi fin da quando erano bambini.
Hugh Armitage era un giovane, promettente tenente della marina inglese, dalle nobili origini: suo padre era un colonnello dell’esercito, scomparso circa tre anni prima, mentre sua madre era una Boscawen, sorella di uno dei lord più influenti del parlamento che avrebbe volentieri coinvolto il nipote nella carriera politica. Hugh e Caroline, entrambi rimasti orfani di madre da piccoli, erano cresciuti fianco a fianco ed avevano una solida amicizia pur essendo di carattere diverso; Caroline era estroversa e materialista, mentre Hugh era più chiuso e solitario, amante della lettura, della poesia e della musica.
Da quando Caroline aveva lasciato Londra il giovane amico le aveva scritto spesso promettendole una visita, sempre rimandata per un impegno o per l’altro; finalmente si era deciso a trascorrere del tempo in Cornovaglia anche su parere del suo medico, in quanto aveva iniziato a soffrire di strani mal di testa ed un periodo di riposo in campagna non poteva che giovargli.
Quando Hugh arrivò a Killewarren, Caroline gli presentò Demelza come una cara amica e Julia come la sua figlioccia, senza aggiungere null’altro sulla sua storia. Hugh era una persona discreta e non fece domande; del resto Demelza, vissuta per quasi due anni prima con i Poldark e poi con i Penvenen e dotata di una naturale eleganza e grazia nei modi, non era immediatamente individuabile come una ragazza del popolo.
Durante i primi giorni di soggiorno Demelza non osava disturbare l’ospite di Caroline, ma poi con il passare del tempo si rese conto di quanto fosse cortese e disponibile. Spesso portava Julia a passeggiare in giardino e trovava Hugh sulla famosa panchina a leggere, il quale non si mostrava affatto infastidito dalla piccola, anzi le faceva mille moine e si interessava dei suoi progressi; piano piano i due giovani iniziarono a parlare delle loro passioni, Demelza quella del canto e Hugh quella per la poesia; Demelza promise di fargli ascoltare la sua voce a condizione che Hugh le mostrasse qualche poesia. Hugh rispose che ultimamente stava componendo meno a causa di fastidiosissimi mal di testa che gli annebbiavano anche la vista; le cure prescrittegli non avevano dato grossi esiti e, su consiglio di Caroline, voleva chiedere un consulto anche al dottor Enys.
Un pomeriggio, mentre Caroline, Hugh e Demelza erano in giardino con Julia un maggiordomo visibilmente turbato venne ad annunciare che all’ingresso vi era un uomo che chiedeva di Demelza asserendo di essere suo padre.
Le due donne si guardarono incredule; Caroline prese Demelza in disparte e le chiese quali fossero le sue intenzioni, se incontrarlo o meno. La rossa rispose che se suo padre aveva scoperto dove viveva, anche a fronte di un rifiuto non si sarebbe arreso e sarebbe ritornato alla carica; tanto valeva accettare di vederlo subito.  Prese con sé Julia e Garrick e percorse il viale di ingresso fino al cancello di Killewarren.
Tom Carne era vestito tutto di nero, con un cappello da metodista, e appena vide sua figlia puntò il dito contro Julia dicendo: “E’ questa, dunque, la figlia del peccato!” Garrick ringhiò, mentre Demelza con grande flemma rispose: “Buongiorno anche a voi, padre!”
L’uomo la guardò in cagnesco. “Non sono qui per una visita di cortesia – disse – ma nel tentativo di salvare la tua anima. Mi hanno detto che da tempo vivi nel peccato, e questa creatura ne è la prova! E’ vero che è figlia di un uomo sposato? Che ti sei resa responsabile di adulterio e fornicazione?”
“Né l’uno né l’altra, padre – rispose stancamente Demelza – e se permettete devo rendere conto di ciò che faccio solo alla mia coscienza, e non a voi. Trovo insolito che vi preoccupiate all’improvviso di me, considerata la maniera in cui mi avete sempre trattato…”
“Ti chiedo perdono, figlia mia – rispose l’uomo mettendosi in ginocchio e scoppiando in lacrime – sono stato manchevole nei tuoi confronti, forse è a causa dei miei peccati e del mio cattivo esempio che hai imboccato questa via di perdizione, ma intendo rimediare… vieni a vivere con me e la tua nuova madre, abbraccia la nostra fede e lascia che il Signore ti parli! Sei ancora in tempo, figliola!”
Demelza credeva in Dio, ma non condivideva la visione integralista del padre e della sua nuova moglie, pertanto rifiutò la proposta dicendo che si trovava bene nel luogo in cui era attualmente.
Tom Carne iniziò allora ad insultare Caroline chiamandola Messalina, Demelza la difese ed i toni della conversazione si alzarono; alla fine la ragazza non ne poté più ed invitò l’uomo ad andarsene. Il padre ribadì che Demelza doveva immediatamente abbandonare la via del peccato, altrimenti, non potendo consentire che sua nipote venisse educata in maniera non conforme alla Bibbia, l’avrebbe presa con sé, portandola via a sua madre.
“Non osate poggiare un dito su mia figlia, o giuro che non rispondo di me!” – rispose fieramente Demelza.
Mentre l’uomo insisteva e cercava di strattonare Demelza, attirati dalle sue urla, dal pianto di Julia e dai latrati di Garrick arrivarono Hugh e Caroline. Il giovane tenente chiese cosa stesse accadendo; Demelza, spaventata, si rifugiò tra le braccia di Caroline con la sua bambina mentre Hugh, tirata fuori la sua pistola, invitava Tom Carne a lasciare quella proprietà e a tornare solo qualora non fosse così alterato.
Grazie al provvidenziale intervento di Hugh Tom Carne se ne andò, ma giurò di ritornare, e non da solo, pur di dare attuazione alle sue minacce.  
“Torniamo in casa, mia cara, ti farò preparare un infuso di camomilla” - disse Caroline a Demelza, ancora tremante – e grazie a te, Hugh, per essere intervenuto”.
Il giovane biondo ripose l’arma nella fondina. “Non mi piace doverla usare, ma in questo caso era necessario. Credo però che la mia arma da sola non sia sufficiente a fronteggiare una folla inferocita, e se devo combattere vorrei capire prima di che tipo di battaglia si tratta. Pertanto, signore, volete avere la bontà di raccontarmi tutto dall’inizio?”
Demelza e Caroline si guardarono.
“Devi metterti comodo, Hugh, perché sarà una storia lunga.” – concluse Caroline, mentre il tenente scortava le due donne verso casa.

 
  
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